[Pagina precedente]...oni, non puoi farti un 'idea di quel senso di tenerezza che può recare la vista di una farfalla, il profumo di un fiore, all'anima di un 'inferma! Mi pareva che tutto il lieto corteggio della primavera, il venticello profumato, il verde dei prati, il canto mattutino dell'allodola aleggiasse intorno a quella farfalletta, e fosse venuto ad allegrare il doloroso asilo di tante derelitte. Ahimè! la farfalla dopo di essersi fermata un istante su quel triste fiorellino che spunta dal crepaccio del davanzale, si staccò agitando le sue alucce e si perdette nell'azzurro del cielo... era libera, allegra, e avea forse visto tutti quei visi pallidi e tutte quelle lagrime!
Fra due o tre giorni spero levarmi un'ora o due. Farò forza a me stessa, purché mi permettano di ritornare alla mia celletta... purché mi tolgano da questo luogo...
Chi sa quando potrò rivederti? Mi sento talmente sfinita di forze che mi sembra non debba mai più alzarmi da questo letto.
Ti ho scritto in due o tre riprese, e tuttavia non potresti immaginare quanta fatica mi abbia costato lo scriverti... Pure è stato un gran conforto per me... il solo conforto che mi sia rimasto. Non vorrei mai lasciare il chiacchierare con te, perché intanto non penso che soffro, che son qui... e tante altre brutte cose. Ma adesso non ne posso più. Ti ho scritto una lunga lettera, non è vero? molto lunga per una povera malata quale io sono. Ti costerà un po' di fatica il decifrare la scrittura, perché la mano è malferma; ma tu che mi ami indovinerai quello che ho scritto... e quello che non ho scritto.
Bisogna ringraziare Iddio anche di questa malattia. Sono come istupidita. Mi pare di sognare, e ancora non saprei render conto a me stessa di quello che son diventata... Quando mi sveglierò, il buon Dio mi darà la forza... Addio...
27 Maggio
Perché tutti mi avete abbandonato, Marianna? anche mio padre! anche tu! Son qui, tutta sola, a soffrire, in questo vasto corridoio dove non c'è sorriso di sole né di volti amorevoli; sono in uno stato da far compassione alle pietre. Morirò, Marianna mia; la tua povera amica morirà qui e non ti vedrà più... e non vedrà più suo padre!
Credevo di star meglio; avevo sperato di lasciare questo orrido asilo. Ho peggiorato, e nessuno mi dissimula più la gravità del mio stato.
Se dovessi morire, qui, sola!...
La notte!... Com'è terribile la notte, Marianna!... Quelle lunghe ore non finiscono mai! quel lumicino vacillante, quel crocifisso, quelle pitture tenebrose, quei lamenti soffocati, quel russare delle infermiere che dormono sulle poltrone. Ardo di sete e non oso disturbare le suore infermiere che brontolano, poverine, quando sono svegliate spesso. L'altra notte tentai strascinarmi sino al tavolino per estinguere quest'arsura che mi consuma le viscere. Mi pareva di smarrire la ragione per la gran sete; ma appena mi levai da letto caddi a terra svenuta, e mi feci una larga ferita al capo. Mi trovarono in un lago di sangue...
L'alba arriva scolorita, mesta, senza sorriso. La notte sopraggiunge piena di paure e di larve. Penso a mio padre, alla mia famigliuola, a tutte quelle cose che addolcirebbero anche le presenti sofferenze, e piango, piango, e il petto mi si rompe.
Dio mio! se morissi qui!... se morissi... senza veder mio padre?
Dev'essere un gran brutto momento quello, Marianna! Ho paura a pensare che sarò sola, senza nessuno che mi conforti... Se potessi vedere mio padre almeno! Non ti pare una barbarie codesta di non farci vedere i nostri più cari almeno un 'ultima volta in quel momento solenne? Il solo conforto che mi abbia è quello di scrivergli, come scrivo a te; ma quando non potrò più scrivere?... Se il mio babbo sapesse la centesima parte di quello che io soffro!
Quanto mi costa lo scriverti! Nei rari momenti in cui mi sento un po' rianimata, mi sforzo a fare due o tre righi; mi pare di riattaccarmi alla vita, e ti assicuro che mi ci attacco disperatamente; ma la mano mi trema in modo che non saprei rileggere io stessa quello che ho scritto, ed ho la testa così debole che non so quello che mi dica. Ripiglio dieci volte la lettera per scriverti dieci versi.
