[Pagina precedente]...ente la vertude, così de la filosofia è cagione efficiente la veritade. 14. E sì come fine de l'amistade vera è la buona dilezione, che procede dal convivere secondo l'umanitade propriamente, cioè secondo ragione, sì come pare sentire Aristotile nel nono de l'Etica; così fine de la Filosofia è quella eccellentissima dilezione che non pate alcuna intermissione o vero difetto, cioè vera felicitade che per contemplazione de la veritade s'acquista. 15. E così si può vedere chi è omai questa mia donna, per tutte le sue cagioni e per la sua ragione, e perchè Filosofia si chiama, e chi è vero filosofo, e chi è per accidente.
16. Ma però che, per alcuno fervore d'animo, talvolta l'uno e l'altro termine de li atti e de le passioni si chiamano e per lo vocabulo de l'atto medesimo e de la passione (sì come fa Virgilio nel secondo de lo Eneidos, che chiama Enea [a Ettore]: «O luce», ch'è atto, e «speranza de' Troiani», che è passione, chè non era esso luce nè speranza, ma era termine onde venia loro la luce del consiglio, ed era termine in che si posava tutta la speranza de la loro salute; e sì come dice Stazio nel quinto del Thebaidos, quando Isifile dice ad Archimoro: «O consolazione de le cose e de la patria perduta, o onore del mio servigio»; sì come cotidianamente dicemo, mostrando l'amico, 'vedi l'amistade mia', e 'l padre dice al figlio 'amor mio'), per lunga consuetudine le scienze ne le quali più ferventemente la Filosofia termina la sua vista, sono chiamate per lo suo nome; sì come la Scienza Naturale, la Morale, e la Metafisica, la quale, perchè più necessariamente in quella termina lo suo viso e con più fervore, [Prima] Filosofia è chiamata. 17. Onde [vedere] si può come secondamente le scienze sono Filosofia appellate.
18. Poi che è veduto come la primaia e vera filosofia è in suo essere - la quale è quella donna di cu' io dico - e come lo suo nobile nome per consuetudine è comunicato a le scienze, procederò oltre con le sue lode.
CAPITOLO XII.
1. Nel primo capitolo di questo trattato è sì compiutamente ragionata la cagione che mosse me a questa canzone, che non è più mestiere di ragionare; chè assai leggermente a questa esposizione ch'è detta ella si può riducere. E però secondo le divisioni fatte la litterale sentenza transcorrerò, per questa volgendo lo senso de la lettera là dove sarà mestiere.
2. Dico: Amor che ne la mente mi ragiona. Per Amore intendo lo studio lo quale io mettea per acquistare l'amore di questa donna: ove si vuole sapere che studio si può qui doppiamente considerare. È uno studio lo quale mena l'uomo a l'abito de l'arte e de la scienza; e un altro studio lo quale ne l'abito acquistato adopera, usando quello. 3. E questo primo è quello ch'io chiamo qui Amore, lo quale ne la mia mente informava continue, nuove e altissime considerazioni di questa donna che di sopra è dimostrata: sì come suole fare lo studio che si mette in acquistare un'amistade, che di quella amistade grandi cose prima considera, desiderando quella. 4. Questo è quello studio e quella affezione che suole procedere ne li uomini la generazione de l'amistade, quando già da una parte è nato amore, e desiderasi e procurasi che sia da l'altra; chè, sì come di sopra si dice, Filosofia è quando l'anima e la sapienza sono fatte amiche, sì che l'una sia tutta amata da l'altra, per lo modo che detto è di sopra. 5. Nè più è mestiere di ragionare per la presente esposizione questo primo verso, che [per] proemio fu ne la litterale ragionato, però che per la prima sua ragione assai di leggiero a questa seconda si può volgere lo 'ntendimento.
