[Pagina precedente]...avvero una bella musica, quella del Salve Regina!... Ho visto il signor Nino così commosso!... e guardarmi con certi occhi!... lui ch'è sempre allegro e motteggevole!
Ti ho scritto tutto quello che faccio, tutto quello che penso, tutti i miei divertimenti, tutti i miei peccatacci, a costo anche di buscarmi da te una ramanzina... Io non avrei osato confessarmene con quel buon vecchio del nostro cappellano... ma se non ti narrassi tutto, sorella mia, se non mi sfogassi con te raccontandoti tutte queste cose, mi pare che esse mi opprimerebbero. Ho bisogno di parlartene a lungo, di rammentarne tutti i particolari, di pensarci sopra, e di parlarne a me stessa, di vederle scritte sopra la carta, di sognarle... Ci son dei momenti in cui questa folla di pensieri fermenta, e mi riempie la testa di vertigini, m'inebbria, mi stordisce. Son folle, tutte queste nuove sensazioni saranno troppo violente per me, abituata alla pace ed al raccoglimento claustrale. Io son felice di poterne parlare almeno con te, di poter riversare nel tuo cuore quella parte del mio che trabocca.
Scrivimi, scrivimi subito. Non far passare tanto tempo prima di rispondermi. Confortami, discorri colla tua povera amica, ch'è inquieta, sconcertata da tutti cotesti rumori, da tutte coteste novità , da tutte coteste nuove impressioni, e trema come un uccelletto, spaventato persino dai curiosi che stanno ad osservarlo, i quali non avranno certamente intenzione di fargli del male, ma gliene fanno col solo stargli d'attorno.
Vorrei piangere, vorrei ridere, vorrei cantare, vorrei stare allegra. Ho bisogno di una tua lettera. Ho bisogno di parlare con te, intendi? Abbracciami, Marianna mia... Se potessi piangere, e nasconderti il viso in seno!...
10 Ottobre
Giovedì fu una bella giornata! Era la festa del babbo! Non occorre dirti che sin dallo spuntar del giorno tutta la nostra famigliuola in moto, e la nostra casetta riboccante di gioia e di allegria. La mamma aveva già fatto tirare il collo a un tacchino, e sorvegliava ai preparativi del desinare. Giuditta avea regalato al babbo un bel berretto di seta, che aveva ricamato di nascosto per fargliene una sorpresa; io non potei far altro che recargli un bel mazzo di fiori di campo, che avevo raccolti all'alba ed erano ancora umidi di rugiada. Era un povero mazzolino il mio; ma il buon padre gradì il mio regalo quanto quello di mia sorella e ci abbracciò entrambe colle lagrime agli occhi. I nostri amici vennero a trovarci fin dallo spuntare del giorno, facendosi precedere da grida festose, da schioppettate tirate in aria, e dagli abbaiamenti di Alì. Che festa! I signori Valentini recavano anch'essi dei bei mazzi, ma di veri fiori da giardino, che avevano fatto venire apposta da Viagrande. Il mio povero mazzolino sembrava tutto vergognoso accanto a quei fiori superbi. Ci regalarono anche un bel lepre ucciso il giorno innanzi... Ma il signor Valentini non va mai a caccia... bensì suo figlio... La mamma gradì più il lepre che i fiori... Per parte mia ti confesso che da qualche
giorno son quasi riconciliata con i cacciatori... sarà effetto di abitudine... Eppoi che cosa possiamo capirci noi altre in simili divertimenti ai quali gli uomini prendono tanto gusto? Il babbo volle che i nostri amici rimanessero a pranzo con noi. Fu una bella giornata! Si cantò, si rise, si stette molto allegri, si ballò anche... io no, sai!
Dopo il pranzo la solita passeggiata. La sera era bellissima; ma, non so perché, io non fui così gaia, così contenta com'erano tutti, e come fui l'altra volta. Mi piaceva udire il lieve fruscìo della foglia che cadeva, lo stormire degli alberi, il canto lontano dell'assiuolo, mi piaceva ad aver paura dove l'ombra era più oscura, e tarmi sola in disparte, poiché di tratto in tratto mi si velavano gli occhi di lagrime.
Qual mistero c'è dentro di noi, Marianna? Avrei dovuto essere così allegra in quel giorno in cui tutti lo erano! Non saprei spiegare a me stessa questa stranezza. Sarà forse un cervellino strambo il mio, cui meglio conviensi la quiete del chiostro, e che qui trovasi fuori di posto, agitato, inquieto, ed anche un poco pazzerello.
