[Pagina precedente]...prendere congedo.
Ma Alfonso non poteva attendere perché aveva giusto il tempo di arrivare, come suo dovere, poco prima dell'ora stabilita.
I due amici si strinsero la mano e si guardarono per un istante senza parole negli occhi, White col suo volto regolare molto serio, gli occhiali quasi aderenti agli occhi. Poi si divisero ambidue con passo rapido e Alfonso sentì tutta l'importanza di tale separazione. Due esseri ch'erano stati avvicinati per caso, s'erano conosciuti e apprezzati e si dividevano per non rivedersi mai più. È sempre triste l'abbandono definitivo di una cosa o di una persona.
Si era sull'imbrunire. Alfonso sentiva una profonda tristezza. Ora appena comprendeva quanto in ogni caso egli perdesse dall'avventura della notte. White partiva ed egli se ne risentiva come se lo avesse abbandonato una persona che molto avesse importato nella sua vita. Si sentiva solo. Che cosa poteva ora essere la sua vita quando, ventiquattr'ore dopo raggiunto, riconosceva che lo scopo per cui era vissuto non dava la felicità ?
Eppure ancora desiderava Annetta. Avvicinandosi l'ora in cui doveva rivederla, egli evocava la bella figura e esaminava con curiosità quale impressione gli producesse. Era di desiderio, ma un desiderio che non gli toglieva nessuna delle sue ripugnanze e gli parve una nuova ragione per apprezzare i propri sentimenti. Ora poteva vantarsi dell'odio al proprio misfatto perché pur desiderando, amando, egli diceva, Annetta, non provava meno ripugnanza per il modo con cui ne aveva conquistato l'affetto. E nella sua tristezza fu colto da una compassione commossa per Annetta riconoscendo che dagli avvenimenti di cui egli si doleva ella perdeva molto più che lui. Credette che questa commozione formasse la parte maggiore della sua ripugnanza.
Giunto vicino al piazzale si mise a correre temendo di arrivare in ritardo. Annetta non c'era ancora. Secondo quanto gli aveva scritto, ella doveva trovarsi dinanzi alla scuola, verso il Tribunale. Anche in quella sera, avendo paura degli sguardi indiscreti, non volle stare fermo e fece due volte con passo lento la piccola erta designata. Come si accingeva a risalire, venne chiamato.
- Signor Alfonso!
Era Francesca, non Annetta. Ella gli venne incontro, il volto leggermente arrossato e lo salutò con quella sua voce solita, inalterata che finiva col sembrare quella di una macchina.
- Avrei lassù, - e accennò verso villa Necker, - la carrozza nella quale si potrebbe parlare con piena calma ma preferisco camminare. Già , io sono perfettamente irriconoscibile.
Non lo era ad onta del fitto velo che le copriva il volto, e Alfonso pensò ch'egli avrebbe riconosciuto anche a grande distanza quel corpo gracile dai movimenti virili nel vestito nero, molle.
- E Annetta? - chiese rammentandosi finalmente di dimostrare disillusione.
Ella s'era messa a camminare con passo piccolo ma rapido verso villa Necker sull'erta ove a lui già una volta era mancato il fiato. Lo precedeva di due passi per far credere ai passanti che non si trovava in sua compagnia. Soltanto dopo il Tribunale lo attese e rispose alla sua dimanda. Annetta non poteva venire e lo pregava di scusarla; precisamente all'ora destinata per l'appuntamento, il padre per una disgraziata combinazione aveva avuto il capriccio di trattenerla con sé. Gli porse un bigliettino di Annetta, due parole scritte in fretta all'ultimo momento.
- Lo leggerà dopo, - disse con impazienza allorché egli accennò di volerlo aprire subito. - Non so che cosa pensi di me, - ella disse senza rossori e senza esitazioni, - ma la parte d'intermediaria mi è stata imposta; è il meglio che ora, per il bene di Annetta, mi resti a fare. Si deve giungere al più presto al risultato voluto.
Questo risultato voluto doveva essere il matrimonio; era l'unico sottinteso e quello per nessuna ragione necessario.
