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M. ANDREA Gran cortigiano e gran musico, e si rifece ne le proprie forme che vi rifarete voi.
MESS. MACO O come?
M. ANDREA Starete in molle ne l'acqua tepida.
MESS. MACO Faròmi io male a starci in molle?
M. ANDREA Fansi male le bombarde, le campane e le torri quando le si fanno?
MESS. MACO Non cred'io; ma io mi stimavo che le bombarde, le campane e le torri nascessero come li alberi.
M. ANDREA Voi erravate in grosso!
MESS. MACO Faròmi io bene?
M. ANDREA Arcibonissimo, perché è men fatica a fare un uomo che una bombarda.
MESS. MACO SÃ, eh?
M. ANDREA Messer sÃ. E bisogna ordinare el medico, le forme e le medicine.
SCENA DECIMA
Grillo famiglio, Messer Maco, Maestro Andrea.
GRILLO Si non che 'l signor Parabolano ci mandò a dire che Vostra Signoria s'era ritrovata, staviamo come disperati e la Signora v'ha fatto cercare per tutto.
MESS. MACO La sta mal di me, la poveretta, n'è vero?
M. ANDREA Grillo, fammi bon ciò ch'io dico, Grillo, io voglio che qui el nostro messere si rifacci come gli altri cortigiani.
GRILLO Voi avete preso un buon capo, e lo farete di velluto, ma per lo amore de Dio, fatelo prima intendere a le signore acciò che si provegghino di materassi, perché gittandosi per vostro amore da le fenestre, quando sarete cortigiano, non si facciano male.
MESS. MACO Gli farò portare delle coltrici, perché serÃa un peccato!
GRILLO Che discrezione!
M. ANDREA Orsú a dare espedizione a quel che s'ha da fare. Andiamo, presto!
SCENA UNDICESIMA
Aloigia e Rosso.
ALOIGIA Ma fe', io ho piú faccende che un mercato, piú lettere a portare che 'l procaccio e a fare piú ambasciate che l'ambascerie; chi vol unzioni per el mal francioso, chi polvere da fare bianchi i denti e chi per el mal che Dio gli dia! El Rosso me debbe cercare. Non ve 'l diss'io?
ROSSO Lascia andare l'altre novelle e stròlaga come questa notte il mio padrone giochi di verga.
ALOIGIA Come io ho detto vinte parole al mio confessore, vengo a trovarti.
ROSSO Spà cciati, perché 'l padrone è ito sino a palazzo e tosto tornerà , e io sarò intorno a casa.
SCENA DODICESIMA
Flaminio, solo.
Io ragiono voluntieri con Valerio, perché è discretissimo giovene e servente e vuolmi bene, benché è a molto miglior mercato el consilio che l'aiuto, del quale ho piú bisogno che la giustizia non aveva di papa Clemente. E si non ch'io mi trapasso la mia pessima sorte con quella dei maggiori òmini di me, me disperarei, e fu pur disonesto il tradimento usato a Cesare, il quale sempre piú cara avea la gloria del suo signore che la propria vita.
SCENA TREDICESIMA
Valerio e Flaminio.
VALERIO Con chi favelli tu, Flaminio?
FLAMINIO Con le noie d'altri, per alleggerire le mie.
VALERIO Con qual noie?
FLAMINIO Con quelle de Cesare, del quale ragiona tutta Roma.
VALERIO Deh, entriamo in cose piú piacevoli, perché gli è di troppa importanza il successo suo, e volsi avere rispetto a' grandi, come testè ti dissi, perché gli è il diavolo a offenderli
FLAMINIO El gran diavolo! E a dire el vero, a dire la verità ne va la vita, e basta.
VALERIO Pensiamo a te e vien meco insino in Banchi, ch'io t'ho a dire cosa che ti consolarà ; ma entriamo in casa, ch'io mi ho dimenticata una lettera di cambio.
FLAMINIO Entriamo, e usciremo per l'uscio del giardino.
SCENA QUATTORDICESIMA
Grillo, solo.
Mi bisogna trovare maestro Mercurio, ch'è 'l maggiore baione e 'l migliore sozio del mondo, perché maestro Andrea gli ha detto che gli è el medico ch'aiuta a fare cortigiani. Ma eccolo, per Dio vero! El ben trovato, maestro Mercurio!
SCENA QUINDICESIMA
Maestro Mercurio, medico, e Grillo, famiglio di Messer Maco.
M. MERCURIO Che ti manca Grillo?
GRILLO Maestro Andrea ha per le mani la piú bella burla che s'udissi mai. Egli è un gintilomo sanese, ch'è venuto a Roma per acconciarsi per cardinale col Papa e ha tolto maestro Andrea per pedagogo, e gli ha dato ad intendere che bisogna che prima si facci cortigiano nelle forme, onde lo volemo menare a la stufa che a chi non c'è mai stato dà un grande affanno, non altrimenti che quel del mare. E 'l raderemo e vestiremo di sorte che compiremo di farlo pazzo pubblico, e tu serai el medico.
