[Pagina precedente]...rone biasimava Julio con dire che gli è plebeo e che 'l Signor Parabolano faceva gran male a dare tanto credito a un villano, essaltando la sua nobile e antichissima genologia.
VALERIO Flaminio, fratello, bisogna altro al dà d'oggi che dire: "De la mia casa fu monsignore tale e messer cotale!" Bisogna essere uomo da bene per le sue e non per le opere de' suoi. E se la nobilità del sangue avessi a fare onorare gl'òmini che per loro stessi meritano niente, el re di Cipri, e 'l principe de Fiossa non sarebbono cosà male aviati, e anche il Signor Constantino riarÃa il principato de Macedonia, né si degnerebbe del governo di Fano.
FLAMINIO Veramente giova[n] poco le croniche, gli epitaffi e i privillegi del benemerito de li antichi, né mai Rafaele giudeo vole prestare doi baiocchi alle memorie della nobilità , e in Roma tanto se estima quanto fa el Romanello se 'l Messia vien piú oggi che crai.
VALERIO Questo è chiaro e védesi che sino a la Fortuna si fa beffe del sangue greco e troiano, e il piú de le volte cardinali e papi sono de la stirpe de ser Adriano.
SCENA TREDICESIMA
Parabolano e Valerio suo camariero.
PARABOLANO Valerio!
VALERIO Signor? - A Dio, Flaminio!
PARABOLANO Chiama il Rosso!
VALERIO Fate carezze al Rosso, che poco fa ha detto cose di voi che no 'l punirebbono i tormenti che castigono le colpe!
PARABOLANO Per mia fe' che gl'importa assai! O non sai tu che per il biasmo d'un tal non si scema e per le lode non si cresce?
VALERIO Lo so benissimo, ma basta che i suoi pari sono gl'idoli vostri. Ma eccolo, e con che fronte!
PARABOLANO Va', rassetta la camera e tu, Rosso, vien meco.
SCENA QUATTORDICESIMA
Parabolano e Rosso.
PARABOLANO Dove se' tu stato?
ROSSO A la taverna, salvando l'onore de la Signoria Vostra, et ho veduto quella buona robba d'Angela Greca.
PARABOLANO Che faceva ella?
ROSSO Parlava con don Cerimonia spagnolo, e dicevano de andare a cena a non so che vigna; et io feci come la gatta de Masino.
PARABOLANO Come faceva la gatta di Masino?
ROSSO Chiudeva gli occhi per non pigliare i topi.
PARABOLANO Tal mi cocessi altra fiamma, ch'io viverei senza noia.
ROSSO Infine gli è un peccato a fare piacere a un gran maestro, perché gli vien a noia ogni cosa.
PARABOLANO Oimè, che colei ch'io adoro non mi verrà mai in fastidio, tanto m'è avara d'un sguardo.
ROSSO Non vi dissi io che 'l cibo vi sazia troppo tosto?
PARABOLANO Or taci: ascoltami.
ROSSO Or dite, ch'io intenda!
PARABOLANO Sai tu la casa di Messer Ceccotto?
ROSSO Di quel pazzo? Signor sÃ.
PARABOLANO Pazzo o savio, andarai ivi e presenterai messer Maco sanese, perché mio padre ebbe gran servigi dal suo mentre studiò in Siena, ma non so che mandargli.
ROSSO Mandategli quattro tartarughe.
PARABOLANO Son presenti da miei pari tartarughe, bestia ?
ROSSO Mandategli doi gattucci soriani!
PARABOLANO Son buoni a mangiare i gatti, furfante?
ROSSO Se voi li mandate dieci carciofi, vi serà schiavo.
PARABOLANO La peste che t'occida; dove sono ora i carciofi, pecora?
ROSSO Donatili doi fiaschi di Mangiaguerra; oh, il Riccio de la Lepre l'ha perfetto.
PARABOLANO Fai conto che debba essere un imbriaco come te, bufolaccio? Or non mi rompere la testa, va', e con questi dieci scudi compera de le lamprede, e dilli che le mangi per amor mio, ancor che gli sia piccolo presente; e sappi dire quattro parole.
ROSSO Ne saperò dire piú d'ottanta millia non che quattro; et è un peccato ch'io non sia mandato per imbasciatore a qualche SofÃ, ch'almeno io mi farÃa onore. Io gli direi: 'Magnificenzia, Reverenzia, Sacra Maestà , Padre Santo, Cristianissimo, Illustrissimo, Reverendissimo, in Cristo patri, Paternità , Omnipotenzia, Viro, Domino, e tutto il mondo'; e farÃa un inchino cosÃ, l'altro cosÃ, inchinarei la testa e ogni cosa.
PARABOLANO Deh, spà cciati, matto spacciato, ma porta prima questa vesta a Valerio, e io entrarò nella stalla a vedere quei turchi che mi son stati mandati a donare dal conte di Verucchio.
SCENA QUINDICESIMA
Rosso, solo.
