ROSE CADUCHE, di Giovanni Verga - pagina 6
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Contessa, io rido di tutt'e due gli occhi!...
e se cercate qualcheduno che debba piangere volgetevi dall'altra parte.
(via dalla sinistra).
SCENA VI
La contessa Baglini e Paolo Avellini.
CONTESSA (si volge verso di Paolo, lo guarda comicamente, indi scoppia a ridere).
In verità, no! Non mi avete l'aria di un uomo che pianga.
PAOLO (freddamente).
Madama, voi avete detto che io sono filosofo, ed i filosofi non piangono mai.
CONTESSA Per orgoglio.
PAOLO (c.s.).
No, ma perché la filosofia insegna anzitutto che certe disgrazie vanno sopportate con rassegnazione.
CONTESSA Sapete, signore, che io non saprei giudicare se siete...
troppo filosofo...
o molto screanzato.
PAOLO (con ironica galanteria).
Contessa, voi siete troppo bella, e soprattutto troppo buona, perché io possa alludere a voi.
CONTESSA (ironica).
Grazie!...
Però devo confessare che i vostri principi sono comodissimi.
Peccato che qualche volta essi non reggano alla più piccola prova...
che so io...
ad uno stormire di fronde...
all'eco di un viale...
all'illusione ottica prodotta dai vetri di una serra...
Allora si lasciano bravamente da parte i principi e si mette mano alla spada.
PAOLO (c.s.).
La mia dorme nel fodero.
CONTESSA (sorpresa).
Non vi battete?
PAOLO No.
CONTESSA Sul serio?
PAOLO Seriissimamente.
CONTESSA (in aria sarcastica).
Ma l'eco?
PAOLO Poteva sbagliarsi.
CONTESSA (c.s.).
Scettico! Non credete nemmeno agli echi!
PAOLO Ci credo come alle false testimonianze.
CONTESSA (con comica serietà).
Mio caro Paolo permettetemi che io vi faccia i miei complimenti! Non c'è che dire.
La vostra fede ha del miracoloso, giacché nulla la scuote...
neanche le false testimonianze.
È quella stessa fede che fece i santi...
e che oggi fa i mariti.
Bisogna inchinarsi dinanzi al miracolo, ed io m'inchino per la prima.
Eccovi un documento, una prova scritta, come dite voi altri avvocati, (mostrandogli una lettera) che giustificherà pienamente la vostra fede e smentirà le false testimonianze.
È un prezioso autografo del cavalier Falconi.
Ve lo leggerò.
(legge).
"Contessa, per grazia, ascoltatemi! Siete in errore, mi hanno calunniato dicendovi che io sia stato sorpreso nel vostro giardino in colloquio amoroso colla signorina Merelli; e voi avete creduto che amando voi si possa far la corte ad altra donna! Ah! voi non mi amate come io vi amo! Permettetemi che io venga a provarvelo ai vostri piedi, giustificandomi".
(a Paolo) Vedete che avete fatto bene a non svegliare la vostra spada!
PAOLO (freddamente).
Siate tranquilla.
Dorme sempre.
CONTESSA (dopo averlo guardato un istante comicamente ma con ironia, gli stende la mano).
Decisamente mio caro Avellini, fate bene ad ammogliarvi.
Voi renderete felice vostra moglie!
PAOLO (freddamente ma con dignità).
Lo spero almeno; e la prova ne sia che comincio dal mettere sotto la salvaguardia del mio onore una fanciulla tanto ingenua da ingannarsi sul valore dei suoi sentimenti, tanto pura da non comprendere che le promesse e i giuramenti dell'uomo che giurando d'amarla le consiglia di sposare un altr'uomo erano un mortale insulto per lei.
Io ho fiducia nel dovere, contessa; il matrimonio ci salverà entrambi: me dal prostituire la mia dignità correndo dietro una chimera...
(inchinandosi con ironica galanteria), una seducentissima chimera!...
lei dalla più pericolosa tentazione ch'è quella che sembra venire dal cuore.
CONTESSA (c.s.) Ma bravo! bravo di cuore! Caro Avellini, voglio aiutarvi ad ogni costo; voglio rendervi un servigio.
Spero di arrivare a convincervi che io sono la migliore vostra amica...
Questa lettera certamente ha sbagliato indirizzo, ma m'incarico io del ricapito.
Mi promettete di ballare con me la seconda contradanza se vi rendo questo servigio?
PAOLO (con ironica galanteria).
Voi mi domandate come un compenso ciò che è una vera fortuna per me.
CONTESSA Vi farò un prezioso dono in contraccambio...
e non avrò altro merito che quello di farvelo trovare quando l'avete già sotto la mano...
Mio Dio! come siete stupidi, voi altri filosofi! Non ci siamo che noi teste vuote capaci di sorprendere un intrigo in un segno impercettibile fatto colla coda dell'occhio...
nel domandare come si chiami un fiore a chi ne deve sapere quanto di astronomia...
o nell'andare a cercare un carnet dove si sa bene che non c'è...
(ridendo) o nell'insistenza di un cavaliere qualunque a voler andar via ostinandosi a scambiare il suo cappello con quello di un commendatore qualunque...
(rendendo il cappello di Gaudenti).
V'immaginereste mai, signor avvocato, che quel venerabile cilindro del commendatore sia in flagrante delitto di contrabbando verso le RR.
Poste?...
Quel povero Commendatore ne sarebbe scandolezzato assai...
eppure a sua insaputa, il suo Ufficio Postale deve funzionare con più regolarità di quello del governo...
e scommetterei che il corriere d'oggi deve recare dispacci importantissimi...
a giudicare da certe occhiate eloquenti...
da certe insistenze...
Il cavalier Falconi aveva una premura maledetta di affacciarsi alla Posta, ma io non glie ne ho dato il tempo...
ed eccovi qui...
(traendo un bigliettino dalla fodera del cappello in aria di trionfo).
Ah! Non m'ingannavo! Tocca a voi entrare nei vostri diritti di marito.
Eccovi.
PAOLO Contessa, io non vorrei commettere un'indiscrezione neanche se li avessi cotesti diritti.
CONTESSA Sarebbe provvidenziale l'ostinata cecità di certuni!...
Ebbene leggerò io.
(legge)
"Ingrato! Ho tanto sofferto e voi non mi avete scritto il più piccolo rigo per tranquillizzarmi! Sono sulle spine! Che si dice di noi? Si sa la scena del giardino? Bisogna che io vi parli.
Verrò apposta al the della signora Landi.
Procurate d'incontrarmi da sola dopo la prima contradanza che ballerò".
(a Paolo dandogli il biglietto).
A voi! Tenetelo per le grandi occasioni.
PAOLO (con calma).
Infatti voi mi rendete un gran servigio procurandomi un colloquio che desideravo avere con madamigella Lucrezia.
CONTESSA (sempre sardonicamente).
Davvero? In tal caso vi spiano ancora dippiù la via.
Lasciate fare.
La vostra delicatezza non avrà a soffrire.
