[Pagina precedente]...espe e sode, là pimpinelle fresche e tenere; alcuni erano di aglietti che il compasso non ne potria né levare né porre; altri dei più bei cavoli del mondo; la nepitella, la menta, lo aneto, la magiorana e il prezzemolo aveano anche loro il luogo suo nel giardinetto, in mezzo del quale facea ombra un mandrolo di quelle grandi sanza pelo. E per alcuni viottoli correva acqua chiara che usciva di una vena fra pietruzze vive dal piede del monte, che zampillava fuora tra le erbette: e tutto il tempo che il romito rubava alle orazioni, spendea in nutrire l'orticello. Poco lunge da esso sta la chiesetta con il suo campanile di due campanelline; e la capanna attaccata al muro della chiesa, dove riposava. In questo paradisetto venia la dottora come io ti ho detto: e per non dare al corpo da invidiare all'anima, un dì fra gli altri, ritirati nella capanna per lo impaccio che gli dava il sole non so come fecero le male fini, e facendole un villano (la lingua dei quali taglia ed è pessima), cercando il figliuolo della sua asina smarrito dalla madre, e passando a caso dalla capannetta, vide la santa coppia attaccati insieme come si attacca il cane e la cagna; e correndo alla villa cennò con alcuni tocchi di campana il popolo, che udendogli la più parte, abandonando le loro opre comparsero alla chiesa, e non meno donne che uomini: dove trovaro il villano che contava al prete come il romito facea miracoli. Onde il prete, vestitosi il camiscio, con la stola al collo e il libro in mano, portando il cherico inanzi la croce, con più di cinquanta persone dietro arrivaro in un credo alla capanna: nella quale trovaro la serva e il servo degli schiavi del Cielo che dormivano da zappatori; e il romito ronfando tenea il flagello dietro alle spalle della divota del cordone. Onde la turba nella prima vista rimase muta come rimane una buona donna veduto il cavallo a dosso alla cavalla; e poi cacciaro un riso, nel veder le sue donne voltarsi in là, che averia desto i ghiri: gli ruppe il sonno. Intanto il prete, vedendogli congiunti, gridò in sul tuono del coro: "Et incarnatus est".
ANTONIA. Io mi credea che il puttaneto delle moniche non si potesse migliorare, ed era in errore. Ma dimmi, il romito e la bizzoca non rimasero morti?
NANNA. Morti, ah! Egli, tratta la lima del foro, si levò in piedi, e datosi due strette con quella vitalba attorcigliata che lo cingeva, disse: "Signori, leggete la vita dei santi Padri, e poi giudicatemi al fuoco e a quello che vi parrà: il diavolo in vece mia con la mia forma ha peccato, e non il corpo, che saria un tradimento a fargli male". Or vuoi tu che io ti dica? Il ribaldone, che fu soldato, assassino, roffiano, e per disperazione si fe' romito, cicalò tanto che, da me in fuora, che sapea dove il demonio tiene la coda, e il prete fatto accorto dalla confessione della gentildonna, ciascuno li diede fede; però che giurò per la vitalba che lo cingea, che gli spiriti che tentano i romiti si chiamavano "succumbi" e "incumbui". La mezza suora, che mentre il romito dal sacco frappò ebbe tempo di pensare alla malizia, cominciò a storcersi, gonfiandosi la gola col ritenersi del fiato, a travolger gli occhi, a urlare e a sbattersi di maniera che facea paura a vederla, onde il romito disse: "Ecco lo spirito maligno a dosso alla meschina", e volendola pigliare il sindico della villa si diede a mordere e a stridere terribilmente, e legata da dieci villani e condotta nella chiesa, la fecero toccare da due ossicine che dicevano essere degli Innocenti, le quali stavano in un tabernacolo goffo di rame sdorato per reliquia: e toccata da esse la terza volta tornò in sé. E gita la novella al dottore, rimenata la santarella alla città ne fece fare un predica.
ANTONIA. Non si udì mai la più ladra cosa.
NANNA. Ma credi tu che non ci sieno delle altre?
ANTONIA. Sì ah?
