[Pagina precedente]...che nel luogo dove si formano le comete vi sia materia atta nata a conservarsi più della nuvola e della caligine elementare, l'istesse comete ce n'assicurano, producendosi di materia o in materia non celeste ed eterna, né anco che necessariamente in brevissimi tempi si dissolva, sì che il dubbio resta ancora, se quello che si produce in detta materia sia una pura e semplice reflession di lume, ed in conseguenza uno apparente simulacro, o pure se sia altra cosa fissa e reale. E per tanto niuna cosa conclude l'argomento del signor Sarsi, né concluderà , s'egli prima non dimostra che la materia cometaria non sia atta a reflettere o rifrangere il lume solare, perché, quanto all'esser atta a durar molti giorni, la durazion delle medesime comete ce ne rende più che certi.
28. Or passiamo alla seconda questione di questo secondo essame. "Venio nunc ad motum: quem rectum fuisse Galilæus asserit, ego tamen diserte nego. Ea primum ratio hoc mihi persuadet ut faciam, quam ipse solvere vel nescire se vel non audere, ingenue profitetur: illa enim ratio adeo aperta est, adeoque ad hunc motum dissuadendum efficax, ut, cum forte id maxime vellet, dissimulare tamen eam non potuerit. "Si enim" (verba eius sunt) "solus hic motus cometæ tribuatur, explicari non potest, qui factum sit ut non ad verticem solum magis ac magis accesserit, sed ulterius ad polum usque pervenerit: quare vel præclarum hoc inventum abiiciendum, quod sane haud sciam, vel motus alius addendus, quod non ausim." Ubi mirandum sane est, hominem apertum ac minime meticulosum repentino adeo timore corripi, ut conceptum sermonem proferre non audeat. Ego vero non is sum, qui divinare norim. "
E qui, prima ch'io proceda più avanti, non posso far ch'io non mi risenta alquanto col Sarsi della non punto meritata imputazione ch'egli m'attribuisce di dissimulatore, essendo cotal nota lontanissima dalla profession mia, la qual è di liberamente confessare, come sempre ho fatto, di ritrovarmi abbagliato e quasi del tutto cieco nel penetrare i secreti di natura, ma ben d'esser desiderosissimo di conseguir qualche piccola cognizione d'alcuno di essi, alla quale intenzione niun'altra cosa è più contraria che la finzione o dissimulazione. Il signor Mario nella sua scrittura mai non ha finto cosa alcuna, né ha avuto di mestieri di fingerla, poi che, quanto egli di nuovo ha proposto, l'ha portato sempre dubitativamente e conghietturalmente, né ha cercato di fare ad altri tener per certo e sicuro quello ch'egli ed io per dubbio, ed al più per probabile, abbiamo arrecato ed esposto alla considerazion de' più intelligenti di noi, per trarne, co 'l loro aiuto, o la confermazione di alcuna conclusion vera, o la totale esclusion delle false. Ma se la scrittura del signor Mario è schietta e sincera, ben altrettanto è piena di simulazioni la vostra, signor Lottario; poi che, per farvi strada alle oppugnazioni, delle 10 volte le 9 fingete di non intendere quel che ha scritto il signor Mario, e dandogli sensi molto lontani dall'intenzion di quello, e spesso aggiungendovi o levandone, preparate ad arbitrio vostro la materia, onde il lettore, prestando fede a quanto voi producete poi in contrario, resti in concetto che noi abbiamo scritte gran semplicità , e che voi acutamente l'avete scoperte e ributtate: il che sin qui si è da me osservato, e nel restante s'osserverà non meno.
Ma venendo al fatto, qual cagione vi muove a scrivere che noi abbiamo sommamente voluto, ma non potuto dissimulare che movendosi la cometa di semplice moto retto, fusse necessario ch'ella andasse sempre verso il vertice, né da quello declinasse già mai? Chi ha fatto avvertito voi di tal conseguenza, altri che l'istesso signor Mario che la scrive? la quale al sicuro a voi avrebbe egli potuto dissimulare, e voi, per vostra benignità , avereste dissimulata la sua dissimulazione. Ma che più? Voi stesso due soli versi di sopra scrivete che io ingenuamente ho confessato di non sapere o non ardir di sciorre cotal ragione da me prodotta, ed accanto accanto soggiungete ch'io massimamente avrei voluto dissimularla: e qual contradizzion è questa, che uno ingenuamente porti e scriva e stampi una proposizione, e sia il primo a portarla e scriverla e stamparla, e che voi poi diciate, lui aver grandemente desiderato di dissimularla ed asconderla? Veramente, signor Lottario, voi siete molto bisognoso che nel lettore sia una gran semplicità ed una piccola avvertenza.
