[Pagina precedente]... tuoi tu in prima escluda la opinione, sequiti la ragione, freni l'appetito. La ragione per sua natura sempre provoca l'animo a cose ottime e lodatissime, e modera le voglie, e ritien che tu non cerchi le cose senza buon modo e molta circunspezione. Per escludere da sé l'opinione e sicurarsi da tutte le sue decezioni, convien che tu abbi gran riguardo a non far stima de' piaceri e dispiaceri tuoi più che la cosa in sé meriti. Lodasi quel prudente omo qual dicea: «Io reputo che gli omini siano animali atti ad errare e verso di sé e verso degli altri; ma stimo e' loro errori fatti verso di me non più che si richiegga la natura delle cose, e oppongo all'impeto delle iniurie e della fortuna ne' miei pensieri la buona fiducia di me stessi, a cui nulla può esser tolto di quelle cose ch'io curo, e alle perturbazioni che mi si presentano, meco me stessi confermo con la ragione repetendo che a me non può mancare cose ch'io cerchi». E certo, figliuoli, egli è così: l'uomo buono, costumato, dotto, qual nulla desidera altro che dottrina e solo ama la virtù, si sente sì pieno degli ornamenti suoi, sì parato con quello che non gli può esser vietato ad acquistar buon nome e fama, che non li bisogna o temere o cercare altronde cosa alcuna estrinseca per adempiere le voglie e voluttà sue. Molti omini diventorono scellerati e iniquissimi, e molti, contro, perché gli pesava la fatica e tediava la perseveranza nel prodursi a più virtù, intermisero l'opere virili e gloriose, e così l'uno e l'altro di costoro rimase misero e infelicissimo. Prossime, ne' ragionamenti quali tu arai teco pensando e deliberando le cose, bisogna che tu preponga a te qualche non verisimile, ma certa e indubitata ragione e vero principio, onde tu discerna senza alcuna dubitazione le successioni di quel che investigando si dimostri atto e parato a pervenire. Saravvi per questo ne' successi felici ed espettati doppia voluttà : ciò sarà avere quello che vi satisfaccia e ottenere quello che voi provedesti. E ne' successi non grati vi sarà meno molesto quello che voi stimasti e in parte vi preparasti a sofferirlo. Fare ch'e' casi non seguano, non è in nostra podestà ; ma che e' non vengano per nostro errore e negligenza, possiamo noi, e dobbiamo con maturo consiglio provedervi. La oppinione sempre fu ambigua, inconstante, inferma. La ragione sequita la verità , qual mai serà se non unica, perpetua e immortale. Adonque, se nel disputar con teco toccare' qualche argumento nel quale sia da dubitare se questo sia o vero o buono, come forse ti può parere, non accedere; guarda. Niuna cosa può esser buona se non quanto ella sia onesta, né utile se non quanto ella sia buona a qualche cosa di sua natura buona. E se in parte alcuna benché minima ella ti sentirà d'iniuria o disonestà , fuggila, e al tutto abdica da te ogni speranza di celare e occultare le cose malfatte. L'omo grave, circunspetto, dato alla virtù, ornato di buon costumi, mai fra' pensieri suoi accetterà deliberazione alcuna quale e' recusasse esporla e palesarla a tutti e' suoi amici e nimici. E così noi che instituimmo esser simile a loro, esplicaremo a noi stessi e' pensieri nostri non con altra mente che se tutti e' nostri amici e nimici in presenza ci vedessero.