Io vo' provare come sto bene con la seta. Oh, che pagarei io un specchio per vedere campeggiarmi in questa galantaria; e infine e' panni rifanno sino alle stanghe. Oh, si questi gran maestri andassino mal vestiti, quanti ce ne sono che parrebbono scimie e babuini. Ma io sono il bel pazzo a non fare un leva eius, denari e veste! S'io stessi mille anni con questo furfante di Parabolano non son mai per vedere un ducato; dipoi ognuno mi benediria le mani, s'io rubbo un di questi padroni ladroni che ci furano l'anima e il corpo. Ma sarà bene giuntare questo pescatore col mio padron gaglioffo: mi accaderà piú ingrosso, e voglio usare l'arte che già usò un altro mio pari, che finse d'essere spenditore e menò un che vendeva el pesce a un frate che confessava. La favola si sa per tutto.
SCENA SEDICESIMA
Rosso e pescatore.
ROSSO Quante n'hai, senza queste?
PESCATORE Nissuna, perché or or l'ha compero l'altre lo spenditore de frate Mariano.
ROSSO Ben, da qui inanzi tieni a mia stanza tutte quelle che tu pigli, e io son per servirmi da te, ch'hai cera de bon compagno.
PESCATORE Signor, Vostra Signoria, non pensi, ch'in fatti, tant'è... Io vi son servitore!
ROSSO Sta molto ben. Che vòi tu di queste?
PESCATORE Otto scudi. Piú o meno, quel che piace alla Signoria Vostra... in dono; non guardi ch'io sia povero omo, perché io ho il cuor generoso.
ROSSO Sei sono el debito e trapà gate con questo prezzo.
PESCATORE Ciò che piace a la Signoria Vostra.
ROSSO Ma guarda per tua fe' quanto stanno i miei servitori a venire con la mula. O furfanti, magnapagnotte, io vi manderò a ponte Sisto.
PESCATORE Vostra Signoria non si scrucci perché le porterò io!
ROSSO De grazia; ma io dissi che togliessero la mula e loro aranno inteso il giannetto, il qual è focoso, e stassi un pezzo a metterli la sella.
PESCATORE Per mia fe' che non può essere altro!
ROSSO Andiamo, ché l'incontraremo per la via. Ma come tu hai nome?
PESCATORE Il Faccenda, fiorentino, da Porta Pinti, abitante a San Pietro Gattolini, et ho due sorelle al Borgo a la Noce, al piacere de la Signoria Vostra.
ROSSO Fara'ti tagliare un par de calze a la mia divisa.
PESCATORE Mi basta la grazia della Signoria Vostra, non pensate altro...
ROSSO Se' tu colonnese o ursino ?
PESCATORE Tengo da chi vince, infatti...
ROSSO Saviamente. Pur fa' che la dritta sia spezzata e l'altra tutta d'un colore.
PESCATORE Come piace a la Signoria Vostra cosà farò!
ROSSO Farai dipingere la mia arme dove tu vendi el pesce.
PESCATORE Che arme è la vostra?
ROSSO Una scala d'oro in campo azzurro. Ma ventura ce viene. Io ho certi ducati scarsi, male al proposito: el magistro di casa ch'è là su l'uscio di San Pietro ti pagherà .
PESCATORE A tempo, come el buon dÃ.
ROSSO Aspettami qui, ch'adesso torno.
SCENA DICIASSETTESIMA
Rosso e Sagrestano.
ROSSO Padre, quel sciagurato che è quivi ha la sua moglie spiritata ne la ostaria de la Luna, e fa cose indiavolate: onde supplico vostra paternità voglia metterla a la colonna e col nome de Dio cavarli questa maledizione da dosso perché ha forse dieci spiriti in corpo che parlano d'ogni linguaggio, e anche il povero uomo è mezzo aduggiato.
SCENA DICIOTTESIMA
Sagrestano, Rosso e Pescatore.
SAGRESTANO Verrà qua. Come ho ditto vinte parole a questo amico mio, farò el debito d'una buona voglia.
PESCATORE Io vi ringrazio, padre.
ROSSO Non dubitare; da' qua le lamprede e piglia questi quattro giuli e dagli per caparra al calzettaio.
PESCATORE Voi fate troppo, la Signoria Vostra; ma qual calza va spezzata?
ROSSO Qual tu vuoi.
PESCATORE Basta; ma questo maggiordomo è piú longo che un dà senza pane. Abrevia, cancar ti venga; ma cicala, pur che tu mi paghi el tempo a peso di zafferano. Io arei dato per quattro scudi quello che tu paghi otto! Oh, che accorti spenditori, oh che maestri de casa!
SCENA DICIANNOVESIMA
Sagrestano e Pescatore.
SAGRESTANO Tu non odi, an?
PESCATORE Eccomi servitore de la Signoria Vostra, infatti.
SAGRESTANO Non dubitare ch'io ti vo contentare.
PESCATORE Se Vostra Signoria mi farà ben niuno, sarà una limosina perch'i' ho quattro bambolini che non peson l'un l'altro...
SAGRESTANO Quanto è che gl'introrno?
