[Pagina precedente]...ricevere che ordini e anche quelli brevi, concisi, con tono e parole di ufficio. Gli era stato detto che Maller era donnaiuolo, ma non gli era venuto in mente la supposizione fatta da Alchieri, perché, anche saputo dei costumi di Maller, la sua casa gli era apparsa circondata da un nimbo che non vi lasciava penetrare delle passioni umane che la superbia e la vanità . Era stato difficile ad Alfonso d'immaginare l'amore in quelle stanze fredde, tenute per lusso, in gran parte non abitate, o meno ancora nella stanza coniugale di Maller ove, come gli aveva raccontato Santo, c'era ancora il letto della moglie, lasciato intatto dacché ci aveva agonizzato la giovine signora. Bastò però il sospetto di Alchieri, un uomo che in quella casa non aveva mai messo piede, per toglierle quel nimbo, e la fantasia di Alfonso la popolò di amori delittuosi, resi più foschi dal lusso che li circondava.
Gli sembrava un delitto la seduzione di Francesca agevolata di troppo dalla posizione subalterna di costei. Provò qualche cosa di simile alla gelosia al figurarsi quella figurina bianca e bionda gettata fra le braccia di quel freddo Maller, un'avventura che a lei ruinava la vita, a lui invece non costava niente e non aveva che il valore di un passatempo qualunque.
Egli non comprendeva quale parte in questo romanzetto toccasse ad Annetta. Probabilmente aveva essa tentato di allontanare Francesca e non le era riuscito.
Per la prima volta sognò di divenire l'amante di Annetta. La cosa gli pareva meno impossibile ora che la vedeva in mezzo a quelle tresche che non si curavano neppure di rimanere celate a lei; il sogno ne era reso più facile. Non seppe però sognare di venirne amato, perché su quel volto calmo, marmoreo non sapeva immaginare l'espressione dell'affetto o del desiderio. Fece un sogno da ragazzo vizioso. Ella si abbandonava a lui fredda, per compiacenza o per vendicarsi di un terzo oppure per ambizione. I suoi sogni sempre cominciavano col ricamare sul reale per poi allontanarsene completamente, e con facilità si figurava di valere tanto agli occhi di Annetta da venirne amato anche per ambizione.
Da solo non trovava la via per recarsi da Annetta. L'invito che gli era stato fatto non gli sembrava abbastanza concreto e il primo mercoledì non vi andò dopo di aver cercato per tutta la settimana inutilmente Macario acciocché lo accompagnasse. Quei suoi sogni su Annetta dovevano renderlo anche più timido pel timore di lasciarne trapelare qualche cosa.
Desiderava però di rivedere Annetta e più intensamente che non la prima volta allorché per lui si era trattato soltanto di farsi ben volere dalla figliuola del suo principale. Ora l'amava! Quello doveva essere l'amore, il desiderio di una persona e di nessun'altra. Egli sottilizzava sui suoi sensi agitati non potendolo su un sentimento qualunque che gli mancava. Nei pochi giorni in cui aveva inutilmente cercato di soffocare i suoi desideri dando loro altra direzione s'era sentito diventare uomo, adulto. Egli desiderava una donna, quella, e tutte le altre, per lui, per i suoi sensi, non esistevano. Si rammentava degli appunti ch'egli aveva fatti alla figura di Annetta e ora si meravigliava di non aver subito compreso che l'originalità di quella figura e la sua bellezza erano precisamente formate da ciò ch'egli aveva qualificato per difetti. Gli occhi poco neri! I capelli non abbastanza ricciuti! Annetta aveva una figura da Venere e quella testa con gli occhi azzurri, tranquilli, i capelli lisci quasi modestamente, era la testa dell'intelligenza. Un bacio su quelle labbra che non sembravano capaci di corrispondervi doveva essere tanto più delizioso!
Quando al mercoledì susseguente s'imbatté in Macario il quale per incarico di Annetta gli fece i più forti rimproveri perché aveva mancato la settimana prima, Alfonso trasalì dalla gioia. Veniva cercato, chiamato.
Poi anche Annetta gli fece dei rimproveri, dolcemente. Gli disse che Macario le aveva raccomandato di non intimidirlo:
- Altrimenti la sgriderei. Ha proprio da essere timido anche con me? Le faccio paura?
