[Pagina precedente]...regare l'archetto del fanciullo su per la sua lira, disse: "Amor mio, fammi di grazia una grazia"; e il frataccio le dice: "Son contento, che vuoi tu?"; "Io voglio" disse ella, "grattugiare questo formaggio con la mia grattugia: con questo, che tu metta l'arpione nel timpano del tuo figliuolo spirituale; e se il piacere ti piacerà , daremo le mosse ai cavalli; se no, proveremo tanti modi, che un ne sarà a nostro modo". E intanto avendo la mano di fra Galasso calate le vele dello schivo del garzonetto, che avvedutasene madama, postasi a sedere, spalancata la gabbia e misoci dentro il lusignolo, si tirò a dosso il fascio con gran contentezza d'ognuno: e ti so dire che stette a crepacuore co sì gran mappamondo in su la pancia che la gualcò come è gualcata dalla gualchiera una pezza di panno. In ultimo ella scaricò le some, ed essi il balestro; e finito il giuoco, non ti potrei dire il vino che tracannaro e le confezioni che divoraro.
ANTONIA. Come ti potevi tu raffrenare nel desiderio dello uomo vedendo tante chiavi?
NANNA. Io venni in succhio fortemente a questo assalto badessale e avendo pure in mano il pugnale vetrigno...
ANTONIA. Io credo che lo tenevi fiutandolo spesso, come si fiuta un garofano.
NANNA. Ah! ah! ah! Dico che sendo in frega per le battaglie che io vedea, votai la tampella della orina fredda, ed empitola di nuovo, mi ci posi suso a sedere: e misa la fava nel baccello me la avrei spinto nel coliseo per provare ogni cosa perché non si può sapere a che modo ella abbia andare per noi.
ANTONIA. Tu facesti bene, cioè aresti fatto bene.
NANNA. E così calcandomi sopra la sua schiena, mi sentiva tutta confortare la sporta dinanzi, bontà del frugatoio che mi bruniva il secchio; e standomi fra due, contendea meco il sì e il no circa il ricever tutto l'argomento o vero una parte: e credo che avrei lasciato ire il cane nel covile se non fosse che udendo chiedere licenza dal confessore, rivestito col suo all
evo, alla ben contenta badessa, corsi a vedere le cacarie sue nel patirsi. Ella facea la bambina, e vezzeggiando dicea: "Quando ritornerete? O Dio a chi voglio io bene? chi adoro io?"; e il padre giurava per le letanie e per lo avvento che ritorneria la sera seguente: e il fanciullo, che ancora si ristringava le calze, con tutta la lingua in bocca le disse addio. E udi' che il confessore al partir cominciò quel pecora campi che è nel vespro ,
ANTONIA. Che, il cialtrone fingeva di dire compieta, eh?
NANNA. Tu lo hai indovinato. E appena partì il sopradetto che per il capestio che udi', intesi che i giostranti ancora avean finito la giornata e ritornavano a casa con la vettoria, facendo stallare i cavalli di maniera che mi parea la prima pioggia d'agosto.
ANTONIA. Il sangue!
NANNA. Odi, odi questa. Le due che aveano imballato le cose loro erano ritornate in camera: e la cagione, secondo che brontolando diceano, era per aver trovato chiuso a chiave l'uscio dietro per commissione della badessa, alla quale diedero più maledizioni che non aranno i cattivi nel dì del giudicio. Ma elle non andaro indarno, perché nello scendere della scala videro sonnacchiare il mulattiere che duo dì inanzi avea tolto il monistero; e fattoci disegno sopra, disse l'una a l'altra: "Tu anderai a destarlo con dire che ti porti una bracciata di legne in cocina ed egli stimandoti la cuoca, verà via; e tu mostrandogli questa camera, gli dirai "Portale là ": come il brigante è dentro lascialo pure intertenere alla tua fratellina"; e per non aver dato così fatto avviso né a muta né a sorda, tosto fu ubbidita. In questo scopro un altro agguato.
ANTONIA. Che scopristi?
