[Pagina precedente]...ndo la conversazione, continuò:
- E Federigo sta bene?
- Come un pesce nell'acqua - rispose Clarenza, per fargli capire che aveva letto i Masnadieri di Schiller.
- E il vostro commercio delle pelli prospera sempre?
- Vi avverto, Mario - osservò Clarenza con l'accento freddo di una persona mortificata nella parte più viva del suo amor proprio - che oramai è più d'un anno che Federigo si è ritirato affatto dal commercio. Abbandonò la mercatura per dedicarsi interamente alla vita politica!
- Come! - soggiunse il conte, dando in una gran risata. - Avete lasciato le pelli per la politica? Un brutto baratto, cara mia; ve ne avvedrete al bilancio!
- Pazienza! D'altra parte, noi abbiamo tanto, e forse qualche cosa più, per poter vivere agiatamente. Prova ne sia che Federigo, non avendo figli, ha fondato a tutte sue spese un educatorio per le fanciulle povere del comune.
- È una cosa che gli fa onore.
- Questo lo dite voi, e lo dicono tutti: ma il Ministero seguita a far l'indiano. Credete voi che quei signori si siano voluti ricordare una sola volta di mio marito?...
- Per altro - soggiunse Mario, studiandosi di dare alla sua voce il colore di un dolce rimprovero - se le voci sono vere, sento dire che Federigo è uno dei caporioni del partito dei malcontenti...
- Siamo giusti, amico mio - replicò Clarenza vivace mente - come volete che mio marito sia governativo, se non è nemmeno cavaliere?
Mario aprì la bocca a mezzo sbadiglio, tanto per nascondere il balenìo d'un risolino impertinente, che gli era spuntato, senza avvedersene, a fior di labbra; quindi riprese:
- Ditemi un'altra cosa: e Federigo conserva sempre le stesse abitudini?
- Quali abitudini?
- Voglio dire - continuò l'altro scherzando - porta sempre il solito cappello alla calabrese, la solita camicia quasi sempre sbottonata da collo, la solita cravatta di seta in colori?...
- Dico la verità - rispose Clarenza, indispettita e mortificata - sono tutte cose alle quali non ho fatto mai attenzione. Del resto - continuò con voce ironica e alzandosi in piedi - non tutti gli uomini hanno avuto dalla natura il dono di esser belli ed eleganti, come il signor conte Mario!...
- Domando scusa: non ho inteso punto di offendere, né di far confronti!...
- E allora, perché vi occupate tanto della toilette di mio marito?..
- Perché?.. Ah!... mi domandate perché?.. Perché, Clarenza mia, più ci guardo e più mi persuado che avreste dovuto nascere ai fortunati tempi ai Luigi XIV! La vostra mano era degna dei cavalieri più brillanti della corte del gran monarca.
- Badate, Mario! se cominciate a canzonarmi, vi lascio qui su due piedi e me ne vado - disse Clarenza, rimettendosi a sedere.
- Un'altra curiosità . E vostra sorella? non mi avete ancora detto nulla di quel caro diavoletto della Norina.
- Sta in casa con noi.
- Si è rimaritata?
- No.
- Pare impossibile: Così giovine e così graziosa!
- Vi dirò: mia sorella è la più buona figliuola di questo mondo: ma sta male un poco qui.
La Clarenza, profferendo quest'avverbio di luogo, si toccò coll'indice della mano in mezzo alla fronte. Poi continuò:
- Se il giudizio facesse da fedi di nascita, la Norina avrebbe appena dieci anni. Figuratevi, per dirvene una, che in questi giorni ha mandato indietro un magnifico partito. Conoscete, per caso, il signor Valerio?
- Se lo conosco! Siamo vecchi amici. Un bravissimo giovine e che sa fare molto bene i propri affari.
- Valerio è appunto la persona, alla quale Federigo ha ceduto tutto il suo traffico commerciale.
- E la Norina lo ha rifiutato?
- Rifiutato veramente, no; ma già è lo stesso: lo ha disgustato... stancato.
- E il perché si sa?
- Io lo so pur troppo. È un perché da ragazzi. A voi, antico amico di casa, posso anche farvene la confidenza.
Nel dir quest'ultime parole, Clarenza si alzò: e con passo leggerissimo andò a metter l'occhio allo spiraglio di una porta semichiusa, che rimaneva dalla parete opposta, in faccia al caminetto.
