[Pagina precedente]...di ali maledette; questo corridoio vasto, muto, oscuro, i morti che dormono sotto i nostri piedi, quella chiesa, quelle lampade, quelle pitture, tutto è funereo; si vedono sulle pareti disegnarsi figure mostruose; sul capezzale, ai piedi del crocifisso sta quel teschio informe, si ha paura dell'aria che si respira, del silenzio che ci nasconde sinistri rumori, dello spazio che ne circonda, delle coltri che ci pesano sul corpo... non oso gridare perché temerei di svegliare echi spaventevoli; di sentirmi posar sulle carni mille formi orribili; il sonno è pieno d'incubi, affannoso; mi sveglio spesso con un grido, coperta di sudore angoscioso e di lagrime. Perché fu spaventosa quella predica? perché è terribile la parola di Dio?...
Oh, Signore! Pietà anche della maledetta!... pietà anche della dannata!...
17 Agosto
Signore! grazie! grazie! mi sento rinascere; mi sento purificare dal vostro perdono. Ho pianto, ho pregato tanto, che la mia miseria vi ha fatto compassione; adesso son rassegnata, son tranquilla; non voglio più pensare, non voglio rimaner più sola; il pensiero è il nostro male, la nostra tentazione. Non ti scriverò più, Marianna, poiché per scriverti dovrei rammentare... non voglio più rammentarmi di te, di mio padre, di nessuno!... Perdonatemi, miei cari... il cuore è un gran pericolo... Se ci potessimo strappare il cuore, saremmo più vicini a Dio!
Oh! il Signore mi darà la forza!...
Se morissi in questo momento sento che gli angeli mi sorriderebbero... Ma no, Marianna mia! anche questo desiderio è un peccato: bisogna stare quaggiù finché il buon Dio lo vuole. La mia anima, ch'è codarda e debole, vorrebbe starci sì poco che vede con colpevole sentimento di gioia i rapidi progressi che il male fa in me di giorno in giorno.
Se tu mi vedessi, mia povera Marianna! son diventata una larva; se vedessi le mie mani, il mio viso, i miei occhi! il mio povero petto è tutto una febbre che mi divora con denti di brace; se mi sentissi a tossire, e ti trovassi presso di me quando i dolori del male sono più forti del mio coraggio!
È meglio che tu non mi vegga più, Marianna mia, che nessuno mi vegga... nessuno! Ho, quasi direi, il pudore della mia malattia. Il mio babbo trova sempre nella sua cecità provvidenziale mille ragioni per illudersi e non vedere lo stato in cui sono.
Mio Dio! mio Dio! eccomi a Voi, quale io sono, colle mie infermità , colle mie debolezze, coi miei errori, colla mia colpa, coll'immensurabile amore che vi porto. Pietà di me, mio Dio! pietà di me! Non mi fate pensare! ecco l'unica mia preghiera per vivere e morire rassegnata nel solo vostro pensiero.
26 Agosto
Oh, Dio mio! perché mi avete abbandonata!
Quello che io provo non ha nome! sentirsi colpevole a tal segno... aver tal paura del proprio peccato! e non potersene staccare!...
Quella predica! quella predica!... sempre quella voce terribile nelle orecchie!... Che orrore! Veggo l'inferno che mi attende spalancato... mi sento perduta come Satana nell'immensità dell'abbandono di Dio... e amo sempre il Nino! ho paura dei demoni, e penso a lui!... oso levare gli occhi supplichevoli verso l'altare e penso a lui!... ho la testa piena di larve, di fiamme, di visi atroci... e sorrido, ardo, con lui!... lui ch'è il peccato, la tentazione, il demonio!!...
