[Pagina precedente]...losia, i suoi timori, la minaccia che gli era stata fatta, gliela rendevano insopportabile. Non v'era che una via per uscire da tale situazione. Poteva essere lui il primo a ritirarsi e almeno, per quanto addolorato di dover fare una tale rinunzia, avrebbe potuto ripensare a tutta l'avventura senz'arrossire, senza sentirsene offeso. Neppure interrotta così però, il ricordo ne sarebbe stato piacevole. La durezza e la vanità di Annetta che gli sembrava di avere scoperte allora allora non avrebbe mai saputo dimenticare. Era stata dura l'esperienza ch'egli aveva fatta e gli sarebbe servita per tutta la vita. Voleva ora ritornare alle sue abitudini da puritano, a quell'ideale di lavoro e di solitudine che nessuno gli contendeva. Quella era la felicità . L'abitudine e la regolarità gliela dovevano dare.
Ma quando si trovò con Annetta, quando ella gli strinse la mano affettuosamente, col medesimo dolce sorriso con cui lo aveva congedato pochi giorni prima, come se nulla nel frattempo fosse avvenuto da poter turbare i loro buoni rapporti, egli dimenticò questi propositi. Poteva uscire da quella situazione, ora lo comprendeva, anche altrimenti che abbandonando il giuoco. Altro rammarico non sentiva che di non saper dire prontamente tutto ciò che nei giorni precedenti aveva supposto e sospettato per provocare una spiegazione che poteva bensì togliergli l'amicizia di Annetta, ma forse anche raffermarla, migliorarla, svelarglisi quale amore. Intanto, per timidezza, al suo volto non lasciò esprimere che tranquillità e cordialità .
Erano nel tinello e soli perché Francesca era indisposta. Annetta parlò di un capitolo del romanzo, fece delle proposte per esso; Alfonso le approvò e senza sforzo poté mostrare di ammirarle. Non era il momento di accalorarsi per idee critiche. Annetta avrebbe però avuto bisogno di qualche consiglio perché trovava delle difficoltà a procedere in un argomento che tendeva all'assurdo. I suoi due eroi erano ancora sempre là , amandosi appassionatamente e per superbia non dicendoselo. Alla conclusione del romanzo non mancava che questa confessione e nella testolina di Annetta cominciavano a mancare le idee per tirare innanzi.
Improvvisamente Alfonso divenne ciarliero. Ciarlava per il bisogno di parlare, e parlò del romanzo e della sua ammirazione per le idee di Annetta perché d'altro non poteva. Quando si grida è indifferente quale parola si vesta del grido, lo sfogo si trova nell'emissione di voce. Alfonso nel fiume delle proprie parole si calmava e se tacque fu proprio per calcolo e con isforzo al pensare che se non lasciava parlare Annetta nulla da lei avrebbe potuto apprendere. Per ultimo e con una freddezza di calcolo che immediatamente lo portò allo scopo, descrisse con parola animata la sua vita di ogni giorno concludendo che di un anno intero le ore liete da lui vissute sommavano a pochi giorni quantunque contasse fra quelle tutte le ore passate in casa Maller.
Invitatane, Annetta descrisse come aveva passato l'ultima settimana. Quando ella cominciò, Alfonso arrossendo la guardò fisso, non sembrandogli sufficiente attenzione l'ascoltare. Voleva indovinare quando da quella esposizione ella sarebbe stata portata a pensare a Fumigi e voleva vedere come, pensandoci, atteggiasse il volto.
Quella settimana era stata due volte a teatro. Aveva però avuto anche parecchie sere di noia ed una sera era stata lì lì per mandarlo a pregare di venir a sollevarla dalla noia con le sue idee filosofiche e la sua collaborazione al romanzo.
- Sarei venuto tanto volentieri! - mormorò Alfonso con voce soffocata dall'emozione.
- Sì? - chiese Annetta arrossendo ella pure - per un'altra volta, siamo intesi?
Fu questa gentilezza che diede un coraggio da leone ad Alfonso.
- Niente altro? - mormorò quand'ella ebbe finito di descrivere la sua settimana.
- Niente altro! - rispose Annetta sorpresa e tutt'ad un tratto impallidendo.
- Io ho passato una brutta settimana - disse Alfonso con voce profonda.