Quell'anima caritatevole di Filomena viene a vedermi tutti i giorni e mi reca le vostre notizie. Che Dio la benedica pel conforto che dà alla povera inferma! Non potrei mai dirti quanto sia prezioso per la desolata anima mia il più piccolo favore, il più lieve segno di simpatia... Ho tanto bisogno di essere amata, di amare... di amare assai poiché la vita mi sfugge!...
3 Giugno
Oh! Marianna!... domani mi recheranno il viatico!... Dunque il mio stato è davvero assai grave?
Eppure non mi sento in punto di morte...
Dio mio! sia fatta la vostra volontà !
Al di fuori di quella finestra c'è ancora il sole che splende, si sente il rumore di tanta gente che si muove, che vive... un raggio di sole ha attraversato i vetri e viene a posarsi sul mio letto...
Quante cose ci sono in un raggio di sole!... Tutte quelle cose che egli vede ed illumina in questo istesso momento... tante gioie, tanti dolori, tante persone che si amano... e lui!...
Sulla gronda c'è un nido di rondini... anche per esse il sole splende...
Mio Dio!...
Ma come dovrò morire senza veder mio padre? Non dovrò vederlo più? Dio mio! Dio mio! Son rassegnata a morire, m a vorrei veder mio padre per l'ultima volta... egli non saprà che muoio, quel povero babbo!... perché non l'hanno avvisato?... perché non l'hanno chiamato?... Chi sa quanto piangerà !...
Morire! morire così giovane!... Non ho ancora ventun anni!
Oh! Dio!
Quando morrò? Morissi subito almeno! Quest'agonia allo spirito è dolorosa.
4 Giugno
Mi son confessata. Che terrore! che terrore, Marianna!
Tutti quegli apparecchi mi parlavano dell'altra vita ed io pensavo ancora a lui!... ed io aveva il nome di lui sulle labbra mentre tutte le suore inginocchiate intorno al mio letto recitavano le litanie!
Che lugubre cerimonia! quelle torcie, quel campanello, quel baldacchino, quelle salmodie!...
Addio, voi tutti che amo, padre mio, Marianna, sorella mia, mio Gigi... e tu... addio!
Oh! Marianna... digli che io ho pensato a lui anche in questo momento!...
7 Giugno
Oh! Mariana! Marianna! ringrazia il buon Dio!... non son morta... forse vivrò!...
Dio mi userà misericordia e mi farà rivedere i miei cari...
M'hanno detto che anche questa lusinga è un peccato, e che bisogna rassegnarsi ai divini voleri... Vi chieggo perdono di questo mio desiderio, Signore! Ma il cuore è debole ed infermo!...
10 Giugno
Oh! Dio è misericordioso! non morrò! Il medico dice che sto meglio...
Vivrò! vivrò! Marianna!... Dio mi farà vivere! Son così debole... prego... benedico il Signore... e quando vedo quel raggio di sole che scintilla sui vetri della finestra piango di tenerezza, e il pianto mi fa bene.
Oh! Marianna mia!
13 Giugno
Che festa sarà quella quando rivedrò quel buon vecchio, e tutti i miei cari!... che lagrime! che consolazione!...
Mi proibiscono di affaticarmi; non ti scriverò a lungo. Peraltro non ne avrei la forza. Se tu vedessi com'è ridotta la tua povera Maria!...
Mi dicono di esser calma... ma non possono impedire alla mia mente di correre e correre, e pensare a tutte quelle cose che fanno piangere di gioia... al giorno in cui scenderò in parlatorio, e vi vedrò... e la povera anima mia è tutta allegra...
Ma poi ve ne andrete!... e mi lascerete di nuovo qui!... sola!...
24 Giugno
Dio sia benedetto! ho veduto alfine il mio babbo! Tu sai quanto abbia dovuto pregare il medico e l'abbadessa perché mi fosse concessa codesta grazia. Ieri finalmente il buon dottore mi permise di uscire dall'infermeria.