Ultimo, constituito in questa causa el fine onesto, atto a noi e da volerlo, bisogna provedere che ordine e modo si condica a pervenirvi. El modo in gran parte s'adatta dalle occasioni de' tempi, dalle condizioni de' luoghi e delle persone. A questo bisogna ossecundare, più tosto che cercar di commutarle. Ma voglionsi ben ritrattare, e come e' dicono, riconoscerle per ogni loro quadra, acciò che tu non presuponga noto a te quello che, riponendovi meglio mente, t'avederai che tu erravi. Dannosa negligenza per quale tu doppo il fatto dica: «i' non pensai questo». L'ordine in sé si è una atta disposizione delle cose, bene accomodate a' luoghi loro, in tempo, e con ragione ottima. Non sarà ottimo quello a che si possa agiugnere parte alcuna, onde e' sia per questo da più eleggerlo. Saranno adonque, insomma, le ragioni e diffinizioni de' nostri pensieri circa le cose quali acaggiono d'ora in ora, moderate e pesate, come dissi. In particulare circa le voluttà non bisogna farvi deliberata deliberazione e immutabile. Proporci di fugarle da sé tutte, sarebbe immanità : dedicarsi a esser simile a un cavallaccio, e marcire e perdersi nella voluttà , sarebbe cosa oscena e vituperosa: adattarsi a' tempi e non le appetere con avidità , e non dolersi s'elle mancano, sarà officio d'omo ben costumato. Circa le cose della fortuna bisogna preparare l'animo, e precludere ogni addito onde ella in tempo possa perturbarci. Nulla dobbiamo desiderare, nulla sperare, nulla temere più che si richiegga all'omo grave e prudente: ricordarsi che la fortuna sempre fu volubile, inconstante, e così stimare che la fortuna per niuna tua providenza e consiglio mai muterà la sua natura. L'omo pratico in mare provede con molte ancore, sartie e armamenti, più a' casi avversi che a secondare la facile sua navigazione. Così a noi bisogna nel corso della vita prepararci che la instabilità e durezza de' tempi diano quanto men danno si può. Poco ti graverà la fortuna avversa o non ti dando o levandoti quello che tu conoscevi caduco, fragile, e per sé instabile, e per questo non lo stimavi né te ne fidavi.
E massime circa le ricchezze bisogna avere l'animo grande. Chi impara soffrire la povertà senza perturbazione, soffre bene ogn'altra molestia. Gloriosa vittoria superare in sé quello che vince gran numero degli omini. E vincesi escludendo e' desideri con poco stimar le cose caduce e fragili e adiudicate alla voluttà , per qual solo fine el volgo desidera esser pecunioso. All'animo grande, ben constituito, non può parer gran cosa alcuna sopra quella che fa lui essere grande: la virtù. E per questo quanto ello ama sé, tanto pari ama la virtù: l'altre cose al tutto stima poco. Indi mai accaderà che faccia per avidità cosa alcuna brutta, e vorrà più tosto questa cosa degna e preclara senza frutto, che quella fruttuosa senza splendore di qualche virtù, però che 'l bene in questa cosa ottima è migliore che 'l molto contentamento in cose men buone. E dobbiamo fra le cose ottime ne' primi luoghi collocar quelle che siano vacue d'ogni indignità . Le lascivie, temerità , petulanze, protervità , e simili cose indegne, meno sono familiari a' poveri che a' ricchi. Adonque ben dissero e savi: «le ricchezze non le desiderare a summa felicità s'tu non l'hai: s'elle ti suppeditano, adoperale in benificenza e magnificenza».
Accaderanno occasioni che forse ti soverrà pigliare determinazione circa qualche magistrato o dignità o cose onorate, dove tu possa mostrarti virtuoso e acquistar fama e buona grazia. A questo niuna via più certa, più breve che proporsi d'essere eccellente in virtù tanto quanto tu vorresti essere onorato e pregiato. Chi ferma e' pensieri suoi a essere ambizioso, e piaceli acquistarsi fautori, se costui forse cerca questo con summissione e diventa servile, farà cosa al tutto contraria al fine che cerca; e se propone acquistarsi fautori con premiarli, costui si fida in la fede e constanza d'omini cupidi, servili e venderecci; e se propone assequir le cose con importunità , costui sollieva contro sé molto odio, e chiude a sé stessi la via ad assequire simile grado più altre volte. Adonque si fiderà ne' meriti suoi più che nel favore e concession degli altri. E quando e' pur ami parere agli altri omo degno ed eccellente, bisogna che prima e' paia a sé, e poi sia tale che i nimici suoi non possano invero negarlo. Per questo l'omo ben consigliato mai resterà d'investigar tutte le cose