- Scusate la mia curiosità - disse il conte, che non capiva nulla in questo brano di pantomima - e tutta questa circospezione, perché?.. Ma sarebbe per caso un segreto di Stato?...
- Ho le mie buone ragioni - rispose Clarenza, tornando verso il caminetto; - bisogna sapere che la Norina spesso e volentieri si diverte a stare a sentire dietro agli usci.
- Nossignora, nossignora! - gridò una voce limpida e squillante come un campanello - la Norina non si è divertita mai a stare a sentire dietro agli usci. Ecco qui perché, mi è accaduto una volta... una sola volta... la mia signora sorella non l'ha fatta più finita!
La Norina, che era già entrata in sala improvvisamente, guardò la sorella in un certo modo tragico-comico, quasi volesse dire: carina! ci rivedremmo a quattr'occhi.
Quindi, cambiata fisonomia e fattasi tutta sorridente, si volse al conte e stendendogli la mano:
- Buon giorno - gli disse - signor Mario. Buon giorno e bene arrivato!
- Si parlava appunto di voi.
- Me l'ero figurato.
- Raccontavo, giusto, a Mario, lo sproposito che hai fatto - soggiunse Clarenza.
- Sproposito?.. quale sproposito?
- Quello di esserti disgustato il signor Valerio.
- Per carità ... - fece la Norina, con l'accento piagnucoloso della persona annoiata - per carità ...: non parliamo più di lui. Oramai è un motivo vecchio. Mi è venuto a noia come la pira del Trovatore.
- Hai torto!
- Pazienza! tanto peggio per me: se non foss'altro il nome di Valerio! Mi è parso sempre un nome da commedia.
- Mettiamo da parte le giuccherie: Valerio è un negoziante intelligente, che fra qualche anno sarà un bel signore...
- Ma sempre uggioso, sempre antipatico, sempre molesto. Insomma, io sento benissimo, che se lo sposassi, farei due disgraziati!... - disse la Norina, facendo colla bocca una smorfia curiosa, come se avesse parlato d'olio di fegato di merluzzo non depurato.
Clarenza guardò in viso la sua sorella; quindi aggiunse con accento ironico e stentato:
- Sì!... Sposerai quell'altro!...
- Ah! dunque c'è un altro? - domandò il conte, ficcandosi tutte e due le mani nelle tasche della sottoveste e mettendosi fra mezzo alle due giovani donne.
- Io non so nulla! - replicò Clarenza.
- Eccovi la spiegazione della favola - soggiunse francamente la Norina. - Bisogna sapere che la signora Clarenza si è messa in capo che io abbia ancora qualche speranza sul marchesino di Santa Teodora.
- Questa è la favola: io racconterò la morale - replicò Clarenza. - Bisogna sapere che il marchesino di Santa Teodora, dopo esser venuto per qualche tempo in casa nostra con molta frequenza, cominciò un bel giorno a diradare le sue visite... e finì poi come doveva finire.. cioè, col non venirci più!
- A buon conto, se n'è andato senza dire addio: dunque potrebbe ritornare.
- Sì, aspettalo.
- Non lo conosco punto questo Santa Teodora: è un bel giovine? - domandò il conte.
- È marchese! ecco tutta la sua bellezza!... - disse Clarenza: e avvicinatasi a Mario, gli sussurrò sottovoce:
- Per la smania di un titolo, la Norina sarebbe capace di commettere qualunque sciocchezza.
- Volete conoscerlo, Mario? - disse la Norina, tirando fuori da un piccolo portafoglio un ritratto in fotografia.
- Vediamolo - rispose il conte: e prese in mano il ritratto, per osservarlo. In quel mentre, la Norina gli bisbigliò velocemente negli orecchi:
- Vedete! Se domani, per disgrazia, diventassi marchesa, la Clarenza sarebbe capace di cavarmi gli occhi. Come son curiose certe debolezze! perché è toccato a lei un pellicciaio, così pretenderebbe che tutte le donne dovessero sposare dei negozianti di pelli!...
- Dunque, Mario?.. - interruppe Clarenza, che aveva indovinato l'argomento di quel cicaleccio, mormorato a fior di labbra.
- Avete ragione - disse il conte, andando a prendere il suo cappello, che aveva posato sopra una sedia. - Poiché volete così, vado subito a prendere la mia valigia.
- A proposito, Norina; ho da darti una notizia gradita: questo signore - (e Clarenza accennò Mario) diventa per qualche giorno ospite in casa nostra.
- Lo so! - rispose la Norina sbadatamente.
