[Pagina precedente]...mprovvisamente nella sala.
- Domando scusa: io dicevo... - balbettò Valerio, voltandosi tutto confuso.
- È forse lei il mio fidanzato?
- No davvero.
- Il mio tutore?
- Nemmeno per sogno.
- Il mio direttore spirituale?
- Dio me ne guardi!
- Dunque vorrei un po' sapere con qual diritto il signor Valerio si occupa tanto di me?
- Ecco... le dirò... Prima di tutto bisogna sapere che il signor Federigo in questo momento, stava insistendo per persuadermi...
- So tutto.
- Tutto - replicò Valerio, maravigliato. - Com'è possibile?.
- Ripeto, che so tutto...
- Ma si tratta di una conversazione confidenzialissima, fatta ora, qui, fra noi due, a quattr'occhi...
- Non importa: per una certa combinazione ho inteso tutto.
- La solita combinazione... di stare a sentire - borbottò fra i denti Federigo, ammiccando comicamente la sua giovane cognata.
- Prima d'ogni altra cosa - seguitò a dire la Norina collo stesso tuono di voce e colla stessa velocità di parola - debbo osservare che Federigo non ha diritto d'impicciarsi degli affari miei; e che ha fatto male, anzi malissimo...
- Mi basta la sinfonia: il resto dell'opera me lo figuro! - interruppe Federigo; e colto il pretesto, se la svignò.
- Non c'è dubbio. Mio cognato ha fatto malissimo a insistere con tanto calore su questa... scioccheria. Dio sa che cosa vi sarete figurato!...
- Io?..
- Che cosa vi sarete messo per la testa! Forse nella vostra infinita vanità , avrete creduto che io mi struggessi proprio dalla passione!...
E la Norina accompagnò queste ultime parole con una risata quasi impertinente.
- Vi pare! - replicò modestamente Valerio.
- Forse vi sarete immaginato che io non potessi vivere senza di voi.
- Prego, signora Norina...
- Che, perduto voi, per me non ci fosse più speranza di trovar marito.
- Tutt'altro, tutt'altro.
- Ebbene, ricredetevi. Vi siete ingannato all'ingrosso. Voi - (e qui la Norina cambiò accento e abbassò leggermente la voce) - voi, ne convengo pienamente, siete una persona rispettabilissima: negoziante onorato...
- Troppo buona.
- Consigliere municipale...
- Grazie.
- Capitano della guardia nazionale. Insomma siete un giovine pregevole per mille titoli: ma credete forse di essere il solo?
- Non l'ho mai pensato.
- Voi valete molto, non c'è dubbio: ma credete forse che non ci sieno molti altri che valgono quanto voi?..
- Chi ne dubita?
- Siamo schietti, una volta! - disse Norina, mettendosi a sedere, e accennando a Valerio di accomodarsi. - Raccontiamo la cosa, come sta; voi siete venuto in casa mia: mi avete fatto un po' di corte, come fanno tutti: finché un bel giorno, non so il perché, avete finito col chiedere la mia mano.
- Ed ebbi il vostro pieno consenso - soggiunse subito Valerio.
- Non corriamo troppo - replicò la Norina. - In quanto a questo pieno consenso, adagio. Non vi dissi veramente né sì, né no. Se ve lo ricordate bene, pigliammo tempo a riflettere e a studiare reciprocamente i nostri caratteri.
- Non mi pare che andasse precisamente così.
- Vi dico che andò così.
- Sarà come dite - soggiunse Valerio, piegando il capo in atto di sommissione forzata - mi dispiace, che disgraziatamente in certi casi, non si può consultare nemmeno il processo verbale.
- In quel frattempo - continuò la Norina, accavallando una gamba sull'altra, e facendo uscire di fondo al vestito la punta di un elegantissimo stivaletto di marrocchino dorato. - In quel frattempo, venne presentato in casa nostra il marchese di Santa Teodora... un giovine educato... distinto...
- Anzi, distintissimo.
- Era mio dovere mostrarmi gentile con lui, come con tutti gli altri.
- Forse...
- Forse che cosa?
- Forse un po' troppo gentile!...
- Troppo?.. Non me ne accorsi mai.
- Me ne accorsi io!
- Difatti, ne pigliaste ombra... e cominciaste subito a fare l'adirato... il fiero, il cattivo...
- Cara Norina, era una questione di sentimento.
- Ma che sentimento? era una questione di vanità , tutta di vanità . Vi sono degli uomini che a lasciarli fare, pretenderebbero dalle donne l'adorazione perpetua.
