[Pagina precedente]...rada.
- Siamo giusti! Quando hai fatto tanto di arrivar lì, puoi anche salire le scale - disse Clarenza.
- Non salgo! quando ho detto che non salgo, non salgo. Tutt'al più, posso aspettarti giù abbasso, nella stanza del burò.
- E se il ministro, per caso, viene a sapere che sei giù ad aspettarmi...
- Oh! insomma: non salgo. Ti accompagno, ti aspetto, ma... ma non salirò mai le scale del potere.
Federigo, credendo di aver detto una bella cosa, si accarezzò il mento, con visibile compiacenza.
- Dunque, Federigo, ti si può stringere la mano? - domandò Leonetto, facendosi avanti.
- Caro mio. è un tegolo che mi è cascato all'improvviso sulla testa. Io ti giuro che non ne sapevo nulla! proprio il gran nulla!...
- Vedrai annunziata la tua nomina nel giornale di domani! - soggiunse il giornalista, per dirgli subito una cosa gradita.
- Hai fatto malissimo.
- Davvero?
- Avrei desiderato che di questa cosa se ne facesse un segreto! Non ti nascondo che mi hai dato un vero dispiacere!...
- Quand'è così, si fa presto a rimediarci... - disse Leonetto, avviandosi in fretta, per uscir dalla sala.
- E ora dove scappi? - gli domandò Federigo, trattenendolo per un braccio.
- Corro alla stamperia, a far sospendere l'annunzio. Siamo sempre in tempo.
- Oramai lascia andare - soggiunse il marito di Clarenza. - Poco bene e poco male: tanto si tratta del giornale della provincia. È un giornale che non lo legge nessuno.
- Il biglietto è già alla stamperia - disse Francesco, presentandosi sulla porta, con una sacca da viaggio in mano. - Dica signor Mario, questa sacca dove la devo portare?
- Alla stazione: e lasciala in consegna al signor Pietrino.
- È deciso davvero! - bisbigliò sottovoce Clarenza, mordendosi per la bizza il labbro di sotto.
- Dunque, mie belle signore, avete comandi da darmi per San Giusto? - disse il conte, con grazia e con moltissima indifferenza.
- Grazie, Mario - rispose la Norina.
- Allora buona notte e buon divertimento...
- E a rivederci a quando? - domandò Clarenza, ingegnandosi di far la disinvolta.
- Chi lo sa!... forse domani e forse fra una settimana.
Clarenza, che si era alzata in piedi, si avvicinò al conte, e cogliendo un momento che tutti gli altri parlavano fra loro, gli domandò pianissimo, ma con accento vibrato:
- Partite davvero?..
- Andate proprio al teatro? - sussurrò Mario, dando alla moglie di Federigo un'occhiata significantissima.
- Sbrighiamoci Mario - gridò Federigo, voltandosi a un tratto. - Ho fatto tardi; e gli scacchi mi aspettano.
E il conte e Federigo si congedarono in fretta e se ne andarono.
Norina si affacciò sulla porta, per accertarsi se Mario era proprio uscito; quindi uscì anche lei, dicendo alla sorella:
- Io vado, intanto, di là a prendere la mantiglia e il cappuccio: e tu?
- La mia toelette è bell'e fatta - disse Clarenza, guardandosi nello specchio. - Per quel teatro lì, è anche troppo lusso!...
Appena Leonetto rimase solo con la moglie di Federigo, prese una certa aria di collegiale vergognoso: e, quasi avesse avuto bisogno di cercare le parole adatte, per incominciare, balbettò confusamente...
- Ditemi... signora Clarenza, vorreste mettere una buona parola per me con vostro marito?
- Figuratevi; - rispose l'altra. - Con tutto il piacere. E di che si tratta?..
- Ecco di che si tratta... voi sapete dicerto... o anche se per caso non lo sapete, ve lo dico io, che c'è vacante il posto di direttrice nell'Istituto Azeglio... Vostro marito, come uno dei principali sovventori di quell'Istituto, ha molta voce in capitolo... Vorreste raccomandargli per quel posto una persona di mia conoscenza?..
- Di Vostra conoscenza? - replicò Clarenza, guardando il giornalista con una specie di curiosità maligna.
- Di mia conoscenza - soggiunse Leonetto seriamente - e che... m'interessa moltissimo!...
- Forse una vostra parente?
- Qualche cosa di più!
- Di più?.. e questa persona sarebbe?..
- La signorina Armanda, quella stessa della quale abbiamo parlato insieme qualche tempo fa.