(mette la lettera che ricevette dal cavaliere nel cappello del commendatore ove trovò quella di Lucrezia pel Falconi).
Fatevi trovar qui dopo la prima contradanza...
e non dimenticate di mandarmi il primo biglietto di partecipazione...
Ma soprattutto non abbandonate neanche per un minuto il campo di battaglia.
(vedendo il cavalier Falconi) Vedete che gli avvoltoi già sentono l'odor della preda.
SCENA VII
Il cavalier Falconi dalla sinistra, indi Adele dalla sala da ballo, e detti.
CONTESSA (al Falconi).
Caro cavaliere, scommetto che cercate ancora il vostro cappello per andarvene! Non voglio che vi partiate così (prendendone il braccio e vedendo entrare Landi).
Madama, le denuncio un disertore!
FALCONI (imbarazzato).
Ma, signore mie...
ADELE Davvero, cavaliere? Io intercedo per le mie invitate
FALCONI Madama...
troppo gentile!...
ADELE E anche lei, contessa...
Non balla?
CONTESSA Ho accordato un giro per le sale al cavaliere...
a condizione che s'impegni a vincere Berri alle prossime corse.
(via col Falconi dalla sinistra).
SCENA VIII
Adele e Paolo.
ADELE (con grazia).
Signore, la sua missione s'impazienta forse aspettando, e non vorrei fare attendere più oltre un così gentile ambasciatore.
Ascolto.
PAOLO La mia missione è così delicata...
che se non avessi la coscienza di compiere un dovere...
se non contassi su tutta la sua bontà...
ADELE Oh, mio Dio! È una vera missione diplomatica adunque?
PAOLO Una missione d'amico.
ADELE Ah! Meglio così! L'accetto con tutto il cuore! (stringendogli la mano).
PAOLO Poco fa si parlava di un duello.
ADELE Sì, a quanto pare causato da uno scandalo...
PAOLO Peggio ancora! Una calunnia!
ADELE Ah! Bisogna smentirla, se si può!
PAOLO Ohimè, signora!...
Mi condanni, se vuole, ma io non posso smentirla in modo assoluto senza rigettarne gli effetti su di una persona...
di cui l'onore deve stare al di sopra del mio...
ADELE Ma signore...
Io non saprei indovinare...
PAOLO Ella infatti non potrebbe immaginare tanta bassezza! Ecco perché quello che è uno scandalo per tutti resta ancora un mistero per lei...
ed ecco perché ciò che mi resta a dirle è il più difficile...
Ma lo dirò! È un dovere d'onestà,
ADELE Mio Dio!
PAOLO Lo scandalo che si dice avvenuto nel giardino della contessa Baglini, il dì che fummo invitati tutti noi, ricade su di una persona...
che è innocente...
Ma la sua stessa innocenza le fa avere le apparenze del torto perché non la mette in guardia contro le maligne insinuazioni di una folla di maldicenti e d'invidiose che travisano i suoi più semplici atti di cortesia per farne degli indizi di colpa...
Quella persona...
quella donna...
è bella...
è il sospiro di tutti i galanti...
perciò un tristo, un avventuriero di buone fortune approfittando del mistero di cui si circonda quel romanzetto sbozzato all'ombra di una serra, si è servito del nome di quella persona per farsene credere egli l'eroe.
ADELE (vivamente e come colpita).
Bisogna che mi dica tutto, signore!...
tutto!
PAOLO Son venuto per questo, madama.
ADELE (c.s.).
Si parla di me?...
Voglio saperlo!...
Oh Dio! Dio mio!
PAOLO Dirle tutto è stato mio dovere d'amico, d'uomo onesto.
S'ella continuasse ad ignorare di essere lo scopo di tanta calunniosa maldicenza questa si servirebbe delle apparenze che possono sembrare più insignificanti per darsi tutto l'aspetto della verità...
Ella non avrebbe immaginato al certo che c'è un uomo così abbietto da approfittare delle gentili maniere con cui è ricevuto in casa sua per accreditare le sue menzogne di trionfi immaginari.
ADELE È un'infamia!...
Un'orribile infamia!
PAOLO Tanto più orribile che può fare un male immenso.
ADELE E c'è chi crede a quest'infamia?
PAOLO Ier sera, al Caffè Ricasoli il cavalier Falconi raccontava a chi voleva e a chi non voleva udirlo, con tutte quelle misteriose e trasparenti reticenze che sono la bava del veleno, una spiritosa storiella, di cui, naturalmente, si faceva l'eroe.
Tutti conoscono il cavaliere per uno sfacciato millantatore, ma la storiella era piccante, e raccontata con un certo garbo...
Si rideva...
Il cavaliere inoltre citava degli indizii di un'amicizia confidente...
quasi intima...
si offriva di dare delle prove...
Un giovanotto, un cuore onesto, che si trovava lì presso, gli diede una di quelle mentite che si lavano col sangue e una sfida ebbe luogo.
ADELE Dio! Dio mio!...
Anche il duello!...
Non ci manca nulla perché lo scandalo sia completo!...
E per me! (rimane un istante col viso fra le mani, poscia levando il capo in aria risoluta) Chi fu costui?
PAOLO Madama...
ADELE (vivamente e con dignità).
Signore, io non ho dato il diritto al primo venuto di usurparsi la mia riconoscenza neanche per difendermi da una calunnia!
PAOLO Non è un usurpatore, poiché non si farà mai conoscere.
ADELE Ma non capisce che se questo duello avrà luogo esso ferirà prima di tutto la mia riputazione? Che queste due spade lacereranno il mio onore?...
Dica a quest'uomo che non ne voglio della sua difesa, della sua cavalleria...
del suo eroismo da romanzo che si serve del nome di una povera donna per piedistallo!...
PAOLO (tristamente).
Madama, egli darà il suo sangue senza pretender nulla di tutto questo.
ADELE (con amarissima ironia).
Ah! il suo sangue!
PAOLO Egli non ha toccato mai un fioretto, e il cavaliere è valente spadaccino.
ADELE (dopo aver esitato un istante).
Chi è costui? Voglio saperlo!
PAOLO Signora...
ADELE (improvvisamente, come colpita da un'idea).
Ah!...
il signor Giliotti! (come abbattuta, pausa).
Oh! la mia testa!...
la mia povera testa!...
(dopo un'altra pausa e con vivacità estrema) Questo duello non lo voglio!
PAOLO Signora...
ADELE Oh, signor Avellini!...
ella è un cuore onesto...
Ella ha della stima per me...
Non è vero?
PAOLO Dippiù ancora: ho dell'amicizia!
ADELE Ebbene! Mi aiuti! Che posso fare io sola?...
Sono una povera donna senza difesa...
tutti si credono in diritto di oltraggiarmi colla maldicenza...
perché mi dicono bella...
perché ho calcato le tavole del palcoscenico...
Ho il peccato dell'arte!...
Mi aiuti! Che bisogna fare?
