[Pagina precedente]...per deleggiare cristiani? Mettetelo nella segreta compagni!
ROMANELLO Questa è la ragion che se fa?
ROSSO Capitano, se Vostra Signoria non fa dimonstrazione, io sto con tale che ve ne pentirete, ché non s'ha però a fare tal villanie a chi va per i fatti soi.
SBIRRO Non dubitare che pagherà lo scotto e li faremo uscir el vin del capo con quattro tratti de corda.
SCENA DICIOTTESIMA
Rosso, solo.
L'Armellino, che dà questo ufficio, ha il torto a non darli la referma per dieci anni a costui, perché conosce i mariuoli benissimo. Oh, oh, che cose ladre se fanno in questa Roma porca! Dio è pur paziente a non gli mandare un dà qual[che] gran flagello. Me, che merito le forche per antipasto, costui ha lassato andare; il povero Romanello ha perduto el saio et è in prigione, e pagherà altro che ciance! Ma bisogna avere buona sorte al mondo. Ora a ritrovare la vecchia allegramente!
SCENA DICIANNOVESIMA
Maestro Mercurio, Maestro Andrea, Messer Maco.
M. ANDREA Gli è cento anni, o meno, che mai fu visto el piú bello di Vostra Signoria.
M. MERCURIO Per Dio, che avete un grande obligo con la natura de' maestri e de le forme.
MESS. MACO Ah, ah! Mostratemi lo specchio, ch'io mi sento diventato un altro! O che pena ho io patito! Ma io sono cortigiano e guarito. Date qua lo specchio... Ohimè, o Dio! Io sono guasto, io son disconcio, io son morto! O che bocca, o che naso! Misericordia, Vita dulcedo... et verbum caro factum est!...
M. MERCURIO Che accidente è questo? Duolvi il corpo?
MESS. MACO Io disfatto! Io non son io! Regnum tuum.... panem nostrum... Traditori, voi m'avete scambiato nelle forme. Io vi accusarò per ladri! Ladri visibilium et invisibilium!
M. ANDREA Gli orazioni non vi possono se non giovare; ma bisogna gittarsi per terra? State su e specchiativi bene!
MESS. MACO Malandrini, rendetemi el mio viso e toglietevi il vostro, ché, s'io guarisco fo voto de dire un mese li salmi pestilenziali.
M. ANDREA Molto bene; ma guardatevi nel specchio un'altra volta.
MESS, MACO Non farò!
M. ANDREA SÃ, farete!
MESS. MACO Laudate pueri Dominum! Io sono in fatto racconcio e 'l piú bel che mai. 'O stelluzza d'amore, o Angel d'orto, Viso di legno e faccia d'oriente'.
M. MERCURIO V'allegrate con le musiche; oh che voce!
MESS. MACO Io voglio tutte le signore, adesso, ora! E voglio farmi papa e inchiavellare la Camilla ora ora! Spacciatemi, ch'io ho fretta.
M. ANDREA Maestro Mercurio, andatevi a spasso e domani andate al cassieri de' Chisi, ché vi saranno contati i denari per commissione de messer Maco.
M. MERCURIO Cosà farò, e a Vostra Signoria bascio le mani.
SCENA VENTESIMA
Maestro Andrea e Messer Maco.
MESS. MACO Io dico che voglio richiavare la Signora in casa; dico!
M. ANDREA O non volete tôrre panni piú destri ?
MESS. MACO Che destri, o cacatori? Io dico: la Signora!
M. ANDREA Non tanta furia! Andiamo in casa e pigliaremo la spada e la cappa, e poi andaremo a la signora, ché di notte in Roma non se usano queste toniche.
MESS. MACO Andiamo, ché m'è intrato il diavolo a dosso.
SCENA VENTUNESIMA
Aloigia e Rosso.
ROSSO Toc, tic, toc. Aloigia?
ALOIGIA Adesso io t'avevo fra' denti, ma, per dirti la cosa...
ROSSO Ché, non c'è ordine?
ALOIGIA La Togna d'Erculano...
ROSSO Che non vuol venire?
ALOIGIA Parlandoli un'ora fa, el suo marito ce trovò...
ROSSO S'è donche accorto che...?
ALOIGIA Non dubitare; di' pure al signore che si metta in punto, ché a le cinque ore ha rompere doe lanze. Sà che, va' e fagli intendere la trama; e a sua eccellenza mi reccomando. A Dio!
ROSSO Va' in ora buona; e io anderò di qua, per non incontrare il padrone. Ma eccolo, a mio dispetto.
SCENA VENTIDUESIMA
Parabolano e Rosso.
PARABOLANO Ben, che dice?
ROSSO Per non vi tenere su la corda, a cinque ore ven l'amica, sà che piglia[te] cose confortative.
PARABOLANO L'è pur da ben, la Aloigia!
ROSSO La piú amorevole donna che sia al mondo.
PARABOLANO Ma io sarò consumato a le cinque. Ma parte che le suonano, odi Rosso? Una, due,...
