[Pagina precedente]...ntura, la debolezza alle gambe; ma mentre Jassy aveva anche il cervello vacillante, le mani deboli, nervose, il toscano aveva l'occhio nero tranquillo, la parola sempre limpida, precisa. Schierava giornalmente nel suo libro la data quantità di cifre nitide, ordinate e nel suo libro non c'erano altre correzioni all'infuori di quelle rese necessarie dagli errori delle altre sezioni.
Alfonso, seguendo l'impulso datogli dalla sua preoccupazione, gli chiese:
- E che cosa si ha da dire al signor Maller?
- Se non lo sa stia zitto! - gli rispose Marlucci ridendo e passò oltre.
Non c'era altro impiegato che White accanto a Maller che gli dava delle istruzioni. Nel vano della finestra sedeva una donna; senza guardarla, Alfonso indovinò ch'era Annetta e sentì affluirsi il sangue al cuore.
Il signor Maller interruppe per un istante il suo colloquio con White. Tese la mano ad Alfonso e con un sorriso freddo gli chiese se stesse bene. Ritirata la mano si rimise a parlare con White.
Alfonso si avviò, ma una voce dolce, femminile, che in quella stanza stonava, lo fermò:
- Signor Nitti!
S'arrestò e si volse. Era Annetta. Portava un vestito grigio, la veletta grigia di un cappellino rotondo alzata sulla fronte bianca. Una figura casta ma matronale.
Gli porse la mano.
- L'ha con me che non volle vedermi?
Alfonso protestò che realmente non l'aveva veduta. Balbettava, ma disse più parole di quanto sarebbe stato necessario.
- Non glie ne faccio mica un rimprovero, - gli disse più a bassa voce e tanto confidenzialmente ch'egli trasalì per una sorpresa gioconda ma anche già preoccupato su quanto ne avrebbero pensato i presenti. - Ella ha ragione anzi. Mi dia la mano e un po' più amichevolmente dell'ultima volta.
Sorrideva guardandolo fisso, attendendo di vedersi corrisposta prontamente da eguale gentilezza. Con sforzo Alfonso le sorrise con gratitudine. Era lusingato ch'ella mostrasse di rammentarsi dei particolari di quella serata.
Ella guardò la sua mano chiusa in quella di Alfonso. Alfonso aprì la sua e guardò anche lui. La manina bianca e paffuta di Annetta coperta a mezzo da un guanto giaceva nella sua ruvida, l'anulare, dalla parte dell'indice, nero d'inchiostro.
- Ella vede spesso mio cugino?
- Quasi ogni sera!
- Mi parlò tanto di lei!
- Grazie! - mormorò Alfonso.
Voleva quel grazie diretto a Macario.
- Sarà possibile di vederla qualche volta da me? Vedrà che si annoierà meno dell'ultima volta.
Alfonso mormorò delle parole poco chiare. Dal loro suono ella comprese ch'egli si metteva a sua disposizione.
- Venga domani a sera. Probabilmente vi sarà qualche amico. Senza complimenti ché a lei, a quanto me ne dicono, molto dispiacciono. La casa le è sempre aperta.
Ridendo Maller si levò in piedi:
- Cari amici, questa è la stanza destinata agli affari. Se volete chiacchierare andate in stanza dal signor Nitti.
Annetta non fu turbata di questa interruzione. Rispose al padre invitandolo di sbrigare presto gli affari o che se ne sarebbe andata senz'attenderlo più oltre. Congedò Alfonso con suono di voce più dolce, sorridendogli cortesemente, forse anche impietosita al vederlo arrossire fino alla radice dei capelli.
White poco dopo venne da lui e, essendoci Alchieri, per delicatezza gli parlò a bassa voce:
- Le mie congratulazioni per l'amicizia che ella seppe ispirare alla signorina Annetta. È una bella cosa ma pericolosa. Badi di non innamorarsene.
Macario lo condusse seco la sera appresso da Annetta. Entrando nell'atrio di quella casa, Alfonso si rammentò dello stato in cui ne era uscito mesi prima e quella visita gli sembrò che avesse una grande importanza nella sua vita. Infatti, agli esordi della sua vita in città , era stato avvilito da Annetta e il suo avvilimento aveva dato l'impronta a tutto quanto egli poscia aveva fatto. Aveva aumentato la sua naturale timidezza e aveva reso più difficili i suoi rapporti con Maller, con Sanneo, con tutti i suoi superiori. Finalmente in altro luogo che in casa Lanucci gli si concedeva di comportarsi altrimenti che da umile inferiore.