- Io non sono di questi uomini! - disse Valerio con fierezza.
- Né io di quelle donne! - replicò l'altra. - Il fatto sta che il vostro contegno, sostenuto e quasi disprezzante, cominciò a impormi una certa freddezza...
- Norina! chiamiamola freddezza.
- Amico mio, se voi andate in cerca di amori a grande effetto, di passioni teatrali, di sentimentalismi al chiaro di luna, io non sono la donna per voi. Io amo il ritegno e la compostezza, in tutto, anche nell'amore!
- Mi sarò ingannato.
- Il fatto, mi pare, parla chiaro da sé: dopo poche settimane, il marchese di Santa Teodora, forse in grazia della mia troppa cortesia, a suo riguardo! cominciò a diradare le visite e finì coll'allontanarsi del tutto. Oggi poi, come forse sapete, è promesso sposo della figlia del console americano.
- Ma perché, Norina, non vi degnaste allora di togliermi dal mio inganno? di farmi vedere il mio errore? l'insussistenza de' miei sospetti? la stranezza della mia fissazione?
- Io? Dio me ne guardi. Piuttosto la morte, che scendere all'umiliazione di giustificare la mia condotta. Non ve lo nascondo, Valerio: i vostri dubbi... i vostri sospetti, mi hanno offeso... mi hanno fatto male! molto male. Ma non importa. Non sentirete mai sulle mie labbra un lamento, né una parola di rimprovero. Oggi che fra noi due tutto è finito - tutto! - posso parlare liberamente... e ne ringrazio Iddio. Questo sfogo, vedete, mi toglie dal cuore un'oppressione dolorosa!...
- Norina, e perché avete detto che fra noi tutto è finito?
- Curiosa domanda!
- E non potrei ridomandare il vostro affetto e la vostra mano?
- Valerio! non vi consiglio a farlo. A un uomo, come voi, a un uomo del vostro carattere, certi sentimenti non convengono. Sono cose scusabili appena a diciott'anni.
- Non capisco - insisté Valerio, mortificato. - Non sarò dunque padrone di riconoscere che mi sono ingannato? che ho avuto torto?
- Padronissimo! Ma il mondo!... che cosa dirà il mondo?...
- Il mondo dirà quel che vuole. Alla fin dei conti, io non sono schiavo delle ciarle dei pettegoli e degli oziosi.
- Pensateci bene, Valerio. C'è il caso che i begli spiriti vi paragonino al Don Fulgenzio di Goldoni.
- Mi faranno ridere di compassione.
- Come! voi, così misurato, così pauroso dei cicaleggi e delle cronache dei maldicenti, oggi mi venite fuori a fare l'indipendente?.. l'uomo che se la ride?.. Ditemi Valerio: non volete per caso prendervi giuoco di me?
- Norina! - disse Valerio in atto supplichevole, pigliando la mano della sua graziosa interlocutrice, e stringendola con passione.
- Non vi credo. Lasciatemi.
- Ascoltate!...
- Non voglio sentir nulla.
- Norina! una parola... una sola parola... vi supplico...vi scongiuro... - e nel dir così accadde a Valerio quel che per il solito accade agli innamorati sulla scena: si trovò, senza avvedersene, quasi in ginocchio dinanzi alla sua bella.
In questo punto entrò nella stanza Clarenza. Valerio si rizzò in piedi colla velocità d'una molla d'acciaio.
- Scusate, amico - disse Clarenza, ridendo - mi dispiace di avervi scomodato. Restate pure in ginocchio: non fate complimenti. Buone nuove, a quel che pare?
- Sì - rispose la Norina. - La pace è firmata: ma non gli ho ancora perdonato il grandissimo torto che mi ha fatto...
- Non ne parliamo più - interruppe Valerio. - Sarà mia cura di farmelo perdonare.
- E così?.. - domandò Federigo, soffermandosi sulla porta.
- Vieni avanti. Tutto è accomodato. Bisogna pensare daccapo a questo regalo di nozze - disse Clarenza, mostrandosi molto più allegra della sorella.
- Bravi! così mi piace! - soggiunse Federigo, mettendosi in mezzo ai due fidanzati. - Già io l'avevo detto sempre: fra quei due ragazzi ci dev'essere un equivoco, un malinteso...
- E difatti era un malinteso - disse Valerio. - A proposito - ripigliò il marito di Clarenza - scusa se salto di palo in frasca: ma qui non c'è tempo da perdere. bisogna cominciare a occuparsi di queste elezioni.
- Quanto a me, son pronto. Ma...
- Ma che?