- Annetta dice... - continuò Francesca e già da quest'esordio si comprendeva che alle comunicazioni ch'era stata incaricata di fare avrebbe fatto seguire le proprie considerazioni e i propri consigli. Era evidente che Francesca aveva riflettuto a tutto quanto voleva dirgli e se dopo dimostrò sorprese e dubbî ciò avvenne perché il contegno di Alfonso fu troppo differente da quanto ella avesse potuto prevedere.
Annetta semplicemente gli faceva ripetere quanto già gli aveva scritto. Non voleva ch'egli avesse a subire degli affronti, voleva che si allontanasse per qualche tempo dalla città acciocché ritornando trovasse tutto regolato. Di nuovo soltanto c'era la comunicazione, ch'ella aveva avuto l'opportunità di parlare con Cellani e che sarebbe stato costui che gli avrebbe dato il chiesto permesso.
Francesca s'interruppe accorgendosi del mutismo di Alfonso ch'ella interpretò con la sua consueta rapidità :
- A lei questo piano dispiace? - e con soddisfazione calma aggiunse: - Oh! io lo prevedevo!
- No! non mi dispiace! - fece Alfonso esitante. Quello che maggiormente lo impensieriva era la paura che Francesca potesse comprendere ch'egli non dedicava alla questione l'interesse che avrebbe dovuto. Con voce che volle sembrasse addolorata aggiunse: - E sarà duro per la signorina Annetta di fare i passi di cui ella qui mi parla?
- Perché?
- Oh bella! può avere a udire qualche brutta parola!
S'era adirato, perché nulla è più irritante che non venir subito compreso quando si finge.
- Ad Annetta non può importare nulla di una parola dura ricevendola per una questione che ha per essa un'enorme importanza, quantunque a lei signor Alfonso pare non sembri così!
La sua voce si prestava molto bene all'ironia. Egli sentiva ch'ella era molto lontana dal sospettare quanto con quel rimprovero si apponesse al vero, ma l'ironia l'offendeva istesso.
- Lei può facilmente immaginare quanta importanza abbia per me questa faccenda, ma però a me non piace di lasciare la signorina Annetta qui sola a combattere anche per mio conto!
Ella lo guardò attentamente:
- Ella dunque non vuole partire?
- Io non voglio nulla, ma, mi sarà permesso, lo spero, di esprimere un mio piacere o un mio dispiacere?
Ella parve disillusa.
- Così...? Senta, voglio essere franca. Io non vedo la ragione per cui ella dovrebbe allontanarsi. Annetta è padrona in casa e alla prima parola ch'essa dirà , se sarà detta come si deve, nessuno avrà più nulla da opporre. Non vi sono dunque a temere degli affronti per Annetta o per lei. - Poi, vedendolo esitante e sorpreso: - Io non so come conquistarmi in sì breve tempo la sua fiducia, ma ne ho di bisogno. Ella sta per commettere una sciocchezza ed io voglio impedirgliela. Dunque mi ascolti, segua un mio consiglio, non parta. - Gli disse che a lui voleva bene, che si rammentava sempre con uguale commozione del villaggio, dell'anno trascorsovi e della madre sua ch'ella aveva amata, tutto questo con la sua voce esile, dolce, ma calma e fredda, incapace di finzione. - Dunque abbia fiducia in me, non parta! - E parlò ancora. Gli disse ch'ella non aveva sentito dolore all'apprendere che Annetta lo amava, perché si trattava di lui, ma che se Annetta si fosse data a quel modo ad altri, ella non se ne sarebbe consolata mai più perché il tutto era potuto accadere soltanto per un suo errore, perché non aveva avuto il coraggio di far intervenire Maller a tagliare la tresca ch'ella sapeva incominciata. - Ho errato, ma, se la conseguenza del mio errore ha da essere il suo matrimonio con Annetta, il mio pentimento è ben piccolo. Mi accade proprio di venir premiata di un errore.
L'erta era finita. Più che a guardare ove andavano erano occupati ad osservarsi l'un l'altra. Quasi istintivamente Alfonso voleva attraversare la piazza perché tirando dritti si doveva passare per una via molto popolata, ma ella lo fece deviare:
- La carrozza mi attende là !
- Ma perché ho da agire contro l'espresso volere di Annetta?
- Insomma come lei stesso ha detto, è dovere di cavaliere di non lasciare a questo modo il posto. - Ella accettava un argomento che, per leggerezza, poco prima aveva distrutto. - E di più sarebbe da poco accorto.