ROSSO A punto, sono le campanelle!
PARABOLANO Vero, ma che faremo in questo mezzo?
ROSSO Un poco di colazione.
PARABOLANO Che voglia!
ROSSO Ben sapete ch'io non voglio essere frate del Piombo.
PARABOLANO Deh, ragioniamo di Laura!
ROSSO Deh, mangiamo un poco e beviamo doi tratti a cavallo a cavallo.
PARABOLANO Io mi pasco de rimembrare la mia donna, né con altro cibo bramo assolvere il digiuno mio; ma son per contentarti; andiamo!
ROSSO Gratis vobis! Se voi avessi fame, le rimembranze ve si scordarebbono.
ULTIMO ATTO DE LA CORTIGIANA
SCENA PRIMA
Valerio, solo.
Or mi sono io chiarito d'un gran forse. Se 'l padrone è meco in collera l'ho visto ne la fronte a tutta la sua famiglia, Oh, oh, oh, oh! È possibile che in Corte non si veggia volto se non finto? Io adesso adesso era tenuto quasi padrone e ognuno mi laudava per savio, da bene, liberale e adorato da tutti; e ora non mi conosce nissuno e ogni uomo dice la sua di me, e quelli ho sempre sempre favoriti e del mio aiutati, sono i primi a offendermi. E 'nsomma, le mura di queste stanze mi hanno vòlte le spalle. O felice Fortuna, tu hai pure de li amici, e tu, trista sorte, de inimici! Ma che farò io, chi mi consiglierà ? Nissuno, so ben; ché s'io volessi affogarmi, che trovaria chi mi ligarebbe un sasso al collo? Orsú, che Dio è di sopra, e la ragion e la innocenzia può assai; e delibero conferire questo caso con monsignor di Ravenna, che pochi pari soi sono in Corte, e son certissimo che mi darà aiuto e consiglio fedelmente.
SCENA SECONDA
Erculano, imbriaco, e Togna.
TOGNA Io sto qui in su l'uscio per vedere se 'l mio marito bufalo ritornassi e che gli rompa la coscia. Gli è già notte e non comparisce; ma debbe essere questo.
ERCOLANO Mo... mo... mostrami la po... po... porta da ca... ca... casa. Oh, le fi... fi... finestre ballano, ah, ah, ah! To... Togna tien... tiemmi, ché io non ca... caschi nel Te... Te... Tevere; ah, ah, ah!
TOGNA Dio il volessi, ché inacquaresti el vino ch'hai tracannato, gaglioffone!
ERCOLANO Io non so... so... sono imbriaco, no. Io dor... dormo; il cu... cu... culiseo è... è sul mio letto; mènemi su, pre... presto, che dormirò da non destarme le bombarde del dà [del] giudizio!
TOGNA Va su porco, che tu sia tagliato a pezzi!
SCENA TERZA
Messer Maco e Maestro Andrea.
MESS. MACO Sono io esso, maestro?
M. ANDREA Cosà non fussi!
MESS. MACO Chiacchiere! Io dico: inchiavestellare la Signora, dico!
M. ANDREA Adagio!
MESS. MACO Voi mi farete con la spada! Potta, che sà ch'io chià vola!
M. ANDREA Temprate la collera; ecco la porta. Tic, toc, tic, toc.
MESS. MACO Bussate forte! Apri! Ch'al corpo de...!
SCENA QUARTA
Biasina fantesca, Maestro Andrea e Messer Maco.
BIASINA Chi è?
MESS. MACO Sono io, sono, che voglio entrare su e dormire con la Signora!
BIASINA L'è accompagnata.
MESS. MACO Caccià telo fora, altramente, porca vacca...!
BIASINA Voi dovete essere qualche villano, ché coteste parole non son da gintilomo.
M. ANDREA Apri, Biasina, ché messere non se corruccia.
BIASINA De le tue, becconaccio; io tiro la corda. Entrate!
MESS. MACO Ve' ch'apristi ancora, Marfisaccia di merda!
SCENA QUINTA
Erculano, con i panni de la moglie in dosso.
La puttana, la puttana! A' fratelli la vo' rendere! Ve' che ci l'ho colta, la ribalda! Povero a me, forse ch'io li lascio mancare niente de la mia povertà ? S'io dovessi agirare tutta la notte, so' per trovarla e segarli le vene de la gola. Oh, oh, oh! M'ha lasciati i soi panni a pie' del letto e non ho potuto accorgermene a ora che la non sia uscita da casa con i miei vestimenti in dosso! Ma tu fuggirai come omo e io te seguiterò come donna; e voglio ire de qua, anzi de qui; sarà meglio a fare la via per Borgo Vecchio... anco da Santo Spirito...; credo che da Campo Santo mi darà in le mani. Ma sarà di qua giú, perch'ella è uscita per la porta dietro.
SCENA SESTA
Parabolano e Rosso.
PARABOLANO È pur cosa strania l'aspettare.
ROSSO Massime quando ci sollicita la fame.
