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Séguita, anzi pur cresce, in me la meraviglia nata dal veder quanto frequentemente il Sarsi vada dissimulando di vedere le cose ch'egli ha dinanzi agli occhi, con speranza forse che la sua dissimulazione abbia negli altri a partorire non una simulata, ma una vera cecità . Ei vuole nel presente suo argomento provar che quando la cometa fusse una nuda apparenza, ella dovrebbe dimostrarsi in figura di cerchio o di parte di cerchio, perché così avviene dell'iride, dell'alone, della corona e dell'altre varie immagini: il che non so com'ei possa affermare, sendosi cento volte ricordata la reflession nel mare dell'immagine solare, e quelle proiezzioni dall'aperture delle nuvole, le quali compariscono strisce dritte e similissime alla cometa. Ma forse ei si persuade che senz'altre avvertenze la dimostrazione ottica, ch'ei n'arreca, concluda nella cometa necessariamente la sua intenzione; del che però io grandemente dubito, e parmi, s'io non m'inganno, che 'l suo progresso sia mutilo, e che gli manchi una parte principalissima del dato (che sarebbe gran difetto in logica); e questa è la disposizion locale, in relazione all'occhio, della superficie di quella materia nella quale si ha a far la reflessione, la qual disposizione non vien messa in considerazion dal Sarsi: di che non saperei addur più modesta scusa, che il non l'avere egli avvertito; ché quando ei l'avesse conosciuto, ma dissimulato per mantenere il lettore nell'ignoranza, mi parrebbe mancamento assai più grave. La considerazion poi di cotal disposizione opera il tutto: imperocché la dimostrazion del Sarsi non concluderà mai, se non quando la superficie del vapore intorno al punto A della sua figura sarà opposta all'occhio D direttamente, sì che l'asse IDH caschi perpendicolarmente sopra il piano nel quale essa superficie si distendesse; perché allora, nel girare il triangolo IDA intorno all'asse IH, il punto A anderebbe terminando continuamente in essa superficie e descrivendovi una circonferenza di cerchio: ché quando la superficie detta fusse esposta all'occhio obliquamente, l'angolo A non la toccherebbe se non in un sol punto, e nel girar del triangolo il medesimo angolo A o penetrerebbe oltre ad essa superficie, o non v'arriverebbe. Ed in somma, a voler che la cometa apparisse circolare, bisognerebbe che la superficie dov'ella si genera fusse piana ed esposta direttamente alla linea che passa per li centri dell'occhio e del Sole; la qual costituzione non può mai accadere se non nella diametrale opposizione o vero nella linear congiunzione de' vapori e del Sole: e però l'iride si vede sempre opposta, l'alone o la corona sempre congiunti al Sole, onde appariscono circolari; ma delle comete non so che se ne sien mai vedute né in opposizione né in congiunzione al Sole. Se al Sarsi, nello scrivere la sua dimostrazione, fusse una volta passato per la fantasia di chiamar quella materia ch'ei si figura intorno al punto A, non vapori, ma acqua del mare, ei si sarebbe accorto che 'l suo argomento avrebbe nel modo stesso e coll'istesse parole concluso che la reflessione nel mare di necessità si deve distender per linea circolare; dal che poi mercé del senso, che mostra il contrario, avrebbe scoperta la fallacia del suo sillogismo.
