[Pagina precedente]...incipati e signorie delle città non raro se acquistano con insidie, fraude, confederazione, e impeto d'arme, e sono per sé pieni di sospetti, paure, odi, difficultà , pericoli, e stanno sempre esposti a prossima ruina, e reggonsi con violenza, rapine, simulazioni, dissimulazioni, crudelità . Questo nostro continuo s'acquista con simplice e aperta bontà , e pronta benignità e facilità ; porgesi iocondo, ameno, suave; rende contro le avversità molta sicurtà e difesa; reggesi con amore, carità e officiosissima gratitudine. Iterum in quello publico principato civile tutte le forze e fermezza sue sono in cose di sua natura volubili, instabili, incerte, più poste in la sequela e perfidia d'altri che in la disposizione sua. Questo nostro fondato in certa generosità d'animo virile, cupido de essere vero principe e ottimo rettore de' movimenti suoi più che di parere agli altri eccellente, sta pieno di fede, pietà , benignità , benificenza, e vive constante, perseverante in le cose oneste e lodate. Adonque, sarà più valido e più stabile. Ecci questo forse, che quanto el nostro è più in sé elegante e degno, tanto vi bisogna modo e diligenza più escogitata.
PAULO. Qual di noi padri non prova quanta bisogni sollecitudine a chi prese aver cura e moderazione sufficiente, non dico degli altri ma solo de' suoi? A me pare questa opera molto laboriosa, molto intricosa.
BATTISTA. Non di sua natura, Paule, ma viene questo da' costumi depravati co' quali cresce la gioventù male custodita. La natura fece l'omo disciplinabile, prono ad umanità . El crescere con dissoluta licenza lo rende contumace. E nasce tanto male più dalla troppa indulgenza de' maggiori che altronde, però che quando e' suoi sono teneri d'età , e' maggiori desidiosi e negligenti non curano e lascianlo' ausarsi a costumi parte leziosi parte provani, onde imparano superare la onestà colle insolenze e caparbità . Degni di biasimo, più studio pongono in accostumare el sparviere alla venazione che in accostumare il figliuolo a virtù. Non nego a questo nostro patrocinio così come nell'altre buone arti, bisogna ragione e modo, e conviensi avere a te non tanto quello che facci allo officio tuo, quanto sapere bene adoperarlo. Altro sarà tenere in mano la squadra, la linea, lo stile; altro adattarlo bene al tuo lavoro. In teatro non si concederebbe che uno imperito in musica fusse duttore de' danzatori. Molto più si conviene darsi a questa nostra opera con maturata professione quanto ella è molto più degna. Mai conducerai gli altri a buono diporto, se a te non sarà la via ben nota. Agiugni che forse come el pesce nato in acqua salsa richiede ancora condimento di più salina, così qui a' precetti vulgari e noti in questa amministrazione ora per ora bisogna adattarvi nuovo temperamento. Preterea, quando ben fusse questa provincia laboriosa, non dovete però voi omini ottimi recusarla. Fuggire la cura de' suoi perché ella è faticosa, viene da lentezza d'animo desidioso; e recusarla forse perché ella viene senza utilità , sentirebbe di villania e sarebbe inumanità . Degnissimo ricordo quello de' nostri maggiori: richieggono e' tempi da te fatica, non la recusare; prendesti questa sollecitudine, reggila con tolleranza e fermezza d'animo, e modera tutto con buon consiglio. Quello che per te gioverà a costui o a quest'altro, ben sai gioverà a tutta la famiglia; e quello che giovi a tutta la famiglia, certò gioverà ancora a te, e in prima el premio dell'opera resulterà proprio a te. Né sarà poco acquisto a uno animo generoso riconoscere ch'e' suoi sono obligati a portarli amore perché fu officioso verso di loro. Ma se tutti insieme sequiranno e' ricordi quali io racconterò, sarà opera più iocunda che difficile.
PAULO. Io intrapresi essere interprete per questi giovani. Ecco, quant'io vedo, el frutto dell'opera perviene a noi più attempati. E piacemi. Seguita.
