[Pagina precedente]...ederlo mai più; cercavo un pretesto per trattenerlo ancora pochi minuti e non seppi dir nulla, e scoppiai in lagrime. Piangevamo tutti e nessuno poteva trovare una sola parola. Il babbo mi promise che sarebbe ritornato il giorno dopo. Questa volta partì davvero, e il rumore della porta che si chiudeva me lo sentii ripercuotere nel cuore; stringevo la grata di ferro con mano convulsa e fissavo ancora gli occhi su quella porta chiusa... Che momenti son quelli, Dio mio! Le monache mi aiutavano a risalire nella mia cella, e quando fui sola, senza testimoni, allora soltanto potei mettermi ginocchioni e sfogarmi in singhiozzi.
Ora son più tranquilla. Ho ringraziato il Signore di avermi fatto rivedere il babbo; gli ho chiesto perdono di questo mio soffrire che è una colpa, perché avevo già accettato cotesta vita di privazioni e di dolori, avevo fatto voto di dedicarmi a Lui intieramente... e il mondo mi avvince ancora con i suoi legami più tenaci.
Dio misericordioso! ci ho colpa io se non ho forza di rompere cotesti legami?
Marianna mia, non verrai uno di questi giorni a visitare la povera inferma? Vieni, vieni. Ho tanto bisogno di vederti!
28 Giugno
Chi sa che cosa penserai di me, di una monaca che geme, che si lamenta, che ti scrive clandestinamente? Quando scendo ad esaminare me stessa, mi trovo così colpevole, così abbietta che non so comprendere come tu mi lasci ancora la carità della tua amicizia... Il mio peccato è mostruoso, è vero ma sento che nella mia sventura c'è qualche cosa ch'è più colpevole di me stessa... e Dio mi perdonerà per questa ragione. Ci son dei momenti in cui, se non ti scrivessi, tutto quello che soffro dentro di me griderebbe ad alte strida da tutti i miei pori...
Lo sai, Marianna? lo sai?... quella tentazione mi possiede ancora! quel serpe l'ho sempre qui, fitto nel cuore! Quando ti parlo di cose indifferenti e cerco dissimularlo a te e a me stessa, allora mi morde più aspramente, mi lacera coi suoi denti avvelenati. Ho paura di esser dannata; mi dibatto contro il Demonio, ed esso mi avvinghia più tenacemente... mi possiede! comprendi?... mi possiede! Ora che la malattia mi ha indebolito, io non ho più la forza di lottare. Non vorrei morire perché ho paura dell'inferno... perché amo il mio peccato!...
Oh! perdonami, sorella mia!... anch'io inorridisco di quello che scrivo, di quello che penso... Non so più pregare Iddio perché non oso più levare la fronte verso di Lui!...
Dio mio! che ho fatto? che ho fatto io mai?...
L'amo sempre! l'amo più di prima! l'amo sino alla pazzia... e son monaca!... ed egli è sposo!... sposo di mia sorella! è orribile! è mostruoso!... son perduta, sono maledetta!... Ma che colpa ci ho io?... Come ho potuto meritarmi un castigo sì duro? Ora che son rinchiusa vivente nella tomba quest'amore si è fatto un delirio, una collera, una rabbia!... Non mi ricordo più di quei momenti di paradiso, non provo più quelle trepide gioie... Ho sempre qui nella mente, nel cuore, dinanzi agli occhi, una figura spaventosa che mi fa ardere d'angoscia e di passione... Sento una voce che viene d'oltre tomba, che mi chiama... Ascolta... Maria!... Maria!... il nome con cui mi chiamavano al mondo... Adesso Maria è morta... e trema tutta, e il sudore si agghiaccia pel terrore delle sue membra, perché sente la mano del demone che l'afferra pei capelli e la trascina nell'abisso...
Vedere tutte codeste vergini sì pure, sì innocenti, inginocchiarsi, pregare, e sentirsi la sola colpevole fra di loro! e dover dissimulare il rimorso allorché punge più acuto! e le più confortanti pratiche religiose esser divenute un altro peccato per la povera donna perduta!... ed esser costretta ad ingannare Iddio!... Oh!..
Tutte le domeniche vado al confessionale, m'inginocchio!... ma, ahimè! non ho la forza di confessare quella colpa mostruosa... Invento anche dei peccati che non ho mai commesso come per farne un compenso con quello che non oso mai dire, che mi nascondo gelosamente nel cuore come una lupa nasconde i suoi figli nell'antro!