Le raccontò ch'era stato avvisato minacciargli una sventura e che dapprima non ci aveva creduto, ma che ad ogni passo aveva trovato indizii che sussisteva la minaccia e fors'anche la sventura in modo che quando seppe che quest'ultima era stata evitata non volle crederlo perché da troppo lungo tempo l'aveva ritenuta inevitabile. Ancora ne dubitava. La successione dei fatti era stata esposta con tale verità che, rammentandosi del dolore provato, gli vennero le lagrime agli occhi e si fermò per arrestarle.
Fu questa la dichiarazione e quando Alfonso più tardi ci ripensò dovette sorridere perché certamente non era stato l'amore che gli aveva cacciato le lagrime agli occhi ma bensì, come sempre da lui, la compassione di se stesso. Per quanto non parlasse più, le lagrime gl'inondavano le guancie e non le rasciugava perché un gesto le avrebbe mostrate ad Annetta la quale forse non se ne avvedeva. Era la seconda volta ch'egli piangeva dinanzi a lei e la prima non aveva avuto a lodarsi del risultato ottenuto.
- Lacrime! - esclamò Annetta commossa - ed io ne sono la causa?
Volle quietarlo e lo prese amichevolmente per mano. Il gesto, non il contatto, non la soddisfazione del desiderio, rese beato Alfonso. Distruggeva il malessere che aveva sentito pel sentimento della glaciale freddezza della sua relazione con Annetta, e ci correva tanto da quella sua visione di tali rapporti a quelli reali in cui Annetta prendeva la parte di consolatore, ch'era un salto da far chiudere gli occhi. Egli baciò la mano di Annetta senza moverla. Chinò la testa fino ad arrivarci con le labbra e anche questa volta ebbe cura di rendere rispettoso l'atto ardito. Appena appena giunse a sfiorare con le labbra quella mano; era un abbozzo di bacio ed egli non desiderava neppure di andare più oltre. Fin qui non erano avanzati che di poco e sarebbero potuti ritornare alla dolcezza dei loro rapporti quasi ingenui se con quel bacio si fossero separati.
- La spiegazione è sufficiente - disse Annetta con un sorriso, ma con voce rotta dall'emozione e che sorprese Alfonso. Ritirò la mano.
- Povero Fumigi! - esclamò Alfonso cui non riuscì di mettere nella propria voce l'emozione che aveva sentita in quella di Annetta.
- Non tanto povero!
Disse ch'era uomo forte e energico il quale avrebbe saputo guarire presto di quella piccola ferita. S'era sentita onorata dalla sua domanda e non aveva accettato perché non voleva maritarsi.
- Anche il nostro ideale artistico mi fa prediligere la mia libertà , - e questa frase con quella prima persona al plurale cancellò in Alfonso l'impressione di freddo che gli aveva dato la precedente.
- Del resto, Fumigi rimane il mio buon amico, me lo promise! E adesso ritorniamo al nostro romanzo.
Ma non ci ritornarono. Lo stacco era troppo grande fra quella cosa fredda, voluta, e la loro passione che se ciarlava era per nascondersi. Alfonso vedeva Annetta di nuovo tranquilla, la voce soda e sicura, ferma la mano che teneva la penna.
- Che cosa vuole quest'imbecille? - chiese Alfonso alludendo all'eroe che passava accanto alla moglie che lo amava, in un corridoio oscuro, per dignità fingendo di non vederla. - Questa dignità esiste poi?
S'inginocchiò dinanzi ad Annetta e cercò di riprenderle la mano. Era detto ed era agito bene con aspetto di spontaneità mentre realmente si trattava di un'audacia calcolata. Ella si mise a ridere, ma avvicinò la sua alla testa bruna di Alfonso e nessuno dei due avrebbe saputo dire come fossero giunti per la prima volta a baciarsi sulle labbra. Egli lo aveva previsto tanto poco, che cessato il contatto gli parve di non averne sentito tutta la felicità che avrebbe dovuto e tentò di rifarsi in un secondo bacio. Ma ella aveva allontanata la testa e s'era alzata in piedi spaventata, non sembrandole, seduta, di essere al sicuro. Aveva però le guancie intensamente colorate dal sangue, gli occhi splendidi, lucenti e gli diede un'occhiata che ad Alfonso non parve d'ira quantunque Annetta dovesse avere avuto l'intenzione di intimidirlo. Così era assolutamente bella.