NANNA. Madonna sì. Una mia vicina nella terra, che parea una civetta nella uccellaia cotanti amadori la guardavano, e non si udiva altro che serenate tutta la notte e se non salticchiar cavalli tutto il giorno, con passeggiamenti di giovani; e quando ella andava a messa non potea passare per la strada da tanti era donneata, e chi dicea "Beato chi gode di un cotale angelo"; chi dicea "O Dio, perché mi tengo io di non dare un bascio in quel seno, e poi morire?"; altri ricoglieva la polvere che ella calpestava, e la spargea nella berretta come si sparge quella di Cipri; e alcuno la guardava sospirando sanza far motto. Questo pelago laudato, dove pescava ognuno sanza pigliar mai nulla, si inghiottonì di un di questi pedagoghi affumicati che si tengono a insignare per le case: il più unto, il più disgraziato e il più sucido che si vedesse mai. Egli avea una veste paonazza indosso, increspata da collo che non si ci sarebbe appiccato il pidocchio, con alcune nuote di olio in essa come hanno i guatteri dei conventi; e sotto della veste una guarnaccia di ciambelloto frustra di sorte che ogni altra cosa parea che ciambelloto: né si poté mai intendere di che colore si fosse. Cingevasi con due liste di saia nera annodate insieme; e perché era senza maniche, si serviva di quelle del farsetto di raso di bavella tutto rotto e sfilato che da mano mostrava la fodra e nel collarino un orlo di sudore indurato talmente che parea di osso. Vero è che le calze toglievano di biasimo la palandrana: elle erano state di rose secche, ma non erano più; e attaccate al farsetto con duo pezzi di stringhe sanza puntali, gli campeggiavano in gamba a modo di calzoni da galeotti; e facea bel vedere un calcagnetto che gli scappava fuora della scarpa al dispetto del suo dito che a ogni passo lo rispingeva dentro. Le pianelle avea fatto di un paio di stivalacci di suo avo; le scarpette erano ben sottil
, ma aveano una gran voglia di fargli mostrare le dita grosse del piede: e se la averebbero cavata se il vitello delle pantuffole lo avesse consentito. Portava una berretta da una piega mandata giuso, con una scuffia sanza balzo, di taffettà rotto in tre luoghi; e condita dal sudiciume del capo che egli non si lavava mai, simigliava quella che ad altrui appiatta la tigna. Quanto di buono ci si vedea era la bona grazia del suo viso, che si radea due volte la settimana.
ANTONIA. Non ti affaticare in dipingermelo, ch'io lo veggio il boia.
NANNA. Proprio un boia: e però se ne infernetichì la vaga femina (che, a dire la verità, noi siamo sempre il piglia-il-peggio); e non potendo trovare modo di parlargli, entrò in una cantilena una notte col suo marito lunga un miglio. E dicendo "Noi siamo ricchissimi, Dio grazia, e sanza figliuoli e sanza speranza di averne, onde ho pensato a una gran mercè", il buon marito le dice: "A che hai tu pensato, moglie cara?"; ed ella: "Alla tua sorella carica di figliuoli e di figliuole, e voglio che ci alleviamo il fanciullo minore: che, oltra che noi ce lo ritroveremo alla anima, a chi vogliamo noi far bene, se nol faciamo alle nostre carni?". Il marito ne lodò e ringraziò la mogliere, dicendo: "Son molti giorni ch'io aprii la bocca per dirtelo, ma dubitai che non ti dispiacesse; ma ora che so lo animo tuo, andrò, tosto che mi lievo, a dare alla poverina la buona giornata e menerollo a casa tua: perché ogni cosa è dota tua", e dicendogli ella "Anche tua e non mia", venne il dì, e levato il procuratore-delle-sue-corna con molta allegrezza della sorella ottenne il nipotino, e lo condusse a lei che gli fece gran festa. Passati duo dì, ella sendo a tavola e ragionando col marito dopo cena, incominciò a dire: "Io voglio che facciamo insegnare qualche virtù al nostro Luigetto" (che così si chiamava il fanciullo), egli le rispose: "E chi sarebbe al proposito?"; ed ella: "Quel maestro che, secondo che lo veggio raggirare, debe cercar partito", "Qual maestro?" le dic'egli, "quello che porta la veste che gli cade dalle spalle queluomo a caso, che viene alla messa...?", e volendo dire dove, ella disse: "Sì, sì, quello è desso, e non so chi dice che egli è valente come una cronica", "Sta molto bene", risponde il suo uomo. E gitolo a trovare, la sera istessa menò il gallo a pollaio: che la mattina andato per una sua sacchetta dove tenea due camisce, quattro fazzoletti e tre libri con le coperte di tavole, ritornò alla stanza che gli ordinò la padrona.