Senti quel ch'è accaduto, Marianna! Ero sul belvedere, seduta presso quella cappelletta che noi ornavamo di ghirlande e fiori: il sole era levato da poco; si udivano i mille rumori delle vie, e il canto degli uccelli; il cielo era azzurro, il mare risplendente, spirava un'aria imbalsamata di fragranza che faceva sollevare il mio povero petto tanto malato... io pensava, pensava... vedi per quali vie questo demonio tentatore che si chiama pensiero s'insinua a tradimento in noi da tutti i pori e s'infigge ferocemente nel cervello! io pensava al fiorellino che scuoteva le sue perle di rugiada, al fumo che si levava dai camini, alla vela che si perdeva negli splendori del mare, al canto che saliva dalla via. Era sogno? non lo so. Due farfallette s'inseguivano di fiore in fiore: una aveva le ali d'oro, un'altra tutte bianche... quella dalle ali di neve si nascose dentro il calice di un bel fiore più bianco delle sue ali con un atto di gentile malizia; e la povera sua compagna la cercava, agitando le sue piccole ali dorate con un senso d'affanno; come trepidavano quelle alucce allorché si accostavano ai petali del bel fiore! poi si affacciò alla corolla, guardò, forse sorrise, e vi si nascose anch'essa. Che si dicevano? che si rubavano? che si passava in quelle piccole anime? quanta felicità era racchiusa in quella tenue corolla? Un uccelletto pispigliava sul comignolo del tettuccio della cappelletta, e agitava le ali con un moto sì rapido che ai raggi del sole nascente le sue penne sembravano fatte di pagliuzze d'oro. Diceva: vieni! vieni! pareva che piangesse; chi può saperlo? forse piangeva davvero; chi aspettava? chi chiamava?... Poi spiccò un volo rapido, dritto, sicuro; dove correva?... Era libero e volava! Su di un crepaccio del muro una piccola lucertola si scaldava al sole; se tu avessi visto com'era lieta quella bestiolina! come anelavano i suoi piccoli fianchi, e agitavasi la sua testolina, e brillavano i suoi occhietti! forse benediceva quel raggio che scendeva benefico anche per lei, e quella stilla di rugiada che la foglia del fiore lasciava cadere. Chi ha mai pensato a tutte le gioie che ne circondano? alle felicità che sono nel verme che striscia per terra, e nell'atomo che non si vede? Poi si udì una carrozza; i cavalli avevano le sonagliere: sai come è allegro il rumore delle sonagliere; ti parla della campagna, del verde dei prati, delle strade polverose, delle siepi fiorite, delle allodole che saltellano dinanzi ai cavalli. Si udiva stridere una carrucola, e un'allegra voce, una fresca voce di donna, che cantava una di quelle canzoni popolari che non hanno senso comune e commuovono tanto; era una fantesca che attingeva l'acqua ad un pozzo; perché era allegra colei? a che pensava? al suo villaggio natale? alla messa della domenica? alla note voce che soleva venire a ricantare quella vecchia canzone dinanzi alla sua porta?
Tutte quelle cose avevano una parola e dicevano: Nino! Nino! lo cercavo cogli occhi intorno a me e lo vidi, lo vidi alla finestra di una casa poco lontana... Era lui! proprio lui!... coi gomiti appoggiati al davanzale, colla pipa in bocca, e respirava tutta quella festa di un bel mattino. Oh! il mio povero cuore! il mio povero cuore! Mi parve che altra volta mi avessero detto che mia sorella era andata ad abitare una casa vicino al convento, ma Dio mi aveva fatto la grazia di non farmici pensare... Ora lo vedevo lì, oh Dio! perché? perché?... che faceva? che pensava?... mi vedeva? no! no! i suoi occhi erano distratti... eppure avrebbero dovuto vedermi, col mio vestito nero, il mio velo bianco, le braccia distese... Che aveva in cuore quell'uomo? - Qual pianto! qual pianto! Oh Signore! se vi potessi ringraziare per averlo veduto... solo! Oh! Dio mio, non mi fate vedere mia sorella! non mi fate vedere mia sorella!
Nino! Nino! son qui! son io! non mi vedi? non ti rammenti? che hai? che ti ho fatto?... Oh! la mia testa! Nino! guardami! vedi come son pallida! senti come il petto mi duole!... Oh Nino! fammi la carità di guardarmi!...
Egli si è voltato; ho veduto un'ombra dietro di lui... una veste... son fuggita perché la ragione mi vacillava!... Dio! Dio! che spasimo! Sono andata a rintanarmi nella mia cella come una belva ferita... Oh! che fiamme! che dolori! La mia testa! la mia povera testa!...
Che giornata! che giornata orribile! Quel fantasma sempre dinanzi agli occhi; quello spasimo sempre inchiodato nel cuore!
Son quasi pazza. Sento qualche cosa che mi afferra per le carni e mi trascina lassù sul belvedere... per tornare a vedere quello di cui la sola idea mi lacera il cuore... Vorrei passarvi tutti i miei giorni e morire là di dolore, cogli occhi fissi su quella finestra.
