[Pagina precedente]...giura uno spiritato alla colonna, brontolando e piangendo e maladicendo, apersi la cassa della viola, ed egli adattandomisi di sopra, tremando per la volontà della carne mia, volea mettere la tasta nella piaga: ma gli diedi una scossa così fatta, che lo discavalcai; ed egli paziente mi si racconcia in su la sella, e ritentando con la tasta, tanto pinse che vi entrò. Io non mi potendo tenere, gustando il pane unto, di non mi abandonare come una porchetta grattata, non gridai se non quando la menchia mi uscì di casa. Allora sì che i gridi fecero correre su le finestre i vicini e mia madre di nuovo in camera: che, visto il sangue del pollo che avea tinti i lenzuoli e la camiscia allo sposo, fece tanto che quella notte egli si contentò che io andassi a dormir seco; e la mattina tutto il vicinato era in conclave per la mia onestà , né si parlava d'altro per la contrada. Passate le sposarie, alle chiese e alle feste presi ' andare come vanno le altre; e pigliando pratica con questa e con quella, diventai secretaria di questa e di quella.
ANTONIA. Io son perduta nello ascoltarti.
NANNA. Diventai tutta tutta di una cittadina ricca, bella e moglie di un gran mercatante, giovane, grazioso, motteggere e sì innamorato di lei, che sognava la notte quello che ella volea la mattina. E sendo un dì seco in camera, porsi a caso gli occhi in uno studiuolo: e veggio balenare un non so che per il buco della chiave.
ANTONIA. Che sarà ?
NANNA. E attendendo con l'occhio al buco, scorgo un non so chi.
ANTONIA. Sta bene.
NANNA. La amica si accorge del mio guardare, e io mi accorgo del suo essersi accorta di quello che guardava, e mirando io ella ed ella me, le dico: "Quando sarà qui il vostro marito che ieri se ne andò in villa?", "Ci sarà quando Dio vorrà " rispose ella, "ma se ci fusse quando volessi io, non ci sarebbe mai", "O perché?" le domando io, "Per il malanno e la mala pasqua che dia Dio a chi ne fece motto. Egli non è quello che altri si crede, non per questa croce", e facendone una con le dita, la basciò. "Come no?" le dico io, "ciascuno vi ha invidia di esso, e da che viene il vostro discontentarvene? ditemelo, se si può", ed ella a me: "Vuoi tu che io te lo dica a lettere di spiziale? Egli è un bello-in-campo, e buono solamente a pascermi di fogge; altro ci bisogna, dice il Vangelo in volgare, perché solo del pane non vive l'uomo"; e parendomi che ella avesse ragion da vendere, le dico: "Voi sète savia, e sapete che si sta duo dì in questo mondo", "E perché tu sia più certa della mia saviezza" mi disse ella, "ti voglio mostrare il mio ingegno"; e aperto lo studiuolo, mi fa toccare la mano a uno che al giudicio mio era di questi che hanno più carne che pane: e fu pure il vero che ella in sul mio viso si gli coricò sopra, e ponendo la casa in sul camino gli fece fare duo chiodi a un caldo e due schiacciate in un fiato, dicendo: "Io voglio piuttosto che si sappia che io sia trista e consolata che buona e disperata".
ANTONIA. Parola da scrivere a lettere di oro.
NANNA. E chiamata la fanticella depositaria delle sue contentezze lo fece partire per quella via che venne, ornandolo prima di una catenella che avea al collo. Io basciatola nella fronte, nella bocca e in tutte due le gote, mi ritorno a casa per provare, inanzi che venisse il mio marito, se il fante di casa era ben fornito a panni lini; e trovato l'uscio mandato oltre, spinta la mia cameriera su di sopra me ne vado al suo alberghetto a terreno; e movendomi pian piano, facendo vista di esser gita a fare un poco di acqua al ne
ssario che era ivi, odo un parlar cheto cheto, e datoci orecchio, mi accorgo che mia madre avea pensato prima di me al fatto suo: e dandole la benedizione, come diede ella a me la maladizione quando io fingea di non volere consentire al mio marito torno indietro. E salita la scala, struggendomi per le cose vedute, eccoti il mio perdi-giornata: col quale sfogai la bizzarria, non a mio modo, ma il meglio che potei.
ANTONIA. Perché non a tuo modo?