BATTISTA. Non è dubbio che secondo la natura a que' che più sanno sta come debito curare e conducere que' che sono meno instrutti. Che così sia tuttora vediamo, che noi uniti da innata carità , pronti e non senza imperio, revochiamo quello e quell'altro incauto quale via sotto la ruina del tetto o contro la offensione di qualche fera malefica, e mostrà nli el periculo quale esso non scorgeva. E per questo pare che da natura l'officio del moderare la moltitudine stia ne' vecchi, non perché e' siano vivuti molto, ma perché l'uso ed esperienza delle cose qual abisogna non s'acquista senza spazio e processo di tempo ed età . Cosa ridicula in uno omo, se non mostra del vivere suo tratto altro che solo el numero degli anni consumati. Testimone de' giorni bene adoperati voglio che siano la grande cognizione di molte cose, e la maturità , gravità e prudenza acquistata a sé, e insieme l'opere dello ingegno produtte a utilità degli altri. E se questo officio del reggere sarà degnissimo colui qual sarà supremo agli altri nelle cose prestantissime, certo e' buoni e virtuosi in prima saranno attissimi. Nulla si trova prestante sopra la virtù, e per questo ben fu instituito in alcune onoratissime republiche presso de' passati che 'l summo magistrato e imperio s'accomandassi a' virtuosi e integri, e sforzassergli ad essequirlo. Quello onde consentirono e' populi a stare sotto la iuridizione di chi gli regga, fu per vivere insieme senza iniurie e fruttare le cose sue con libertà quieta. A questo potrà niuno conferire più che l'omo savio e virtuoso. Ma qui bisogna che in la famiglia sia non tanto chi mostri e regga con ragione quanto chi pronto ubbidisca senza contumacia. Converrà che questo moderatore si presti tale ch'e' meriti riverenza, e ch'e' suoi lo iudichino degno d'essere ascoltato e ubbidito. Via espeditissima a inducermi ch'io ti ubbidisca sarà che tu mi commandi cosa quale io, etiam senza precetto d'altro, farei e volentieri, se io la conoscessi. E questa qual sarà ? Saranno tutte quelle cose quali io intenderò che conferiscano alla salute mia, alla onestà , utilità e contentamento mio, o quelle che tu, omo grave, prudente, integro, amorevole, curioso del ben mio, quale io per amore e carità verso di me reputo in luogo di padre, mi dirai. Crederotti, seguirò ricordi, consigli e amonimenti tuoi, ubbidirotti. E queste medesime cose, benché a me utili e commodissime, se tu le comandassi con temerità e acerbità e con imperiosa arroganza, e dove e quando non si convenisse, forse le ricuserei per non ricevere a me subiezione indegna e servile. Sì che adonque mi pare bisognerà che in questo nostro precettore sia buona cognizione delle cose utili e necessarie a vivere bene e beato, e siavi studio e diligenza in osservare tempi e luoghi atti e oportuni alle faccende, e siavi autorità e bontà e modo acetto a chi lui si porgerà moderatore e direttore. E sopra tutto in costui desidero che sia vero amore e carità verso de' suoi. Non mi basterà s'egli ama te e quello e quegli altri quanto per sé merita ciascuno, ma voglio ami quanto più possa effundere la pietà d'uno vero buono omo. Le condizioni d'uno omo buono, giovani, sono queste: sempre con tutti in ogni movimento suo adopera in bene; ama, favoreggia, aiuta e' simili a sé, e studia in ogni modo essere principio e motore e dar ragione agli altri a diventar pur buoni e a perseverare ne' buoni costumi; supplisce dove bisogna; non resta inducere quelli che lo ascoltano a vivere secondo la virtù con buona grazia; mostra, insegna, apre ogni addito e via di pervenire a onore e felicità ; augmenta in bene ciascuno quanto sia in sé; concerta con gli altri e seco stessi in fare ciò che può, sì ch'e' suoi provino e conoscano che la carità sua verso di loro nulla può esser maiore; né desidera essere dissimile dagli altri se non quanto l'opera sua possa molto giovare benificando a tutti. Questo così fatto, quando colla sua vigilanza e circunspezione provederà quello che sia utile e accommodato a qualunque de' suoi, e quando collo studio, diligenza, ello assiduo cercherà rendere beati e' suoi, che dite, giovani, che vi pare, arà costui in sé meriti condegni a quello principato quale voi desiderate? Quello sarà ottimo principato quale contenti e' suoi sudditi tale che non lo chiederebbono migliore.