Ho voluto pensare a Dio, e Dio mi è sembrato crudele; ho voluto pensare a quella predica, e mi è sembrata ingiusta. Tutte le furie dell'inferno si dilaniano il mio cuore... Senti, Marianna!... senti la dannata... poiché io voglio perdermi! voglio dannarmi!... La notte, quando tutti dormivano, sono andata lassù, sulla terrazza, a piedi nudi, premendomi il petto perché le monache non udissero il battito del mio cuore che aveva paura, il vigliacco! strisciando fra le tenebre come un fantasma. Quel tragitto è durato mezz'ora; mezz'ora di terrori, di ansie, di lotte interne; spaventandomi al minimo rumore, trattenendo il respiro ad ogni porta, lasciandomi cadere sfinita ad ogni scalino... S'egli avesse potuto scorgermi!... Poi, quando son giunta lassù, e ho visto le stelle sul mio capo... e quella finestra illuminata... ciò che si è passato dentro di me io stessa non saprei dirtelo... Senti!... ti dirò quello che vidi... tu soffrirai come me... vorrei che tutti quelli che amo soffrissero... Suonavano le undici... quelle squille avevano vibrazioni acute che ferivano come un coltello... le vie erano ancora popolate... c'era gente che passeggiava, che rideva; si sarebbero potuti udire i discorsi che si tenevano da quelli che erano più vicini... nel buio si vedeva quella finestra illuminata che mi guardava col suo occhio spalancato... Cento volte ho passato la sera a fantasticare fissando da lungi qualche lume che brillava in qualche camera lontana... e tentare d'indovinare tutti gli affetti, tutte le cure, tutti quei piccoli dispiaceri che alla povera anima mia sembrano un'altra delle felicità domestiche, i discorsi, le parole che probabilmente si passavano attorno a quel lume solitario... Ma quella finestra aveva un riverbero infuocato... non poteva fissarla senza sentirmi ardere tutte le vene... Lui! lui! la sua casa, [... tutto quello che c'è nella sua casa], nella sua vita, nel suo affetto, tutte le serenità della pace, tutte le benedizioni della famiglia. Quella camera aveva la tappezzeria a gran fiori azzurri: vicino alla finestra c'era una poltrona; più in là , su di un tavolino, mille oggetti che non potevo distinguere, ma dei quali alcuni luccicavano al lume della candela... se volessi immaginare il tabernacolo, non saprei idearlo altrimenti: ognuno di quei piccoli oggetti avea l'impronta della sua mano; su quella poltrona si era seduto cento volte. Perché era deserta quella camera?... sembrava che avesse paura, e ne faceva anche a me... poi si aprì una porta ed entrò una donna... lei!... mia sorella!... mia sorella! com'era bella! poteva toccare ognuno di quegli oggetti, mettersi a sedere su quella seggiola!... Si accostò alla finestra e fece ombra al lume... crudele! crudele!... e si appoggiò al davanzale. Pareva che mi guardasse... ebbi paura di quel viso rivolto verso di me e che rimaneva nell'ombra... mi celai dietro la cappelletta... Come tremavo! come batteva il mio cuore! Poco dopo ella si ritirò bruscamente; e andò ad aprire la porta per la quale era entrata... Era lui! lui!... le prese la mano... la baciò sulle labbra... Dio! Dio! Dio!... fatemi morire!... anche maledetta!
Tu non puoi sapere quello che ci sia di ebbrezza, di rabbiosa voluttà nell'imporsi un'atroce tortura... si divora sé stessi poiché non si può divorar altri... io ho visto quell'uomo abbracciare quella donna... quell'uomo, Nino! lei, mia sorella! li ho visti sedersi accanto, parlarsi tenendosi per le mani, sorridersi, rubarsi i baci a vicenda... ho indovinato tutte quelle dolci parole che si dicevano, ho visto, per un miracolo di intuizione, i più piccoli moti della sua fisonomia, quello che c'era nei suoi occhi; nessuno ha potuto vedere quello che ho io visto... i miei occhi asciutti si dilatavano; il mio cuore non batteva più; c'era un profumo di Satana in me... E questo spettacolo è durato quasi un'ora! Un'ora là , a piedi nudi, arsa di febbre, tremante di ribrezzo, respirando l'angoscia, le furie a pieni polmoni... Mi sono imposta questa terribile gioia, questa gioia che ha de...
[Pagina successiva]