26. Or sentiamo l'argomento sesto. "Sed placet ex ipsius etiam Galilæi verbis hoc idem confirmare. Ait enim ipse, quod etiam fortasse verissimum est, spectra huiusmodi et vana simulacra eam in parallaxi legem servare, quam servat luminosum illud corpus a quo proveniunt; ita, si qua illorum Lunæ effecta fuerint, hæc parem cum Luna parallaxim pati; quæ vero a Sole fiunt, eamdem cum Sole aspectus diversitatem sortiri. Præterea, dum adversus Aristotelem disputat et argumentum ex parallaxi ductum assumit, hæc habet: "Denique cometam ignem esse, ac sublunarem asserere, omnino impossibile est; cum obstet parallaxis exiguitas, tot insignium astronomorum solertissima inquisitione observata." Ex quibus ita rem conficio. Auctore Galilæo, quæcumque mere apparentia a Sole producuntur, illam eamdem patiuntur parallaxim quam patitur Sol; sed cometa non passus est eamdem parallaxim quam Sol patitur: ergo cometa non est apparens quid a Sole productum. Si quis autem de minori huius argumenti propositione ambigat, Tychonis observationes cum observationibus aliorum conferat, dum agunt de cometa anni 1577: ipse certe Tycho ex suis observationibus illud tandem deducit, demonstratam nimirum distantiam cometæ a centro Terræ die 13 Novembris fuisse semidiametrorum eiusdem Terræ 211 tantum, cum Sol ab eodem centro ponatur distare semidiametris saltem 1150, Luna vero semidiametris 60. De hoc vero nostro, si quis eas observationes inter se contulerit quas in Disputatione ab uno ex Patribus habita edidit in lucem Magister meus, satis illi inde constabit huius propositionis veritas; nam fere semper longe maiorem cometæ parallaxim inveniet, quam Solis. Neque observationes huiusmodi Galilæo suspectæ esse nunc possunt, cum easdem summorum astronomorum opera exquisitissime ad astronomiæ calculos castigatas testatus sit."
Che il signor Mario ed io abbiamo mai scritto o detto che i simulacri prodotti dal Sole ritengano la medesima paralasse che quello (come il Sarsi in questo luogo afferma per fondamento del suo sillogismo), è del tutto falso; anzi il signor Mario, dopo aver nominati e considerati molti di tali simulacri, soggiugne così: "E avvenga che de' sopranominati simulacri in alcuni la paralasse sia nulla, ed in altri operi molto diversamente da quello ch'ella fa negli oggetti reali." Non si trova nella scrittura del signor Mario ch'egli affermi, la paralasse esser l'istessa che quella del Sole o della Luna, se non nell'alone; negli altri, ed anco nell'istessa iride, vien posta diversa. Falsa dunque è la prima proposizion del sillogismo. Or veggiamo quanto sia vera la seconda e quanto concludente, posto anco che la paralasse di tutti i simulacri vani dovesse essere eguale a quella del Sole.
Vuole il Sarsi, e coll'autorità di Ticone e con quella del suo Maestro, provare (e così è in obligo di fare) che la paralasse osservata nelle comete sia maggiore di quella del Sole: ma si astiene poi di produrre l'osservazioni particolari di Ticone e di molti altri astronomi di nome, fatte circa la paralasse della cometa; e ciò fa egli perché il lettore non vegga come quelle sono tra di loro differentissime. E qualunque elle si sieno, o sono giuste, o sono errate: se giuste, sì che a loro si debba prestare intera fede, bisogna necessariamente concludere, o che la medesima cometa fusse nell'istesso tempo e sotto il Sole e sopra ed anco nel firmamento, o vero che, per non essere ella un oggetto fisso e reale, ma vago e vano, non soggiace alle leggi dei fissi e reali: ma se tali osservazioni sono errate, mancano d'autorità , né per esse si può determinar cosa veruna; e l'istesso Ticone tra tante diversità andò eleggendo, come se fussero più certe, quelle che più servivano alla sua determinazione fatta innanzi, di voler assegnar luogo alla cometa tra il Sole e Venere. Quanto poi all'altre osservazioni prodotte dal suo Maestro, sono tanto fra sé differenti, ch'egli medesimo le determina inette a potere stabilire il luogo della cometa, dicendo quelle esser state fatte con istrumenti non esatti e senza la necessaria considerazion dell'ore e della refrazzione e d'altre circostanze; per lo che egli stesso non obliga altrui a prestargli molta fede, ma si riduce ad una sola osservazione, la quale, non ricercando strumento alcuno, ma potendo colla semplice vista farsi esattissimamente, egli l'antepone a tutte l'altre: e questa fu la puntual congiunzione del capo della cometa con una stella fissa, la qual congiunzione fu vista nel medesimo tempo da luoghi tra di sé molto distanti. Ma, signor Sarsi, se così è seguito, questo è del tutto contrario al bisogno vostro, poi che di qui si raccoglie, la paralasse essere stata nulla, mentre che voi producete questa autorità per confermar la vostra proposizione, che dice tal paralasse esser maggiore che quella del Sole. Or vedete come gli stessi autori chiamati da voi testificano contro alla causa vostra.