Il tempo era bella; sentivo il mio povero petto tanto malato dilatarsi nel respirare l'aria vivificante del mattino; Filomena mi dava il braccio. Attraversai il giardino ove c'era un bel sole e dei fiori... avevo avuto tanto freddo in quei tristi cameroni quasi bui! Le fogliuzze stormivano appena perché la brezza non può spirare in questo recinto chiuso da mura così alte, la sabbia dei viali scricchiolava sotto i passi, due o tre farfallette svolazzavano di fiore in fiore... Era ben poco, è vero, ma tu non sai quanto valga questo pochissimo per una povera reclusa! Lassù, in alto, ad una finestra del dormitorio, un canarino cantava dolcemente... è vero ch'è chiuso in gabbia, poverino! e se si potesse intenderlo si saprebbe che invece egli piange... ma pure tutti questi nulla ineffabili, che per molti passeranno certamente inosservati, formano tesori di dolcezze per chi non ha altro che gli rammenti i campi, i boschi, la vita... e fanno sorridere il cuore, se non la mente.
Chiudendo gli occhi in quest'angolo di terra recinto dalla clausura si potrebbe dimenticare di essere in convento ed immaginarsi di essere circondati di liete campagne, di luce, di aria... e di essere liberi. Ma poi si vedono muri così alti, e finestre tutte chiuse da gelosie... e il cuore si stringe involontariamente.
Vedi come son fatta! Pensare che avrebbe potuto bastarmi quest'angolo di terra, uno spicchio di cielo, un vaso di fiori, per godere tutte le felicità del mondo, se non avessi provato la libertà e se non mi sentissi in cuore la febbre roditrice di tutte le gioie che son fuori di queste mura!... e pensare che se ricadrò malata, se mi chiuderanno di nuovo in quell'infermeria, sarò privata anche di questo giardinetto, di questi fiorellini, di questo sole che non viene a visitare i poveri infermi, perché anche il suo raggio diverrebbe triste...
Oh! Marianna! quello che provai allorché scorsi il mio babbo adorato che mi aspettava in parlatorio! quello che provai allorché appoggiai le mie mani tremanti a quella grata!... non saprei dirti nemmeno se fu gioia o dolore. Il buon vecchio, come mi vide così pallida e così disfatta, non poté frenare le lagrime; Gigi piangeva anche lui, ed anche Giuditta, ed io che ho il cuore infermo, che sono così debole, che mi struggo in lagrime per un nulla, ruppi in singhiozzi che mi alleggerivano il seno. Avrei voluto buttarmi fra le sue braccia, e quella grata dura e fredda stava lì, fra di noi, fra il padre e la figlia che si rivedono dopo essere stati sul punto di non vedersi mai più... Non ho mai compreso prima d'allora tutto quello che c'è di odioso nella clausura.
Quando ci fummo sfogati in lagrime, mio padre mi domandò le più minute informazioni della mia malattia. Tentava di sorridere, di confortarmi, e di tratto in tratto i singhiozzi gli strozzavano la parola, e le lagrime cadevano sulla sua barba grigia senza che egli se ne avvedesse... Come si stringeva il mio cuore!... eppure avrebbe dovuto essere una festa, quella!... non è vero? Giuditta era lì, così pallida! piangeva anch'essa; la guardavo, la guardavo come se trovassi in lei qualche cosa di nuovo, d'indefinibile. Avrei voluto singhiozzare o piangere a voce alta fra le sue braccia, e sentivo che l'affetto di lei mi faceva male al cuore; la guardavo, e gli occhi mi si riempivano di lagrime, e attraverso le lagrime la tentazione ma faceva scorgere accanto alla sua testa un altro viso pallido pallido...
Oh! Marianna! è la debolezza che mi viene dalla lunga malattia sono allucinazioni prodotte dal demonio... Dio mio! aiutatemi!
E poi fra me e le persone che mi sono più care, in quei momenti ineffabili che dovrebbero essere sacri, c'era la monaca che mi accompagnava, estranea ed indifferente a quella gioia, a quel dolore, a quelle lagrime... Non ti pare che le lagrime abbiano anch'esse il loro pudore?... C'era anche mia matrigna che ci proibiva il dolce sfogo del pianto sotto pretesto che mi facesse male. Fra tutte queste cose fredde, dure, ingrate, le sbarre dell'inferriata erano le meno repulsive.
Come scorsero in un lampo le due ore che mi fu concesso rimanere al parlatorio! Finalmente tutte quelle care persone che son parte di me dovettero lasciarmi. Le accompagnai cogli occhi fino alla porta; ma allorché furono per oltrepassare la soglia, il cuore non mi resse, mi parve di smarrire il senno; chiamai il babbo ad alta voce, quasi fuori di me, come se non dovessi riv...
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