Queste gentilezze lo commossero però meno di quelle ch'ella gli aveva fatto pervenire per mandato. Avendola dinanzi agli occhi dimenticava i suoi sogni. Ella era tutta intenta alla formazione della sua società letteraria e la sua naturale freddezza, che nel ricordo poteva pigliare l'aspetto di qualità secondaria, là invece era imponente e dava il colore a tutte le altre qualità sue. Non era una donna quando parlava di letteratura. Era un uomo nella lotta per la vita, moralmente un essere muscoloso.
Si stava bene in quel salotto specialmente perché fuori era scoppiata veemente la bora che in poche ore aveva spazzato via ogni ricordo dell'estate.
Alfonso e Macario trovarono Spalati venuto poco prima; Fumigi e il dottor Prarchi vennero subito dopo.
Il dottor Prarchi fece deviare il discorso dalla letteratura ove era caduto, raccontando del suicidio di un cassiere ch'essi tutti avevano conosciuto. Si trattava di uomo ch'era vissuto molto modestamente e che non aveva avuto altro torto che di frequentare persone troppo più ricche di lui. Ad onta della sua moderazione ciò era bastato a ruinarlo. Prarchi terminò la descrizione con una sentita parola di compassione. Egli aveva anche veduto il corpo del suicida.
Annetta si strinse nelle spalle con sdegno: - Peggio per lui! - Il tipo non le era simpatico; forse temeva che suo padre s'imbattesse in uno che gli somigliasse.
Alfonso si trovava veramente in lotta con Fumigi per poter rivolgere la sua attenzione alla conversazione generale. L'ometto gli si era cacciato accanto e lo interrogava sui suoi studî. Dovevano avergliene parlato molto perché il matematico lo ammirava, gli faceva la corte. Voleva sapere come avesse disposto l'orario per poter dedicare giornalmente a quegli studî una o più ore. Diceva di non aver saputo avere questa regolarità nelle sue occupazioni e di crucciarsene perché soltanto lo studio sistematico apportava qualche utile, non quello fatto a sbalzi.
Tutta l'attenzione di Alfonso era rivolta ad Annetta. Per quanto in sua presenza non sentisse desiderî ne era tuttavia preoccupato. Anzitutto era quasi addolorato di non sentirli e cercava di provocarli; studiava quel volto per vedere di metterci l'espressione della passione che mancava a far perfetto il suo sogno. Era mal scelto il momento, immediatamente dopo l'espressione spietata che le era sfuggita a proposito del suicidio di quel cassiere.
Gl'imponeva o almeno così gli parve di dover definire il rispetto che gl'impediva di notare quanto di falso, di affettato ci fosse nel suo contegno. Quando Macario per la prima volta gliel'aveva descritta, quella donnetta che si era sentita nascere improvvisamente una vocazione aveva destato la sua ilarità , per quanto da questa vocazione egli venisse avvantaggiato. Era ridicolo anche quell'apparato, quei preparativi per formare a sé d'intorno una società letteraria, e se egli non ne rideva non era per il nuovo suo sentimento. Egli scorgeva con facilità il lato ridicolo o falso nelle opere altrui, ma spesso gli accadeva di non saperne ridere perché per la soggezione in cui con facilità lo tenevano persone a lui del resto inferiori finiva col dubitare di sé, della giustezza del proprio sentimento o del proprio giudizio. Anche qui non si trattava d'altro. In Annetta gl'imponeva la mancanza di dubbî, la sicurezza, l'incuria dell'impressione che potesse produrre in altri il suo contegno, infine l'aspetto di superiorità da persona che non si sente diminuita da nessuna inferiorità e magari nella stessa cosa in cui vuole eccellere, inferiorità di solito avvilente.
Prarchi parlò di un suo romanzo naturalista.
- Rimarrò medico - diceva - anche essendo romanziere. Si tratta di studiare un lento corso di paralisi progressiva. I medici cominciano a studiarla quando è già completa; io invece allora l'abbandonerò. La studierò nel suo formarsi. Carattere da paralitico, organismo da paralitico, idee da paralitico e che arrechino dei disturbi alle persone che lo contornano e... il romanzo è fatto.