Addio. Ti scriverò quanto prima. Questa lettera è breve, ed anche asciutta, mentre ti dovrei una bella lettera lunga lunga che ti narrasse cento altre cose, tutte le sciocchezze che mi vengono in mente, tutto quello di cui non posso chiacchierare con te a viva voce. Ma che vuoi?... oggi non mi sento in lena. Sono stanca, svogliata, e non ho le idee ben chiare. A domani dunque.
23 Ottobre
Mi rimproveri ch'io abbia lasciato senza risposta la tua lettera, ed hai ragione, Marianna mia; me ne ero già rimproverata io stessa. Non so quello che m'abbia, non so... Il più piccolo lavoro, la menoma occupazione mi affatica... Sgridami... Sono un'infingarda... Vorrei stare tutto il giorno seduta all'ombra dei castagni; vorrei passare le notti a fissare gli occhi nel firmamento. Tutto quello che più mi allettava mi è venuto a noia. Non voglio più passeggiare nel castagneto, non voglio più cantare, non posso più ridere, tutto m'infastidisce. La tua povera Maria è assai triste! Non so io stessa il perché. Sarà forse il Signore che avrà voluto farmi provare quanto fugaci siano i piaceri e le gioie che non sono nella vita del chiostro. Oh, mio Dio! ci son dei momenti in cui quasi ho paura di me stessa... perché anche la mia preghiera è distratta!... Dio mio! perdonatemi! confortatemi! Dio mio, sorreggetemi!
Il mio Carino è diventato quasi selvatico perché da molti giorni non mi trastullo più con lui. Mi fugge! Sono diventata tanto cattiva adunque? Vigilante non mi fa più le sue solite carezze, perché non gliele ricambio, e si avvede che mi infastidiscono.
Se fossi malata, Marianna? Ti confesso all'orecchio che quasi quasi vorrei esser malata, perché allora tutta cotesta noia, tutta cotesta stanchezza dell'anima avrebbe un motivo e non mi spaventerebbe.
Tu però che sei sana, che sei allegra, che sei felice, scrivimi, scrivimi spesso. Amami cento volte dippiù perché adesso ho maggior bisogno che tu mi voglia bene, perché io ti voglio bene assai dippiù, e perché l'unico dolce sentimento che mi sia rimasto è una gran tenerezza pei miei cari, per tutti quelli che conosco; figurati poi per te!
2 Novembre
Marianna, son convinta che a noi, poveri cuori deboli e timidi, tutto cotesto tumulto del mondo, tutte coteste sensazioni potenti, tutti cotesti piaceri facciano un male immenso. Siamo degli umili fiorellini avvezzi alla dolce tutela della stufa, che l'aria libera uccide.
Ti rammenti come io ti scrivessi di essere allegra, felice, due mesi or sono? Come ogni nuova emozione fosse un tesoro pel mio cuore avido di contentezza? Come ringraziassi il mio buon Dio di tutte quelle sensazioni piacevoli a cui si schiudeva l'anima mia benedicendolo?... È vero, Marianna! Purtroppo è vero quello che ci dicevano sempre le monache, e che il Padre Anselmo ripeteva dal pulpito; le vere gioie tranquille, serene, durevoli, son quelle del chiostro. Io non saprei spiegartene la ragione, ma quelle del mondo non son sempre le stesse. Io l'ho provato... io che mi trovo così cangiata! Tutto mi stanca, mi pesa, mi dà noia... tutto mi è argomento d'inquietudine, di turbamento... ed anche di sgomento... Lo stesso non saper trovare una ragione agli impeti improvvisi di allegria folle e quasi delirante, ed alle repentine tristezze che mi assalgono, mi spaventa. Mi sento infelice in mezzo a tutti cotesti doni del Creatore che benedissi altra volta...
Vorrei ritornare fra quelle buone pareti del convento. Vorrei inginocchiarmi in quel coro; vorrei abbracciare i piedi di quel crocifisso; vorrei baciarti, e nasconderti il viso in seno, e sfogarmi delle lagrime che mi si aggruppano in cuore.
Non mi deridere, Marianna; compiangimi, piuttosto; compiangimi, ché son molto triste, e non so spiegarmi la mia tristezza, e non so trovarne la causa, e sono forse cattiva e ingrata verso il buon Dio che mi ha colmata di tante benedizioni, ingrata verso il mio caro babbo che si sforza di dissipare la mia tristezza con mille carezze, ingrata verso la mia famiglia, verso i miei amici...
