[Pagina precedente]...ei il marito.
- Clarenza!
- Oh! insomma, quando ti dico che non c'è e nulla, mi par quasi un'indiscretezza quella d'insistere!...
- Pazienza! la parte da doversi fare è un po' dura, e l'avrei ceduta volentieri a te: ma se la ho da far'io, la farò io. È urgente di molto?
- Se si potesse, meglio stasera: se no, domattina di certo.
- Il signor marchese!... - disse la Bettina affacciandosi di nuovo sulla porta.
- Ha ragione: eccomi subito; dimmi Bettina: il signor Mario è in casa? - domandò Federigo, con quella fretta agitata d'un uomo, che vuol levarsi un pensiero, prima di uscir di casa.
- Il signor Mario è andato via alle due - rispose Bettina - e non è più tornato. Son venuti ad avvertirlo che era arrivato suo zio, e che era alloggiato alla Locanda Maggiore.
- Suo zio? - replicò Federigo; - dunque il ministro è in paese?
- Par di sì - rispose Clarenza.
- Sai tu se Mario ricevesse mai risposta a quella famosa lettera?
- Credo di no.
- L'ho caro! proprio caro! - gridò Federigo, ridendo coi denti. - Io glielo dissi: bada Mario: non la mandare codesta lettera: ti farai canzonare. Nossignore: la volle mandare per forza. Ti rammenterai che si raccomandò a me, perché gliela facessi portare all'uffizio postale della stazione. D'altra parte, meglio così: se per disgrazia lo zio ministro, avesse contentato il nipote, oggi mi troverei in un curioso imbarazzo.
- In quale?
- Capirai bene, che bisognerebbe, che io rimandassi indietro la Croce!
- Uhm!... forse no!
- Forse, sì.
- Forse, no.
- Non c'è forse che tenga, cara mia: o siamo uomini, o siamo ragazzi...
- Basta, basta; il resto lo so a memoria - disse Clarenza, annoiata.
- È una questione di principii...
- Se ti dico che il resto lo so.
- Padroni, padronissimi, que' signori del Ministero di averla con me...
- Se seguiti un altro poco, me ne vado.
- Del resto, - disse Federigo, saltando di palo in frasca, - mi dispiace che questo licenziamento di Mario, sia di tanta urgenza: caso diverso...
- Caso diverso, cioè?
- Caso diverso era una questione che fra due o tre giorni, tutt'al più, si sarebbe sciolta da se stessa.
- Sarebbe a dire?
- Mario fra due o tre giorni se ne va di certo.
- E dove va?
- Probabilmente partirà per un lungo viaggio attraverso la Germania.
- Solo?
- No, con sua moglie.
- Come! coll'Emilia?.. animo via; ma questo è uno scherzo - disse Clarenza, ridendo.
- Non è uno scherzo: è storia.
- O non si era parlato di separazione?..
- Ma che separazione! se ti dico che tutto quel chiasso non fu altro che una ragazzata di Mario!
- Cosicché marito e moglie sono in via d'intendersi, di accomodarsi?
- Tutto merito mio! In questi venticinque o trenta giorni, ho avuto un carteggio attivissimo coll'Emilia e con sua madre.
- Bravo davvero? e non mi hai detto nulla? - disse Clarenza, nascondendo a mala pena la bizza, che aveva nel sangue.
- Avevo il sigillo di confessione, Mario mi aveva fatto giurare che le trattative della riconciliazione sarebbero rimaste un segreto fra noi due!
- Senti! senti! - replicò Clarenza, con un certo risolino di canzonatura, - dunque il signor Mario voleva che la cosa fosse un segreto per tutti?
Poi, mutando intonazione, continuò:
- Quanto a te, lascia che te lo dica: hai fatto malissimo a entrar di mezzo in questo pasticcio.
- Perché?
- Perché un uomo prudente non mette mai bocca nei pettegolezzi fra marito e moglie... se si erano guastati, tanto peggio per loro: dovevano pensare a sbrigarsela.
- Non ti credevo così cattiva.
- Io non son cattiva: credo piuttosto d'avere un po' di giudizio anche per chi non ne ha! Già , vedo bene che sarà una riconciliazione posticcia... Fra un mese, tutt'al più, saranno daccapo: e te la voglio dar lunga.
- Io poi, spero di no. Nell'esser di mezzo a questa faccenda, mi son dovuto persuadere che quei ragazzi, in fin dei conti, si vogliono moltissimo bene.
- Povero Federigo! come sei ingenuo alla tua età !...
- Padrona di darmi dell'ingenuo quanto ti pare. Io, però, ho veduto tutte le lettere che si sono scambiate fra marito e moglie, in questi ultimi giorni, e ti assicuro che mi paiono innamorati, peggio di prima!
