[Pagina precedente]...re impossibile che tu non abbia da avere un po' di amor proprio... Dice bene una certa persona, - (e Clarenza guardò alla sfuggita Mario) -a non sapere chi sei, ci sarebbe da scambiarti per un fattor di campagna, o per un negoziante d'olio.
- Guarda quanti casi, stamani! Eppure sono stato sempre così.
- Hai fatto sempre male!
- Bisognava dirmelo prima.
- Te lo dico oggi e basta. Se non vuoi avere nessun riguardo per te, potresti averne almeno un poco per tua moglie... mi pare!...
- Io non ci capisco più nulla - disse Federigo sottovoce al conte. - È la prima volta che Clarenza fa una scenata simile.
- Donne, caro mio, donne: vale a dire sciarade ritte sopra due graziosi piedini (quando son graziosi): rebus difficili a spiegarsi, e che una volta spiegati, si vede bene che non son altro che una formula di vanità , o un'operazione di calcolo infinitesimale!
- Clarenza - soggiunse Federigo - è un'ottima donna: ma, pur troppo, la vanità è stata sempre il suo lato debole. Ella avrebbe avuto bisogno di nascere regina e di avere sposato il re dell'universo. All'opposto di me. Io, invece, posso avere tutti i difetti del mondo; ma la vanità non l'ho mai conosciuta.
- Davvero?..
- Mai! e te lo provo col fatto. Vorrei vedere un altro che fosse stato trattato come sono stato trattato io! Tu sai quel che mi costa l'Italia; ebbene, credi tu che lassù al Ministero abbiano dato segno di accorgersi che io sono nel mondo dei vivi?..
- Lo so, è un'ingiustizia; e voglio che ci sia rimediato. Ho scritto apposta al mio zio... riserbandomi poi a parlargliene a voce, quando sarà qui.
- Intendiamoci bene - disse Federigo, cambiando tuono di voce - se ti ho fatto questa confidenza inconcludente, non vorrei che tu potessi credere...
- Ti pare.
- Non ho chiesto mai nulla! e non voglio nulla! Lo sai di che panni ho vestito sempre: non ho dato mai nessun peso e nessuna importanza ai ciondoli. Mi son parsi sempre balocchi per i ragazzi...
- Eppure, se te ne mandassero uno... - disse Mario, sorridendo.
- Lo rimanderei. Oh! lo rimanderei, senza dubbio: è una questione di principio.
- Quand'è così, è inutile affatto che io spedisca la lettera..
- L'avevi di già scritta?
- Eccola qui: leggila e strappala.
- To'! mi meraviglio. Non ho mai strappato le lettere degli altri. Ecco una lettera, che entrerà probabilmente nel limbo delle lettere destinate a non aver mai nessuna risposta.
- Pazienza. E ora dimmi una cosa. A che ora passa di qui il treno postale?
- Alle tre precise.
- Sono le due e mezzo - disse Mario, guardando l'orologio. - Per oggi, non c'è più il tempo d'impostarla. La imposterò domani.
- Sì, sì, - replicò Federigo - puoi impostarla domani, doman l'altro, quell'altro, fra una settimana, fra un mese... Tanto è una lettera di nessuna urgenza.
- Di nessunissima.
- Per altro... ti faccio osservare che se la lettera premesse davvero...
- Ma se ti dico che non preme!
- Voglio dire, che se la lettera premesse davvero, si sarebbe in tempo a impostarla anche oggi.
- Come?
- Basterebbe mandarla alla stazione. Vuoi che la mandiamo?..
- Non mette conto.
- Perché vuoi fare dei complimenti con me?
- Non faccio complimenti. È una lettera di quelle che non aspettano risposta. La posso impostare domani, o quando me ne ricorderò - disse Mario, facendo lo svogliato.
- Dammi qua la lettera - insisté Federigo. - Così non foss'altro, ti levo un pensiero.
- Lascia correre: non c'è premura.
- Dammi qua la lettera. Ehi! Francesco! - E il servitore comparve sulla porta.
- Porta subito quella lettera all'ufficio postale della stazione.
- E il francobollo? - disse Francesco.
- Non vedi che è indirizzata al ministro? Prendi una vettura e spicciati.
- E se non facessi in tempo?
- Dammi qua, imbecille - disse Federigo, strappandogli la lettera di mano - a lasciarti fare, saresti capace anche di perderla.
E il marito di Clarenza prese in fretta e furia il suo cappello e il suo paletot.
- Dove vai? - domandò Mario.