Non posso più scriverti. Vorrei piangere. Ho passato quasi tutta la notte alla finestra, fissando gli occhi nel buio profondo che mi sembrava pieno di larve, ascoltando l'uggiolare lontano dei cani, il ronzìo degli insetti notturni... e non ho avuto paura!...
Se potessi abbracciarti!... se potessi piangere!... Scrivimi almeno tu!... Scrivimi! Non ti dico altro.
10 Novembre
Mia cara Marianna, tu sei inquieta per me, per lo stato dell'anima mia; mi fai mille domande che non comprendo, che m'imbarazzano, alle quali non saprei rispondere; mi chiedi mille spiegazioni che non saprei dare a me stessa. Se tu fossi qui, se ci parlassimo all'orecchio, abbracciate, sotto gli alberi, ove l'ombrìa è più densa, tu che sei già una signorina, tu che non anderai più in convento, che conosci il mondo, tu forse sapresti trovarci il bandolo! tu forse sapresti rispondere alle mie domande, sciogliere i miei dubbi, e mi conforteresti, e mi tranquilleresti. Ma che posso dirti io?...
Le tue stesse interrogazioni m'inquietano, mi turbano... Perché mi domandi la ragione del non averti più parlato dei signori Valentini nelle mie ultime lettere che sono sì meste, mentre te ne parlavo tanto nelle mie prime ch'erano così allegre? Perché hai osservato che mentre il nome del signor Nino è ricordato venti volte nelle mie prime, sembra poi evitato con molto studio nelle ultime? Come l'hai osservato? Io stessa non me n'ero accorta... Dio mio! non saprei nemmeno dirtene il perché! Ma tu hai ragione e mi hai fatto scorgere che anche adesso c'è voluto uno sforzo per scrivere quel nome... Ti sarai anche accorta che la mia mano ha tremato... E se mi vedessi in viso!
Marianna! Marianna mia!...
Ora ti scriverò tutto, vedi!... Ti metterò il mio cuore fra le mani; tu l'interrogherai, l'analizzerai meglio di me, e come io non saprei... Tu mi dirai che cosa devo fare per vincere cotesta malattia che mi travaglia, e per tornare ad essere gaia, spensierata e felice... Tu mi aprirai le braccia...
Non so quello che si agita dentro di me; ma dev'essere qualche cosa di male, perché io abbia esitato a confidartelo, perché io mi trovi, direi, come colpevole, perché io sia posseduta da una vergogna, da un'inquietudine, da un timore inesplicabile, come se avessi un secreto da nascondere a tutti, e che tutti tenessero gli occhi fissi su di me per scoprirlo.
Qual è cotesto secreto? Mio Dio! io stessa non saprei dirlo... Ti narrerò tutto! tutto! Se tu potrai indovinarlo me lo additerai, ed io ti prometto di vincerlo, s'è un male od una tentazione; ti prometto di esser buona, di pregar Dio perché mi dia forza e m'illumini, e mi aiuti...
Ho analizzato tutta me stessa per vedere dove sia questo male, da che provenga questo turbamento; ho passato in rassegna tutti i miei sentimenti, i miei pensieri, fin le mie occupazioni, le persone con cui parlo, gli oggetti che veggo... Non trovai nulla, tranne che... Ma tu mi crederai matta, e riderai di me.
Ti ho scritto altre volte che noi ci siamo fatti intimissimi coi signori Valentini. Annetta è per me un'altra Marianna... Ma tu mi hai fatto pensare che quel suo fratello mi fa un certo effetto... È vero: direi quasi che mi fa paura...
No, non son cattiva, Marianna! Non mi condannare! È una stravaganza, una follia certamente. M'avveggo che ho torto e cerco di vincere me stessa... perché colui è un buonissimo giovane, ed anche pieno di attenzioni per me... Ma io non saprei spiegarti l'impressione che egli produce in me... Non è antipatia, non è avversione... eppure lo temo... eppure ogni volta che lo incontro arrossisco, impallidisco, tremo, e vorrei fuggirmene.
Ma poi egli mi parla, lo ascolto, rimango a lui vicina... non so perché... mi pare che non potrei staccarmene... e penso al Padre Anselmo, allorché ci parlava dal pulpito del fascino dello spirito del male, ed ho paura...
Dio mio! Non ti dico già che sia lo stesso... È...
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