- Basta, signor Nitti!
Egli si alzò e restando fermo al suo posto, con voce sorda dall'agitazione, le disse per tranquillarla che veramente bastava, ch'egli avrebbe potuto viverle accanto tutta la vita e non chiederle altro.
Annetta sorrise per ringraziarlo; si sentiva di nuovo al sicuro accanto a quel ragazzo. Era stata proprio questa qualità di ragazzo che l'aveva portata con lui tanto innanzi. Che cosa aveva da temere da quella timidezza personificata? Era stata commossa dalla soavità di quell'amore senza parole, da quel silenzio timido perdurante anche dopo una prima arditezza lasciata impunita. Egli non aveva mai in nessun modo accennato a quel bacio rubato sulla sua mano, non aveva tradito impazienza ed ella ingenuamente aveva creduto ch'egli non chiedesse altro. Ingenuamente e superbamente. Ammetteva che il piccolo favore, perché venuto da lei, potesse bastare.
Avevano ora fatto un passo gigantesco innanzi e non c'era più via al ritorno. Avevano parlato e quello ch'era peggio Alfonso aveva assistito alla commozione da persona debole di Annetta, aveva improvvisamente scoperto di essere lui il più forte.
Annetta non se ne accorse e non comprese, e con un sorriso che doveva attenuare il dispotismo del suo ordine gl'impose di mai più parlarle d'amore. Venne subito disingannata. Egli chiese per grazia di poterne parlare anche una volta e fece una dichiarazione in piena regola, mescolando ricordi di romanzi letti con frasi da lungo tempo rimuginate nel cervello e che non attendevano che l'occasione per venir rivolte ad Annetta. Era stato il suo più vivo desiderio di poterle parlare del suo amore e aveva pensato che quella sarebbe stata la sua prima creazione poetica; accompagnato sempre dalla parola intelligente, l'amore ne sarebbe stato nobilitato, elevato, ed era per essa che la differenza delle loro condizioni doveva essere dimenticata. Invece ora si accorgeva che il desiderio non ha parola. Mentre si abbandonava a delle sentimentalità di proposito, perché gli sembrava che così fosse suo dovere, ne sentiva la convenzionalità senza sangue e senza vita e se ne meravigliava non sapendo a che cosa attribuire tale freddezza. Soltanto quando parlò dell'intimità amichevole con Annetta, la sua voce si fuse e tremò in una commozione che gli toglieva il respiro. A questa dolce intimità pensava dacché aveva avvicinato Annetta per la prima volta, ma ora, parlandone, tutt'altro desiderio si vestiva della stessa parola e passandogli dinanzi agli occhi gli dava le vertigini.
- Io lo sapeva, - disse Annetta con sincerità - ma sarebbe stato meglio di non dirmelo.
Lo minacciò scherzosamente col dito e sul suo volto passò un'ombra di serietà . Del resto, come a lui che le diceva, a lei le parole di amore sembravano più fredde di quanto le aveva precedute e provocate; di quelle non temeva. Non erano che una soddisfazione alla sua vanità e lo interruppe dicendogli con grande dolcezza:
- Basta, basta! - così che se Alfonso non vi si fosse annoiato avrebbe continuato.
Per quella sera bastò, ma non per il seguito. Fino ad allora timido anche per calcolo, Alfonso s'era accorto quanto maggior felicità gli fosse derivata dal passo fatto. Con sufficiente chiarezza gli era stato indicato fino a quale punto gli era lecito di andare, e, se non oltre, voleva almeno trovarsi sempre là . Ne aveva conquistato il diritto. Ogni sera diceva ad Annetta la parola d'amore; se prima non lo poteva, andandosene, stringendole la mano per congedarsi.
Improvvisamente Francesca era ridivenuta la compagna indivisibile di Annetta. Assisteva sempre alle loro sedute ed ora che poco o nulla lavoravano al romanzo, ella prendeva parte attiva ai loro discorsi. Era scomparso ogni sforzo nelle sue relazioni con Annetta dapprima fredde poi esageratamente amichevoli, e le due donne cinguettavano dinanzi a lui di mode, di viaggi, di persone ch'egli non conosceva, lasciandolo imbarazzato e muto. Rimaneva muto anche quando parlavano d'altro, perché proprio non si sentiva più di rivolgere ad ...
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