[Pagina precedente]...iosi, è una felice e naturale, ma vera e continua pazzia, il seguitar sempre a sperare, e a vivere, ed è contrarissimo alla ragione, la quale ci mostra troppo chiaro che non v'è speranza nessuna per noi. (23. Luglio 1820.)
Se nella giornata tu hai veduto o fatto qualche cosa non ordinaria per te, la sera nell'addormentarti o per qualunque altra cagione, e in qualunque stato, chiudendo gli occhi, ti vedi subito innanzi, non dico al pensiero, ma alla vista, le immagini sensibili di quello che hai veduto. E ciò quando anche tu pensi a tutt'altro, e neanche ti ricordi più di quello che avevi veduto forse molte ore addietro, nel quale intervallo ti sarai dato a tutte altre occupazioni. In maniera [184]che questa vista, quantunque appartenga intieramente alle facoltà dell'anima, e in nessun modo ai sensi, tuttavia non dipende affatto dalla volontà , e se pure appartiene alla memoria, le appartiene, possiamo dire esternamente, perchè tu in quel punto neanche ti ricordavi delle cose vedute, ed è piuttosto quella vista che te le richiama alla memoria, di quello che la stessa memoria te le richiami al pensiero. Effettivamente molte volte neanche pensandoci apposta, ci ricorderemmo di alcune cose, che all'improvviso ci vengono in immagine viva e vera dinanzi agli occhi. E notate che ciò accade senza nessun motivo e nessuna occasione presente, che tocchi nella memoria quel tasto, perchè del rimanente molte volte accade che una leggerissima circostanza, quasi movendo una molla della nostra memoria, ci richiami idee e ricordanze anche lontanissime, senza nessuno intervento della volontà , e senza che i nostri pensieri d'allora ci abbiano alcuna parte.
Più volte m'è accaduto di addormentarmi con alcuni versi o parole in bocca, ch'io avrò ripetute spesso dentro la giornata, o dentro qualche ora prima del sonno, o vero coll'aria di qualche cantilena in mente; dormire pensando o sognando tutt'altro, e risvegliarmi ripetendo fra me gli stessi versi o parole, o colla stess'aria nella fantasia. Pare che l'anima nell'addormentarsi deponga i suoi pensieri e immagini d'allora, come deponiamo i vestimenti, in un luogo alla mano e vicinissimo, affine di ripigliarli, subito svegliata. E questo pure senza operazione della volontà . Parimente s'io dentro la giornata aveva letto per un certo tempo del greco o latino o francese o italiano elegante ec. quando la mia memoria era più pronta, (perchè ora [185]che nello svegliarmi la trovo ottusissima, non mi accade così facilmente) mi risvegliava con varie frasi di quelle lingue in mente, e quasi parlando quelle lingue fra me, non ostante che nel sonno, nessuna idea me le avesse richiamate. Questo pure involontariamente. E così si può dire di cento altre idee d'ogni sorta, che al risvegliarti si presentano spontaneamente affatto.
(24. Luglio 1820.)
Qualunque cosa ci richiama l'idea dell'infinito è piacevole per questo, quando anche non per altro. Così un filareo un viale d'alberi di cui non arriviamo a scoprire il fine. Questo effetto è come quello della grandezza, ma tanto maggiore quanto questa è determinata, e quella si può considerare come una grandezza incircoscritta. Ci piacerà anche più quel viale quanto sarà più spazioso, più se sarà scoperto, arieggiato e illuminato, che se sarà chiuso al di sopra, o poco arieggiato, ed oscuro, almeno quando l'idea di una grandezza infinita che ci deve presentare deriva da quella grandezza che cade sotto i sensi, e non è opera totalmente dell'immaginazione, la quale come ho detto, si compiace alcune volte del circoscritto, e di non vedere più che tanto per potere immaginare ec.
(25. Luglio 1820.)
In ordine alle donne, diceva taluno, ho già perdute due virtù teologali, la fede e la speranza. Resta l'amore, cioè la terza virtù, della quale per anche non mi posso spogliare, con tutto che non creda nè speri più niente. Ma presto mi verrà fatto, e allora finalmente mi appiglierò alla contrizione.
(25. Luglio 1820.)