PAULO. O beata quella città dove in qualunque famiglia sua fusse uno omo tale!
NICCOLÒ. E quanto beata! E se questa nostra republica un tanto numero avesse omini simili, pur dieci, pur sei... Non dico più...
BATTISTA. Or sì, lasciamo le cose publice. Seguiamo el proposito nostro. Di questo nostro, - come lo chiameremo? Pognià ngli nome tolto da' Greci, iciarco: vuol dire supremo omo e primario principe della famiglia sua, - l'officio suo, insumma, sarà avere cura di ciascuno per sé, e intendere quanto ciascuno vaglia e quanto possa ciascuno solo e quanto con gli altri, e indi provedere alla salute, quiete, e onestamento di tutta la famiglia. E sarà sua impresa dare ogni opera d'essere in questo superiore agli altri primi. Quelli saranno qui nel numero de' primi quali sanno e vogliono essere utilissimi a' suoi, e con studio e diligenza curano il bene di tutti gli altri. Adonque, el nostro iciarco riceverà a sé questo obligo, di fare sì che amando e benificando e' suoi, tutti amino lui, e tutti lo reputino e osservino come padre. E porgerassi tale ch'e' suoi aranno lui non solo instruttore e duttore, ma tutti lo miraranno con reverenza, e rallegrarannosi avere costui domestico essemplo a imitarlo per molto meritar colla sua virtù. E in faccenda veruna con più diletto, con più pensiere, con più assiduità e diligenza s'adoperarà , che solo in far gli altri simili a sé, ottimi, costumatissimi, dottissimi e ornatissimi. L'arme ben pulite e le superficie de' corpi tersi bene e mundi d'ogni rozzura rendono splendore, e danno lume apertissimo, diffusissimo. Contro, dell'acqua e vetro sordido e fecciosa non si effunde el razzo illustrissimo del sole. Così l'animo dell'omo puro e ben composto sparge buona grazia, e produce buono effetto; e certo l'animo sordido e turbolento da' suoi vizi, mai potrà in altri quello che non può in sé stessi. Quelli sono fabri che fanno l'opere fabrili, e buoni quando e' le fanno bene. Qualunque non stultissimo facesse professione d'esser musico, a costui diletterebbe adoperarsi in musica, e vorrebbe quanto in sé fusse al tutto esser non inferiore a' musici buoni. Così chi vorrà esser riputato padre buono, integro, e simili, farà l'opere dovute a' padri buoni, integri, e simili. Sarebbe sciocco, inetto, chi credesse che solo il nome facesse me essere padre. L'essere padre sta in avere in sé le cose dovute a' padri, e in aoperarsi come padre. In questa nostra iciarchia la intenzione nostra sarà più circa informare omini dati a noi dalla natura, che circa riceverli datici dalla mamma. Dirà quello da' suoi piccini nati in casa babbo: «costui è mio figliuolo». E io dirò: «vero; ma tu lo facesti simile agli altri animali nati con due piedi, io lo feci simile per virtù a uno dio terrestre». Voi giovani, a chi diresti che costui così ornato da me fusse più obligato, al babbo o a me vero e ottimo padre? E non dubitate che mai niuno scalderà te ad amarlo come padre, se in lui non arderanno princìpi di vero amore paterno. E simile con quella ottima ragione qual tu proponesti a te per acquistar virtù, con questa medesima facile conducerai gli altri ad imitarti.
Ma torniamo a proposito. Dicemmo in genere qual sia el nostro iciarco, e quanto si convenga allo officio suo. Ora diremo el modo e opera circa le cose più particulari. La prima cura sua sarà che la famiglia sia senza niuna discordia unitissima. Non esser unita la famiglia circa le cose onde sequiti detrimento, giova, non lo nego; ma non esser unita circa quelle che giovano, nuoce sopra modo molto. E massime alle famiglie sono le domestiche contenzioni ultimo esterminio. Quinci hanno e' nimici a pieno quello che desiderano in te; e tanto più questo, quanto gli amici hanno meno addito a interporvi l'opera sua. L'inimico nostro porgerà favore e aiuto a te, a me conterrassi, quanto e' vedrà poterci nuocere. L'amico nostro comune, ...
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