onde e' diventi dì per dì omo più degno e di più autorità . Dicono che a' fanciugli si vuole assiduo narrare cose onde e' diventino più virili. Così tu a te stessi continuo renumera e preponi e richiedi da te come tuo gran debito ciò che ti renda continuo più eccellente. La virtù accresciuta splende, e non li bisogna per farsi conoscere altronde nuovo aiuto. Quelli sono reputati da nulla quali sono inutili a sé e inutili agli altri. Tu, contro, quanto per le tue virtù sarai utile a' tuoi, ornamento della patria tua, tanto meriterai più onore. L'onore, cosa publica, non si conviene se non a chi merita publico premio pe' benefici dati in publico. E l'animo generoso non desidera tanto assequir luogo superiore agli altri quanto meritarlo per virtù, e vorrà più tosto essere da più che gli altri molto che parere. E gratificherà l'onore all'animo generoso, non come satisfazione e premio de' meriti, ma come segno e nota delle virtù sue, onde e' confermi sé stessi a meritare indi più gloria. Simile adunque saranno e' pensieri di chi desideri essere grande omo e trovarsi superiore agli altri. E convie'gli da' primi principi e movimenti dell'animo bene pararsi, e dirizzarsi con ragione a buone opere moderando le voglie sue, gastigando le opinioni, preponendosi come fine e necessario termine a tutti e' suoi instituti certa speranza e ardente desiderio di meritar per sua virtù gloria e immortalità . E siavi quasi come summa delle cose dette. El savio non cede alla opinione, non accede alla volontà , ma distingue, iudica, elegge con ragione quello in che sia più bene o almeno men male. Così farete voi.
PAULO. Questi ricordi tuoi son molto degni, e parmi certo che chi preparasse l'animo suo in questa forma, gli sarebbe molto facile diventare omo prestantissimo.
NICCOLÃ’. Anzi sarebbe la sua una beatitudine. Conoscerebbesi essere buono e valere molto, e sarebbe come gli altri buoni ben voluto e pregiato. Agiugni che in tutta la vita mai accaderebbe che per suo errore e' si dolesse o pentisse.
BATTISTA. Udite, giovani. Paulo qui e Niccolò dicono il vero, e così è. Da' buoni pensieri sequitano buone operazioni grate a Dio, accette agli omini, onde tu conscendi in grado onoratissimo fra' primari cittadini con molto splendore di gloria e buona fama. Dicemmo de' pensieri: ora discorreremo breve quali siano e' gesti e abiti dell'omo civile ben costumato: poi diremo quali convengano essere fra gli altri cittadini e' nostri ragionamenti, conversazioni e portamenti; e udirete cose da farne stima, e diletteranvi.
Quando io era della età vostra mi piacea il cavalcare, e ascoltavo attento chi ragionava de' cavagli. Un prudente antiquo omo dotto disse queste parole: «Sono alcune cose in qual bisogna che l'omo vi metta tutto l'animo, ogni diligenza, summo studio in farle bene. E pare che farle bene sia non altro che porgersi con molta modestia giunta con leggiadria e aria signorile tale ch'elle molto dilettino a chi ti mira. Queste sono el cavalcare, el danzare, l'andar per via, e simili. Ma vi bisogna soprattutto moderar e' gesti e la fronte, e' moti e la figura di tutta la persona con accuratissimo riguardo e con arte molto castigata al tutto, che nulla ivi paia fatto con escogitato artificio, ma creda chi le vede che questa laude in te sia dono innato dalla natura». Non fie senza biasimo in un omo civile vederlo continuo frettoloso, quasi come tratto da molte faccende. L'animo grande e generoso piglia faccende simili a sé, non vili e abiette, ma rare e preclare; e queste di sua natura non possono essere molte. E chi non apprese varie occupazioni, non li bisogna molto agitarsi, né molto essere frettoloso e precipitoso, massime nelle cose prima constituite da sé e diffinite con buon ordine e assegnata deliberazione. E a questa solo sarà curioso a quale e' sia dedicato, cioè a farsi per sua virtù beato in sé e presso agli altri famoso e immortale. E contro, così mi fastidiano alcuni inetti e superstiziosi. A ogni passo prima summuovono el capo, porgono oltre il pie' con certa affettata gravità senza piegare il ginocchio passeggiando: non volgono la faccia verso parte alcuna senza adducervi insieme tutto el petto: producono le spalle ad amplitudine: gonfiano il collo: stringano e' labbri: aprono le ciglie: spandono le gomite; e ogni loro moto par fatto con arte di schermidore o di danzatore a molta ostentazione. Be...
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