[Pagina precedente]...seccata (anche astraendo dalla poesia, cioè nella contemplazione delle belle scene naturali ec. come ora ch'io ci resto duro come una pietra); bensì quei versi traboccavano di sentimento.
(1. Luglio 1820.)
Così si può ben dire che in rigor di termini, poeti non erano se non gli antichi, e non sono ora se non i fanciulli o giovanetti, e i moderni che hanno questo nome, non sono altro che filosofi. Ed io infatti non divenni sentimentale, se non quando perduta la fantasia divenni insensibile alla natura, e tutto dedito alla ragione e al vero, in somma filosofo.
È cosa già molte volte osservata che come le Accademie scientifiche forse hanno giovato alle scienze, promosse e facilitate le [145]scoperte ec. così le letterarie hanno piuttosto pregiudicato alla letteratura. Infatti le Accademie scientifiche non hanno quasi mai seguito un sistema di filosofia, ma lasciato il campo libero al ritrovamento della verità , qualunque sistema ne dovesse esser favorito, e massimamente nelle cose naturali era difficile seguire un sistema, dovendo promuovere le scoperte che non possono derivare se non dal vero, e non si può prevedere che cosa riveleranno, e a che sistema si adatteranno. Se avessero seguito un sistema, avrebbero pregiudicato alle scienze, come le Accademie letterarie alla letteratura. Il fatto sta che questa benchè abbia le sue regole, tuttavia il porre in chiaro queste regole, e il decretarle e il farne un codice, non le ha mai giovato. Tutti i grandi poeti greci sono stati prima di Aristotele, e tutti i latini prima o contemporaneamente ad Orazio. Ma dunque non giova che il buon gusto sia promosso e promulgato, e costituito per norma delle opere letterarie? Certamente ci vuole il buon gusto in una nazione ma questo dev'essere negl'individui e nella nazione intiera, e non in un'adunanza cattedratica, e legislatrice, e in una dittatura. Primieramente non è facile il promuovere le opere di genio. Gli onori la gloria gli applausi i vantaggi sono mezzi efficacissimi per promuoverle, ma non quegli onori e quella gloria che derivano dagli applausi di un'Accademia. Gli antichi greci e anche i romani avevano le loro gare pubbliche letterarie, ed Erodoto scrisse la sua storia per leggerla al popolo. Questo era ben altro stimolo che quello di una piccola società tutta di persone coltissime e istruitissime dove l'effetto non può esser mai quello che si fa nel popolo, e per piacere ai critici si scrive 1. con timore, cosa mortifera, 2. si cercano cose straordinarie, finezze, spirito, mille bagattelle. Il solo popolo ascoltatore può far nascere l'originalità la grandezza e la [146]naturalezza della composizione. In secondo luogo se il promuovere il genio non giova, se gli sproni non l'aiutano, il freno l'ammazza, intendo un freno messogli dagli altri e non dal proprio giudizio. Se questo manca, non ci è rimedio, ma la magistratura letteraria non fa nascere le virtù letterarie, se non ci sono i buoni costumi, intendo il retto giudizio e il buon gusto. Ma se il gusto è corrotto non gioverà il promulgarlo, il ristabilirlo ec.? Gioverà , voglio dire che le Accademie riusciranno a fare che non si scriva più male, ma non che si scriva bene. L'Arcadia fu stabilita per isbandire il seicentismo. Fu sbandito, ma lo stile Arcadico è un nome derisorio che si dà in Italia a quelle poesie che non sanno di carne nè pesce. Ora che rimedio trovereste al cattivo gusto? Ripeto quello che ho detto nel principio dei miei pensieri. Quasi tutte le nazioni colte dopo il loro secol d'oro, hanno avuto quello della corruzione, e ne sono risorte. Ma dopo questo, un numero di scrittori veramente grandi e paragonabili ai primi (dico in letteratura, non in fatto di pensieri, filosofia ec.), insomma un altro secol d'oro è un esempio che ancora mi resta da vedere. Negli ottimi secoli i grandi scrittori avevano modelli del buono da seguire, ma non del cattivo da fuggire. Quelli possono giovare, questi nocciono. Dico che i cattivi scrittori che si avevano, sì come non formavano classe, perchè il gusto universale era buono, si dimenticavano affatto, e si sapeva a un di presso in generale che non piacevano, piuttosto che perchè non piacevano. Certamente l'idea de' loro vizi non era specificata, nè i difetti notati per minuto, e si vede infatti che anche sommi scrittori cadevano in difetti puerili. In somma la scienza del buono e del cattivo non era organizzata, nè sminuzzata. Il gusto naturale tenea luogo di tutto. Dopo la corruzione i letterati si rialzano tutti sbigottiti. Entrano gli scrupoli, le paure, le sottigliezze. Si pesa [147]ogni cosa, si aguzzano gli occhi, si va col piede di piombo, ogni legge ogni regola ogni idea è ben definita e circoscritta, si prevedono tutti i casi, il gusto non è più naturale ma artefatto, o lo diviene, perchè nessuno crede di potersi contentare del gusto naturale, l'arte e la critica vanno al sommo, la natura si perde (forse ella può più nel secolo guasto che nel seguente), nascono opere perfette ma non belle.