Macario, per via, gli presentava le persone che presumibilmente avrebbero trovato da Annetta.
Anzitutto Spalati, il professore di lingua e letteratura italiana dal quale Annetta prendeva delle lezioni. A giudicarne dalla descrizione che ne fece, Macario doveva amarlo poco. Era verista a credergli ma viceversa poi, quando si trovava alle prese con uno scrittore italiano, indagava pedantescamente se usava parole non legittimate dal Petrarca. Del resto un bellissimo giovane, confessò Macario, e si capiva ch'era quella la qualità che lo privava della simpatia di colui che ne faceva la biografia.
Nel desiderio di contornarsi al più presto di persone conformi ai suoi novelli gusti, Annetta aveva attirato a sé le persone più intelligenti fra le sue conoscenze. Fra gli altri Fumigi, parente di Maller, quarantenne. Macario raccontava che si sapeva che dapprima la sua ambizione era stata di costituirsi libero col suo lavoro per dedicarsi interamente a certi suoi studî prediletti di matematica. Era negoziante, capo di una ditta importante, e le male lingue asserivano che la possibilità di questa libertà già sussistesse e anche Macario era di tale parere. Era naturale che il lavoro accanito di ogni giorno avesse terminato col togliere a Fumigi ogni altro desiderio.
- Credo non abbia più inclinazione che a quelle matematiche il cui risultato si possa toccare con mano. Conserva il suo aspetto da matematico perché non dev'essere disaggradevole di venir considerato quale il futuro scopritore della quadratura del circolo.
Frequentava le serate di Annetta un giovinotto medico, certo Prarchi, uscito recentemente dall'università , uno dei pochi a questo mondo appassionati del proprio mestiere e non dell'altrui, diceva Macario. Era una conoscenza fatta in un luogo di bagni e Annetta, per quel poco buon senso artistico di cui va a me debitrice, ama di sentir parlare di cose realistiche e quindi di medicina. Il giovinetto ha un grande difetto, l'esagerazione delle sue qualità . Parla tanto volontieri di medicina che talvolta parla anche di dosi. Annetta mi confidò, e questo resti fra di noi, che tutta questa compagnia di brave persone l'annoia. L'anno scorso quando aveva amicizia intrinseca con altre persone che valevano meno ma che vivevano meglio, la casa, bisogna confessarlo, era più allegra.
Giunti sul pianerottolo, udirono il suono del pianoforte. Macario chiese a Santo chi sonasse.
- La signorina Annetta! - e rispondendo come al solito più di quanto gli si chiedesse: - Da un'ora circa!
- Oh! ammirabile la pazienza di quei signori! - esclamò Macario rivolto ad Alfonso. Chiese a Santo chi ci fosse.
- Non c'è nessuno!
- È mercoledì quest'oggi? - chiese Macario perplesso.
- Sì, signore. La signorina fece però avvisare il professore Spalati, io lo so perché andai io stesso ad avvisarlo, che non venisse perché aveva una forte emicrania.
- Allora chieda alla signorina se è disposta a riceverci, perché forse l'emicrania c'è anche per noi.
Il suono del piano cessò e Annetta venne a riceverli alla porta del tinello.
- Senza riguardi, avanti! - gridò loro - l'emicrania è cessata.
Macario aveva preceduto Alfonso. Si fermò con risolutezza:
- A patto che tu non la procuri a noi. Devi prometterci di non suonare più!
- Sai bene che per farmi udire da te bisogna proprio che tu me ne preghi!
Entrarono. Annetta non si occupò che di Alfonso e lasciò che Macario si accomodasse da solo.
Ad Alfonso pareva di essere perfettamente libero da imbarazzi perché la cordialità di Annetta doveva averglieli tolti. Infatti pensava a sangue freddo delle belle frasi come se fosse stato solo nella sua stanza, ma quando volle dirle perdette la calma e le smozzicò balbettando.
Mormorò che volontieri avrebbe udito Annetta a sonare e si era proposto di dire, fermandosi al frizzo fatto da Macario, che se egli avesse avuto l'emicrania, il suono del piano gliel'avrebbe fatta passate. Annetta ringraziò dopo di averlo aiutato a completare la frase ed egli dovette riconoscere che era ben facile fare buona figura con persone che non hanno l'intenzione di farcela fare cattiva.