Marianna! mi pare di esser pazza... Vorrei strapparmi i capelli; vorrei lacerarmi il petto colle unghie; vorrei urlare come una belva, e scuotere codeste grate di ferro che imprigionano il mio corpo, torturano il mio spirito, e che irritano la mia sensibilità nervosa...
Se diventassi pazza davvero? Ho paura!... ho paura!... Un brivido mi ricerca tutte le fibre; il sangue mi si agghiaccia nelle vene.
Ho paura di quella povera suor Agata ch'è rinchiusa da quindici anni nella cella dei matti. Ti rammenti quel volto scarno, pallido e spaventoso? quegli occhi stupidi e feroci, quelle mani ossee dalle unghie lunghe, quelle braccia nude, quei capelli canuti? Essa si aggira senza tregua nel breve spazio della sua stanzuccia, abbranca le sbarre di ferro e si affaccia alla grata come una bestia feroce, seminuda, urlando, ringhiando!... Ti rammenti anche della paurosa tradizione del convento che quella cella non debba rimanere vuota, e che alla morte di una povera matta siavi sempre qualche altra disgraziata da rinchiudervi? Marianna! ho paura che io debba succedere a suor Agata quando Dio le farà la carità di chiamarla a sé.
Ho la febbre. Io morrò giovine. Oh, Dio non mi punirà a quel segno!... Ho paura, ho paura di quei capelli canuti, di quegli occhi, di quel pallore, di quel ghigno, di quelle mani che si avvinghiano alle spranghe della grata... Se diventassi così anch'io!... Oh! no! no!
È notte; tutto è silenzio; la finestra è aperta. Ho udito un bottegaio che litigava colla moglie, e infine l'ha battuta!... felice! felice lei! Sulla strada si odono i passi di qualcuno in ritardo; quell'uno avrà una casa, dei parenti, degli oggetti cari!... Perché penso a queste cose che mi fanno piangere? perché son malaticcia, perché ho la testa debole, perché sono colpevole... Oh la colpa! non ci pensavo più!
Ora senti com'è spaventoso il mio peccato: come si riproduce sotto tutte le forme. Domenica era in coro ad ascoltare la messa; mi sentivo in seno una calma, una pace, una serenità !... mi pareva che alfine Iddio avesse compassione di me e mi perdonasse; pregavo e tenevo gli occhi fissi su di un uomo che stava laggiù in chiesa appoggiato ad una colonna: aveva la sua statura, i suoi capelli neri... aveva certi atteggiamenti che somigliavano a quelli di lui. Avrei data la poca speranza di vita che mi rimane per vederlo soltanto levar la testa verso il coro. Lo guardavo... e delle volte mi sembrava che fosse lui senza dubbio... e allora il sangue incominciava a turbinarmi nella testa. Finita la messa, egli si mosse per andarsene, ed io pregavo la Vergine che gli facesse levare gli occhi verso la sua immagine ch'è presso al coro perché io potessi vederlo in viso; ma partì e non potei accertarmi che fosse lui. Rimasi lì, come pietrificata, non so quanto tempo, cogli occhi fissi su quella colonna a cui forse si era appoggiato uno sconosciuto.
5 Luglio
Voglio vederlo! voglio vederlo! una sola volta! un momento solo!... Dio mio, è un gran peccato poi vederlo? Vederlo soltanto... da lontano... attraverso la gelosia! Egli non mi vedrà ; non saprà che dietro quella gelosia ci è chi muore qui dannata per lui...
Perché me l'hanno strappato? perché me l'hanno rubato il mio Nino?... il mio cuore, l'amor mio, la mia parte di paradiso?... Assassini!... assassini! che uccideste il mio corpo, e che mi martoriate ancora l'anima...
Oh, come l'amo! come l'amo! Sono monaca... lo so! che m'importa? io l'amo! egli è il marito di mia sorella... io l'amo! è un peccato, un delitto mostruoso... io l'amo! io l'amo!
Voglio vederlo! voglio vederlo! fosse anche per l'ultima volta! L'aspetterò alla finestra del campanile che dà sulla strada... l'aspetterò tutti i giorni... egli passerà ... una volta, una sola volta... Dio lo manderà da queste parti... Dio?...
Oh! Marianna! come questa parola mi atterrisce! deliro, tu lo vedi... sono fuori di me... non so che cosa abbia... sarà la febbre... saranno i nervi... sarò matta...