[186]La ragione che reca Montesquieu (Essai sur le goût. Des plaisirs de la symétrie) perchè l'anima amando la varietà , tuttavia dans la plupart des choses elle aime à voir une espèce de symétrie, il che sembra che renferme quelque contradiction, non mi capacita. Une des principales causes des plaisirs de notre ame, lorsqu'elle voit des objets, c'est la facilité qu'elle a à les appercevoir; et la raison qui fait que la symétrie plaît à l'ame, c'est qu'elle lui épargne de la peine, qu'elle la soulage, et qu'elle coupe, pour ainsi dire, l'ouvrage par la moitié. De-là suit une règle générale: par-tout où la symétrie est utile à l'ame et peut aider ses fonctions, elle lui est agréable; mais, par-tout où elle est inutile, elle est fade, parce qu'elle ôte la variété. Or les choses que nous voyons successivement doivent avoir de la variété; car notre ame n'a aucune difficulté à les voir: celles, au contraire, que nous appercevons d'un coup d'oeil doivent avoir de la symétrie. Ainsi, comme nous appercevons d'un coup d'oeil la façade d'un bâtiment, un parterre, un temple, on y met de la symétrie, qui plaît à l'ame par la facilité qu'elle lui donne d'embrasser d'abord tout l'objet. Ora io domando perchè noi vedendo una campagna, un paesaggio dipinto o reale ec. d'un colpo d'occhio come un parterre, e gli oggetti di quella e di questa vista, essendo i medesimi, noi vogliamo in quella la varietà , e in questa la simmetria. E perchè ne' giardini inglesi parimente la varietà ci piaccia [187]in luogo della simmetria. La ragion vera è questa. I detti piaceri, e gran parte di quelli che derivano dalla vista, e tutti quelli che derivano dalla simmetria, appartengono al bello. Il bello dipende dalla convenienza. La simmetria non è tutt'uno colla convenienza ma solamente una parte o specie di essa, dipendente essa pure dalle opinioni gusti ec. che determinano l'idea delle proporzioni, corrispondenze, ec. La convenienza relativa dipende dalle stesse opinioni gusti, ec. Così che dove il nostro gusto indipendentemente da nessuna cagione innata e generale, giudica conveniente la simmetria, quivi la richiede, dove no non la richiede, e se giudica conveniente la varietà , richiede la varietà . E questo è tanto vero, che quantunque si dica comunemente che la varietà è il primo pregio di una prospettiva campestre, contuttociò essendo relativo anche questo gusto, si troveranno di quelli che anche nella prospettiva campestre amino una certa simmetria, come i toscani che sono avvezzi a veder nella campagna tanti giardini. E così noi per l'assuefazione amiamo la regolarità dei vigneti, filari d'alberi, piantagioni solchi ec. ec. e ci dorremmo della regolarità di una catena di montagne ec. Che ha che far qui l'utile o l'inutile? perchè quando sì, quando no negli oggetti della stessa natura? perchè in queste persone sì, in quelle no? Di più quegli stessi alberi che ci piacciono collocati regolarmente in una piantagione, ci piaceranno ancora collocati senz'ordine in una selva, boschetto ec. La simmetria e la varietà , gli effetti dell'arte e quelli della natura, sono due generi di bellezze. Tutti [188]due ci piacciono, ma purchè non sieno fuor di luogo. Perciò l'irregolarità in un'opera dell'arte ci choque ordinariamente (eccetto quando sia pura imitazione della natura, come ne' giardini inglesi) perchè quivi si aspetta il contrario; e la regolarità ci dispiace in quelle cose che si vorrebbero naturali, non parendo ch'ella convenga alla natura, quando però non ci siamo assuefatti come i toscani.
Notate che ne' pazzi i più malinconici e disperati, è naturalissimo e frequente un riso stupido e vuoto, che non viene da più lontano che dalle labbra. Vi prenderanno per la mano con guardatura profondissima, e nel lasciarvi vi diranno addio con un sorriso che parrà più disperato e più pazzo della stessa disperazione e pazzia. Cosa però notabilissima anche nei savi ridotti alla intiera disperazione della vita, e massimamente dopo concepita una risoluzione estrema, che li fa riposare appunto in questa estremità d'orrore, e li placa, come già sicuri della vendetta sopra la fortuna e se stessi.