NANNA. Perché ogni cosa è meglio che marito: e pigliane lo essempio dal mangiare fuora di casa.
ANTONIA. Certo è che il variare delle vivande accresce lo appetito: e te lo credo, perché ancora si dice che ogni cosa è meglio che moglie.
NANNA. Accaddemi andare in villa mia, dove avea a fare una gentildonna grande, io ti dico grande e basta, la quale facea disperare il suo marito col volere tutto lo anno starsi in contado, e quando egli le ponea inanzi le magnificenze della città e le disonoranze della villa, ella dicea: "Io non mi curo di pompe, io non voglio far peccare con la invidia le genti, io non prezzo le feste né le compagnie, io non voglio che niuno mi faccia fiaccare il collo, la messa mi basta la domenica, e so bene il risparagno che si fa stando qui, e il gittar via nelle tue città : dove ti stà , se vuoi; se non, qui statti". Il gentiluomo, che non potea far di meno a non ritornarvi anco che non volesse bisognava che la lasciasse sola alcuna volta per i bei quindici dì.
ANTONIA. Mi pare vedere dove riesce il suo intendimento.
NANNA. Il suo intendimento riusciva in un prete cappellano della villa: che, se la entrata sua fosse stata grossa come lo spargolo col quale diede lo olio santo al giardino della gentildonna (che se lo fece da esso innaffiare come udirai), si saria stato meglio che un monsignore. Oh egli avea il gran manico di sotto il corpo! oh egli lo avea sodo! oh egli lo avea bestiale!
ANTONIA. Taruoli!
NANNA. Madonna sta-in-villa lo vide un dì pisciare disavvedutamente sotto la finestra sua, ed ella propria me lo disse da che mi fece consapevole del tutto: e vedendogli un braccio di coda bianca, con una testa corallina e fessa per man del maestro, con una vena galante a traverso della schiena, né in piè né a sedere, ma bagianotta bagianotta, con una corona di peli innanellati biondi come lo oro, la quale si stava in mezzo di duo sonagli raccolti, tondi, vivi, più belli che quelli di ariento che tiene a' piedi lo aquilone che sta su la porta dello imbasciadore; e tosto che ella vide il carbonchio, pose le mani in terra per non farla segnata.
ANTONIA. Che bella cosa se ella, pregna, nel vederlo si fosse toccata il naso, partorendo poi una figliuola col segnale delle balle nel viso.
NANNA. Ah! ah! ah! Posta la mano in terra, cadde in tanta smania per la voglia della coda del castrone, che venne meno di sorte che fu portata nel letto; e il marito, maravigliandosi di sì strano accidente, fece tosto venire dalla cittade un medico a staffetta che, toccatole il polso, le dimandò se ella andava del corpo.
ANTONIA. Alla fede buona che non san che dirsi, tosto che intendeno che lo ammalato sciorina bene per il lambicco di sotto.
NANNA. Tu dici il vero. Infine ella rispose di no; onde il medicastro ordina uno argomento: il quale, rigettato subito, fece venire le lagrime in sugli occhi al buon marito, udendole chiedere il prete. Ella disse: "Io mi voglio confessare; e poiché a Dio piace che io muoia, vo' che piaccia anche a me: mi sa ben male di lasciarti, marito mio". A cotal suono il pecorone le si gittò al collo, piangendo che parea battuto; ed ella basciandolo dicea "Pacienza"; poi traendo uno strido parve che volesse gir via; e richiedendo il prete, corse un famiglio per lui che venne tutto sbigottito. E appunto al giunger suo il medico le avea il braccio in mano per intendere che pensiere facesse il polso del fatto suo; e sentendolo risuscitare nello apparir del prete, ne stupì; e il prete, fattosi inanzi, disse: "Dio vi renda la vostra sanità "; ed ella, ficcandogli gli occhi nella brachetta che spuntava fuore il capo di una sua gonnella di rascia che portava cinta, venne un'altra volta in angoscia; e bagnatole i polsi con aceto rosato, si riebbe alquanto, onde il suo marito, che era un cotale infarina-pastinache, facendo sgombrare la camera, tirò la porta a sé acciò che la confessione non fosse udita: e postosi a ragionar col medico del caso, ne ritraeva gran frapperie. E mentre il castra-porcelli disputava con lo sguscia-lumache, il prete, accónciosi a sedere in sul letto, fattole il segno della croce di sua mano perché ella non si disagiasse, le volea dimandare quanto era che ella si confessò: ed ella, postogli le unghie nel cordone rassodato in un baleno, se lo tirò sul corpo.