Precisamente l'emicrania, raccontò Annetta, l'aveva spinta al pianoforte. Macario non parlava e quei due che discorrevano insieme per la prima volta si tenevano allo stesso tema quasi avessero temuto, lasciandolo, di non trovarne altro. Annetta disse ancora che comprendeva che la musica potesse procurare ad altri l'emicrania, ma che l'attenzione che doveva metterci chi l'eseguiva lo distraeva da qualunque preoccupazione e da qualunque male.
Alfonso ammirò la verità di quell'osservazione e avrebbe voluto confermarla citando un suo filosofo che equiparava i dolori alle preoccupazioni e che suggeriva come rimedio ad ambedue la distrazione. Tacque invece inchinandosi con un sorriso di assenso. All'ultimo momento aveva preso paura di quelle frasi semplici ma concatenate e, eroicamente, aveva rinunziato a dirle, piuttosto che esporsi al pericolo di confondersi.
Contribuiva a togliergli la disinvoltura un esame accurato dei propri sentimenti. Aveva principiato a farlo dal momento che aveva varcato la soglia di quella stanza. Indifferente quella donna non gli era. Era pur stato addolorato per mesi per esserne stato maltrattato. Ora invece si scopriva straordinariamente freddo, scioccamente freddo. Indovinava che per conservare l'amicizia di Annetta egli avrebbe dovuto dimostrarsene un poco innamorato e non gli riusciva.
Annetta si alzò per porgere a Macario il pezzo di musica ch'ella aveva sonato e fu con gioia che Alfonso si sentì trasalire dal desiderio improvviso. Ella gli era tanto vicina che alzatasi egli non poteva vederla tutta. Vedeva un petto colmo e una vita elegante quantunque non sottile, chiusa solidamente nella stoffa grigia che Annetta prediligeva.
Aveva sonato una sinfonia di Beethoven ridotta per pianoforte.
- Chissà come l'avrai sonata!
- Non bene! - disse Annetta sorridendo.
- Dev'essere difficile! - osservò Alfonso guardando una facciata nera di note.
- Impossibile! - corresse Annetta. Raccontò che poco tempo prima ella l'aveva udita eseguita da un'orchestra. Non si poteva essere soddisfatti di un'esecuzione al pianoforte. - Del resto io mi accontento di molto meno che della perfezione. Di queste note per esempio ometto la metà .
- Però - fece Alfonso - deve bastare per il divertimento... specialmente per chi l'ha udita... le note che si omettono si sentono lo stesso.
- Ah! sì! per fantasia!
- Quando si ha la fantasia che ha dei doveri verso l'esecutore, - osservò Macario calmamente.
- Ella fa degli studî a quanto si racconta? - chiese Annetta con serietà .
- Qualche poco; quello che posso!
- Mi dicono molto anzi. Vorrei saperne fare come lei! Scrive qualche cosa? Pubblicherà presto qualche cosa?
- Per il momento, no!
In quei frangenti aveva pensato al suo studio sulla morale e se magari solo il primo capitolo fosse stato terminato ne avrebbe parlato.
- Le donne immediatamente vogliono i risultati! - disse Macario ridendo.
Lo difendeva e lo trattava con più rispetto che quando erano soli. Sembrava volesse che Annetta molto lo stimasse, e soltanto molto tempo dopo Alfonso comprese che Macario lo aveva portato in quella casa non per apportare vantaggio a lui ma divertimento ad Annetta di cui voleva la riconoscenza.
Dalla parte che, come Alfonso sapeva dalle spiegazioni di Santo, doveva essere quella della stanza di ricevimento di Maller, entrò Francesca. Alfonso si alzò con vivacità . Voleva dimostrare la sua riconoscenza alla sua vecchia amica, l'unica che l'avesse accolto subito bene in casa Maller.
Si capiva dal contegno della signorina che non intendeva di fermarsi in quella stanza. Corrispose con un cenno del capo al saluto di Alfonso.
- Rimanga comodo! - Non salutò Macario e rivolta ad Annetta le disse: - Se avesse bisogno di me, sono in stanza mia.
Aveva tutt'altro contegno del solito, meno libero, più riservato, ed era molto pallida e vestita più trascuratamente. La sua figurina accanto ad Annetta manca...
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