M. MERCURIO Ah, ah, ah! Io ho trovato meglio. Sai tu quelle caldaie che tengon l'acqua calda?
GRILLO SÃ!
M. MERCURIO Ivi lo metteremo in molle e dirèmoli che sono forme da cortigiani e prima li daremo una presa de pillole.
GRILLO Tu l'hai, andiamo con maestro Andrea, e messer Priapo ci aspetta.
SCENA SEDICESIMA
Aloigia e 'l guardiano d'Araceli.
ALOIGIA Padre, io venivo per trovarvi in Araceli, ma voi m'avete tolto la via.
GUARDIANO Io vengo a San Pietro ogni dÃ, per mia devozione.
ALOIGIA Dio ve 'l perdoni; volsi dire: ve 'l meriti. Ma voi state sempre in orazione e sète piú bel che mai e piú grasso.
GUARDIANO E io non faccio però troppo guasto in le discipline, perché s'io non anderò cosà oggi in paradiso, ci anderò domani.
ALOIGIA Molto ben, ché bisogna aver tanta fretta? Egli è pur tanto grande che ci capiremo tutti, Dio grazia!
GUARDIANO SÃ, sÃ, e ci avanzerà luogo, perché l'anime nostre son come le bugie, che se ne può dire i milioni come il Tinca Martelli fiorentino, e non occupano luogo. Ma che miracolo è questo che ti se' lasciata vedere?
ALOIGIA Per chiarirme de doe cose grande. E questa è la prima.
GUARDIANO Or di'.
ALOIGIA Vorei sapere se l'anima de la mia maestra anderà nel purgatorio o no.
GUARDIANO In purgatorio, per un mese o circa.
ALOIGIA Egli si è ditto che no.
GUARDIANO O no 'l sapre' io?
ALOIGIA O trista me, che ho creduto a le male lingue! Donque e' la v'anderà ?
GUARDIANO SÃ, corpo di me; ma qual è l'altra?
ALOIGIA Oh, smemorata! Io ho date le cervella a rimpedulare; spettate, oimè, che m'è scordato! Anzi; me ne ricordo pure: il Turco dove si truova?
GUARDIANO In Galigut, cioè in Turchia.
ALOIGIA E si dice pur, in piazza, ch'egli serà fra otto giorni a Roma.
GUARDIANO Che importa? Quando ben venissi fra quattro de' giorni, e che sarÃa?
ALOIGIA Assai importarÃa!
GUARDIANO Che sarÃa mai, dico?
ALOIGIA Una mala cosa, sarÃa, e una ribalderia che 'nfin quello impalare non mi va per la fantasia in niun modo. Impalare, ah! Ma verrà egli, padre?
GUARDIANO Non, balorda!
ALOIGIA Voi m'avete tutta tutta riconsolata: impalare le povere donnicciuole! Dio e gli orazioni vostre me ne guardino perché 'l pane mi piace in palato, e non essere impalata dal Turco!
GUARDIANO Or vatti con Dio, perch'io non posso stare piú teco ch'ho da cavalcare, perché, a dirti el vero, ho saputo per via de confessione che quelli di Verucchio volevano ammazzare il lor conte Giovan Maria Giudeo, e vado a fargli pigliare e sarà mozzo la testa a venti de' primi, e d'ogni cosa son cagion io.
ALOIGIA Voi fate molto bene; e voi frati sapete ogni cosa.
GUARDIANO Questo è certo, ché non se fa mai tradimento senza nostra saputa, e anche noi ci sapemo de vitella e de capretto cavare la voglia, dico i ministri, e per gli altri fraticelli sono fatti i matutini e le Messe, le compiete e' vespri, e loro mangiono con le gatte quando in sogno gli molesta la carne.
ALOIGIA Io mi credeva che voi fusse tutti santi, a pie' logri da' zoccoli. Or fà tivi con Dio e domani, o quando sarete tornato, vorrò che mi diciate le messe de San Gregorio, per l'anima del mio marito, ch'ancora ch'ei fosse un omaccio, sempre la notte el maneggiavo a mio modo.
GUARDIANO Vien, che serai servita.
SCENA DICIASSETTESIMA
Aloigia, sola.
Si vuole avere delle virtú, chi vuol salvarsi come la mia maestra, e qualche amicizia con frati, chi vuol sapere delle cose. Ma per tornare a proposito, io quando ci penso sono la piú contenta donna del mondo per la morte della mia madonna Maggiorina, perch'ella, sendo in paradiso, mi sarà buona mezzana lassú come ella m'è stata sempre qua giú, per sua grazia e mercè. Or lasciamo andare, che 'l Rosso non mi spettassi tutto oggi.
ATTO QUARTO DE LA CORTIGIANA
SCENA PRIMA
Maestro Andrea, Messer Maco, Maestro Mercurio e Grillo.
M. ANDREA Noi siamo d'accordo del prezzo e messer Maco s'arrischierà a pigliare le medicine.
MESS. MACO Le pillole mi mettono un gran pensiero, tamen...
