[Pagina precedente]...a al genere umano, che di quaggiù le avesse a mandar la pietanza per cibarsi e nutrirsi. Ma Aristotile e i suoi aderenti risponderanno: "Padre mio, noi diciamo che la cometa è elementare, e che può esser ch'ella sia lontana dalla terra 50 o 60 miglia e forse manco, e non cento ventun mila settecento e quattro, come, solamente di vostra semplice autorità , la fate voi; e per tanto il corpo suo non viene ad esser a mille miglia grande quanto voi credete, né insaziabile o impasturabile"; e qui poi non ci è altro da fare per l'oppugnatore se non istringersi nelle spalle e tacere. Quando si ha da convincer l'avversario, bisogna affrontarlo colle sue più favorevoli, e non colle più pregiudiciali, asserzioni; altrimenti se gli lascia sempre da ritirarsi in franchigia, lasciando l'inimico come attonito ed insensato, e qual restò Ruggiero allo sparir d'Angelica.
32. Or sentiamo quel che segue: e legga V. S. Illustrissima questo quarto argomento. "Iam vero quamvis Terra non moveatur, neque tutum homini pio sit id asserere, si quis tamen scire ex me cupiat, an per motum Terræ possit hic cometæ cursus per rectam lineam explicari, respondeo: si nullus alius in Terra motus concipiatur præter eum quem Copernicus excogitavit, ne sic quidem motu hoc recto salvari cometæ phænomena. Quamvis enim per motum Copernici annuum Sol, ex ipsius sententia, videatur ab æquatore modo in austrum modo in septentrionem flectere (quem tamen ipse immobilem existimat), quilibet tamen horum motuum integro semestri completur, et brevi illo spatio dierum 40, quo ferme cometa comparuit, parum admodum Sol moveri visus est, hoc est per gradus tres, neque multo maior, ex hoc Terræ motu, videri potuit cometæ apparens deviatio; cui etiam si addatur totus ille motus qui ex incessu illo recto apparenter oriretur, nunquam motum cometæ observatum exæquabit."
Qui egli vuol mostrare che né anco ponendosi il moto della Terra, quale dal Copernico fu assegnato, si potrebbe esplicare e sostenere questo moto per linea retta e quella deviazion dal vertice; perché, se bene al moto della Terra ne conséguita l'apparente declinazione del Sole ora verso austro ora verso borea, tuttavia nello spazio di 140 giorni, ne i quali si osservò la cometa, tal declinazione non importò più di gradi 3, né molto maggior di tanto poteva apparir quella della cometa; sì che, congiunta questa con quel solo grado e mezo che poteva importar l'altra dependente dal proprio moto retto, tuttavia noi rimagniamo assai lontani da quel moto grandissimo che in lei si vide. Qui, non avendo noi affermato né detto che di tal deviazione apparente ne sia cagione movimento alcuno di qualch'altro corpo, e men di tutti del corpo terrestre, il quale l'istesso Sarsi confessa di sapere che noi reputiamo falso, chiaramente apparisce ch'egli l'ha introdotto di suo capriccio per farsi adito a crescere il suo volume; per lo che niuno obligo cade in noi di risposta per mantenimento di quello che non abbiamo prodotto. Non però voglio restar di dire, ch'io fortemente dubito che il Sarsi non abbia ancora formatasi perfetta idea de' moti attribuiti alla Terra, né delle varie e moltiplici apparenze che da quelli negli altri corpi mondani scorger si dovrebbono; già che io veggo ch'egli senza niuna differenza di positura, o sotto o fuori dell'eclittica, o dentro o fuori dell'orbe magno, o di meridionale o settentrionale, o di vicino o lontano da essa Terra, stima che qual deviazione apparisce nel corpo solare, collocato nel centro di essa eclittica, debba ancor la medesima, o pochissimo differente, scorgersi in ogn'altro visibile oggetto, in qualsivoglia luogo del mondo collocato; cosa ch'è remotissima dal vero, e non repugna che, mediante la differente postura, quella mutazione che nel Sole apparisce tre gradi, in altro oggetto possa apparire 10, 20, 30. Ed in conclusione, se il movimento attribuito alla Terra, il quale io, come persona pia e cattolica, reputo falsissimo e nullo, s'accommoda al render ragione di tante e sì diverse apparenze le quali s'osservano ne' corpi celesti; io non m'assicurerò ch'egli, così falso, non possa anco ingannevolmente rispondere all'apparenze delle comete, se il Sarsi non discende a più distinte considerazioni di quelle che sin qui ha prodotte.