- Lascia fare a me. A quest'ora, ero bell'e tornato. Se per caso arrivasse in questo frattempo la marchesa Sorbelli, che mi aspetti, fra due minuti son qui.
- Dov'è andato Federigo? - chiese Clarenza a Mario.
- Alla stazione. Ha voluto portar da sé la mia lettera per il ministro.
- Vi ringrazio Mario delle vostre premure... non tanto per me... quanto per mio marito. Quell'uomo oramai se n'è fatta una fissazione.
- Buon uomo, quel Federigo - disse Mario, incominciando un colloquio confidenziale e a mezza voce con Clarenza, mentre la Norina e Valerio ragionavano fra loro nell'angolo opposto della stanza - gran buon uomo quel Federigo!
- Una perla d'uomo! Per la nostra famiglia è stato qualche cosa di più d'un padre. Insomma, è lui che pensa a tutto, è lui che ha fatto una dote alla Norina, è lui che mantiene Carlo agli studi.
- Eccellente cuore!... Peccato che abbia la figura un po' volgare... un po' ordinarietta... Quanto stacco, Clarenza mia, fra voi e lui. Voi la foglia fine e delicata della camelia, lui, il gambo inelegante di qualche pianta grassa.
- Oramai è così - disse Clarenza, sospirando.
- Pare impossibile - continuò il conte - che una mano delicata ed aristocratica, come la vostra, abbia voluto fare una scelta così... curiosa.
- Vi avverto, Mario, che non ho nulla da pentirmi! - replicò l'altra, assumendo una certa aria di dignità .
- Ecco una nobile protesta! una protesta, che fa moltissimo onore al vostro carattere e al vostro bel cuore. Ma ditemi un po', Clarenza, parliamoci qua a quattr'occhi e in tutta confidenza: se certe cose si potessero rifare due volte?..
- Se... se... se... Dando retta ai se, ci sarebbe da perdere la bussola e da dire un sacco di scioccherie.
- Creatura divina! E pensare che la Provvidenza mi aveva messo dinanzi agli occhi l'unica fanciulla, che avrebbe potuto essere l'amore e la felicità di tutta la mia vita... e io, imbecille!... sono passati due anni, e ancora non so darmene pace. Vi rammentate Clarenza, di quei tempi famosi?...
- Me ne rammento pur troppo.
- E di quella famosa festa da ballo?..
- Anche di quella.
- Cattiva! eppoi avete il cuore di venirmi a dire che «acqua passata non macina più».
- Non son io che lo dico, è il proverbio.
- Quante volte ho pensato a voi!... quante volte vi ho veduta ne' miei sogni!...
- E l'Emilia? - domandò Clarenza, per dare un altro giro alla conversazione.
- Per carità , non me ne parlate - disse Mario.
- Sento dire che si sta già trattando per una riconciliazione.
- Mai, e poi mai! Fra me e quella donna c'è una barriera insormontabile.
- Lo credete davvero?
- Ne sono sicuro.
- Povera donna! Più imprudente, che colpevole. Credetelo, Mario, se fossi stata io nei piedi dell'Emilia, il vostro signor Giorgio non avrebbe dicerto trovato un quartiere disponibile in casa mia. Con me, no, mille volte no! A proposito di quartiere - continuò Clarenza, alzandosi in piedi - che cosa vi pare del quartierino che vi ho destinato?
- Un'oasi, un nido incantato.
- La vostra finestra, sul giardino, è appena due finestre distante dalla mia; tantoché alzandomi, la mattina, potrò darvi il buongiorno.
- Così potessi io sperare, la sera... mentre tutti dormono tranquillamente, augurarvi la buona notte - disse Mario, abbassando la voce, e stringendo la mano di Clarenza, con intenzione, come dicono i comici nel loro dialetto di palcoscenico.
- Ecco fatto, - disse Federigo, rientrando nella sala, tutto scalmanato - due minuti di più, e la lettera ci restava in tasca.
- Poco male - soggiunse Mario, continuando a fare l'indifferente.
- Pochissimo! - replicò il marito di Clarenza. - E la marchesa si è veduta?
- Ancora no.
- Sarebbe bella che mi mancasse. Dico la verità , questa poi me la legherei a dito.
- La signora marchesa Ortensia, - disse la Bettina, affacciandosi sulla porta.
- Ah! giusto, volevo dire - replicò Federigo, soddisfatto. - E dove l'hai fatta passare?
- Nel salotto verde.
- È sola?
- No, è col signor Leonetto.
- Mi pareva impossibile - osservò maliziosamente la Norina. - Vi pare che la marchesa possa uscir di casa una sola volta senza portarsi dietro il paggio?