- Chi te l'ha detto? - domandò Clarenza vivacemente.
- È stato un caso - replicò la Norina, mendicando una scusa. - Traversava appunto il salotto verde, quand'ho sentito che tu dicevi...
- Capisco, capisco: il solito caso!... Del resto, il povero Mario è malatissimo di nervi... ed ha bisogno di svagarsi. Tocca dunque a noi a cercar tutti i mezzi per non dargli tempo di ricordarsi del suo malumore. La sera faremo un po' di musica: qualche volta un po' di ballo: e appena il tempo si rimetterà , anderemo a passare una bella giornata alla nostra villa di Belmonte...
- Cara Norina! - disse Mario dandosi alla sfuggita un'occhiata di compiacenza nello specchio - mi è cascata addosso una di quelle disgrazie!...
- Pur troppo!... - soggiunse sbadatamente la Norina.
- E come l'avete saputa?
- Sarà stata la solita combinazione, il solito caso!... - interruppe Clarenza, ridendo e guardando la sorella.
- Le forze mi hanno talmente abbandonato! - seguitò il conte, alzandosi con fatica dalla poltrona dov'era più sdraiato che seduto, - le forze mi hanno talmente abbandonato, che io sento benissimo che vado incontro a una gran malattia.
- Ubbie! esagerazioni! - disse la Norina. - Se tutti i dispiaceri coniugali portassero necessariamente seco una malattia, a quest'ora tutto il mondo sarebbe uno spedale...
- Che disinganno atroce! un amico, capite?.. un amico, che tradisce...
- Andate, Mario, andate a prendere la vostra roba.
- Avete ragione, Clarenza!... Compatitemi se mi ripeto troppo spesso... e rammentatevi che è un'opera di misericordia quella di sopportare le persone moleste! A fra poco.
E il conte se ne andò.
- Povero diavolo! eppure mi fa male! - disse Clarenza con accento di vera compassione.
- Io dico, invece, che gli sta bene!... Quando un uomo ha per moglie una donna giovane e graziosa, come è l'Emilia, prima di mettersi in casa un amico pericoloso, dovrebbe pensarci venti volte, eppoi non farne nulla.
- Bada veh! In questo caso, secondo me, la più colpevole è l'Emilia. Toccava a lei a protestare.
- Povera figliola! Chi lo sa! forse non prevedeva nulla di male... forse si credeva sicura di qualunque pericolo...
- Eh! cara mia - replicò Clarenza scrollando leggermente il capo - tutte ci crediamo sicure!... E il mondo? non lo conti per nulla? il mondo che è così chiacchierino, così pettegolo, così mettibocca?..
La Norina guardò in viso la sorella: e dette improvvisamente in una grandissima risata, mostrando trentadue denti di sfavillante bianchezza...
- E ora, di che ridi? - domandò Clarenza impermalita.
- Rido di te!
- Imbeci...!
Clarenza si riprese a tempo, e non finì la scortese parola.
- Tu che critichi tanto il poco giudizio dell'Emilia - continuò la Norina - mi sapresti dire, allora, perché hai ceduto a Mario il quartierino di nostro fratello?
- Che discorso è codesto?.. vorresti forse paragonare me coll'Emilia? L'Emilia sarà una buona donna... e una bravissima donna... ma in fondo in fondo, è una donna come ce ne sono tante. Quanto poi a me! (e qui alzò la voce) - posso dirle, cara la mia signora, che io mi sento sicura e sicura davvero...
- Tutte ci sentiamo sicure!... - soggiunse l'altra, con finissima canzonatura! ma poi, non c'è forse il mondo? quel mondaccio che è così lesto di lingua?...
- Il mondo sa con chi deve pigliarsela, e chi deve rispettare; il mondo sa che vi sono delle mogli che non ammettono nemmeno il sospetto. Per tua regola io sono come la moglie di Cesare.
- Di che Cesare?..
- Di Cesare, romano.
- Huh!... - fece la Norina, che era debolissima nella storia romana! forse l'avrò conosciuto questo Cesare, ma ora non ne lo ricordo!...
In questo mentre entrò nella sala il marito di Clarenza. Federigo era uomo sulla quarantina: non elegante, ma pulito: vegeto, liscio e colorito, come una melarosa: una di quelle fisonomie comunissime che, quando si vedono la prima volta, pare di averle incontrate le molte volte e conosciute sempre.
- Finalmente!... - disse entrando in sala e andandosi a buttare tutto di ...
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