33. Legga ora V. S. Illustrissima il quinto argomento. "Atque hæc quidem, si omnium, quotquot adhuc fuerunt, cometarum motus æque certus ac regularis fuisset: at si alios etiam in quæstionem vocemus, quorum motus longe diversus ab his fuit, multo clarius ex illis constabit, possit ne cometis motus hic rectus præscribi. Adi igitur Cardanum; hæc apud illum, ex Pontano, leges: "Cometes tenui capite comaque admodum brevi a nobis conspectus est, qui mox, miræ magnitudinis factus, ab ortu in septentrionem cœpit deflectere, nunc citato motu nunc remisso; et quoad Mars Saturnusque regrederentur, ipse aversus, coma progrediente, ferebatur, donec ad Arctos pervenit; unde, cum primum Saturnus et Mars recto cursu pergere cœperunt, in occasum iter flexit tanta celeritate, ut die uno 30 gradus emensus sit; atque ubi ad Arietem et Taurum commeavit, videri desiit." Præterea apud eumdem, ex Regiomontano, hæc habes: "Idibus Ianuariis anno Domini 1475 visus est nobis cometa sub Libra cum stellis Virginis, cuius caput tardi erat motus donec propinquum esset Spicæ; nunc incedebat per crura Bootis versus eius sinistram, a qua discedendo, die uno naturali, portionem circuli magni graduum 40 descripsit, ubi, cum esset in medio Cancri, maxime distabat ab orbe signorum gradibus 67; et tunc per duos polos zodiaci et æquinoctialis ibat, usque ad intermedia pedum Cephæi, deinde per pectus Cassiopeiæ super Andromedæ ventrem; post, gradiendo per longitudinem Piscis septentrionalis, ubi valde remittebatur motus eius, propinquabat zodiaco, etc." Quare in principio ac fine tardissimi fuit motus, in medio vero celerrimi, quod motui isti per lineam rectam apertissime repugnat; hic enim semper in principio velocior est, postea sensim remittitur; cui tamen adhuc apertius obstat prior cometa Pontani, in principio tardus, in fine velocissimus. Audi illum in Meteoris ita concinentem:
Nam memini quondam, Icario de sidere lapsum
squalentem præferre comam, tardoque meatu
flectere sub gelidum boreæ penetrabilis orbem;
hinc rursum præferre caput, cursuque secundo
vertere in occasum, ac laxis insistere habenis;
donec Agenorei sensit fera cornua Tauri.
In his duobus porro cometis difficilius multo motus ille rectus explicari potest; cum hi, brevissimo temporis spatio, integrum semicirculum maximum motu suo percurrerint, cui motui explicando perexiguo futurus est adiumento quicumque Terræ motus. Neque hoc loco catalogum cometarum variorumque illorum motuum texere mei est instituti: si quis vero eos adeat qui de his egerunt, multa inveniet quæ cum motu hoc recto stare nulla ratione possunt. Satis igitur superque de cometæ substantia ac motu dictum."
Qui col produrre il Sarsi altre varie mutazioni fatte in altre comete e descritte da altri autori, pensa pur di confermare il suo detto. Ma quello che ho scritto di sopra risponde ancora a questo, né altro ci bisogna, se prima, lasciando il Sarsi le troppo larghe generalità , non viene alle particolari considerazioni de' particolari stati d'esse comete, quanto all'essere alte, basse, australi o boreali, ed apparse ne' tempi de' solstizi o degli equinozzi; condizioni tralasciate da esso, e necessarissime in cotali decisioni, com'egli stesso potrà conoscere qualunque volta con maggiore attenzione si ridurrà a questa speculazione.