- Davvero? E tu ci credi sul serio? Gua'; può darsi benissimo che l'Emilia sia innamorata ancora! Non dico di no; povera figliuola, ha un carattere così leggero!... ma in quanto a Mario, ne dubito assai... oh! ne dubito assai.
- Anche Mario è innamorato, credilo!
- Mario, no.
- No? e com'è che lo sai?
- Lo so... perché lo so...
- Cioè?
- Me l'ha detto lui.
- Lui? e perché te l'ha detto?
- Oh bella! perché gliel'ho domandato.
- A dirti la verità , mi pare una domanda un po' indiscreta.
- A me, invece, mi pare naturalissima.
- Ebbene, se vuoi saperla tutta, Mario ti ha detto una bugia.
- Ci riparleremo a suo tempo.
- Ne vuoi una riprova di più? Figurati che la Bettina mi ha raccontato che ieri mattina, essendo entrata improvvisamente in camera di Mario, lo ha trovato col ritratto di sua moglie in mano, che lo copriva di baci.
- Imbecille!... lezioso... - fece la Clarenza con un garbo ineffabile di nausea e di dispetto. - Certe svenevolezze in un uomo non le posso soffrire... E poi... resta da vedersi se quel ritratto era veramente quello di sua moglie.
- Per codesto, lo era di certo. Tant'è vero che la Bettina mi disse: «Com'è bella la moglie del signor Mario! Somiglia tutta alla signora Clarenza!...».
( - Era il mio ritratto! grande imprudente!... - pensò la moglie di Federigo dentro di sé, facendosi rossa in viso; quindi seguitò a dire). - E questa riconciliazione quando avrà luogo?
- Fra due o tre giorni. L'Emilia ha scritto che ci farà sapere, per mezzo del telegrafo, il giorno preciso e il treno col quale arriverà alla stazione.
- Voglio sperare che anderanno alla locanda...
- È probabile.
- Non c'è probabile, né improbabile. Intendiamoci bene che in casa non ce li voglio... Hai capito?.. E i patti di questa conciliazione?
- Semplicissimi. Non una parola, nemmeno una sola parola sull'accaduto. I due sposi, incontrandosi alla stazione, si abbraccieranno, si bacieranno...
- Cari!... cari!... veramente cari!... Vuoi che te lo dica? Certe giuccherie mi fanno quasi schifo!...
- Quando poi avranno finite tutte le formalità di rigore, si tratterranno una mezza giornata, tanto per avere il tempo di fare i bauli e prendere il volo verso le regioni del Nord. È stabilito e concordato reciprocamente che il pellegrinaggio, all'estero, non debba durare meno d'un anno.
- Un anno?..
- Un anno: così è fissato, per la gran ragione che il mondo, che è di lingua lunga e di memoria breve, abbia tutto il tempo necessario per poter dimenticare ogni cosa.
- E se Mario non volesse partire?.. - domandò Clarenza, che rideva come una matta; per non far vedere le lagrime, che aveva negli occhi.
- Codesta è un'idea - disse Federigo.
- Un'idea! Si fa presto a dire un'idea... Chi lo sa: alle volte gli uomini sono così capricciosi:...
- Scusa veh, Clarenza: ma se è lui, Mario stesso in persona, che ha messa questa condizione del viaggio d'un anno!
(- Infame:... - mormorò fra i denti Clarenza - e vorrebbe che stasera lo aspettassi in casa... Guai a lui, se mi capita dinanzi!).
- Il signor marchese Sorbelli... - disse la Bettina, quasi mortificata di dover ripetere la stessa cosa.
- Povero marchese! ha mille, duemila ragioni. Ora poi vengo subito... - e Federigo così dicendo, andò a riprendere con grandissima fretta il cappello e il paletot, che, durante la conversazione, aveva posati sulla tavola di mezzo.
- Senti vieni un momento qua! - soggiunse la moglie, trattenendolo per un braccio.
- Lasciami andare.
- Ho pensato a una cosa.
- A che cosa?
- Trattandosi di aver pazienza per tre o quattro giorni ancora, credo che sarebbe meglio di aspettare e non dirgli nulla.
- Ebbene, aspettiamo... Io faccio a modo tuo... Zitta! se non sbaglio, questo è Mario: è la sua voce di certo.
- Animo, Federigo - disse Clarenza, che voleva restar sola, - non far più aspettare quel povero marchese.
- Vado subito. Dico una parola a Mario, e scappo.