Or veggiamo se in questo detto, dove nulla si trova di nostra simulazione, ve ne fusse per sorte di quella del Sarsi. E certo in poche parole ve n'è più d'una. E prima, per aprirsi il campo a dichiararmi per tanto ignorante geometra che non abbia capito quelle conseguenze che per lor dimostrazione non ricercano maggiore scienza che di alcune poche e tritissime proposizioni del primo libro degli Elementi, egli mi fa dir quello che già mai non s'è detto né scritto; e mentre noi diciamo, che se la cometa si movesse di moto retto, ci apparirebbe muoversi verso il vertice e zenit, esso vuole che noi abbiamo detto ch'ella, movendosi, dovesse arrivare al vertice e zenit. Qui bisogna che il Sarsi confessi, o di non avere inteso quel che vuol dir
muoversi verso un luogo,o d'aver voluto con finzione e simulazione attribuirci una falsità . Il primo non credo che possa essere, perché così verrebbe anco a stimare che il dir
navigare verso il polo e
tirar una pietra verso il cielo importasse che la nave arrivasse al polo e la pietra in cielo: adunque resta ch'egli, dissimulando d'intender il vero scritto da noi, ci attribuisca il falso per poter poi attribuirci le non meritate note. Di più, non sinceramente riferisce egli le presenti parole del signor Mario anco in un altro particolare; poi che dove quello dice, che o bisogna rimuovere il moto retto attribuito alla cometa, o vero, ritenendolo, aggiungere qualche altra cagione dell'apparente deviazione, il Sarsi di suo arbitrio muta le parole "qualche altra cagione" in "qualch'altro moto", per poter poi, fuor d'ogni mia intenzione, tirarmi nel moto della Terra, e qui scriver varie girandole e vanità . Conclude finalmente il Sarsi, non esser di quelli che sanno indovinare; e pure assai frequentemente si getta al voler penetrare gl'interni sensi altrui.
29. Or segua V. S. Illustrissima. "Quæro igitur, an motus hic alius, quo belle explicare omnia posset nec eum proferre audet, vapori huic cometico tribuendus sit, an alii cuipiam, ad cuius postea motum moveri, in speciem tantum, videatur cometa. Non primum, arbitror; hoc enim esset motum illum rectum et perpendicularem destruere: siquidem, si vapor ex Terra, æquatori, verbi gratia, subiecta, motu perpendiculari sursum ascendat, et motu alio idem ipse in septentrionem feratur, motus hic secundus necessario priorem destruet. Quod si nihilominus ad septentrionem moveri, saltem in speciem, videatur, ad alterius alicuius corporis motum id consequi dicendum erit. Certe dum Galilæus ait, eum motum qui addendus esset, causam tantummodo futurum apparentis deviationis cometæ, satis aperte innuit, motum hunc in alio quam in vapore cometico ponendum esse, cum illum apparenter solum ad septentrionem moveri velit. Quod si ita est, non video cuiusnam corporis hic futurus sit motus. Cum enim nulli Galilæo sint cælestes Ptolemæi orbes, nihilque, ex eiusdem Galilæi systemate, in cælo solidi inveniatur, non igitur ad motum eorum orbium, quos nusquam reperiri existimat, cometam moveri putabit.
Sed audio hic mihi nescio quem tacite ac timide in aurem insusurrantem Terræ motum. Apage dissonum veritati ac piis auribus asperum verbum. Næ, tu caute id submissa insusurrasti voce. Sed si ita res se haberet, conclamata esset Galilæi opinio, quæ non alii quam huic falso inniteretur fundamento. Si enim Terra non moveatur, motus hic rectus cum observationibus cometæ non congruit; sed Terram certum est, apud Catholicos, non moveri; erit ergo æque certum, motum hunc rectum cum observationibus cometicis minime concordare, ac propterea ineptum ad rem nostram iudicandum. Neque id ego unquam Galilæo in mentem venisse existimo, quem pium semper ac religiosum novi."