- Ah! signor Leonetto! - disse Clarenza, alzandosi in piedi e coll'accento della persona offesa. - Dico la verità : mi fa meraviglia che possiate raccomandarmi per un impiego tanto delicato una persona... di quel genere!
- Domando scusa! - riprese il giornalista, che era diventato rosso come una ciliegia (bel fatto per un giornalista!). - Vi giuro, sull'onor mio, che quella giovine...
- E perché volete sciupare il tempo a giurare? Non vi rammentate che mi avete detto voi stesso, capite bene, voi stesso, che quella signorina girava per il mondo, facendosi chiamare provvisoriamente Armanda. Tocca forse a me a dirvi a qual famiglia appartengono le donne...senza domicilio fisso, e che cambiano di nome come di pettinatura?
- Signora Clarenza, avete ragione: - disse Leonetto confuso e mortificato. - Ma se io vi rispondessi che quel giorno, parlando con tanta leggerezza di Armanda, credevo di essere un giovane di spirito, mentre dopo mi son dovuto persuadere che non ero altro che un imbecille e un volgarissimo calunniatore?
- Non c'è dubbio - osservò Clarenza con grazia: - è una ritrattazione spontanea e fatta lealmente... ma ha un piccolo difetto...
- Quale?
- Giunge un pochino tardi.
- Non ho altro da aggiungere! - disse il giornalista, alzandosi in atto di volersi congedare.
- Sentite, Leonetto: non fuggite; ho anche io bisogno di chiedervi un favore.
- Son qua.
- Parlatene direttamente con mio marito di questa...persona... che v'interessa tanto; ma dispensatemi me dal metterci bocca.
- Ebbene, signora Clarenza - disse Leonetto con accento franco e risoluto - la mia delicatezza non mi permette di lasciarvi sotto la triste impressione che io abbia voluto abusare della vostra buona fede e della vostra squisita cortesia.
- Abusare?.. no davvero.
- A giustificazione della raccomandazione che vi ho fatto, sento il bisogno assoluto di confidarvi una cosa, che finora è un segreto per tutti. Fra qualche giorno Armanda porterà il mio nome!
- Come?.. voi?..
- È così, signora Clarenza...
- In questo caso, amor mio, sono mortificatissima di aver detto qualche parola forse un po'... acerba, ma spero vorrete convenir meco che la colpa, in fin dei conti, non è tutta mia.
- Ve lo ripeto: avete mille ragioni. Io sono stato un gran ragazzo: e oggi pago il fio della mia leggerezza...
- Consolatevi, Leonetto! - disse Clarenza sorridendo e stendendogli la mano - non siete il solo! Ne ho conosciuti degli altri, che hanno finito collo sposare la donna, della quale si erano lavati la bocca.
- E questo signor Valerio non si è veduto ancora? - domandò la Norina, entrando in sala, colla mantiglia sul braccio.
- Eccomi qua - disse Valerio presentandosi sulla porta di fondo. - Vi ho fatto forse aspettare?
- No davvero. Anzi possiamo trattenerci un altro poco. Quanto a me, non mi è piaciuto mai di arrivare in teatro, all'alzata del sipario. Sì, par di quella gentuccia, che va al teatro, proprio per lo spettacolo, non è vero?... E tu, Clarenza, che cosa fai che non mandi a prendere intanto la tua roba?
- Oramai non vengo più - rispose la moglie di Federigo, facendo l'annoiata, e appoggiandosi con stanchezza il capo alla spalliera della sedia. - Per questa sera, rimango in casa.
- Rimani in casa? - replicò vivacemente la sorella.
- Mi par fatica a uscire!... eppoi a dirti la verità , io sono come Valerio: mi diverto moltissimo alla musica: ma la prosa... oh! Dio!... la prosa!...
- Per me, - disse Valerio, - la prosa è sempre prosa.
- Anche quand'è in poesia! - soggiunse ridendo la moglie di Federigo.
La Norina era rimasta incantata: pensava a qualche cosa con una fissazione insolita in lei. Quando si riscosse, mormorò fra i denti: L'affare si fa serio... e di molto!...Speriamo che la mia lettera sia giunta in tempo! E se no, pazienza! Sono cose di questo mondo.
Quindi, data una scrollatina di spalle, riprese la sua solita spensieratezza e il suo solito buon umore, e rivoltasi verso il giornalista, gli domandò ridendo:
- E così, Leonetto, come funziona quel famoso vecchio termometro?..