NANNA. Scoprii, allato alla stanza delle predette, una camerina imbossolata alla cortigiana, molto leggiadra, nella quale erano due suore divine: e aveano apparecchiato un tavolino in su le grazie e postovi suso una tovaglia che parea di damasco bianco, e sapea più di spigo che di zibetto gli animali che lo fanno; e acconciatovi tovaglini, piatti, coltelli e forchette per tre persone sì pulitamente che non te lo potrei dire, e tratto fuora d'un panieretto molte varietà di fiori, givano ricamando con gran diligenza la tavola. Una delle suore avea nel mezzo d'essa composto un festoncello tutto di frondi di lauro, e spartoci dove meglio campeggiavano alcune rose bianche e vermiglie; e di fiorancio dipinte le fasce che legavano il festone, le quali per lo spazio della tavola si distendevano; e dentro del festone co' fiori di borrana scritto il nome del vicario del vescovo, che con il suo monsignore era venuto il dì proprio: e per lui più che per la sua mitera si fecero le scampanate che mi tolsero delle orecchie, con il loro don din don, mille cose belle da raccontare. Dico che pel vicario si apparecchiavano le nozze, e ciò seppi da poi. Ora l'altra monica avea in ogni quadro della tavola ritratto una cosa bella: nel primo fece il nodo di Salomone di viole mammole, nel secondo il laberinto di fiori di sambuco; nel terzo un core di rose incarnate trapassato da un dardo che era del gambo d'un garofano, e la sua boccia lo servia per ferro: che, mezza aperta, parea tinta nel sangue del core; e sopra d'esso, di fiori di bugalossa avea ritratti i suoi occhi lividi per il piangere e le lagrime che versavano erano di quei bottoncini di aranci spuntati pur allora per le cime dei rami loro; nell'ultimo avea fatto due mani di gelsomini congiunte insieme, con un fides di viole gialle. Dopo questo una si diede a lavare alcuni bicchieri con le foglie del fico, e gli forbì sì bene che pareano trasformati di cristallo in ariento; intanto la compagna, gittato sopra una panchettina la tovaglietta di rensa, pose con pari ordine i bicchieri su lo scanno avendoci nel mezzo d'essi acconcio una guastadetta piena d'acqua nanfa, simile a un pero, dalla quale pendea un pannetto di lino sottile che ella serbava per asciugar le mani, come dalle tempie dei vescovi pendono le bande delle mitere. A piè dello scanno stava un vaso di rame che ci si potea specchiare dentro sì ben lo avea polito l'arena, l'aceto e la mano: egli, colmo d'acqua fresca, tenea in seno dui orcioletti di vetro schietto che pareano non tenere vino vermiglio e bianco, ma robini e iacinti stillati. E finito di acconciare il tutto, questa trasse de un cofano il pane che parea bambagia rappresa, e lo porse a quella, la quale lo mise al luogo suo; e così si riposaro alquanto.
ANTONIA. Veramente la diligenza usata nello imbellettare il tavolino non volea essere opra se non di suore, le quali gettano il tempo dietro al tempo.
NANNA. Stando a sedere, ecco che scroccano le tre ore, onde disse la più galluta: "Il vicario è più lungo che la messa di Natale"; rispose l'altra: "Non è maraviglia il suo indugiare, perché il vescovo, che domane vuol cresimare, lo debbe avere miso a qualche faccenda"; e favellando di mille fanfalughe acciò che l'aspettare non gli rincrescesse, passando l'ora a fatto e a fine, a gara tutte due dissero di lui quello che dice maestro Pasquino dei preti: e gaglioffo e porco e poltrone era il nome dal dì delle feste; e una di loro corse al fuoco dove bollivano dui capponi che per le gotti non poteano più muoversi, ai quali facea la guardia uno spedone piegato nel mezzo per il peso d'un pavone allevato da esse: e gli avrebbe tratti per la finestra se la compagna non glielo vetava. E in cotal loro scompiglio, il mulattiere che dovea scaricar le legne nella camera di quella che alla sua sorella d'animo avea dato il buon consiglio fallì la porta che gli mostrò colei che gli pose il fascio in su le spalle; ed entrato dove era aspettato il messere, ivi lo asino lasciò ir giù le legne: che udendo, le due compagne si cacciaro le unghie nel viso e tutte si laceraro.
ANTONIA. Che dissero quelle dal piantone?
NANNA. Che avresti detto tu?
ANTONIA. Arei presa la ventura per il ciuffetto.