(26. Luglio 1820.)
Nessun dolore cagionato da nessuna sventura, è paragonabile a quello che cagiona una disgrazia grave e irrimediabile, la quale sentiamo ch'è venuta da noi, e che potevamo schivarla, in somma al pentimento vivo e vero.
Così il bene come il male aspettato sono ordinariamente più grandi che il bene o il male presente. La cagione di tutte due le cose è la stessa, cioè l'immaginazione determinata dall'amor proprio occupato nel primo caso dalla speranza, nel secondo dal timore.
Perchè una cosa non piacevole per se stessa, tuttavia [189]piaccia quando riesce inaspettata, in somma da che derivi il piacere della sorpresa considerata puramente come sorpresa, si spiega colla teoria della noia esposta di sopra in questi pensieri. Perchè l'uomo prova piacere ogni volta ch'è mosso potentemente, purchè non dal timore o dal male. Perchè poi il piacere inaspettato riesca ordinariamente maggiore dell'aspettato, si spiega parte colla detta ragione, parte con quella che ho notata, p.73. E v. se vuoi Montesquieu Essai sur le goût. Des plaisirs de la surprise. Amsterdam 1781. p.386. Du je ne sais quoi. p.394. progression de la surprise p.398.
L'affettazione ordinariamente è madre dell'uniformità . Da ciò viene che sazia ben presto. In tutti gli scritti di un gusto falso e affettato, come in tante poesie straniere, come nelle poesie orientali, osservate che voi sentirete sempre un senso di monotonia, come guardando quelle figure gotiche che dice Montesquieu, l.c. des Contrastes p.383. E questo quando anche il poeta o lo scrittore abbia cercato la varietà a più potere. Ragioni. 1. L'arte non può mai uguagliare la ricchezza della natura, anzi vediamo quante varietà svaniscano quando l'arte se ne impaccia, come nei caratteri e costumi e opinioni dell'uomo e in tutto il gran sistema della natura umana già pieno di varietà , sia nelle idee e nell'immaginazione sia nel materiale, ed ora dall'arte reso tanto uniforme. Così dunque l'affettazione. 2. L'affettazione continua è una uniformità da se sola, cioè in quanto è una qualità continua dell'opera d'arte. Non dite che in questo caso anche la naturalezza continua dovrebbe riuscire uniforme. 1. la naturalezza non risalta nè stanca [190]nè dà negli occhi come l'affettazione (ch'è una qualità estranea alla cosa), eccetto s'ella pure fosse ricercata e affettata, nel qual caso non è più naturalezza ma affettazione, come spessissimo nelle dette poesie. 2. la naturalezza appena si può chiamar qualità o maniera, non essendo qualità o maniera estranea alle cose, ma la maniera di trattar le cose naturalmente, e com'elle sono, vale a dire in mille diversissime maniere, laonde le cose sono varie nella poesia, nello scrivere, in qualunque imitazion vera, come nella realtà . Applicate queste osservazioni anche alle arti, p.e. ai paesaggi fiamminghi paragonati a quelli del Canaletto veneziano (v. la Dionigi Pittura de' paesi), alle stampe di Alberto Duro, dove lo stento e l'accuratezza manifesta del taglio dà un colore uguale e monotono alla più gran varietà di oggetti imitati nel resto eccellentemente e variatissimamente. Così accade che la negligenza apparente, e l'abbandono, lasciando cader tutte le cose nella scrittura come cadono naturalmente (o in pittura ec.) sia certa origine di varietà , e quindi non istanchi come le altre qualità della scrittura ec. p.e. anche l'eleganza: giacchè nessuna stancherà meno della disinvoltura.
Dalle due sopraddette ragioni intendete perchè la massima parte delle scritture e specialmente poesie francesi stanchino sopra modo. Il loro eterno stile di conversazione 1. dev'essere infinitamente meno vario del naturale, come l'arte della natura. 2. dà un colore uniforme alle cose più varie, ed un colore ch'essendo estraneo alla cosa, risalta, e stanca a brevissimo andare. In fatti osservate che le poesie francesi paiono tutte d'un pezzo, per la grande monotoni...
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