25 Luglio
L'ho veduto, Marianna! l'ho veduto! Ho provato quest'altro spasimo! Che Dio sia benedetto!...
Egli passava insieme ad altri suoi amici... Non ha levano nemmeno gli occhi... Non si è forse rammentato che in questo convento ci doveva essere la sua Maria... la sua povera Maria di Monte Ilice, che è pallida, che piange, che trema di febbre, che muore, che lo ha sempre qui nel cuore... le scintille che scaturivano dai miei occhi non l'hanno abbarbagliato!... parlava, rideva, aveva il sigaro in bocca, e il fumo saliva verso la mia finestra... l'ho visto, sì, sì, lui, il suo viso, i suoi abiti, i suoi movimenti, e ho avuto paura di quell'uomo che sorrideva, che fumava, che discorreva coi suoi amici... non era una cosa orribile, mostruosa?...
Poi è sparito; ha svoltato il canto di un'altra via, e non l'ho più visto...
Tutta quella gente seguitava a passeggiare, a discorrere, a divertirsi... e non s'accorgeva che lui non c'era più!... Dov'era? dov'è andato?... a casa sua? da mia sorella... da sua moglie!...
Ah! vorrei essere tigre! vorrei essere demonio! vorrei strapparmi a brani queste carni! vorrei avvelenare colla mia disperazione quest'aria! accecare col mio lutto questo sole!...
Maledizione! maledizione su me, su lui, su tutti!... Oh! Dio, Dio! Che volete da me?
5 Agosto
Marianna! domando perdono a te, domando perdono a tutti quelli cui ho potuto recare scandalo coi miei peccati, come ho domandato perdono al Dio misericordioso. Che avrai pensato di me? di questa abbietta peccatrice che logora la vita ai piedi della Croce per cancellare col pianto e la preghiera le sue colpe?
Abbiamo fatto un corso estraordinario di esercizi spirituali; venne chiamato un rinomatissimo predicatore; Dio ha tuonato per la sua bocca in mezzo alle semitenebre della chiesa di cui le finestre sono velate a nero. Com'è terribile la parola del Signore! No! sono i miei peccati, è la mia coscienza turbata, è il mio rimorso che me l'hanno resa spaventevole; poiché il cuore mi dice che la parola del buon Dio non può suonare che amore e misericordia senza limiti.
Quale impressione mi hanno lasciato quelle prediche! è sgomento, è terrore, direi... Dio mi è apparso terribile; ho visto la collera celeste fulminare dall'alto dell'altare; ho sentito il ringhio dei demonî perduto sotto la cupola, ed ho visto disegnarsi le nere ali di pipistrello nelle ombre delle arcate. Dio ha parlato dell'inferno, di dannati... e mi è sembrato tutta la notte di udire lamenti di torturati, ululi dell'altro mondo... ed ho avuto paura... paura di me, paura del peccato.
Ora mi sento tutta sconvolta... il mio cuore tenta invano asilarsi nel pensiero della misericordia celeste... il mio peccato è mostruoso; potrò mai essere perdonata? Quel predicatore parlò in termini vaghi; enumerò tutte le colpe; ma fra i peccati più enormi su cui fulminava la vendetta celeste non osò neanche supporre il mio!... la sua mente sarà rifuggita dall'enormità di esso!...
Che sono diventata io dunque, buon Dio?... non avrò forse neanche il diritto d'invocarvi!... Perduta nella colpa... dannata alla vostra collera, posso ancora ascoltare la vostra parola? posso ancora prostrarmi ai vostri piedi fra codeste vergini che sono le vostre elette?
Marianna mia, è spaventoso! abbandonata anche dal Signore! Eppure delle volte la tentazione mi dice che io sono innocente: che non c'è colpa nel mio peccato, che Dio potrebbe perdonarmi... Perché sono perduta? che ho fatto io?...
È il demonio che mi suggerisce codesti dubbi; il demonio che mi possiede!
Mi considero come una maledetta; ho paura e ribrezzo di me stessa; sono piena di rimorsi, di terrori; eppure amo ancora il mio Dio, e vorrei potere sfogare ai piedi del crocifisso l'immensurabile angoscia dell'anima mia.
Non lo posso, non lo posso... sono maledetta!...
La notte!... se sapessi che notti! il lume che si spegne, l'ombra che vacilla, i mobili che crepitano, il silenzio che è pieno di sibili e di rumori indistinti, hanno misteri di sepolcri, ringhio di demoni, ululi di dannati, fruscìo ...
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