(2. Luglio 1820.)
Tutto quello, si può dire, che i moderni viaggiatori osservano e raccontano di curioso e singolare nei costumi e nelle usanze delle nazioni incivilite, non è altro che un avanzo di antiche istituzioni, massimamente se quelle particolarità spettano alle classi colte. Perchè la natura quando è più libera, come anticamente, e ora in gran parte appresso il popolo, è sempre varia. Ma certamente nel moderno non troveranno niente di singolare nè di curioso, e tutto quello che c'è da vedere negli altri paesi possono far conto di averlo veduto nel proprio senza viaggiare. Eccetto le piccole differenze provenienti dal clima e dal carattere di ciaschedun popolo, i quali però vanno sempre cedendo all'impulso moderno di uguagliare ogni cosa, e certamente da per tutto, massime nelle classi colte, si ha cura di allontanare tutto quello che c'è di singolare e di proprio nei costumi della nazione, e di non distinguersi dagli altri se non per una maggior somiglianza col resto degli uomini. E in genere si può dire che la tendenza dello spirito moderno è di ridurre tutto il mondo una nazione, e tutte le nazioni una sola persona. Non c'è più vestito proprio di nessun popolo, e le mode in vece d'esser nazionali, sono europee ec.: anche la lingua oramai divien tutt'una per la gran propagazione del francese, la quale io non riprendo in quanto all'utile, ma bene in quanto al bello.
[148]Ora quell'((?( che Esiodo dice essere un dono degli Dei per promuovere il bene e l'accrescimento degli uomini, si può dire che sia tolta di mezzo fra le nazioni, e quasi anche fra gl'individui. Una volta le nazioni cercavano di superar le altre, ora cercano di somigliarle, e non sono mai così superbe come quando credono di esserci riuscite. Così gl'individui. A che scopo, a che grandezza a che incremento può portare questa bella gara? Anche l'imitare è una tendenza naturale, ma ella giova, quando ci porta a cercar la somiglianza coi grandi e cogli ottimi. Ma chi cerca di somigliare a tutti? anzi perciò appunto sfugge di somigliare ai grandi e agli ottimi, perchè questi si distinguono dagli altri? Quando saremo tutti uguali, lascio stare che bellezza che varietà troveremo nel mondo, ma domando io che utile ce ne verrà ? Massimamente alle nazioni (perchè il male è naturalmente più grande nei rapporti di nazione a nazione, che d'individuo a individuo) che stimolo resterà alle grandi cose, e che speranza di grandezza, quando il suo scopo non sia altro che l'uguagliarsi a tutte le altre? Non era questo lo scopo delle nazioni antiche. E non si creda che l'uguagliarsi nei costumi e nelle usanze, senza però volersi uguagliare nel potere nella ricchezza nell'industria nel commercio ec. non debba influire sommamente anche sopra queste altre cose, influendo sullo spirito generale della nazione. Poco dopo che Roma fu divenuta una specie di colonia greca in fatto di costumi e letteratura, divenne serva come greci.