- Al solito. Permettimi che te lo dica: mi pare una bella mancanza d'educazione quella di costringere una persona rispettabile, come il marchese Sorbelli, a farti quasi il servitore.
- Non te ne dar pensiero - replicò Federigo sorridendo. - Il marchese per ora è candidato; tocca dunque a lui a fare il comodo mio; quando poi sarà deputato, non dubitare, che toccherà pur troppo a me a fargli l'anticamera.
- Sei un grand'ostinato. Ebbene, se non vuoi andartene tu, me ne anderò io - e la Clarenza uscì dalla sala, che aveva un diavolo per capello.
- Che c'è di nuovo? - domandò Federigo a Mario, con una curiosità infantile.
- C'è qualche cosa - rispose Mario, sorridendo - e avevo quasi paura di non trovarti in casa.
- Qualche cosa di premura? Ha scritto l'Emilia?
- No. Dall'Emilia oramai non aspettiamo altro che il telegramma dell'arrivo: c'è un'altra notizia... la sai?
- Quale?
- È arrivato mio zio.
- Ah! è arrivato?.. - soggiunse Federigo, con indifferenza.
- Non ne sapevi nulla?
- Nulla. D'altra parte, che interesse vuoi tu che abbia per me l'arrivo d'un ministro? fra me e gli uomini del Governo, c'è un oceano di mezzo.
- Per carità - disse Mario, scherzando - non parliamo d'oceani! Ho conosciuto certi oceani, in politica, che si sono rasciugati da un momento all'altro, e son diventati tanti rigagnoli da potersi passare a piedi asciutti. Come ti sarai figurato, mio zio non rispose mai a quella lettera...
- Era facile indovinarlo.
- Peraltro ha risposto col fatto.
- Col fatto? cioè? come sarebbe a dire?..
- Il signor marchese Sorbelli... - bisbigliò la Bettina, sottovoce, avvicinandosi al suo padrone.
- Gran seccatore! Due minuti e scendo subito.
- Dice così che non vuole più aspettare - soggiunse pianissimo la vecchia cameriera.
- Che se ne vada, allora! - replicò Federigo; quindi rivolgendosi a Mario:
- Dunque, mi dicevi?..
- Dicevo che il ministro mi ha consegnato un plico per te.
- Un plico per me?.. io non so di dover ricevere alcun plico dal Ministero.
- Caro mio; ambasciatore non porta pena - e così dicendo, Mario trasse di tasca un plico, e lo consegnò al marito di Clarenza, il quale, passandoci sopra gli occhi, vi lesse con voce quasi tremante: - «Al cavaliere Federigo Fabiani». Ah! finalmente!... - esclamò Federigo.
- Cioè?
- Voglio dire - rispose l'altro, frenando a stento la propria emozione. - Voglio dire che finalmente doveva capitarmi addosso anche questo malanno. Mario? abbi pazienza se te lo dico. ma mi hai fatto un brutto scherzo.
- Caro mio: io non ci ho colpa.
- Vedi un po' in quale imbarazzo mi hai messo. Tu sai benissimo che io sono un uomo logico, un uomo conseguente...
- Ebbene.
- Ebbene, io non accetterei una distinzione, che mi viene da un Ministero, che ho sempre combattuto.
- Se non la vuoi; e tu rimandala.
- Rimandarla! è presto detto. E tuo zio?.. è un affronto bello e buono, che farei a lui.
- Se fossi in te, non avrei tanti riguardi; rimanderei la croce, e felicissima notte.
Federigo rimase muto e soprappensiero, per due minuti: poi, voltandosi all'amico, gli domandò tranquillamente:
- Dimmi un poco: come si costuma in queste circostanze disgraziate? Usa scrivere una lettera di ringraziamento?..
- Per il solito, sì.
- Ma io, resta inteso che non rispondo nulla - disse Federigo, ingrossando la voce.
- Padronissimo - rispose Mario, che aveva capito il debole dell'amico. - Nessuno ti può costringere a fare una cosa contro coscienza.
- Tutt'al più potrei rispondere due versi... due soli versi di formalità ... tanto per far sapere che ho ricevuto il plico.
- Basta, e ce n'è d'avanzo.
Federigo andò al tavolino di mezzo, e preso un foglio da lettere, e postoselo davanti, disse a Mario:
- Fammi il piacere: tu che hai pratica in certe cose... dettami queste poche parole. Intendiamoci bene: parole liberalissime e senza ombra di cortigianeria.
- Vai pur là , e scrivi - replicò Mario, avvicinandosi al caminetto; e a voce alta, cominciò a dettare: - «Signor ministro».
- «Signor...» dimmi un poco - domandò l'altro, alzando il capo e smettendo di scrivere ...
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