PAOLO Coraggio! Se gli onesti non avessero il conforto che la menzogna ha corta vita...
e in questo caso è così facile la giustificazione!...
ADELE (vivamente e con dignità).
Che!...
scendere a delle giustificazioni!...
Io!...
PAOLO No.
Basterà semplicemente mettere alla porta il Falconi.
Chi ieri dubitava ancora della falsità delle sue millanterie così oggi dovrà esserne convinto.
ADELE Ma che potrò fare per disarmare la malignità che sogghignerà della cavalleria di...
di colui che prese le mie difese?...
Anche pochi momenti or sono, in questo istesso luogo, io ho sentito sbattermi sul viso, però senza comprenderle, le più oltraggiose allusioni ad un amore romanzesco che io avrei ispirato...
romanzesco tanto che dava occasione ad un'adulazione ironica, pungente come uno spillo...
Le mie amiche...
e ne ho molto di queste, rideranno dietro il ventaglio, parlando dell'eroico difensore che passa le notti sotto le mie finestre prima di andare a battersi...
Oh! questo mi è stato detto signore! Mi è stato detto in faccia, qui, in questo istesso luogo!...
Quelle allusioni, quei sarcasmi, quegli epigrammi erano a me diretti...
e naturalmente si pensava che la devozione di quell'uomo...
non dev'essere senza compensi...
PAOLO Ahimè, signora! Nulla potrebbe fare per disarmare la malignità di coteste amiche che son gelose della sua bellezza, che le invidiano il suo romanzo.
Ella ha un gran torto! Son ferite nella loro vanità, sono umiliate nella loro civetteria...
Si vendicano!
ADELE Ma è un'infamia!
PAOLO Esse risponderebbero invece che è anche un'infamia quella di offuscarle colla bellezza e di involar loro, anche senza volerlo, gli omaggi di adoratori su cui avevano esse gettato gli occhi...
Di coteste amiche tanto scandolezzate ne conosco una che sarebbe felicissima di compromettersi in modo orribile per quel matto poeta che per le sue stravaganze è diventato un oggetto di curiosità...
ADELE La contessa!...
colei!...
PAOLO E cento altre.
ADELE Gelosa!...
Gelosa di me!...
di me che non conosco colui...
e non me ne curo...
PAOLO Tanto meglio! La Contessa che se n'è curata tanto non ha potuto avere la soddisfazione di vedersi ringraziare delle sue sollecitudini!
ADELE (dopo aver meditato un istante).
Questo duello non si farà! No!...
Voglio vedere quest'uomo!!...
PAOLO Perché? Sarebbe inutile.
ADELE No, signore, non sarà inutile! È necessario che io lo veda, che gli parli!...
Quest'uomo che ha un cuore così nobile...
comprenderà...
che bisogna risparmiarmi un'altra calunnia...
e forse un rimorso...
PAOLO Non verrà.
ADELE Perché?
PAOLO Non saprei dirlo...
Bisogna indovinarlo quell'uomo...
È così eccentrico, ma nello stesso tempo tanto orgoglioso...
e quando saprà...
ADELE Non gli dica nulla...
Non gli dica che so tutto...
Prenda un pretesto qualunque...
Gli dica quel che vuole...
Ma che venga!...
che venga subito!
PAOLO Signora...
ADELE (con vivacità).
Ma non capisce che questo duello è un'infamia, un delitto, una cosa orribile!...
che io devo fare tutto il possibile per impedirlo!...
Che quell'uomo l'ucciderà!...
PAOLO Ebbene, signora, verrà.
ADELE Ed ora bisogna che io parli a questo cavaliere...
Mio Dio...
ma non adesso!...
Ho la testa in fiamme! (via dalla destra; Paolo l'accompagna sino all'uscio).
SCENA IX
Paolo; indi Lucrezia, dalla sala da ballo.
LUCREZIA (entra in punta di piedi per vedere se la sua lettera sia ancora nel cappello del commendatore, prendendola).
Ah! è ancora qui! (Accorgendosi di Paolo vuole andarsene).
PAOLO (salutando).
Madamigella!...
vi aspettavo.
LUCREZIA (imbarazzata).
Me...
signore?
PAOLO Sì, sapevo che avreste dovuto trovarvi qui dopo la prima contradanza.
LUCREZIA (turbata).
Chi ve l'ha detto?
PAOLO (mostrandole la lettera che la contessa gli fece trovare nascosta nel cappello).
Il vostro biglietto.
Permettetemi di considerano come se fosse stato diretto a me, poiché desidero avere cinque minuti di colloquio con voi.
LUCREZIA Ah! (consultando con un rapido sguardo la lettera che si nasconde nel pugno).
Ma come?...
PAOLO Voi cercavate del cavalier Falconi...
Io vengo diritto al fatto...
Perdonatemi se son costretto ad intavolare così bruscamente un colloquio spinoso; ma ho l'abitudine della franchezza, e spero che, almeno stavolta, gioverà a qualche cosa.
Non ho il diritto di farvi dei rimproveri; entrambi abbiamo dei torti da perdonarci...
e delle rappresaglie a prendere da chi ci tradì...
Ecco perché vi stendo la mano e vi dico: Volete aiutarmi a vendicarci entrambi?...
Non vi sgomentate.
La nostra vendetta non farà del male a nessuno.
Noi ci vendicheremo rendendoci felici.
La contessa mi direbbe marito filosofo: voi forse mi chiamerete vostro amico.
Voi amate il cavalier Falconi, cioè credete di amarlo, e non volete sposarmi per questo: lo so.
Anch'io credevo amare una di quelle donne leggiere che hanno bisogno degli omaggi di tutti.
Ho veduto che nel cuore di codeste donne c'è troppa vanità per esserci posto ad un affetto sincero.
Il cavaliere non vi ama, egli v'inganna e vi tradisce vilmente.
Uniamo le nostre mani e vendichiamoci così.
LUCREZIA Signore!...
PAOLO Se non potessi provarvi quello che dico forse passerei ai vostri occhi per un geloso che tenta di supplantare con illeciti mezzi il suo rivale.
Invece eccomi semplicemente un amico che vi dice: Facciamo causa comune e prendiamo la nostra rivincita del tradimento di cui siamo state vittime collo stimarci scambievolmente.
Io non vi dirò come abbia potuto arrivare a conoscere questa prova, ma il modo in cui l'ho avuta vi farà indovinare la mano di una gelosa rivale.
Lucrezia, non vi siete mai domandata quale amore si fosse quello dell'uomo che pur giurandovi di adorarvi vi esorta ad unire il vostro destino a quello di un altro?...
Se non l'avete indovinato, meglio per la vostra innocenza! In tal caso quella lettera (indicando la lettera che Lucrezia tiene in mano) vi proverà quale amore sia quello del cavalier Falconi.
Non esitate, Lucrezia, leggetela, giacché quella lettera non è la vostra...
La vostra eccola qui.
LUCREZIA (quasi senza pensarci, ma con vivacità apre la lettera che ha trovato nel cappello, e che è quella del Falconi alla contessa, vi getta gli occhi e la scorre rapidamente).