ANTONIA. Che trama sarà questa?
NANNA. Stammi pure ad ascoltare. L'altra sera madonna, tenendo per mano il nipote il quale avea a essere, con lo imparare del saltero, il roffianello della zia, chiamò il pedagogo; e io (che quella sera cenava seco) odo che gli dice: "Maestro, voi non avete a fare altro che indottrinarmi questo più che mio figliuolo" (e ciò dicendo gli appiccò duo basci nella bocca), "e poi lasciate far a me circa il pagamento". Il maestro cominciò a risponderle per in busse e per in basse, allegando le sue ragioni con le dita delle mani: ed entrò in un salceto fantastico. Onde madonna, rivolta a me, disse: "Egli è un Cicerchione", e così, disputando dei cuiussi, ella mutò verso, e dicegli: "Ditemi, maestro, foste mai innamorato?". Il castrone, che avea, se non più bella almen più buona coda che non ha il pavone, rispose: "Madonna, amore mi ha fatto studiare", e sguainato fuora tutte le anticaglie, ci contò chi si era impiccato per lui, chi avelenato e chi tratto da una torre, e così di molte donne ci nominò che, amando erano andate a porta infieri: sempre con parole puntate e spiccate. E mentre egli gracchiava, ella mi pungeva il fianco con un gombito; e dopo i punzoni mi disse: "Che ti pare del messere?", io, che le era nella anima, non pure nel core, rispondo: "Mi pare atto a scuotere il pesco e a crollare il pero", ed ella, con uno "ah! ah! ah!", mi gittò le braccia al collo; e detto "Andate a studiare, maestro", mi trasse seco in camera. In questo le è fatta una imbasciata che il marito non torna né a cena né a dormire (che di far così avea spesso in costume), ed ella lieta per ciò, mi dice: "Il tuo dormigione arà a pacienza che questa sera voglio che tu rimanga meco"; e mandato a dirne una parola a mia madre, ottenne la grazia. E saziateci di una cenetta di mille frascherie, di fegati, ventricchi, colli e piedi di polli, con prezzemolo e pepe in insalata, e quasi un cappone freddo, ulive, mele rose, col raviggiuolo e cotognato per acconciarsi lo stomaco, e confetti per farci buon fiato, si mandò la provenda al maestro nella sua camera; che fu tutta di uova fresche e dure: e perché si gli cocessero dure, immaginalo tu.
ANTONIA. Io l'ho bello e immaginato.
NANNA. Cenato e rassettate le cose di tavola, e cacciato a dormire tutta la famiglia e il nipote del marito ancora, mi dice: "Sorella, se i nostri mariti mangerebbeno tutto l'anno, purché gli accadesse, di ogni carne, perché non debiamo noi mangiare almeno questa notte di quella del maestro che, secondo il naso lo debbe avere da imperadore? E poi non si saprà mai, perché è tanto brutto e goffo che, se ben lo dicesse, non gli sarà creduto". Io mi storco e faccio vista di temere, ingozzando la risposta; alla fine dico: "Queste son cose di pericolo, e se il tuo marito venisse, dove ci troveremmo noi?". Ed ella mi dice: "Matta a ciò che tu pensi: adunque tu mi hai per tanto balorda che se ben venisse il mio spensierato, non sapessi trovar modo di fargliene bere?". "Se è così, fà tu", le rispondo io. Intanto il maestro, più tristo di dui assi (che di tratto si accorse che era in succhio nel parlare che ella gli fece degli amori), inteso che il padrone dormiva fuora si stava ad ascoltare il ragionamento di colei che, per non si avere a impiccare e strangolarsi come fecero quelle sciocche che egli le avea dato per similitudine, prese per il migliore tirarsi in sul corpo il maestro: che solamente a vedergli pendere al fianco una di quelle scarsellacce di cuoio muffato che non si usano più, facea venire voglia di mandar fuore le budella. Egli, udito il tutto, con una prosunzione proprio da pedagogo alzò la portiera e venne dentro sanza altro invito. La sua padrona, che fino alle serve avea allogate, come lo vide disse: "Maestro, ten...
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