M. MERCURIO Pillolarum romane curie sunt dulciora!
MESS. MACO Nego istud, nego nego, magister mi!
M. MERCURIO Hyppograssus affirmat hoc, dico vobis.
MESS. MACO Nego propositio hanc!
M. MERCURIO Domine, usquequo vos non inteligitis glosam de verborum obligatione che sic inquit: totiens quotiens vult diventare Cortigianos novissima dies pillole et aque syropus accipere bisognat.
MESS. MACO Voi mi fate una rima falsa, ché 'bisognat' non è toscano; et ecco qui in la manica el Petrarca che lo conferma.
M. ANDREA Or cosÃ! Favèllami a l'usanza e non per in busse e 'n basse!
MESS. MACO Trant fabrilia fabri!
M. MERCURIO Messere, cognoscete voi le nespole?
MESS. MACO Signor sÃ.
M. MERCURIO Le nespole si chiamano pillole a Roma, e voi ne pigliarete quanto vi basta l'animo mangiarne.
M. ANDREA Avete inteso maestro Mercurio da bene?
MESS. MACO Sà ho, et è molto dotto, e io mangerò mille nespole per amor suo.
M. ANDREA O che animo! Voi sareste stato il malatestissimo soldato al tempo di Bartolomeo Coglion!
GRILLO Padrone, serà meglio ch'io me avvii dove le forme vi aspettano.
MESS. MACO Va' e tolli le piú belle forme e le piú agiate che vi siano.
GRILLO Cosà farò. Altro?
MESS. MACO Fa' che 'l capo c'entri tutto, e guarda che niuno si volessi usare inanzi a me.
M. ANDREA Spà cciate Grillo, e fa' che i' si' la stadera, ché bisogna pesarlo, ché s'ha a pagare un baiocco per libra, come è rifatto. Ma, messer mio, voglio che voi giurate, inanzi che diventate uno altro, di farmi carezze, perché gl'entervien el piú de le volte che coloro tolti d'acconciar un asino, poi che salgono in cielo a l'accursiesca e serapichesca non si degnon poi né con amici né con parenti.
MESS. MACO Al corpo di Giuda, ch'io vi toccherò sotto 'l mento!
M. ANDREA Giuro da puttini.
MESS, MACO A l'evangele!
M. ANDREA Sacramento da contadini.
MESS. MACO A la fe' de Dio!
M. ANDREA Cosà dicono li facchini.
MESS. MACO A la croce benedetta!
M. ANDREA Parole da donna.
MESS. MACO Potta, sangue, al corpo di...
M. ANDREA Al corpo di che?
MESS. MACO Ch'io biastemo?
M. ANDREA Che no?
MESS. MACO Di Cristo, di Cristo! Oh, pur l'ho detto!
M. ANDREA Ah, messer Maco, io motteggio e voi biastemate come un traditore, e son vostro servitor, alma serena.
M. MERCURIO Orsú, non perdiamo tempo, ché le forme si fredderanno e a Roma le legne vagliono un tesoro.
MESS. MACO Spettate, ch'io manderò per una soma a Siena.
M. ANDREA Ah, ah, ah! Ecco là Grillo, su la porta de la bottega che fa i cortigiani plusquam perfetti. Che si fa Grillo?
GRILLO Le forme, la stadera, le nespole, i maestri e ogni cosa è in ordine, e vederete cose piú fantastiche che l'umor malenconico.
MESS. MACO Maestro, la luna dove si trova ora?
M. MERCURIO Eh? Oh, discosto da qui un gran pezzo.
MESS. MACO Io dico se l'è in quintadecima o no.
M. MERCURIO Messer no.
MESS. MACO Basta, io aveva paura de sÃ, perché vien poi in fluxo ventris, ma sola fides sufficit. Andiamo, in nomine Domini.
SCENA SECONDA
Aloigia e Rosso.
ALOIGIA Il ben trovato, Rosso. Io ho parlato al mio confessore per sapere quando vien la Madonna di mezzo agosto, perché ho in voto di digiunare la vigilia. Poi feci la via de la Piemontese e hammi date queste maniche; di poi mi sono risciacquati i denti con un mezzo di còrso et eccomi qui.
ROSSO Aloigia, a dirtelo in una, Valerio mi vuole male e io a lui; e quando per tua industria el ponessimo in disgrazia al padrone, che so io, non perderesti niente perché toccarebbe a me esser el ministro.
ALOIGIA Dammi la tua parte de la catena e farollo rompere il collo in un fil di paglia.
ROSSO Sia la tua, ma dimmi il modo.
ALOIGIA Adesso il penso.
ROSSO Pensalo ben, ch'importa!
ALOIGIA Io l'ho, sta saldo!
ROSSO Iddio il volessi.
ALOIGIA Eccotelo.
ROSSO Come?
ALOIGIA Dirò che Valerio ha sentitoci ragionare di Laura e che n'ha avvertito il fratello di lei e che detto suo fratello, che si domanda Rienzo di Iacovello, ha giurato di farci capitare ...
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