6. Onde al secondo verso, lo quale è cominciatore del trattato, è da procedere, là ove io dico: Non vede il sol, che tutto 'l mondo gira. Qui è da sapere che sì come trattando di sensibile cosa per cosa insensibile, si tratta convenevolemente, così di cosa intelligibile per cosa inintelligibile trattare si conviene. E però sì come ne la litterale si parlava cominciando dal sole corporale e sensibile, così ora è da ragionare per lo sole spirituale e intelligibile, che è Iddio. 7. Nullo sensibile in tutto lo mondo è più degno di farsi essemplo di Dio che 'l sole. Lo quale di sensibile luce sè prima e poi tutte le corpora celestiali e le elementali allumina: così Dio prima sè con luce intellettuale allumina, e poi le [creature] celestiali e l'altre intelligibili. 8. Lo sole tutte le cose col suo calore vivifica, e se alcuna ne corrompe, non è de la 'ntenzione de la cagione, ma è accidentale effetto: così Iddio tutte le cose vivifica in bontade, e se alcuna n'è rea, non è de la divina intenzione, ma conviene quello per accidente essere [ne] lo processo de lo inteso effetto. 9. Che se Iddio fece li angeli buoni e li rei, non fece l'uno e l'altro per intenzione, ma solamente li buoni. Seguitò poi fuori d'intenzione la malizia de' rei, ma non sì fuori d'intenzione, che Dio non sapesse dinanzi in sè predire la loro malizia; ma tanta fu l'affezione a producere la creatura spirituale, che la prescienza d'alquanti che a malo fine doveano venire non dovea nè potea Iddio da quella produzione rimuovere. 10. Chè non sarebbe da laudare la Natura se, sappiendo prima che li fiori d'un'arbore in certa parte perdere si dovessero, non producesse in quella fiori, e per li vani abbandonasse la produzione de li fruttiferi. 11. Dico adunque che Iddio, che tutto intende (chè suo 'girare' è suo 'intendere'), non vede tanto gentil cosa quanto elli vede quando mira là dove è questa Filosofia. Chè avvegna che Dio, esso medesimo mirando, veggia insiememente tutto; in quanto la distinzione de le cose è in lui per [lo] modo che lo effetto è ne la cagione, vede quelle distinte. 12. Vede adunque questa nobilissima di tutte assolutamente, in quanto perfettissimamente in sè la vede e in sua essenzia. Chè se a memoria si reduce ciò che detto è di sopra, filosofia è uno amoroso uso di sapienza, lo quale massimamente è in Dio, però che in lui è somma sapienza e sommo amore e sommo atto; che non può essere altrove, se non in quanto da esso procede. 13. È adunque la divina filosofia de la divina essenza, però che in esso non può essere cosa a la sua essenzia aggiunta; ed è nobilissima, però che nobilissima è la essenzia divina; ed è in lui per modo perfetto e vero, quasi per etterno matrimonio. Ne l'altre intelligenze è per modo minore, quasi come druda de la quale nullo amadore prende compiuta gioia, ma nel suo aspetto contentan la loro vaghezza. 14. Per che dire si può che Dio non vede, cioè non intende, cosa alcuna tanto gentile quanto questa: dico cosa alcuna, in quanto l'altre cose vede e distingue, come detto è, veggendosi essere cagione di tutto. Oh nobilissimo ed eccellentissimo cuore che ne la sposa de lo Imperadore del cielo s'intende, e non solamente sposa, ma suora e figlia dilettissima!
CAPITOLO XIII.
1. Veduto come, nel principio de le laude di costei, sottilmente si dice essa essere de la divina sustanza, in quanto primieramente si considera, da procedere e da vedere è come secondamente dico essa essere ne le causate intelligenze. 2. Dico adunque: Ogni Intelletto di là su la mira: dove è da sapere che 'di là su' dico, facendo relazione a Dio che dinanzi è menzionato; e per questo escludo le Intelligenze che sono in essilio de la superna patria, le quali filosofare non possono, però che amore in loro è del tutto spento, e a filosofare, come già detto è, è necessario amore. Per che si vede che le infernali Intelligenze da lo aspetto di questa bellissima sono private. E però che essa è beatitudine de lo 'ntelletto, la sua privazione è amarissima e piena d'ogni tristizia.