Ah!...
il vile!
PAOLO Queste viltà, nel gergo del bon ton, si chiamano tradimenti galanti.
LUCREZIA (dopo essere rimasta alcuni istanti in silenzio e col viso fra le mani).
Signore...
voi siete un uomo onesto...
e un nobile cuore...
Vi giuro che ho avuto sempre la più profonda stima pel vostro carattere...
ma dopo questa prova della vostra delicatezza...
della vostra generosità...
io ho della gratitudine...
della più sincera amicizia per voi...
Sì, io sarò vostra amica...
ma null'altro...
Dopo quello ch'è accaduto io non potrei alzare gli occhi su di voi...
senza arrossire...
come arrossisco in questo momento.
Ritirate la vostra parola, signore...
Io porterò la pena della mia leggerezza e della mia irriflessione...
PAOLO Non ritirerò la mia parola, Lucrezia, poiché la nobiltà del vostro cuore mi risponde di esso.
LUCREZIA Ma se accettassi la vostra mano...
dopo quella lettera...
io sarei l'ultima delle donne!
PAOLO (sorridendo).
No.
Sarete semplicemente quello che sono state moltissime ottime madri di famiglia alla vigilia del loro matrimonio: l'ultima delle ragazze sentimentali e la prima delle buone mogli.
LUCREZIA (commossa).
Oh! Paolo...
Come non ho veduto prima d'ora qual nobile cuore sia il vostro?...
PAOLO No, no, madamigella.
Io ho forse agito per egoismo.
Vi ho dato la mia parola per avere una rivincita qualsiasi da una donna che si faceva giuoco di me...
onde non servire più oltre di trastullo alla vanità di una di quelle civette alla moda che amano il lusso degli adoratori come quello dei cavalli.
Entrambi siamo partiti da un brutto movente...
chissà se a mezza strada la stima reciproca non ci faccia incontrare quell'amicizia sincera e completa ch'è più durevole e forse più simpatica dell'amore istesso? Se credete che un giorno potrò arrivare ad ispirarvi una tale amicizia...
allora...
lacerate la vostra lettera (dandole la lettera di lei scoperta dalla contessa).
Io l'ho dimenticata.
LUCREZIA (gli si accosta esitante, col capo chino e arrossendo gliela restituisce).
No...
serbatela...
affinché io possa provarvi...
colla devozione di tutta la mia vita...
ch'essa non fu altro che un brutto sogno.
SCENA X
La contessa Baglini al braccio del cavalier Falconi, dalla sinistra.
CONTESSA (con doppio senso ironico).
Caro signor Avellini, mi pare che sia tempo di reclamare il vostro ballo.
(al Falconi) Cavaliere! Che lo scherzo di cui parlano i vostri amici vi riguardi un pochino?!...
No, davvero! Non vi lascerò scappare così facilmente! Miei cari, aiutatemi a trattenere il cavaliere che vuole andarsene...
Scommetto che ha paura del vostro scherzo!
LUCREZIA (con ironia).
Sarebbe vero, cavaliere? Ma invece quello che vi resti di meglio a fare per sostenere la vostra riputazione di uomo di spirito è di riderne pel primo.
FALCONI (imbarazzato).
Signore mie!...
LUCREZIA (c.s.).
Perdonateci, cavaliere.
Io non vi nominerò i colpevoli, ma intercederò per essi.
Voi altri signori del Club avete messo alla moda le scommesse...
e noi fummo tentati di scommettere...
Una pazzia! Una fanciullaggine!...
(con grazia).
Guardateci, e scoprirete il reo! La riputazione del vostro spirito sembrava così incontestabile che ci fu chi ebbe il capriccio di metterlo in dubbio, e siccome il vostro lato vulnerabile è la vanità...
(veramente voi non ci avete colpa, poiché le vostre numerose conquiste hanno giustificato la vostra vanità) così vi si attaccò da quel lato.
(piano e con doppio senso ironico accennando alla contessa) Chissà se qualcuno dei colpevoli non si sia prestato allo scherzo per mettere alla prova la vostra costanza? (dandogli la lettera di lui alla contessa, trovata nel cappello invece della sua).
Dimenticate lo scherzo e procurate per l'avvenire di non smarrire più i vostri autografi! In quanto a noi...
(con grazia, prendendo la mano di Avellini), vi promettiamo di non ridere dell'avventura che fra noi due...
accanto al fuoco...
FALCONI (con collera).
Io invece vorrei trovare qualcheduno che ridesse onde renderlo responsabile di questo cattivo scherzo!
PAOLO (con ironica calma).
Caro cavaliere, se cerca un gerente responsabile di questo scherzo procuri anzitutto di non farlo ridere...
poiché uomo che ride è uomo disarmato.
FALCONI (minaccioso).
Signore!
SCENA XI
Adele e detti; indi la signora Merelli e il comm.
Gaudenti.
ADELE Che c'è? Un altro duello! Ma, cavaliere, ella diventerà il Don Chisciotte dei bagni! Signori, voi conoscete l'avversione che ho per gli spettri rossi o bianchi...
(con grazia), i voi siete troppo galanti per far paura ad una donna!
SIG.RA MERELLI Mia cara Lucrezia, il Commendatore casca dal sonno e vuole andarsene ad ogni costo.
(ad Adele) Mi rincresce, madama, di dovere abbandonare così presto la sua bella festa.
ADELE Le sarò sempre grata di esserci venuta!
GAUDENTI Oh! Non è propriamente che io abbia sonno...
Ma alcuni lavori urgentissimi...
Non son padrone del mio tempo!...
SIG.RA MERELLI È verissimo! Sa bene...
quella nomina di senatore che ci minaccia!...
Tanti lavori...
tanti fastidi...
tante seccature!
ADELE Le son proprio tenuta del sagrificio che me ne ha fatto...
Ma si rammenti sarò più gelosa delle sue occupazioni (con grazia).
GAUDENTI Madama!...
Mi confonde!...
Proprio!...
SIG.RA MERELLI Eh, chissà!...
Non potrei prometterglielo...
veramente...
Se ci fermeremo ancora qui...
Ma non si può dire quello che avverrà da qui ad una settimana...
Il commendatore dovrà forse andare a Firenze...
a trovare dei Ministri...
dei Senatori...
che so io?...
(piano alla contessa e ad Adele) E adesso che ho quasi collocata la mia bambina...
Ci saranno altre novità forse...
Si partirà in due coppie...
per un viaggio di luna di miele (prendendo il braccio del commendatore).
LUCREZIA (vedendo che il cavaliere imbarazzatissimo per non sapere che fare è per svignarsela col cappello in mano).
Che fate, cavaliere? (ironica) Rimanete, ve ne prego.
Non sono egoista, e non vorrei mettere il lutto nella festa!...
Non siate in collera con me.
Avete avuto torto...
(sottovoce e con grazia prendendo il braccio di Avellini).
Ma io vi dovrò forse la mia felicità.