Ella gli dava dunque il consiglio di rimanere acciocché non vi fosse pericolo per il matrimonio ch'ella già aveva dato prova di desiderare vivamente. Una seconda volta dava consigli, si rendeva, peggio che sua complice, sua istigatrice. Egli ne fu agghiacciato.
- Io non mi opporrò mai al volere della signorina Annetta. Obbedirò con scupolosa esattezza ai suoi ordini o desiderî.
Parlava col tono di chi vuole tagliar corto. Non portava argomenti lui; aveva deciso così e non si curava di sapere ove sarebbe giunto con l'obbedienza passiva di cui parlava.
Ella lo guardò stupefatta, non certa ancora di aver udito per bene. Poi parlò di nuovo e per la prima volta Alfonso udì quella vocina alterarsi; rimaneva sempre esile ma era rotta dall'affanno e, gridata, aveva perduto ogni dolcezza.
- Ma se seguendo i consigli di Annetta espone a grande pericolo la felicità ch'ella crede di avere in saccoccia? Ma quale amore crede lei di averle ispirato, forse di quelli delle dame antiche, amori che resistevano agli ostacoli e duravano per tempo infinito? - Rise perché volle ridere. - Ella si affida di lasciarla qui esposta ai consigli del padre e dei parenti? Se ne vada pure giacché lo vuole e ritorni anche dopo una sola settimana. Sarà ridivenuto il travetto della banca Maller e Annetta non si rammenterà neppure di averla conosciuta. - Le parole le erano uscite di bocca compatte come un solo grido. Continuò più calma:
- Conosco i Maller. Crede ella che quando si sarà spiegato ad Annetta quello che oggi, ma oggi soltanto, ha dimenticato, crede che le rimarrà ancora fedele?
- Lo credo! - disse tranquillamente Alfonso.
A questa soluzione non aveva pensato durante la lunga giornata, ma non appena rammentata da Francesca la riconobbe quale la più probabile e nello stesso tempo la più felice. Infatti non era quasi certo che l'ambizione di Annetta, per breve tempo dimenticata, riconquisterebbe subito il suo posto avendolo occupato sempre fino ad allora? Era una soluzione felice perché, mentre egli aveva temuto di venir costretto a fare lui la parte di traditore, tutto ad un tratto diveniva il tradito e non gli restava altro compito che di dare generosamente il suo perdono, cosa facile e aggradevole.
- Allora per lei tutto è perduto! - disse Francesca con voce che per dare maggior serietà a queste parole ridivenne calma per un istante. - Io non capisco le ragioni per cui agisce così e non mi curo di conoscerle; se abbandona la città anche soltanto per pochi giorni, non rivedrà mai più Annetta.
- Devo partire se Annetta me lo ordina.
- È tanto evidente la giustezza di quanto le dico che non posso fare a meno di pensare che di Annetta nulla le importi oppure che tutto ad un tratto ella abbia perduto il lume dell'intelletto.
Parlava a casaccio senza molto riflettere a quello che diceva e Alfonso lo sentiva, ma non per ciò dimenticò di rispondere a quelle parole che lo colpivano nel vivo.
- A me di Annetta importa quanto della luce dei miei occhi, - e fu soddisfatto dalla frase. - Ma non voglio rubare il suo amore; voglio che mi venga dato spontaneamente. - Poi gli riuscì di trovate l'intonazione e la parola giusta. - Io non so che farmene di un amore che avrebbe a cessare nello spazio di otto giorni, ed ora che ella mi ha messo in dubbio, se Annetta stessa non avesse proposto questo viaggio, lo proporrei io.
Ella rise con disprezzo.
- Ha trovato il modo di dare il nome di dignità alla sua freddezza.
Era di nuovo giusto; per caso ella aveva capito quale parola maggiormente lo avesse offeso e insisteva alla cieca su quella per procurarsi la soddisfazione di offenderlo ancora.
Egli rimase inalteratamente calmo. Solo una volta si agitò allorché per errore, stanco di veder continuata la discussione sempre con le medesime parole, aveva dichiarato che la discussione fra di loro era inutile perché per non partire egli doveva trovare delle buone ragioni per convincere Annetta. Ella gliene suggerì dieci in un fiato. Alfonso si commosse perché gli balenava alla mente la possibili...
[Pagina successiva]