PARABOLANO Sta queto. Una, due...
ROSSO Io credo ch'ogni campana che suona vi paia oriolo; e sona a morto per madonna Onestà e voi noverate l'ore. Ma odite... una, due, tre e quattro e un quarto (ma tu te sfamarai pur, e questo ser Cupido ribaldo...)
PARABOLANO C'è anche un anno...
ROSSO SÃano doi, ch'io per me non son per stare piú a questo sereno, perché tira un vento che me ammazza, e l'ammalarmi non me va a proposito niente. Donne poltrone, che non ve contentarÃano i denari, che si cavano la voglia d'ogni cosa!
PARABOLANO Andiamo dentro, ch'io ti voglio sano, il mio Rosso!
SCENA SETTIMA
Valerio, solo.
Veramente messer Gabriel Cesano e messer Giovan Tomaso Manfredi ha rason di lodare questo vescovo di Cremona, perché molto piú che non si conta per ognuno è la sua cortesia. Io li ho comunicato le mie nove, e la minore profferta è stata i denari. Egli è peccato ch'egli sia prete e stia in questa Corte infernale, dove che de le migliara che se ne vede, e' ce ne sono, poi un par buoni: il Reverendissimo Datario e Ravenna. Gli altri: guarda e passa! O Corte, quanto se' tu piú crudele che l'inferno! E che sia el vero, l'inferno punisce li vizi e tu li adori e reverisci. Ma questo non mi giova. Io voglio trovare el mio padrone e lo troverò solo per Roma, perché io so le pratiche sue e li parlerò inanzi ch'io dorma, e saperò dove nasce il mal mio.
SCENA OTTAVA
Maestro Andrea e Zoppino.
M. ANDREA Zoppino, questa comedia m'è venuta a noia, perché costui è la sciocchezza in carne e in ossa, e non ne piglio piú piacere. Però assaltiamolo e scambiamo prima le cappe.
ZOPPINO Da' qua la tua, e togli la mia.
M. ANDREA E caccià tolo di casa dormiremo con la Camilla. Tic, toc. Aprite qua giú. Ah, traditore, tu sei morto, vigliacco, poltrone! Sta pur saldo!
SCENA NONA
Messer Maco, che si getta da una fenestra in camiscia.
Misericordia, io son ferito dietro! Io ho un buco dietro! A la strada, corrite, ch'io son morto! Dove fuggo? Ov'è la casa? Ohimè, ohimè!
SCENA DECIMA
Parabolano e Rosso.
PARABOLANO Che romore è stato quello?
ROSSO Gente che va cianciando.
PARABOLANO Son anche le cinque?
ROSSO Ch'avete voi, che sète cosà pallido?
PARABOLANO El foco di dentro causa questa pallidezza di fuora.
ROSSO (Tu lo spegnerai pur questo foco, traditore!)
PARABOLANO Io temo che a la sua presenza non potrò dire parola.
ROSSO Anzi doverete cicalare come un mercato!
PARABOLANO Amor a una gintil cosa toglie l'ardire.
ROSSO Amor caca! Egli è ben poltron un uomo ch'ha paura a parlare a una femmina. Ecco Aloigia che trotta come una ladra.
PARABOLANO Ohimè!
ROSSO Che diavol sarà ?
PARABOLANO Dubito che la...
SCENA UNDICESIMA
Aloigia, Parabolano e Rosso.
ROSSO Signore, Laura per mia grazia è in casa di Aloigia, e v'aspetta tutta paurosa. Vostra Signoria osservi la fede, e non si curi cosÃ, per la prima volta, vederla contra sua voglia, perché l'è tanto vergognosa che si morirà . E fati l'opera presto, perché suo marito è andato a un suo casale stasera e qualche volta torna la notte, e serÃa ruinata.
PARABOLANO Prima trarrei gli occhi a questa fronte ch'io gli dispiacessi!
ALOIGIA Spasseggiatevi un poco e poi entrate in casa mia.
SCENA DODICESIMA
Parabolano e Rosso.
PARABOLANO O notte beatissima, a me piú cara che a le ben nate anime l'aspetto del mirabil Dio! O mia benigna stella, qual mio merito t'inchina a farmi dono di cotanto tesoro? O fidel servo mio, quanto ti son io obligato!
ROSSO (Or cosÃ, lodami un poco!)
PARABOLANO O angeliche bellezze de la fronte, del petto e de le mani, io ho da voi sà tosto a essere unico possessore, bocca soave, dove amore stilla le dolcissime ambrosie, non ti degnerai tu ch'io, che son tutto foco, immolli le mie indegne labia nelle dolcezze tue? O serene luci de la mia idea, non alluminarete voi la camera sà che vedere possa colei da cui la mia vita e morte depende?
ROSSO Questo è stato un gran proemio.
PARABOLANO Non faccio mio debito a lodare la mia donna e il ciel di cotanto dono?
ROSSO Non, a mio giudizio, perché odio piú le femmine che l'acqua e 'l vino.
SCENA TRE...
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