(Escono dal fondo la Sig.ra Merelli al braccio del commendatore e Lucrezia con Paolo).
SCENA XII
Adele, la contessa Baglini e il cavalier Falconi.
CONTESSA (sarcasticamente).
Decisamente, povero cavaliere, alla vostra aria sembra che quello scherzo sia stato molto pungente!
FALCONI (cercando dissimulare il suo dispetto sotto un'aria di galanteria).
Spine di rosa! Puntura lieve!
CONTESSA Sarà stato qualche spillo invece che vi avrà punto.
ADELE (ironica).
Punture galanti alle quali un uomo del bel mondo dev'essere abituato!
FALCONI Eh!...
pur troppo!
CONTESSA No, no.
Questi signori sono così vani! Pretendono saper giocare colle rose senza pungersi le dita...
e quando hanno le mani in sangue si mettono i guanti per nascondercelo.
ADELE Si tolga i guanti, cavaliere...
CONTESSA Lasciateli, mio caro.
(ad Adele) Egli sarebbe capace d'inventarci che cadde su di un mucchio di vetri.
ADELE (c.s.).
Oibò!...
il cavaliere mentire!
FALCONI Ma, signore mie, mi pare che se ciò fosse dovrei anzi andare orgoglioso delle mie mani sanguinanti.
ADELE (c.s.).
Come un veterano delle sue ferite?
FALCONI Ma certamente! Chi è ferito sulla breccia non è forse un buon soldato?
ADELE (c.s.).
Però io conosco di quei soldati che si feriscono da sé per farsi mettere in sicuro all'ambulanza.
CONTESSA Allora credo che non ci resta di meglio a fare che preparare la vostra barella.
(ridendo).
FALCONI Se mi promettete di essere la mia suora di carità mi rassegno all'ospedale.
(con galanteria).
CONTESSA (con comica esitazione e sorridendo ironica)...
Preferisco vedervi in buona salute.
FALCONI Non vi date la pena di esser meco gentile, contessa!
CONTESSA È la moda Jockey-Club.
FALCONI Eppure sarei tentato di non credere alla vostra inimicizia.
(con galanteria).
CONTESSA Siete modesto!
FALCONI (come sopra).
Volete dire che son fortunato...
(piano), se è vero che avete prestato i vostri spilli alla signorina Merelli per mettermi alla prova!
CONTESSA (ironica).
Non avete sospettato che anche questa supposizione potrebbe essere uno scherzo di Lucrezia?
FALCONI Amo credere il contrario.
CONTESSA (c.s.).
Alla buon'ora! Questo si chiama afferrare la fortuna pei capelli!...
(piano e con grazia) Del resto è possibile che presto o tardi abbiate ragione!...
FALCONI (vivamente).
Ah! quando, contessa?...
quando?
CONTESSA (sorridendo con leggerezza).
Quando avrete vinto sul turf quel diavolo di Berri.
È una scommessa; sapete che noi donne siamo capricciose! Procurate di vincere! (stringendo la mano alla Landi).
Addio, madama.
Io conto su di lei tutti i miei giovedì perché mi aiuti ad incatenare questi signori attorno alle nostre poltrone.
(vedendo che il cavaliere prende il cappello per accompagnarla) Cavaliere, rimanete.
Vi lascio in troppo bella compagnia per avere il coraggio di farvi eclissare con me...
Non vi date la pena di raggiungermi che quando avrete a darmi la buona notizia che avete vinto la vostra scommessa...
Non vi perdonerò se non a condizione che diventiate il leone del giorno, e facciate omaggio del vostro chic.
Addio (parte).
SCENA XIII
Adele e il cavalier Falconi.
ADELE Ella non ha fortuna stasera, cavaliere!
FALCONI (imbarazzato ancora).
Lo crede, madama?
ADELE È la seconda volta che prende il suo cappello e vien pregato di deporlo col più grazioso sorriso; ma di tali sorrisi noi donne c'intendiamo.
E per non farglielo tenere più in mano le dico: si metta a sedere e discorriamo.
FALCONI (con galanteria).
Ecco invece che son ben fortunato!...
È un vero favore!...
oh, grazie!
ADELE Grazie! Ma perché? Non siamo amici?...
amici sinceri?...
FALCONI Me ne vanto.
ADELE E non è naturale che io stia più volentieri cogli amici?...
Tanto peggio per gli altri!
FALCONI (inchinandosi).
E tanto meglio per me!
ADELE (c.s.).
Grazie! Del resto non ho la pretenzione di fare dei gelosi.
Tutti i miei amici hanno gli uguali diritti alla mia stima, né credo che il mondo possa trovarci nulla da criticare.
FALCONI Oh, certo!
ADELE Ecco perché io ho la fiducia più completa, più cieca nell'amicizia: perché non so immaginare che la viltà più vile possa arrivare a calunniare il più nobile dei sentimenti, che l'abiettezza più turpe possa arrivare a commettere il più odioso attentato sotto la maschera dell'amicizia...
Non ho ragione di pensare così?
FALCONI Certamente...
Anch'io sono del suo parere...
perfettissimamente...
ADELE (stendendogli la mano e con amaro sarcasmo).
Oh! lo sapevo: ecco perché siamo amici! Ma parliamo un poco delle sue buone fortune.
FALCONI (con finta modestia).
Oh, madama!...
ADELE Fra amici!...
E poi tutti lo sanno...
Ella ha una terribile riputazione!
FALCONI Si esagera!...
Si esagera di molto!...
ADELE (con amichevole confidenza sorridendo).
Quella povera contessa!...
FALCONI Lasciamola lì, di grazia.
ADELE (c.s.).
Ingrato!
FALCONI La contessa è bella, elegante, seducentissima...
ADELE Ma...
FALCONI Ma come ce ne sono tante altre.
ADELE Ah! cerca una fenice!
FALCONI L'avrei anche trovata! (con galanteria).
ADELE Ah!...
L'avverto, cavaliere, che cogli amici sono terribilmente indiscreta.
FALCONI Madama...
ADELE Voglio conoscere madama Fenice!
FALCONI Non oso...
ADELE Non osare!...
lei...
un Lovelace!...
Sarebbe una galanteria? Temerebbe che io mi offendessi del paragone...
Ah! cavaliere, ella fa torto al mio spirito!
FALCONI No!...
Non avrei nulla a temere!...
ADELE Che!...
Sarei una fenice anch'io?...
FALCONI (con entusiasmo).
Un miracolo addirittura!
ADELE Ah! ah! Povero cavaliere! Ma io sono una fenice della specie più comune!...
come ce ne sono mille!
FALCONI (c.s.).
Ah! s'ella si potesse mirare coi miei occhi! Se potesse giudicarsi col mio cuore!
ADELE (sardonica).
M'innamorerei di me stessa?
FALCONI (c.s.).
Al delirio!...
alla follia!...
come me!
ADELE Oh! oh! Troppa roba per un capriccio!
FALCONI Capriccio!