- Sì - esclamò Annetta - il romanzo sì, ma il successo?
Ad Alfonso, che ne aveva qualche pratica, parve di poter arguire dalla descrizione di Prarchi che del romanzo ch'egli descriveva nulla ancora avesse fatto e che anzi giusto allora ne avesse avuto la prima idea.
Prarchi era un giovane forte senz'esser grasso. Non bello, aveva la testa grande quasi calva e sul largo volto piccoli mustacchi di un biondo troppo chiaro.
Fumigi avrebbe dovuto riuscire più simpatico ad Alfonso e prima di tutto perché quella sera dirigeva di preferenza a lui la parola. Ciò però avveniva soltanto perché parlava malvolentieri ad alta voce e stava piuttosto cheto, la personcina magra poggiata allo schienale della seggiola, ascoltando attento e dicendo la sua parola di rado a bassa voce e diretta al suo vicino. I capelli della testa aveva grigi, dei mustacchi e della barbetta ancora neri.
Alfonso penava per mettere la sua parola nel discorso generale e non gli riusciva. Fino ad allora Annetta aveva dovuto ammetterlo per letterato sulla raccomandazione di Macario. Egli non aveva saputo darne alcuna prova. Proprio quando si era sul punto di congedarsi comparve Francesca. Era pallida ma tranquilla. Strinse con effusione la mano ad Alfonso e gli chiese notizie di casa sua. Alluse con un sorriso, che ad Alfonso parve triste, alla lettera ch'ella aveva scritta alla signora Carolina. Sapeva dunque dell'incarico da lui ricevuto da Maller.
Annetta le rivolse la parola dandole del lei e Alfonso cercava di rammentarsi se prima non le avesse udite trattarsi con maggior famigliarità .
Sulle scale, alla domanda fattagli da Prarchi sulla ragione che poteva aver fatto desiderare alla signorina Francesca di abbandonare la casa Maller, Macario rispose:
- Donne!... - con grande disprezzo.
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XI
Da allora Alfonso fece visita ad Annetta regolarmente ogni mercoledì. Macario lo aveva avvisato che poteva avvenire che un mercoledì o l'altro trovasse Annetta con opinioni e gusti del tutto mutati e la letteratura abbandonata, ciò che avrebbe significato anche la cessazione di quelle riunioni. Alfonso vi andava temendo di trovare avverata la predizione di Macario. Ci teneva molto a quella riunione altrettanto per la soddisfazione di vedere Annetta che per quella della sua vanità . In ufficio si sapeva che egli frequentava la casa del principale e veniva trattato con maggiore rispetto dai superiori. Anche il contegno di Cellani ne venne modificato. Più gentile non poteva divenire ma divenne più famigliare.
Non pareva che Annetta fosse vicina a dare compimento alla profezia di Macario e sempre più si esaltava per i suoi nuovi studî. Ogni settimana poteva raccontare di aver pensato qualche cosa di artistico, letto qualche libro che con le esagerazioni del neofita ella dichiarava il più importante nel genere, quando, per capriccio o avendovi scorto una parte più debole, non lo demoliva, e ciò sempre col suo abituale tono di competenza, ma spesso trovando detti spiritosi o giudizî acuti che non avevano che il difetto di non trovarsi tutti in buona armonia fra di loro.
Ospite insolito una sera venne Cellani. Era probabilmente la prima volta che compariva in quella compagnia perché Annetta dovette presentargli Spaiati. Non si trovò a disagio da quanto Alfonso poté giudicare. Non parlò affatto ma stette a udire con grande attenzione. Una volta in una discussione venne chiesto del suo parere. Egli si rifiutò a dirlo sorridendo e asserendo di non averne. Con Annetta sembrava avesse rapporti molto amichevoli. Per quella sera ella si occupò principalmente di lui con cortesia attenta tanto, che diveniva dimostrazione di un affetto rispettoso.
Prarchi interveniva meno spesso a quelle serate perché molto occupato. Fumigi mancava di rado, ma il più assiduo era Spalati. Come l'aveva detto Macario, Spalati era anzitutto un bell'uomo, una figura erculea accanto alla quale Alfonso pur alto e non magro doveva scomparire. Ad Alfonso non era...
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