34. Passo ora all'ultima questione del presente esame: "Reliqua nunc est cometæ coma seu barba, vel, si mavis, cauda, quæ sua illa curvitate non parum astronomis negotii facessit: in qua tamen explicanda triumphare plane sibi videtur Galilæus. Verum illud primum hoc loco ei suggerere habeo, nihil esse quod novum hunc modum comarum explicandarum sibi adscribat; nihil ipsum sua hac in disputatione protulisse, quod Keplerus multo ante non viderit, et scriptis planissime consignarit: nam dum rationes inquirit, cur cometarum caudæ curvæ aliquando videantur, ait id non ex parallaxi oriri, quod alio etiam loco probat, neque ex refractione, multa in hanc sententiam afferens; ubi tandem ait, hoc phænomenon inter naturæ arcana relinquendum. Hoc igitur præmissum volui, quandoquidem ipse ait, se vidisse neminem qui hac de re scripserit, præter Tychonem. Hoc uno inter se differunt Keplerus et Galilæus, quod hic iis rationibus assentitur, quas non tanti ponderis ille existimavit, ac propterea sub iudice litem relinquendam statuit."
Troppo veramente si dimostra il Sarsi desideroso di spogliarmi, anzi del tutto denudarmi, d'ogni ben che lieve ornamento di gloria: e qui, non contento di scoprire, la ragion prodotta per mia dal signor Mario, onde avvenga che la chioma della cometa talora ci apparisca piegarsi in arco, esser falsa e non concludente, aggiunge, in quella non esser da me arrecato niente di nuovo, ma il tutto molto innanzi essere stato scritto e publicato, e poi come falso rifiutato, da Giovanni Kepplero; tal che nell'animo del lettore, qualunque volta egli si fermasse sopra la relazion del Sarsi, io resterei in concetto non solo d'involator delle cose altrui, ma di ladruccio dappoco, che andasse raggranellando sino alle cose rifiutate. Ma chi sa che anco forse la piccolezza del furto non mi renda più colpevole, nel concetto del Sarsi, che s'io con maggiore animo mi fussi applicato a prede maggiori? e se per avventura io, in cambio di rubacchiar qualche cosarella, mi fussi con maggior generosità messo alla cerca di libri non così noti in queste nostre parti, ed incontratone alcuno di qualche bravo autore avessi tentato di sopprimere il suo nome ed attribuire a me tutta l'opera intera, forse cotal impresa gli saria paruta altrettanto eroica e grande, quanto l'altra pusillanima ed abietta. Ma io non son di tanto cuore, e liberamente confesso la mia codardia. Ma s'io son poveretto e d'ardire e di forze, sono almanco da bene, né voglio, signor Lottario, immeritamente restar con questo fregio su 'l viso, ma voglio liberamente scrivere e palesare il vostro mancamento, e non penetrando io da quale affetto possa esser nato, lascerò che voi stesso lo specifichiate poi nella vostra scusa.
Volse già Ticone assegnar la causa di cotale apparente curvità , riducendola ad alcune proposizioni dimostrate da Vitellione; ma il signor Mario mostrò che quello non aveva comprese le cose scritte da quell'autore, le quali sono remotissime dal servire al proposito di tal piegatura. Soggiunse l'istesso signor Mario quella che a sé ed a me era paruta la vera causa e dimostrativa ragione: si leva su il Sarsi, e volendo confutarla, e di più, manifestarla cosa del Kepplero, cade con Ticone nell'istessa fossa, e si dichiara non avere inteso niente di quello che scrivono il Kepplero ed il signor Mario, o almeno dissimula l'intender l'uno e l'altro, e vuole che ambedue scrivano l'istessa cosa, mentre scrivono cose differentissime. Il Kepplero vuol render ragione della curvità come ch'essa chioma sia realmente, e non in apparenza solamente, curva; il signor Mario la suppone realmente diritta, e cerca la causa della piegatura apparente. Il Kepplero la riduce ad una diversità di refrazzioni de' raggi stessi solari, fatte nell'istessa materia celeste in cui si forma l'istessa chioma, la qual materia, in quella parte solamente che serve alla produzzion della chioma, in altri ed altri gradi di vicinità all'istessa stella sia più e più densa, sì che, facendo altre ed altre refrazzioni, dal composto finalmente di tutte ne risulti una total refrazzione distesa non direttamente, ma in arco; il signor Mario introduce una refrazzione fatta non da' raggi del Sole, ma dalla spezie dell'istessa cometa, non nella materia celeste aderente al capo di quella, ma nella sfera vaporosa che circonda la Terra: sì che l'efficiente, la materia, il luogo ed il modo di queste produzzioni sono diversissimi, né à nno a...
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