Ma questa è una bella curiosità , che mentre le nazioni per l'esteriore vanno a divenire tutta una persona, e oramai non si distingue più uomo da uomo, ciascun uomo poi nell'interiore è divenuto una nazione, vale a dire che non hanno più interesse comune con chicchessia, non formano più corpo, non hanno più patria, e l'egoismo gli ristringe dentro il solo circolo de' propri interessi, senza amore nè cura [149]degli altri, nè legame nè rapporto nessuno interiore col resto degli uomini. Al contrario degli antichi, che mentre le nazioni per l'esteriore erano composte di diversissimi individui, nella sostanza poi, e nell'importante, o in quel punto in cui giova l'unità della nazione, erano in fatti tutta una persona, per l'amor patrio, le virtù, le illusioni ec. che riunivano tutti gl'individui a far causa comune, e ad essere i membri di un sol corpo. E per questo capo si può dire che ora ci son tante nazioni quanti individui, bensì tutti uguali anche in questo che non hanno altro amore nè idolo che se stessi.
Ed ecco un'altra bella curiosità della filosofia moderna. Questa signora ha trattato l'amor patrio d'illusione. Ha voluto che il mondo fosse tutta una patria, e l'amore fosse universale di tutti gli uomini: (contro natura, e non ne può derivare nessun buono effetto, nessuna grandezza ec. L'amor di corpo, e non l'amor degli uomini ha sempre cagionato le grandi azioni, anzi spessissimo a molti spiriti ristretti, la patria come corpo troppo grande non ha fatto effetto, e perciò si sono scelti altri corpi, come sette, ordini, città , provincie ec.). L'effetto è stato che in fatti l'amor di patria non c'è più, ma in vece che tutti gl'individui del mondo riconoscessero una patria, tutte le patrie si son divise in tante patrie quanti sono gl'individui, e la riunione universale promossa dalla egregia filosofia s'è convertita in una separazione individuale.
(3. Luglio 1820.)
Quello che ho detto qui sopra dell'amore o spirito di corpo, deriva da questo. Tutti gli affetti umani derivano dall'amor proprio conformato in diversissime guise. L'efficacia loro è tanto maggiore, quanto derivano da un amor proprio più sensibile, [150]e gli recano maggiore soddisfazione. Ora nello spirito di corpo la soddisfazione dell'amor proprio è in ragione inversa della grandezza del circolo. Gli spiriti elevati sono suscettibili di un circolo più grande, ma se questo è smisurato, la detta soddisfazione svanisce prima di arrivare alla periferia ch'è in tanta distanza dal centro, cioè l'individuo, come il suono, gli odori, i raggi luminosi si estinguono a una certa distanza dal centro della sfera.
(3. Luglio 1820.)
Quantum ad in vece di quod attinet ad, come noi diciamo quanto a, e i francesi quant à , è usato da Tacito, Agricol. cap.44. Et ipse quidem, quamquam medio in spatio integrae aetatis ereptus, QUANTUM AD GLORIAM, longissimum aevum peregit. Esempio e significato omesso nel Forcellini e nell'Appendice.
(3. Luglio 1820.)
Quel che ho detto qui sopra non è l'ultima delle cagioni per cui il fervore del Cristianesimo s'indebolì colla dilatazione di essa religione, di quella religione istessa, che (senza però condannare l'amor della patria, dimostrato dallo stesso Cristo piangente sopra Gerusalemme) tuttavia ha per uno de' fondamenti l'amore universale verso tutti gli uomini. E contuttociò fintanto ch'ella fu come una setta, il zelo e l'ardore per sostenerla fu infinito ne' suoi seguaci. Quando divenne cosa comune, non fu più riguardato come proprio quello ch'era di tutti, e lo spirito di corpo essendosi dileguato per la sua grandezza, l'individuo non ci trovò più la soddisfazione sua particolare, e il Cristianesimo illanguidì.
Aggiungete che lo spirito di corpo ci porta a proccurare i vantaggi di esso corpo, e a compiacerci di quelli che ha, perchè l'individuo che gli appartiene resta con ciò distinto e superiore agli altri che non gli appartengono. L'amor di patria, l'amor di setta, di fazione ec. vedete che è tutto fondato sopra l'ambizione, più o meno nascosta. Per gli spiriti piccoli non [1...
[Pagina successiva]