[Pagina precedente]... dicea "Che bella sposa arà messer Domenedio", chi dicea "Che peccato a far monica così bella figlia", altri mi benediva, altri mi bevea con gli occhi, altri diceva "La darà il buon anno a qualche frate": ma io non pensava malizie sopra tali parole; e udii certi sospiri molto ardenti, e ben conobbi al suono che uscivano dal core di un mio amante che mentre si dicevano gli uffici sempre pianse.
ANTONIA. Che, tu avevi degli amanti inanzi che ti facessi monica?
NANNA. Qualche sciocca non gli avrebbe auti: ma sanza libidine. Ora io fui posta a sedere in cima all'altre donne; e stata alquanto, cominciò La messa cantando: e io fui acconcia inginocchioni in mezzo a mia madre Tina e alla mia zia Ciampolina; e un cherico cantò in sugli organi una laldetta; e dopo la messa, benedetti i miei panni monachili che erano in su l'altare, il prete che avea detto la pistola, e quello che avea detto il vangelo mi levaro suso e fecero ripormi inginocchioni in su la predella dell'altar grande: allora quello che disse la messa mi dette l'acqua santa, e cantato con gli altri sacerdoti il Te deum laudamus con forse cento ragioni di salmi, mi spogliaro le mondanità e vestiro dello abito spirituale; e la gente, calcando l'un l'altro faceva un romore che si assimigliava a quello ch'è in San Pietro e in Santo Ianni quando alcuna, o per pazzia, o per disperazione, o per malizia, si fa murare come feci una volta io.
ANTONIA. Sì, sì, mi ti par vedere con quella turba intorno.
NANNA. Finite le cerimonie e datomi l'incenso con il benedicamus e con lo oremus e con lo alleluia, si aprì una porta che fece il medesimo stridore che fanno le cassette delle limosine, allora fui rizzata in piedi e menata all'uscio dove da venti suore con la badessa mi aspettavano; e tosto che la vidi, le feci una bella riverenza; ed ella, basciatami nella fronte, disse non so che parole a mio padre e a mia madre e a' miei parenti, che tutti piangevano dirottamente; e a un tratto riserrato la porta, udii uno "oimè" che fece risentire ognuno.
ANTONIA. E donde uscì lo "oimè"?
NANNA. Da un mio amante poveretto, che dell'altro dì si fece frate dei zoccoli o romito dal sacco, salvo il vero.
ANTONIA. Meschino.
NANNA. Ora nel serrar della porta, che fu sì ratto che non mi lasciò dire pure "a dio" al sangue mio, credetti certo di entrare viva viva in una sepoltura, e mi pensava di vedere donne morte nelle discipline e ne' digiuni; e non più dei parenti, ma di me stessa piangeva. E andando con gli occhi fissi in terra e con il core vòlto a quello che avea a essere del fatto mio, giunsi nel refettorio dove una schiera di suore mi corsero ad abbracciare e dandomi della sorella per il capo, mi fecero alzare il viso alquanto: e visto alcuni volti freschi, lucidi e coloriti, tutta mi rincorai; e riguardandole con più sicu
tà , dicea meco: "Certamente i diavoli non debbeno esser brutti come si dipingono". E stando in questo, eccoti uno stuolo di frati e di preti, e alcuno secolare mescolato con essi, i più bei giovani, i più forbiti e i più lieti che mai vedessi: e pigliando per mano ciascuno la sua amica, pareano angeli che guidassero i balli celestiali.
ANTONIA. Non por bocca nel Cielo.
NANNA. Pareano innamorati che scherzasseno con le lor ninfe.
ANTONIA. Cotesta è più lecita comperazione. Séguita.
NANNA. E pigliatele per mano, gli davano i più dolci basciozzi del mondo, e faceano a gara nel dargli più melati.
ANTONIA. E chi gli dava con più zucchero, secondo il giudizio tuo?
NANNA. I frati, sanza dubbio.
ANTONIA. Per che ragione?
NANNA. Per le ragioni che allega la leggenda della Puttana errante di Vinegia.
ANTONIA. E poi?