NANNA. Così ferno esse: che, rallegrate per la non aspettata ventura del mulattiere (co)me si rallegrano i colombi per l'esca, gli fecero un'accoglienza da re; e stangata la porta perché il volpone non iscappasse della trappola, sel misero a sedere in mezzo forbendolo con un sciugatoio di bucato. Il mulattiere era d'un venti anni o circa, sbarbato, paffuto con la fronte come il fondo d'uno staio, con duo lombi badiali, grandone, biancone, un certo caca-pensieri , un cotale guarda-feste, troppo buono per il proposito loro. Egli facea le più scimonie risa del mondo quando si vide alloggiare intorno ai capponi e al pavone: e trangugiava bocconi smisurati, e bevea da mietitore. Ed esse che mille anni gli parea di scardassare il pelo con il battaglio suo dileggiavano le vivande nella foggia che le dileggia un che non ha fame: e se non che la più ingorda, perduta la pacienza come la perde un che si fa romito, si gli avventò al pifero come il nibbio al polcino, il mulattiere facea un pasto da vetturale. Egli non fu sì tosto tocco, che spinse fuora un pezzo di giannettone che togliea il vanto a quel di Bivilacqua: e parve quel trombone che ritira fuora colui che lo suona in Castello; e mentre questa tenea il bacchettone in mano quella scansò la tavoletta; onde la sua sozia, recatosi il bambolino fra le gambe si lasciò tutta sul flauto del mulattiere che sedea, e spingendo con quella discrezione che si spinge l'un l'altro sul Ponte data la benedizione, cadde la sede, il mulattiere ed ella: e tomaro come una scimia; e schiavatosi il catenaccio dalla porta, l'altra suora, che biasciava come una mula vecchia, perché il bambolino che non avea nulla in testa non infreddasse, lo incappellò con il verbigrazia: talché la compagna dischiodata venne in tanta collera, che la prese per la gola, onde vomitò quel poco che avea mangiato; ed ella rivolta a lei, sanza curarsi di compire altrimenti il camino, se ne diero più che i beati Paoli.
ANTONIA. Ah! ah! ah!
NANNA. Appunto il mestolone si levava suso per partir la zuffa, quando ecco che io mi sento appoggiare le mani su la spalla e dir piano piano: "Buona notte, animetta mia"; io tutta mi scossi per la paura, e tanto più n'ebbi, quanto più attendendo al fatto d'arme delle infoiate (io lo dirò pure!), non pensavo ad altro, e nel sentirmi por le mani a dosso mi rivolsi e dissi: "Oimè chi è questo?"; e nello aprir la bocca per gridare "acorruomo" veggio il baccelliere che mi lasciò per gire incontra al vescovo e mi riebbi tutta. Pure gli dissi: "Padre, io non son di quelle che vi credete, fatevi in costà , io non voglio, orsù mo', io griderò; prima mi lascerei segar le vene, Dio me ne guardi; nol farò mai, non mai, io dico di no; vi dovereste aggricciare: bella cosa, ben si saperà bene", ed egli a me: "Come può essere che in un carobino, in un trono e in un sarafino alberghi crudeltà ? Io vi son servo, io vi adoro perché voi sola sète il mio altare, il mio vespro, la mia compieta e la mia messa, e quando sia che vi piaccia che io muoia, ecco il coltello: trapassatemi il petto, e vedrete nel mio core il vostro soave nome scritto a lettere d'oro". E così dicendomi volea pormi in mano un bellissimo coltello col manico d'ariento indorato, col ferro lavorato fino al mezzo alla damaschina: io non lo volsi mai tòrre e sanza rispondere tenea il viso fitto in terra, onde egli con quelle esclamazioni che si cantano al passio mi ruppe tanto il capo che mi lascia vincere.
ANTONIA. Peggio fanno quelli che si lasciano condurre a uccidere e avelenare gli uomini: e festi una opra più pia che non è il monte della pietà ; e ogni donna da bene dovria pigliare lo essempio da te. Segue pure.
NANNA. E lasciatami vincere dal suo proemio fratino, nel quale dicea maggior bugie che non dicono gli oriuoli stemperati, egli mi entrò a dosso con un laudamus te che parea che egli avesse a benedir le palme: e con i suoi canti mi incantò sì, che ce lo lasciai ire... Ma che volevi tu che io facessi, Antonia?
ANTONIA. Non altro, Nanna.
NANNA. ...dico dinanzi; e crederesti una cosa?
ANTONIA. Che?
NANNA. Egli mi parse meno aspro quello di carne che quello di vetro.
ANTONIA. Gran segreto!
NANNA. Sì, per questa croce!...
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