Il giornalista voleva fare l'astratto, l'uomo assorto in gravi pensieri, ma la Norina, con una sbadataggine infantile e petulante, insisté:
- E quei poveri capelli? Sono rimasti sempre a trentanove e mezzo, oppure in questo tempo han figliato? La sapete, Valerio, la storia dei trentanove capelli e del vecchio termometro? - (e qui una grandissima risata).
- Basta, basta, Norina - disse Clarenza, impietosita dalle ineffabili torture, che pativa il povero Leonetto. - Come sei prolissa! quando cominci, non la finisci più!
In questo mentre, la Bettina entrò tutta frettolosa in sala, annunziando:
- La signora contessa Emilia.
Quadro di stupore e di sorpresa universale!
Dopo tutti i baci e tutti gli abbracci, che si scambiano in simili circostanze, tutte le donne che si vogliono bene e quelle che non si possono soffrire fra loro, Clarenza, per la prima, gridò, tenendo l'amica per tutte e due le mani.
- Ma questa è una carissima improvvisata!
- E Mario dov'è? - domandò l'Emilia.
- Mario per questa sera non lo potrai vedere! - soggiunse la Norina, tutta contenta che la sua lettera fosse arrivata in tempo.
- E perché non lo posso vedere?
- Perché partiva col treno delle otto e mezzo per San Giusto. Accompagnava il ministro.
- Lo zio dunque è stato qui?
- Si è trattenuto poche ore.
- L'avrei veduto tanto volentieri. E Federigo?.. Quella perla d'uomo di tuo marito? - disse volgendosi a Clarenza.
- Sta benissimo: ma anche lui è fuori. A quest'ora sarà in casa Appiani a fare la sua solita partita a scacchi fino a mezzanotte.
- Scommetto, Clarenza, che tu non mi aspettavi... stasera?...
- Io no!... - rispose l'altra, un po' sconcertata dalle occhiate indagatrici e penetranti, colle quali la saettava la moglie di Mario. - Stasera non ti aspettavo... ma però sapevo che saresti stata qui fra due o tre giorni al più lungo.
- È vero!... ho voluto anticipare la mia gita di qualche ora... e ti dirò perché. È stato un capriccio... m'ero messa nell'idea di arrivare qui all'improvviso, senza che nessuno ne sapesse nulla... e specialmente Mario...
- Una sorpresa?
- Precisamente.
Così dicendo, l'Emilia prese per la mano le due amiche, e dopo averle condotte con molta disinvoltura verso il pianoforte, situato in un angolo della sala, disse loro pianissimo, e con un certo garbo comico della fisonomia:
- Con voi non ho misteri, e posso anche dirvi il motivo di questa bizzarra risoluzione. Pochi giorni addietro ho ricevuto per la posta una lettera, che veniva di qui...una lettera anonima e curiosissima...
- La mia lettera! - bisbigliò dentro di sé la Norina.. Ero certissima che avrebbe fatto il suo effetto.
- Comincerò dal dirvi che la lettera era firmata Folletto. -. e che, fra le altre cose, era piena di spropositi d'ortografia!...
- Sguaiata! - mormorò la sorella di Clarenza: poi aggiunse forte: - Bada veh! che forse saranno stati spropositi fatti apposta... per nascondere la mano della persona che scriveva.
- No, no - replicò vivacemente la contessa - ti assicuro che erano spropositi spontanei, legittimi, cascati giù dalla penna con tutta naturalezza. Ma questo importa poco. Io so benissimo il conto che si dovrebbe fare delle lettere anonime: ma bisognerebbe aver la forza di poterle strappare prima di leggerle. Una volta lette, è finita: ti paiono più vere delle lettere vere. Il fatto sta che Folletto si diverte a darmi dei ragguagli curiosi... molto curiosi sulla vita, che mio marito conduce qui -. (E l'Emilia, con una volubilità prodigiosa, fissava gli occhi in viso ora alla Clarenza, ora alla Norina: ma particolarmente poi alla Clarenza). - La lettera, chi lo sa perché, è scritta tutta in un linguaggio bizzarro; come quello delle favole del Clasio e del Pignotti. Figuratevi, per darvene un'idea, che parla d'un certo farfallone che per ingannare la solitudine e il mal umore si è messo a far la corte e a svolazzare intorno a un fiore: beninteso, dice Folletto, intorno a un fiore di giardino chiuso. Il farfallone e il fiore stanno vicinissimi di casa: quasi, sot...
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