ADELE Chiamiamolo un puntiglio.
Vuol sapere cos'è questo capriccio? Glielo dirò! Si rammenta di quand'era bambino?
FALCONI Che vuol dir ciò, signora?...
ADELE Si rammenta quale balocco preferisse fra i cento giocattoli?
FALCONI Madama...
ADELE La luna.
FALCONI Signora, io non posso tollerare...
ADELE Sissignore, la luna! Non perché le sembrasse più bella o perché lo divertisse meglio dei suoi giocattoli, ma perché capiva per istinto che le sue piccole braccia che stendeva strillando per possederla sarebbero state sempre troppo corte per acchiapparla.
È sorprendente come sia precoce nell'uomo la brama dell'impossibile! Adesso che non è più bambino, che è un perfetto cavaliere e si balocca con altri giocattoli più fragili ma più divertenti ella si è ricordato degli istinti da bambino, e si è convinto di essere innamorato di me perché ha sentito dire che il mio cuore è di accesso difficile assai...
per poter dire: sono arrivato dove gli altri non hanno mai potuto pervenire! È un puntiglio di galante che vale un capriccio di bimbo.
FALCONI No, signora! Tutto questo è ingiusto!...
Non è vero.
ADELE (con scherno velato).
Mi amate?
FALCONI Ma io vi adoro!
ADELE Per me?...
o per gli altri?
FALCONI Quali altri?
ADELE I vostri amici, voi lo sapete, quelli cui dovete far credere alla vostra riputazione di seduttore! Me ne rincresce per voi, ma se mi aveste consultato io vi avrei dato un buon consiglio per far credere alla vostra buona fortuna e farvi invidiare da tutto il Jockey-Club.
FALCONI Ma io non capisco...
ADELE (colla stessa amara ironia).
Come siete poveri di spirito voi altri seduttori! Ci vuol molto ad inventare una storiella piccante, una di quelle calunniette, appoggiate a plausibili indizi...
una di quelle astuzie di buon genere...
che il volgo degli sciocchi chiama birbonate e vigliaccherie addirittura!...
(riprendendosi).
Mio Dio! è questione di ottica.
Tutto sta a non esagerare, a non prendere sul serio i paroloni, le frasi rotonde! Infamie! Calunnie! Vigliaccherie!...
Ma si può essere più stupidi! per un semplice tratto di spirito, uno di quegli aneddoti galanti profumati di tutte le grazie dello scandalo che le dame ascoltano turandosi le orecchie, e che piacciono a tutti!...
Una persona perbene! un uomo elegante, che si batte per un sorriso equivoco e che si lava le mani con acqua di Colonia!...
Eh! via!
FALCONI Ma che bisogna fare per farvi credere al mio amore...
ad un amore senza limiti!...
ADELE (sardonica).
Come me lo dite!...
FALCONI Ma io ve lo dico ai vostri piedi! (inginocchiandosi).
Ve lo dico supplichevole! Ve lo dico con tutta l'anima mia!
ADELE (ridendo).
Alzatevi, signore; ché i vostri pantaloni prendono cattive pieghe!
FALCONI (rizzandosi indispettito).
Ah!
ADELE Voi siete ridicolo posando da innamorato, Posate da seduttore invece e la vostra vanità sarà soddisfatta!...
a prezzo del vostro onore potrebbero dire gli sciocchi...
No, perché voi rubate quello degli altri!
FALCONI Signora!...
ADELE (con dignità).
Non ho finito.
Per qualche cosa di simile dovete battervi col signor Giliotti.
Questo duello non voglio che abbia luogo!
FALCONI (con rabbia concentrata sorridendo).
Mi rincresce, signora, ma colui pagherà per tutti.
ADELE (con forza).
Questo duello non avverrà! Vi perdono a questa sola condizione!
FALCONI Grazie del perdono!
ADELE (c.s.).
Questo duello non avverrà.
Io vi renderò ridicolo, vi renderò spregevole, vi renderò infame!...
dirò tutto! tutto quello che avete fatto, tutto quello che siete!
FALCONI Dica pure! Io farò! (per partire).
ADELE (con impeto).
Ebbene!...
Adesso non mi resterà alcun rimorso per questo assassinio! Il signor Giliotti si batterà alla pistola, petto a petto, tirando a sorte il primo colpo.
FALCONI (interdetto).
Eh!...
Ma...
Ciò non è cavalleresco!...
ADELE Ah! perché siete uno spadaccino preferireste assassinare cavallerescamente il vostro avversario che non sa di scherma!...
Il signor Giliotti ha la scelta delle armi ed usa del suo diritto.
FALCONI (turbato).
Ebbene...
proverò che un cavaliere...
quantunque ferito nel più vivo dell'amor proprio...
non può negar nulla ad una dama...
per parte mia rinunzio alla riparazione che mi è dovuta...
SCENA XIV
Il domestico, annunziando; indi Alberto.
DOMESTICO Il signor Alberto Giliotti.
FALCONI (sardonico).
Ah!...
ecco il momento di prendere il mio cappello!...
ADELE (con dignità).
Non ho più nulla a dirle, cavaliere! (al domestico) Accompagnate il signore e fate entrare.
(Falconi via dal fondo).
ALBERTO (entra senza salutare il cavaliere).
Signora, il mio amico mi ha detto che ella desiderava...
ADELE (fa segno ad Alberto di mettersi a sedere, e siede anche lei agitatissima di faccia a lui.
Pausa).
Signore...
io non avrei osato...
Mi perdonerà se...
Non saprei io stessa...
Sono così turbata!...
Ella è un cuore onesto...
Devo chiederle un gran servigio e forse una riparazione.
ALBERTO A me, signora?
ADELE So che dovrà battersi col cavalier Falconi.
ALBERTO Ebbene?
ADELE E so perché si batte!
ALBERTO Ah!
ADELE C'è di mezzo l'onore di una donna che soltanto voi due sapete ch'è innocente; ma il mondo dirà che fra due uomini che si battono per una donna ce n'è sempre uno che si batte perché ne ha il diritto.
Ora domando a lei che sa come il cavaliere non abbia questo diritto: L'ha ella forse?
ALBERTO No!
ADELE In tal caso bisogna ch'ella rinunzi a questo duello, come vi ha rinunziato il cavaliere per la sua parte.
ALBERTO E il mio onore?...
Io non mi faccio giudice di quello del cavaliere.
ADELE Ma io penso all'onore di una povera donna che diverrà la favola del mondo!
ALBERTO I nostri secondi hanno avuto incarico di stabilire come causa del duello un diverbio d'argomento politico.
ADELE Chi ci crederà?
ALBERTO Madama...
io invoco la sua stessa testimonianza...
Crede che io sia un onest'uomo? Crede che io darei tutto il mio sangue per affogare ogni calunnia possibile? Ebbene!...
Bisogna che io mi batta con quell'uomo!
ADELE Perché?
ALBERTO Non lo so!...
L'odio! Lo detesto! Bisogna che io l'uccida o ch'egli mi ammazzi!