NANNA. E poi ciascuno si puose a sedere ad una delle più dilicate tavole che mi paresse mai vedere: nel più onorato luogo stava madonna la badessa tenendo a man sinistra messer l'abate; e dopo la badessa era la tesoriera, e appresso di lei il baccelliere, allo incontra sedea la sacrestana, e allato a essa il maestro dei novizi, e seguiva di mano in mano una suora, un frate e un secolare, e giuso a' piedi non so quanti cherici e altrettanti fratini , e io fui posta tra il predicatore e il confessore del monistero. E così vennero le vivande, e di sorte che il papa (mi farai dire) non ne mangiò mai tali. Nel primo assalto le ciance fur poste da canto, di maniera che parea che il "Silenzio" scritto dove i padri hanno la piatanza si fosse insignorito delle bocche d'ognuno: anzi delle lingue, ché le bocche facevano il medesimo mormorio che fanno quelle dei vermi della seta finiti di crescere quando, indugiato il cibo, divorano le frondi di quelli arbori sotto l'ombra dei quali si solea trastullare quel poveretto di Piramo e quella poverina di Tisbe, che Dio gli accompagni di là come gli accompagnò di qua.
ANTONIA. Delle frondi del moro bianco vuoi dir tu.
NANNA. Ah! ah! ah!
ANTONIA. A che fine cotesto tuo ridere?
NANNA. Rido d'un frate poltrone, Dio mel perdoni, che mentre macinava con due macine, e che avea le gote gonfiate come colui che suona la tromba, pose la bocca a un fiasco e lo tracannò tutto.
ANTONIA. Domine affogalo.
NANNA. E cominciandosi a saziare, cominciaro a cicalare: e mi parea essere, a mezzo del desinare, come nel mezzo del mercato di Navona, che si ode in qua e in là il romore del comperare che fa questo e quello con quello e con questo giudeo, e sendo già sazi, andavansi scegliendo le punte delle ali delle galline e alcune creste e qualche capo, e porgendolo l'uno a l'altra e l'altra a l'uno, simigliavano rondini che imbeccassero i rondinini. E non ti potrei contare le risa e voci che si udivano nel donare di un culo di cappone, né sarebbe possibile a poter dire le dispute che sopra di ciò si faceano.
ANTONIA. Che poltroneria.
NANNA. Mi veniva voglia di recere quando vedea masticare un boccone da una suora, e porgelo con la propria bocca all'amico suo.
ANTONIA. Gaglioffe.
NANNA. Ora, sendo il piacere del mangiare converso in quel fastidio che si converte altrui di subito che ha fatto quella cosa, contrafecero i Tedeschi con il brindisi: e pigliando il generale un gran bicchiere di corso, invitando a fare il simile alla badessa, lo mandò giù come un sacramento falso. E già gli occhi di ciascuno rilucevano per il troppo bere come le bambole degli specchi; poi velati dal vino come dal fiato un diamante, si sarieno chiusi, talché la turba, cadendo sonnacchiosa sopra le vivande, arìa fatto della tavola letto, se non era un bel fanciullo che vi sopragiunse: egli avea un paniere in mano coperto d'uno il più bianco e il più sottile panno di lino che mi paia anco aver veduto: che neve? che brina? che latte? egli avanzava di bianchezza la luna in quintadecima, .
ANTONIA. Che fece del paniere? e che c'era dentro?
NANNA. Piano un poco; il fanciullo, con una reverenza alla spagnuola annapolitanata, disse: "Buon pro' alle Signorie vostre"; e poi soggiunse: "Un servidore di questa bella brigata vi manda dei frutti del paradiso terrestre"; e scoperto il dono, lo pose su la tavola: ed eccoti uno scoppio di risa che parve un tuono, anzi scoppiò la compagnia nel riso nel modo che scoppia nel pianto la famigliuola che ha visto serrar gli occhi al padre per sempre.
ANTONIA. Buone e naturali fai le simiglianze.
NANNA. Appena i frutti paradisi fur visti, che le mani di queste e di quelli, che già cominciavano a ragionare con le cosce, con le poppe, con le guance, con le pive e co' pivi di ognuno con quella destrezza che ragionano quelle de' mariuoli con le tasche dei balocchi che si lasciano imbolare le borse, si avventaro ai detti frutti nella guisa che si avventa la gente alle candele che si gittano giuso dalla loggia il dì della Ceraiuola.
ANTONIA. Che frutti furo quelli? che cose? Dillo.
NANNA. Erano di quei frutti di vetro che si fanno a Murano di Vinegia alla similitudine del K, salvo che hanno duo sonagli che ne sarebbe orrevole ogni gran cembalo.
ANTONIA. Ah! ah! ah! Io t'ho per il becco, io t'afferro.
NANNA. Ed era beata, non pure avventurata, quella a cui veniva preso il più grosso e il più largo; né si ritenne niuna di non basciare il suo, dicendo: "Questi abbassano la tentazione della carne".