Qui, com'ella vede, si va il Sarsi affaticando per mostrar, niun altro moto che si attribuisca o all'istessa cometa o ad altro corpo mondano, poter esser atto a mantenere il movimento per linea retta introdotto dal signor Mario ed a supplire insieme all'apparente deviazion dal vertice: il qual discorso è tutto superfluo e vano, atteso che né il signor Mario né io abbiamo mai scritto, la cagion di tal deviazione depender da qualch'altro moto, né di Terra né di cieli né d'altro corpo. Il Sarsi di suo capriccio l'ha introdotto; egli stesso si risponda, né pretenda d'obligar altri a sostener quello che non ha detto, né scritto, né forse pensato, ancor per confessione dell'istesso Sarsi, il quale apertamente afferma di non creder che mai mi sia caduto in mente d'introdurre il movimento della Terra per salvar tal deviazione, avendomi egli conosciuto sempre per persona pia e religiosa. Ma s'è così, a che proposito l'avete voi nominato, ed a qual fine cercato di mostrarlo inetto a cotal bisogno? Ma è bene che passiamo avanti.
30. Segua, dunque, V. S. Illustrissima di leggere. "Verum, ni fallor, non quilibet cometæ motus Galilæum torsit, coëgitque aliquid aliud præterea excogitare quod proferre vel nesciat vel non audeat; sed is tantum, quo ultra nostrum verticem, seu zenith, propius ad polum accessit. Si igitur ultra verticem cometa progressus non fuisset, nil erat quod de hoc alio motu cogitaret. Hoc enim ipsemet verbis illis innuere videtur, quibus ait, "si nullus alius ponatur motus quam rectus ac perpendicularis, tunc ad nostrum tantum verticem recta cometam ascensurum, non tamen progressurum ulterius". Demus igitur, nullum unquam cometam verticem nostrum prætergressum: aio tamen, ne sic quidem eius cursum explicari posse motu hoc recto.
[v. figura 8] Sit enim Terræ globus ABC, locus ex quo vapor ascendit sit B, oculus vero spectantis in A, visusque sit primum cometa, verbi gratia, in E, et locus eidem respondens in cælo sit G; intelligatur moveri cometa sursum in linea BO per partes æquales EF, FM, MO: affirmo, quantumvis vapor ille per lineam DO ascendat, etiam in omni æternitate nunquam ad verticem nostrum, ne apparenter quidem, perventurum. Ducatur enim linea AR ipsi BO parallela: nunquam tantus erit cometæ motus apparens, quantus est arcus GR, et nunquam radius visualis coincidet cum linea AR. Cum enim semper radius visivus concurrere debeat cum recta BO, in qua apparet cometa, cumque radius AR sit lineæ BO parallelus, non poterit cum illa unquam concurrere, ex definitione parallelarum: ergo nunquam radius per quem cometa videtur, poterit ad R pervenire; et, consequenter, motus apparens cometæ non solum non perveniet ad nostrum verticem S, sed neque ad punctum R, quod longissime adhuc a vertice distat. Apparebit enim primo in G, secundo in F, tertio in I, deinde in L, etc.; sed nunquam perveniet ad R."
Torna il Sarsi, come V. S. Illustrissima vede, ad alterar la scrittura del signor Mario, volendo pure ch'egli abbia scritto, che il moto perpendicolare alla Terra dovesse condur finalmente la cometa al punto verticale; il che non si trova nel suo libro, ma sì bene che tal moto sarebbe verso il vertice: e ciò fa, per mio parere, il Sarsi per pigliare occasione di portarci questa geometrica dimostrazione, fabbricata sopra fondamenti non più profondi della sola intelligenza della diffinizione delle linee parallele; dalla quale azzione alcuno potrebbe dedurre forse una conseguenza non molto insigne pel Sarsi. Imperocché o egli stima questa sua conclusione e dimostrazione per cosa ingegnosa e da persone non vulgari, o vero per una cosuccia da essere anco ritrovata da' fanciulli: s'egli la stima per cosa puerile, poteva ben esser sicuro che né il signor Mario ned io siamo costituiti in sì infelice stato di cognizione, che per mancamento di cotal notizia avessimo ad incorrere in errore; ma se ei l'ha p...
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