ADELE Ahimè! È uno schermidore di prima forza!
ALBERTO Che m'importa! Se potrò comunicare il mio odio alla mia spada troverò la via del suo cuore!
ADELE Vi ucciderà!
ALBERTO Che m'importa! Io l'odio!
ADELE (commossa).
E se questo sangue fosse un rimorso per quella donna causa innocente del delitto?
ALBERTO Un rimorso!! (esitando) Tanto meglio! È un ricordo che vale la vita di un uomo!
ADELE (c.s.).
Ebbene no! Io non voglio! Io non voglio! Oh, signore, ascoltatemi, per tutto quello che avete di più sacro! Rinunziate a questo duello...
e partite!
ALBERTO Partire!...
e perché?
ADELE Perché...
Bisogna dirvi tutto!...
Perché voi mi fate un gran male!...
Oh, no!...
è la mia sciagurata posizione!...
è la mia sventura!...
è la viltà del mondo!...
Sì, il mondo ch'è sciocco e maligno, il mondo che si pasce di pettegolezzi e di scandali ha raccolto con cura gelosa cento particolari che passerebbero inosservati se non fossero preziosi per la sua malignità!...
(animandosi grado a grado con amara ironia).
Stasera...
un'amica...
fra un sorriso e una stretta di mano mi parlava di un uomo...
che passa le notti sotto le mie finestre...
Ebbene, il mondo sorriderà nel ripetere la notizia...
come sorrideva la mia amica!...
Soltanto non si curerà di nascondere i denti con cui lacera tutto quello che c'è di più delicato nella donna...
e aggiungerà che se quest'uomo ha seguita questa donna da Milano a Firenze non sarà senza una ragione...
anzi c'è tutto a scommettere che egli non perda il suo tempo!...
ALBERTO (con impeto).
Il mondo è vile!
ADELE (con dignità).
Lo so!...
Ma il mondo è forte della sua viltà, si nasconde dietro quella nebbia che si chiama voce pubblica ed ha una logica terribile!
ALBERTO (dopo aver esitato).
Ebbene...
gli si dica che quest'uomo è pazzo...
gli si dica che è un poeta!...
Il mondo si vendicherà col ridicolo della maldicenza che gli sfugge.
ADELE (stendendogli la mano).
Signore!...
Ella mi ha fatto un gran male senza saperlo...
ma nello stesso tempo mi ha dato prova della sua lealtà!...
Signore! Io sono una povera orfana.
Da bambina ho provato tutti i mali di questo triste isolamento...
Ho molto sofferto, ho pianto molto!...
Non ho avuto altro conforto, altro amore che questa arte che forma il mio orgoglio ma è per me un altro motivo di debolezza.
Son sola, sono artista, l'ultimo imbecille si crede in diritto d'insultarmi col suo oro!...
Ecco quello che sono, signore! Sono stimata meno di una donna e la mia riputazione dev'essere al di sopra di quella di una duchessa!...
Oh, signore!...
è ben triste! non è vero?...
ma è così!...
Dica a quell'uomo che sia generoso...
che parta...
che abbandoni Livorno...
Ci sarà una donna che lo ringrazierà da lontano...
se ciò gli costerà qualche sacrificio!
ALBERTO (alzandosi bruscamente, ma risoluto).
Partirà, signora!...
Addio!
ADELE (lo segue collo sguardo, esitante, commossa).
Signore!
ALBERTO (volgendosi, anch'egli assai commosso).
Che volete dippiù, signora?
ADELE Voglio che mi perdoniate le parole di poco fa...
e che ci lasciamo amici!...
ALBERTO Se c'è qualcuno che ha bisogno di esser perdonato son io!...
Non ho che una parola di giustificazione: son poeta...
son matto!...
Ho qui nel petto questa lebbra che ci rode e ci rende miserando spettacolo al vulgo degli scioperati!...
Se vi ho fatto del male accusatene questa follia che ha la stranezza di adorare alla sua maniera e di bruciare l'incenso alla sua divinità senza curarsi del mondo!...
Accusatene questa febbre che mi arde le vene, questa larva che mi abbacina gli occhi, questo delirio che sconvolge la mia ragione! Accusatene voi, il giorno in cui vi vidi, questo istante in cui vi sto dinanzi! Accusatene i miei occhi che vi vedono, la vostra voce che mi parla, il mio cuore che divora la vostra bellezza da tutti i sensi del mio corpo! (amaramente) È un'infermità! una terribile infermità!...
Bisogna guarirne e partire.
ADELE (commossa, esitante), Quando partirete?
ALBERTO Domani, col primo treno.
ADELE (c.s.).
Dove andrete?...
ALBERTO Non lo so.
ADELE (con crescente commozione).
Ci rivedremo?
ALBERTO Forse.
ADELE (c.s.).
Saremo amici?
ALBERTO No.
ADELE Perché?
ALBERTO Non potrei che odiarvi se non posso amarvi.
Addio!
ADELE (come fuori di sé, quand'egli è sulla soglia).
Signore...
Non mi lasciate così, signore! (pausa - indi avvicinandosi lentamente ad Alberto colle lagrime agli occhi).
Siete cattivo, signore!...
Vi ho domandato il vostro perdono...
e voi mi lasciate in collera!...
ALBERTO Io!...
Dio mio!
ADELE Ma se il mondo avesse torto?...
Se il mondo fosse troppo meschino per giudicarci e condannarci?...
e allora perché tanti dolorosi sacrifici di cuore?...
ALBERTO (commosso).
Ah! voi dubitate di questo famoso giudizio del mondo?!...
ADELE (con incantevole abbandono).
Adesso...
sì!...
ALBERTO (con entusiasmo).
E credete che ci sia una felicità al di sopra della sua condanna?!...
ADELE (dandogli le mani con abbandono).
Ho bisogno di crederci!
ATTO TERZO
Giardino invernale pieno di luci e di colori.
SCENA I
Alberto dalla destra, Adele dalla sinistra.
ALBERTO M'avete fatto chiamare?
ADELE Sì.
Ho visto aprire le vostre finestre che ancora non era giorno, e desideravo vedervi prima che foste uscito.
ALBERTO Che! Levata a quell'ora!...
Ma voi ammalerete, Adele!...
Quale pazzia?
ADELE (con grazia un po' amara).
Non me la rimproverate, Alberto!...
Perché c'è stato un tempo quando di tali pazzie ne abbiamo fatto insieme!...
(cambiando discorso con uno sforzo penoso, ma con grazia).
Ma voi non mi avete dato il buongiorno, signore!
ALBERTO (badandola in fronte ma con freddezza).
Ecco!
ADELE Non sedete un momento? Avete fretta?
ALBERTO (freddo e pensieroso).
Oh...
no...
ADELE Abuso del vostro tempo?
ALBERTO (c.s.).
Oh...
tutt'altro!...
Voi lo sapete.
ADELE (con grazia e passione).
Sono forse esigente!...
Bisogna perdonarmi...