ANTONIA. Che 'l diavolo ne spenga la sementa.
NANNA. Io che facea l'onesta-da-campi, dando alcune occhiate ai frutti, parea una gatta astuta che con gli occhi guarda la fante e con la zampa tenta di grappare la carne che ella per trascuraggine ha lasciato sola, e se non che la compagna la quale mi sedea allato, avendone tolti due, me ne diede uno, per non parere una ignocca averei preso il mio. E per abbreviare, ridendo e cianciando la badessa si rizzò in piedi, e così fece ciascuno: e la benedicite che ella disse alla tavola fu in volgare.
ANTONIA. Lasciamo ir le benediciti. Levate dalla tavola, dove andaste?
NANNA. Ora io tel dirò. Noi andammo in una camera terrena, ampia, fresca e tutta dipinta.
ANTONIA. Che dipinture c'erano? La penitenza della quaresima o che?
NANNA. Che penitenza: le dipinture erano tali che avrieno intertenuto a mirarle gli ipocriti. La camera avea quattro facce: nella prima era la vita di santa Nafissa, e ivi di dodici anni si vedea la buona fanciulla, tutta piena di carità , dispensare la sua dote a sbirri, a barri, a piovani, a staffieri e a ogni sorte di degne persone; e mancatole la robba, tutta pietosa, tutta umile, si siede verbigrazia in mezzo di ponte Sisto sanza pompa alcuna, eccetto (la seggiola), la stola e il cagnoletto, e un foglio di carta increspato in cima ad una canna fessa con la quale parea che si facesse vento e che si riparasse dalle mosche.
ANTONIA. A che effetto stava ella in seggiola?
NANNA. Ci stava per fare l'opre del rivestire gli ignudi; ella, così giovanetta come io ti ho detto, si stava sedendo, e con il viso in alto e la bocca aperta, diresti ella canta quella canzone che dice:
Che fa lo mio amore, che non viene?
Ella era anco dipinta in piedi, e volta a uno che per vergogna non ardiva di richiederla delle cose sue, tutta gioconda, tutta umana, gli giva incontra; e menatolo nella tomba dove consolava gli afflitti, prima gli levava la veste di dosso, e poi, snodatogli le calze e ritrovato il tortorino, gli faceva tanta festa che, entrato in superbia, con la furia che uno stallone rotta la cavezza si avventa alla cavalla, le entrava fra le gambe: ma ella, non le parendo esser degna di vederlo in viso e forse (come dicea il predicatore che spianava la sua vita a noi altre) non le bastando l'animo di vederlo sì rosso, sì fumante e sì collerico, gli volgea le spalle magnificamente.
ANTONIA. Siale appresentato alla anima.
NANNA. O non gli è rappresentato, essendo santa?
ANTONIA. Tu dici la verità .
NANNA. Chi ti potria narrare il tutto? Ivi era dipinto il popolo d'Israelle che ella graziosamente albergò e contentò sempre amore dei. E ci si vedea dipinto alcuno che, dopo l'avere assaggiato ciò che ci è, si partiva da lei con un pugno di denari i quali l'altrui discrezione le dava per forza: che intervenia a chi la lavorava come interviene a uno che alloggia in casa di qualche prodigo uomo che non solo lo accoglie, lo pasce e lo riveste, ma gli dà ancora il modo di poter finire il viaggio suo.
ANTONIA. O benedetta o intemerata madonna santa Nafissa, ispirami a seguitare le tue santissime pedate.
NANNA. In conchiusione, ciò che ella fece mai e dietro e dinanzi alla porta e all'uscio, è ivi al naturale: e fino al fine suo c'è dipinto, e nella sepoltura sono ritratti tutti i Taliani che ella ripose in questo mondo per ritrovarselo nello altro; e non è di tante ragioni erbe in una insalata di maggio quante son varietà di chiavi nel suo sepolcro.
ANTONIA. Io voglio vedere un dì queste dipinture a ogni modo.
NANNA. Nella seconda c'è la istoria di Masetto da Lampolecchio: e ti giuro per l'anima mia che paiono vive quelle due suore che lo menaro nella capanna mentre il gaglioffone fingendo dormire, facea vela della camiscia nell'alzare della antenna carnefice
ANTONIA. Ah! ah! ah!
NANNA. Non si potea tenere dalle risa niuno mirando le altre due che, accorte della galantaria delle ...
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