3. Poi quando dico: E quella gente che qui s'innamora, discendo a mostrare come ne l'umana intelligenza essa secondariamente ancora vegna; de la quale filosofia umana seguito poi per lo trattato, essa commendando. Dico adunque che la gente che s'innamora 'qui', cioè in questa vita, la sente nel suo pensiero, non sempre, ma quando Amore fa de la sua pace sentire. Dove sono da vedere tre cose che in questo testo sono toccate. 4. La prima si è quando si dice: la gente che qui s'innamora, per che pare farsi distinzione ne l'umana generazione. E di necessitate far si conviene, chè, secondo che manifestamente appare, e nel seguente trattato per intenzione si ragionerà , grandissima parte de li uomini vivono più secondo lo senso che secondo ragione; e quelli che secondo lo senso vivono di questa innamorare è impossibile, però che di lei avere non possono alcuna apprensione. 5. La seconda si è quando dice: Quando Amor fa sentire, dove si par fare distinzione di tempo. La qual cosa anco [far si conviene, chè,] avvegna che le intelligenze separate questa donna mirino continuamente, la umana intelligenza ciò fare non può; però che l'umana natura - fuori de la speculazione, de la quale s'appaga lo 'ntelletto e la ragione - abbisogna di molte cose a suo sustentamento: per che la nostra sapienza è talvolta abituale solamente, e non attuale, che non incontra ciò ne l'altre intelligenze, che solo di natura intellettiva sono perfette. 6. Onde quando l'anima nostra non hae atto di speculazione, non si può dire veramente che sia in filosofia, se non in quanto ha l'abito di quella e la potenza di poter lei svegliare; e però tal volta è con quella gente che qui s'innamora, e tal volta no. 7. La terza è quando dice l'ora che quella gente è con essa, cioè quando Amore de la sua pace fa sentire; che non vuole altro dire se non quando l'uomo è in ispeculazione attuale, però che de la pace di questa donna non fa lo studio [sentire] se non ne l'atto de la speculazione. E così si vede come questa è donna primamente di Dio e secondariamente de l'altre intelligenze separate, per continuo sguardare; e appresso de l'umana intelligenza per riguardare discontinuato. 8. Veramente, sempre è l'uomo che ha costei per donna da chiamare filosofo, non ostante che tuttavia non sia ne l'ultimo atto di filosofia, però che da l'abito maggiormente è altri da denominare. Onde dicemo alcuno virtuoso, non solamente virtute operando, ma l'abito de la virtù avendo; e dicemo l'uomo facundo eziandio non parlando, per l'abito de la facundia, cioè del bene parlare. E di questa filosofia in quanto da l'umana intelligenza è participata, saranno omai le seguenti commendazioni, a mostrare come grande parte del suo bene a l'umana natura è conceduto.
9. Dico dunque appresso: 'Suo essere piace tanto a chi liele dà ' (dal quale, sì come da fonte primo, si diriva), 'che [in lei la sua virtute infonde] sempre, oltra la capacitade de la nostra natura', la quale fa bella e virtuosa. Onde, avvegna che a l'abito di quella per alquanti si vegna, non vi si viene sì per alcuno, che propriamente abito dire si possa; però che 'l primo studio, cioè quello per lo quale l'abito si genera, non puote quella perfettamente acquistare. 10. E qui si vede s'umil è sua loda; che, perfetta e imperfetta, nome di perfezione non perde. E per questa sua dismisuranza si dice che l'anima de la filosofia lo manifesta in quel ch'ella conduce, cioè che Iddio mette sempre in lei del suo lume. Dove si vuole a memoria reducere che di sopra è detto che amore è forma di Filosofia, e però qui si chiama anima di lei. 11. Lo quale amore manifesto è nel viso de la Sapienza, ne lo quale esso conduce mirabili bellezze, cioè contentamento in ciascuna condizione di tempo e dispregiamento di quelle cose che li altri fanno loro signori. Per che avviene che li altri miseri che ciò mirano, ripensando lo loro difetto, dopo lo desiderio de la perfezione caggiono in fatica di sospiri; e questo è quello che dice: Che li occhi di color dov'ella luce Ne mandan messi al cor pien di desiri, Che prendon aire e diventan sospiri.
CAPITOLO XIV.
1. Sì come ne la litterale esposizione dopo le generali laude a le speziali si discende, prima da la parte de l'anima, poi da la parte del corpo, così ora intende lo testo, dopo le generali commendazioni, a speziali discendere. Sì come detto è di sopra, Filosofia per subietto materiale qui ha la...
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