[Pagina precedente]... le parti, sì come una massa di grano; ma è la sua una essenza secondaria che resulta da molti grani, che vera e prima essenza in loro hanno. E in questo tutto cotale si dicono essere le qualitadi de le parti così secondamente come l'essere; onde si dice una bianca massa, perchè li grani onde è la massa sono bianchi. 10. Veramente questa bianchezza è pur ne li grani prima, e secondariamente resulta in tutta la massa, e così secondariamente bianca dicere si può; e per cotale modo si può dicere nobile una schiatta, o vero una progenie. Onde è da sapere che, sì come a fare una [bianca] massa convegnono vincere li bianchi grani, così a fare una nobile progenie convegnono in essa li nobili uomini [vincere] (dico 'vincere' essere più che li altri), sì che la bontade con la sua grida oscuri e celi lo contrario che dentro è. 11. E sì come d'una massa bianca di grano si potrebbe levare a grano a grano lo formento, e a grano [a grano] restituire meliga rossa, e tutta la massa finalmente cangerebbe colore; così de la nobile progenie potrebbero li buoni morire a uno a uno e nascere in quella li malvagi, tanto che cangerebbe lo nome, e non nobile ma vile da dire sarebbe. E così basti a la seconda questione essere risposto.
CAPITOLO XXX.
1. Come di sopra nel terzo capitolo di questo trattato si dimostra, questa canzone ha tre parti principali. Per che, ragionate le due (de le quali la prima cominciò nel capitolo predetto, e la seconda nel sestodecimo; sicchè la prima per tredici e la seconda per quattordici è determinata, sanza lo proemio del trattato de la canzone, che in due capitoli si comprese), in questo trentesimo e ultimo capitolo, de la terza parte principale brievemente è da ragionare, la quale per tornata di questa canzone fatta fu ad alcuno adornamento, e comincia: Contra-li-erranti mia, tu te n'andrai. 2. E qui primamente si vuole sapere che ciascuno buono fabricatore, ne la fine del suo lavoro, quello nobilitare e abbellire dee in quanto puote, acciò che più celebre e più prezioso da lui si parta. E questo intendo, non come buono fabricatore ma come seguitatore di quello, fare in questa parte.
3. Dico adunque: Contra-li-erranti mia. Questo Contra-li-erranti è tutto una par[ola], e è nome d'esta canzone, tolto per essemplo del buono frate Tommaso d'Aquino, che a uno suo libro, che fece a confusione di tutti quelli che disviano da nostra Fede, puose nome Contra-li-Gentili. 4. Dico adunque che 'tu andrai': quasi dica: 'Tu se' omai perfetta, e tempo è di non stare ferma, ma di gire, chè la tua impresa è grande'; e quando tu sarai In parte dove sia la donna nostra, dille lo tuo mestiere. Ove è da notare che, sì come dice nostro Signore, non si deono le margarite gittare innanzi a li porci, però che a loro non è prode, e a le margarite è danno; e, come dice Esopo poeta ne la prima Favola, più è prode al gallo uno grano che una margarita, e però questa lascia e quello coglie. 5. E in ciò considerando, a cautela di ciò comando a la canzone che suo mestiere discuopra là dove questa donna, cioè la filosofia, si troverà . Allora si troverà questa donna nobilissima quando si truova la sua camera, cioè l'anima in cui essa alberga. Ed essa filosofia non solamente alberga pur ne li sapienti, ma eziandio, come provato è di sopra in altro trattato, essa è dovunque alberga l'amore di quella. E a questi cotali dico che manifesti lo suo mestiere, perchè a loro sarà utile la sua sentenza, e da loro ricolta.
6. E dico ad essa: Dì a questa donna, «Io vo parlando de l'amica vostra». Bene è sua amica nobilitade; chè tanto l'una con l'altra s'ama, che nobilitate sempre la dimanda, e filosofia non volge lo sguardo suo dolcissimo a l'altra parte. Oh quanto e come bello adornamento è questo che ne l'ultimo di questa canzone si dà ad essa, chiamandola amica di quella la cui propria ragione è nel secretissimo de la divina mente!
Testo secondo l'edizione del Convivio Busnelli/Vandelli Firenze 1964
Testo scannerizzato e controllato da Roberto Gagliardi nell'aprile 1997