- Con permesso - disse Federigo, aggiustandosi i capelli e il vestito, e uscendo fuori dalla sala.
- Bell'originale quel Leonetto - soggiunse il conte - sempre il medesimo sfatato.
- Dove l'avete veduto? - domandò Clarenza.
- L'ho incontrato ieri sera al Club.
- Sapete che è diventato direttore della «Gazzetta della Provincia»?
- Me l'ha detto lui. Leonetto non è un'arca di scienza: ma mantiene sempre giovane lo spirito.
- A me, mi è parso sempre una bella caricatura - soggiunse Valerio, - ha la smania di fare il cattivo, lo spirito forte, il nemico giurato del matrimonio.
- Nemico del matrimonio - domandò la Norina, ridendo, - io, invece, credo che se Iddio non gli tiene le sue sante mani in capo, corre in questo momento un gran pericolo di diventar marito.
- Davvero? - esclamarono tutti a una voce.
- Ci sono dei sintomi seri, molto seri! - continuò a dire la sorella di Clarenza. - Io so per esempio, che tutte le ore che gli restano libere, le passa in casa di quelle due signore (per un momento, le chiamerò così) che sono venute a stabilirsi qui da un mese, circa, e che furono raccomandate a lui.
- Non le conosco punto - disse Clarenza. - Sono belle?
- La figlia non c'è male: di sera, specialmente, non fa cattiva figura. Bionda, occhi celesti, un bel carnato: una ragazza, insomma, che può piacere. Se Leonetto capita un momento di qua, vi prometto di farlo cantare.
- È permesso! - disse Leonetto, con giuoco comico e confidenziale, entrando in sala.
- Venite avanti, scapato - rispose la Norina - ne abbiamo sapute delle belle sul conto vostro. Come vanno gli amori?
- Quali amori?
- Animo, non fate il forestiero, non mi venite a fare il turco in Italia...
- In verità , non capisco...
- Come vanno gli amori con quella biondissima persona?...
- Gli amori? Ah! capisco bene, signora Norina, che voi mi calunniate.
- Tutt'altro.
- E potreste supporre che un uomo, come me, possa pigliare una passione per quella povera figliuola?..
- Io la conosco soltanto di vista, ma mi pare una bella ragazza.
- Un occhio di sole - replicò scherzando Leonetto.
- Figuratevi che fra le tante bellezze, ha anche quella di scambiare un occhio.
- Non è vero! Gli occhi mi son parsi bellissimi.
- Mi spiego! l'occhio sinistro della signora Armanda...
- Ah! si chiama Armanda?..
- Provvisoriamente!...
- Che lingua d'inferno!...
- Dicevo dunque che l'occhio della signora Armanda è intermittente: scambia soltanto quando il tempo sta per mutarsi.
- Proprio? - chiesero tutti dando in una gran risata.
- Figuratevi che io senza guardare il termometro, conosco subito da quell'occhio, se il giorno dopo, uscendo di casa, avrò bisogno di prendere l'ombrello.
Un'altra risata generale.
- Tant'è vero, che io la chiamo l'occhio-Réaumur!
Terza risata prolungatissima.
- Siete un gran canzonatore - disse la Norina. - Ma badate, amico, che ne ho veduti cascare de' più forti di voi.
- Può darsi benissimo - replicò il giornalista, dondolandosi sulla persona - ma in quanto a me credetelo pure che non ci sono pericoli: il diavolo tentatore con me perde il ranno e il sapone. Vi dirò poi un'altra cosa: la signora Armanda, fisicamente parlando, non risponde punto al mio sogno, al mio tipo della donna ideale. Io amo la donna svelta come il palmizio: l'occhio nero; la fisonomia pallida e sofferente, i capelli neri; e soprattutto, moltissimi capelli.
- Non ha molti capelli, la signora Armanda?
- Povera figliuola! Ne ha trentatré e mezzo: a quaranta non ci arriva!
Altra risata, in coro.
- Peraltro - soggiunse la Norina - bisogna convenire che ha un bel carnato.
- Questo è vero! Si dipinge con gusto.
- Lo sapete di certo che si dipinge?
- Mi par di sì.
- Eppure - insisté la graziosa vedovella - duro fatica a crederlo. In ogni modo, bisogna convenire che è dipinta molto bene.
- Come un quadro del Tiziano - replicò Leonetto, con comica serietà . - Del rimanente poi, è una bravissima e buonissima fgliuola.
- Bravissimo. Ora che l'avete demolita pezzo per pezzo, comin...
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