ANTONIA. Bella prova.
NANNA. Che dici tu dello averle il prete tratto i capogirli da dosso con due menate?
ANTONIA. Dico che merita gran laude per non essere di quelle cacasotto che non le basta lo animo di pisciare nel letto e dire "Noi siamo sudate".
NANNA. Compita la confessione, si ritornò il prete a sedere, e nel porle la mano in capo il marito pose un pocolin pocolino la testa dentro: e veduto la assoluzione, venne a lei, e trovandola tutta rischiarata nel volto, disse infine: "Ei non ci è il miglior medico di messer Domeneddio, madenò: tu sei ristorata tutta quanta, e ci fu d'ora che mi ti credetti perdere". Ed ella, volta a lui, disse sospirando: "Io mi sono riavuta" e masticando il confiteor, con le mani giunte, fingea di dire la penitenza. E licenziato il prete, gli fece mettere in pugno un ducato e duo giuli, dicendo: "I giuli sono la limosina della confessione, e il ducato perché me ne diciate le messe di san Gregorio".
ANTONIA. Béccati questa altra.
NANNA. Odi chi merita di star di sopra a quella del prete, una madrona di un .XL. anni, che nella villa nostra avea un podere di gran rendita, la quale era di parentado dignissimo, e moglie di un dottore che facea miracoli con la sua letteratura della quale avea empiti di gran libri. Costei che io ti dico giva vestita di bigio, e quella mattina che ella non avesse udite cinque o sei messe, non averia riposato in quel dì: ella era una avemaria infilzata, una graffia-santi e una scopa-chiese, e sempre digiunava i venerdì di tutti i mesi, non pur di marzo; e alla messa rispondea come il cherico, cantando il vespro in sul tenore dei frati; e si dicea che portava fino a una cinta di ferro in su le carni.
ANTONIA. Ne impiscio santa Verdiana.
NANNA. Ella facea astinenze cento volte più di lei, or và ; e non portava se non zoccoli, e la vigilia di San Francesco dalla Vernia e di quello di Ascesi mangiava tanto pane quanto potea serrar nel pugno, non bevendo altro che una volta acqua pura; e stava fino a mezzanotte in orazione, e quel poco che dormiva era sopra un fascio di ortiche.
ANTONIA. Sanza camiscia?
NANNA. Non ti so dire. Ora egli occorre che un romito scannapenitenze, standosi in un ermetto presso della villa un miglio, e forse dui, se ne veniva quasi ogni dì fra noi procacciandosi qualche cosetta per vivere; e non ritornava al romitorio mai vòto, perciò che quel suo sacco che lo copria, quella sua faccia magra, quella sua barba fino alla cintura, quella sua chioma rabbuffata, con un certo suo sasso che portava in mano alla usanza di san Girolamo, movea a pietà tutto il comune. A questo romito venerabile pose lo animo la moglie del dottore, che allora procurava nella città per le liti di molti; e gli facea di gran carità ; e spesso se ne andava allo ermo suo certamente divoto e dilettevole, donde riportava alcune insalatucce amare facendosi coscienza di assaggiare delle dolci.
ANTONIA. Come era fatto lo ermo?
NANNA. Egli si stava suso uno monticello rilevato, e gli avea posto nome "il Calvario", in mezzo del quale era un crocione con tre chiodacci di legname che impaurivano le donnicciuole: e detta croce tenea al collo la corona di spine, e nelle braccia due sferze pendenti di corda annodate, e nel piede una testa di morto, e da un lato fitta in terra la spugna sopra la canna, e dallo altro un ferro di chiaverina rugginosa in cima di una asta di partigiana vecchia. Dove il monte si sedea, era uno orticello al quale i rosai facevano muricciuolo, che avea la porticella di verghe di salci intrecciate con la sua chiave di legno: e in tutto un dì non so si saria nel suo seno trovato un sassolino, sì bene lo tenea mondo il romito. I quadretti dello orto, diviso da alcune belle viette, erano pieni di varie erbe: qua lattuche cr...
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