- Debbo dirlo con tutta franchezza? mi pare che il nostro candidato abbia pochissime simpatie, qui in paese.
- Gliele procureremo.
- Il marchese Sorbelli è un galantuomo: ma bisogna convenire che ha addosso una gran tara.
- Quale?
- La moglie. La marchesa è antipatica a tutti.
- Sta un po' a vedere, da qui in avanti, bisognerà che un candidato abbia anche la moglie simpatica, se vuole essere eletto!...
- Non dico questo.
- La marchesa, ne convengo anch'io, è un po' superba, un po' cattedratica, ma del resto è una donna di molto merito... e vale molto più di suo marito. Anzi, fra pochi minuti l'aspetto qui.
- Che cosa vuole da te? - domandò Clarenza.
- Vuol farmi sentire il manifesto elettorale di suo marito... vuol sapere se ci trovo nulla da ridire. Una bella garbatezza, non è vero? Lo spettacolo di questa aristocrazia, che viene a bussare alle porte della borghesia, in cerca di consigli, mi fa sperare bene dell'avvenire del paese.
- Sento dire che il deputato governativo ha fatto molti proseliti. Fra qualche giorno avrà anche il rinforzo del ministro in persona - disse Clarenza.
- Che venga questo signor ministro - replicò Federigo - io lo attendo a piè fermo. Non vedo l'ora di misurarmi con lui.
- Davvero - soggiunse Clarenza, - che quei signori del Ministero non hanno diritto di averti per amico! Ti hanno trattato, come il bidello del municipio.
- Come c'entra l'avermi trattato in un modo piuttosto che in un altro? Qui non è questione di persona; è questione di principii, cara mia: i principii passano, e le persone...
- Ovvero - soggiunse Clarenza - i principii restano, e le persone...
- Domando scusa! - gridò Federigo. - Sono le persone che restano...
- Non voglio contraddirti - osservò modestamente la moglie - ma ho sentito dir sempre: le persone passano, e i principii restano.
- Hai sentito dir male; moltissimo male perché io, invece, ho veduto sempre che i principii passano e le persone restano. In ogni modo, che venga il signor ministro e ci riparleremo.
- Il signor Mario - disse Bettina, affacciandosi sulla porta di mezzo.
- Caro Federigo; io sono tuo ospite - disse Mario, stendendogli la mano.
- È un regalo che Clarenza mi ha improvvisato - replicò l'altro, abbracciandolo e baciandolo.
Mario, avendo veduto Valerio e la Norina che parlavano fra loro, in strettissimo colloquio, si voltò sorridendo a Clarenza, domandandole sottovoce:
- Sbaglio, o mi era stato detto che fra quei due signori?...
- Verissimo - rispose Clarenza - ma oggi è cambiato improvvisamente il vento...
- Compatisco la Norina! - aggiunse Mario; - è una donna, e la donna è sinonimo di debolezza; ma mi fa meraviglia di lui! - (e accennò Valerio).
- Caro mio - replicò la moglie di Federigo - se sapeste alle volte come sono buffi gli uomini seri!
- Ho avuto in questo momento una lettera dalla tua suocera - sussurrò Federigo, avvicinandosi piano piano all'orecchio del conte.
- M'immagino che cosa ti avrà scritto! Che ne dici eh? Una donna che adoravo e per la quale avrei messo tutte e due le mani nel fuoco.
- Cose di questo mondo, amico mio! Il proverbio lo dice: chi non vuole infarinarsi, non vada al mulino.
- E quello scellerato?..
- Tieni a mente, Mario! sono appunto gli amici, dai quali bisogna guardarsi... Ma siamo giusti: come mai un uomo di spirito, che ha per moglie una graziosa donnina, può pensare a mettersi per casa?..
- Lo so! Lo so!
- Mario, è stata grossa. A me, dico la verità , non mi sarebbe accaduto dicerto. Ci vuole occhio, capisci, occhio! Debbo per altro dirti che mi son preso l'incarico di aggiustare ogni cosa e di riconciliarvi.
- Per carità , non parliamo di riconciliazione. Sento il sangue che mi va alla testa.
- Basta così, ne discorreremo a tempo opportuno.
- Voltati in qua - disse a un tratto Clarenza, pigliando suo marito per un braccio, e dandogli un'occhiata da capo ai piedi.
- Che cosa c'è di nuovo? - domandò Federigo.
- Nulla di nuovo - rispose l'altra. - Anzi, le solite cose: la solita camicia sbottonata, la solita cravatta, messa senza garbo né grazia!... Pa...
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