PESCATORE Quattro...
SAGRESTANO Di giorno o di notte?
PESCATORE Tra oggi e stanotte.
SAGRESTANO Come è il suo nome?
PESCATORE No 'l sapete voi? Lamprede.
SAGRESTANO A punto! Io ti domando come la tua moglie si chiama e quanti spiriti l'ha a dosso.
PESCATORE Voi aveti el bel tempo, Iddio ve 'l mantenga; ma se voi avessi a pensare al pan, vi uscirebbono di capo i grilli.
SAGRESTANO Tuo padre ti dovette lasciare la sua maladizione.
PESCATORE Mio padre mi lasciò maladizione troppo a lasciarmi povero.
SAGRESTANO Fagli dire le messe di San Gregorio.
PESCATORE Gli farò dire... presso ch'io non dissi. Che diavolo ha da fare le messe de San Gregorio con le lamprede? Maestro di casa, io voglio essere pagato, altrimenti mi basta l'animo di parlare sino al Papa.
SAGRESTANO Piglià telo, preti! Sta' saldo. - Qui habitat. - Fatti el segno di la croce!
PESCATORE O Cristo! Lasciatemi, pretacci!
SAGRESTANO Tu mordi! Demonio, io ti scongiuro!
PESCATORE Con pugni, schiericati!
SAGRESTANO Tiratelo in chiesa; a l'acqua santa!
PESCATORE Ah, che siate amazzati! Spiritato io? Io spiritato?
SAGRESTANO Tu n'uscirai senza fare male. In aiutorio Altissimi! Dove entrarai? Rispondi.
PESCATORE In cul, v'entrerò, in culo! Dissi: Ercule!
SCENA VENTESIMA
Cappa e Rosso.
CAPPA Tu sei molto alegro, Rosso; tu vai ridendo da te stesso: che vuol dire?
ROSSO Io mi rido d'una giuntaria ch'è stata fatta, tanto destra che non se ne sarebbe accorto il maestro de le bagatelle, e te la conterò piú per agio. Io voglio portare questa vesta al padrone, e poi farem un presente di queste lamprede a un gintilomo; e tu ritròvati a la Lepre.
CAPPA Torna presto!
ROSSO Adesso adesso!
SCENA VENTUNESIMA
Pescatore, Cappa.
PESCATORE Roma doma! Oh, credi, ch'è 'l Paradiso, naccheri!
CAPPA Che cosa c'è, Faccenda?
PESCATORE Oh, che ladronerie si fanno per Roma! E a chi? A un fiorentino! O pensa quello che se farÃa a un senese! Forse che tutto dà non vanno bandi che non si porti armi ?
CAPPA Non si può dire questa sciagura?
PESCATORE Te dirò: io sono stato giuntato di certe lamprede a un modo, per una via, ch'io mi vergogno a dirlo, e poi come un spiritato sono stato messo a la colonna. 'Spegni la lampa..., bussa la porta..., non fare male a persona...' Et ho avuto tanti pugni, e tutto el capo mi hanno pelato, preti becchi, sodomiti, ladroni! Al corpo, al sangue, che s'io giungo quel ghiotton del sagrestano gli mangerò il naso, gli pesterò gli occhi e caverògli la lingua. Che maledetta sia Roma, la Corte, la Chiesa e chi ci sta e chi li crede!
CAPPA Per Dio, che l'è una gran truffarÃa e quasi quasi men pare avere, e s'io posso niente, comandami.
PESCATORE Ti ringrazio. Io voglio irmi con Dio di questa Roma porca, e forse forse ch'un dÃ, se io trovo un di qua in Firenze..., basta, basta!
SCENA VENTIDUESIMA
Parabolano e Valerio.
PARABOLANO Quanto odii comincio avere con la vita!
VALERIO L'odio con la vita abiam noi, poveri servitori.
PARABOLANO Tu non senti quello che mi duole.
VALERIO E' vi nuoce el piú de le volte il troppo bene, e mi dispero quando un vostro pari si lagna. O pensate ciò che doverÃa fare un simile a me, che vivo del pan d'altri. E un inciampare in una paglia ci fa rompere il collo.
PARABOLANO Non t'odo.
VALERIO Se voi avessi nella bilancia de la pretesca discrezione la speranza, come hanno cotanti che servono, voi intenderesti.
PARABOLANO O Fortuna invidiosa!
VALERIO La fortuna sète voi, voi Signori sète la fortuna, che da le stalle e da le staffe su levate il vizio e la ignoranzia, et alle stalle e alle staffe ponete la virtú.
PARABOLANO Io mi consumo!
VALERIO Che voresti voi?
PARABOLANO Il premio de le mie fatiche.
VALERIO Da chi desiderati voi questo premio?
PARABOLANO Dove son io? Almen n'avess'io lettere o ambasciata!
VALERIO Dove s'hanno a dirizzare queste lettere?
PARABOLANO Dove io sono.
VALERIO Voi l'arete tardi.
PARABOLANO Perché?
VALE...
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