A quello poi che voi dite, che noi stessi abbiamo confessato, l'osservazioni degli astronomi grandi essere state fatte esattissimamente, vi rispondo che se voi meglio considererete il dove e 'l quando sono state chiamate tali, comprenderete che esatte si potevano dire quando elle fussero state anco assai più differenti tra loro di quello che state sono. Furon chiamate esatte e sufficienti a confutar l'opinione di Aristotile, mentr'egli voleva che la cometa fusse oggetto reale e vicinissimo alla Terra. E non sapete che il vostro Maestro stesso dimostra che il solo intervallo tra Roma ed Anversa in un oggetto reale che fusse anco sopra la suprema region dell'aria, può cagionar paralasse maggiore di 50, di 60, di 100 ed anco di 140 gradi? E se questo è, non si potranno elleno chiamar osservazioni esatte e potenti quelle che, essendo tutte minori d'un grado solo, differiscono tra di loro di pochi minuti?
27. Or legga V. S. Illustrissima l'ultimo argumento. "Denique neque illud omittendum, quod vel unum, homini veritatis potius investigandæ quam altercandi cupido, satis id quod agimus persuadere possit. Experimur enim quotidie, ea omnia quibus certa ac stabilis species non est, sed vana colorum ac lucis imagine hominum illudunt oculis, angustissimis vitæ spatiis finiri, brevissimo etiam temporis intervallo varias sese in formas mutare; modo extingui, modo iterum accendi; nunc pallescere, nunc ardentiori luce micare; partes illorum nunc interrumpi, nunc iterum coalescere; nunquam denique eadem diu specie apparere: quæ omnia si cum cometæ stabili motu aspectuque conferantur, ostendent quanta demum inter illum atque huiusmodi vanas imagines morum ac naturæ discordia sit. Quare si nihil plane reperias in quo se illis cometa similem probet, cur non potius nullam cum iisdem naturæ affinitatem aut cognationem habere dixeris? Dixerunt enimvero philosophorum antiquissimi atque optimi, dixerunt recentiorum eruditissimi; unus nunc Galilæus illis repugnat; at Galilæo, nisi fallor, repugnare veritas videtur."
Il qual argomento egli stima tanto, che gli par ch'esso solo possa esser bastante a persuader l'intento suo: tuttavia io non ci scorgo efficacia che mi persuada, mentr'io considero che, nel produr questi vani simulacri, v'interviene il Sole com'efficiente, e le nuvole e vapori o altre cose come materia; e perché l'efficiente è perpetuo, quando non mancasse dalla materia, e l'iride e l'alone ed i parelii e tutte l'altre apparenze sarebbono perpetue; la breve, dunque, o lunga durazione dalla stabilità e posizion della materia si deve attendere. Or qual ragione ci dissuade, poter esser sopra le regioni elementari alcuna materia di più lunga durazione delle nubi, della caligine, della pioggia cadente in minute stille, o d'altre materie elementari, sì che la reflessione o refrazzion del Sole fatta in quelle ci si mostri più lungamente dell'iride, de' parelii, dell'alone? Ma senza partirsi da' nostri elementi, l'aurora, ch'è una refrazzion de' raggi solari nella region vaporosa, e le reflessioni nella superficie del mare non son elleno apparenze perpetue, sì che se il riguardante, il Sole, i vapori e la superficie del mare stessero sempre nella medesima disposizione, perpetuamente si vederebbe l'aurora e la striscia splendida nell'acqua? In oltre, dalla minore o maggior durazione poco concludentemente s'inferisce un'essenzial differenza; anzi delle comete stesse, senza cercar altre materie, se ne son vedute alcune durare 90 e più giorni, ed altre dissolversi il quarto ed anco il terzo. E perché si è osservato, le più diuturne mostrarsi, anco nel lor primo apparire, assai maggiori dell'altre, chi sa che non ve ne sieno, ed anco frequentemente, di quelle che durino non solamente pochi giorni, ma anco non molte ore, ma che per la lor piccolezza non vengano facilmente osservate? E per concluderla, ...
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