Che volete...
mi avete avvezzata così male!...
(ravviandogli i capelli).
Come siete diventato, Alberto!...
Voi trascurate orribilmente i vostri capelli...
i vostri vestiti...
ALBERTO (c.s.).
Davvero?...
ADELE Sì, proprio!...
Non vi si riconosce più!...
Non pensate che alla caccia...
e andar fuori...
a divertirvi...
ALBERTO (come uomo mortalmente annoiato) Se sapeste come mi diverto, Adele!
ADELE (con segreta amarezza).
Vi annoiate?
ALBERTO (c.s.).
Oh!...
assai!...
(riprendendosi).
All'infuori di quando sono presso di voi.
ADELE (vivamente e con grazia).
Chi vi manda via signore?
ALBERTO (imbarazzato).
Ah, temo di annoiare anche voi.
ADELE (con amarezza mal repressa).
Oh! quanti timori!...
(rimettendosi, con grazia).
Ma sapete, signore, che io son gelosa dei divertimenti che vi procurate senza di me!...
Oh, dico per ischerzo, sai!...
Che hai fatto ieri? (prendendogli le mani).
ALBERTO (freddo).
Una visita al podere di uno dei nostri amici.
ADELE Tornasti assai tardi.
ALBERTO È vero.
ADELE Dopo le due.
ALBERTO Come lo sai?
ADELE (con grazia).
Ero lì ad aspettare.
ALBERTO (con mal dissimulato dispetto).
Un'altra bambinata!
ADELE (con amarezza).
Ah!...
bambinata!
ALBERTO (c.s.).
Perché darvi la noia di aspettarmi?
ADELE (c.s.).
Ma io non mi annoio aspettandovi, signore!
ALBERTO (c.s.).
Questo è un modo indiretto di rimproverarmi la mia tardanza...
e un uomo di cuore...
ADELE (con amarezza).
Ah!...
giacché voi avete cuore!...
vi ricorderete che io non vi ho mai detto una sola parola...
(riprendendosi e con affetto).
Ho avuto torto...
ma non sai...
Non è mia colpa...
La notte, prima che oda rinchiudere il cancello...
prima che oda il tuo passo nel viale...
mi sembra che mi manchi qualche cosa...
e non posso dormire...
(con grazia affettuosa).
ALBERTO Permettetemi di dirvelo, mia cara, questa è un'affezione che somiglia alla tirannia...
ADELE Oh!!!
ALBERTO (rimettendosi e stringendole la mano).
Perdonatemi, Adele!...
Sapete che qualche volta sono così fuori di me!...
Ho tanti pensieri, tanti fastidi pel capo!...
ADELE Perché non confidarmeli?
ALBERTO Che potreste farci?
ADELE Un tempo vi era di conforto soltanto il confidarmeli!
ALBERTO Ma lo so io stesso?...
tante esigenze della vita!...
Bisogna pure ricordarsi che al di fuori di questa casa c'è un mondo con altre leggi ed altre esigenze!...
ADELE Io son più fortunata di voi, giacché il mio mondo finisce al cancello del giardino; è tutto qui!
ALBERTO Però converrete, amica mia...
che anche un paradiso a lungo andare...
e lo star sempre in campagna...
stanca orribilmente!...
ADELE Siete stanco?
ALBERTO (imbarazzato)...
Di star in villa...
sì.
ADELE Dicevate di volerci passare la vita!
ALBERTO Pazzie!
ADELE Ah!...
ALBERTO Che avete?...
ADELE Nulla!...
E quando volete partire?
ALBERTO Ma quando vorrete.
Sapete bene che non ho altra volontà che la vostra.
ADELE Che faremo? Dove andremo?
ALBERTO Non lo so...
Dove vanno tutti...
Faremo quello che fanno gli altri...
Purché si cambi!
ADELE Ah!
ALBERTO Mio Dio! perdonatemi, Adele! Sono orribilmente noioso oggi!...
Perdonatemi! è perché sono orribilmente annoiato!
ADELE Di me?...
ALBERTO Oh, no!
ADELE Ebbene! Facciamo i nostri castelli in aria per quest'inverno onde distrarvi (prendendogli le mani con grazia ed affetto; vedendolo che osserva l'orologio, con amarezza).
Che ore sono?
ALBERTO Le otto.
ADELE Il vostro appuntamento è per le otto?
ALBERTO Sì.
ADELE Andate a caccia?
ALBERTO Sì.
ADELE Sarete in molti?
ALBERTO Non molti; i nostri vicini di villeggiatura soltanto: Paolo, il commendatore Gaudenti, e il cavalier Falconi.
ADELE Ah!...
anche il cavaliere?
ALBERTO Che volete, il cavaliere è fatto di quella gomma elastica di uomo di buona società che si adatta a tutte le situazioni più scabrose ed è impenetrabile a tutte le ingiurie.
La prima volta che ci siamo incontrati il cavaliere mi ha steso la mano come se nulla fosse stato.
Non c'è verso di schiaffeggiare un uomo che vi disarma col sorriso.
ADELE E le loro signore?
ALBERTO Verranno anch'esse a raggiungerci laggiù, presso la crocevia che è il nostro ritrovo di caccia...
(imbarazzato).
Non vi ho pregato di venirci anche voi perché so che sarebbe stato inutile...
Vivete così ritirata!...
ADELE (reprimendo un sospiro).
Infatti...
ALBERTO (dopo una pausa imbarazzante, esitante e commosso).
Se ho avuto torto perdonatemi!
ADELE No, no mio buon Alberto!...
Voi non avete torto...
anzi vi son grata della delicatezza con cui cercate di risparmiarmi tutte le umiliazioni che colpiscono la mia posizione...
Questa posizione io la conosco; l'ho accettata con tutte le prove e le amarezze che l'accompagnano...
(stendendogli le mani) e non me ne pento!
ALBERTO (baciandole la mano).
Grazie, Adele!
ADELE (vivamente, mettendogli le mani sulla bocca).
Oh, no!...
Non mi dire questo, per carità!...
Tu non sai quanto male mi faccia!
ALBERTO Che?...
ADELE (come lasciandosi trasportare).
Oh, lasciami rammentare il tempo quando tu non mi ringraziavi dei sacrifici che ti facevo!...
quando il tuo amore era sì ardente che era egoista, e mi chiedeva inesorabilmente il mio onore, la mia riputazione, la mia vergogna!...
ed io ero felice di darti tutto perché così non mi rimaneva più che il tuo amore!...
Oh, perdonami, Alberto!...
Ti sei fatto triste!...
Non badare a me, sai!...
Son fanciullaggini!...
Divertiti alla caccia...
non pensare che ho pianto...
Oh! ti giuro che sono allegra...
Vedi? sorrido!...
Divertiti...
Poi, quando sarai tornato, lì, accanto al fuoco, mi narrerai com'è andata la caccia.
(con sforzo penoso e sorridendo fra le lagrime) Ben inteso che mi tacerete se avete fatto il galante con quelle signore!
ALBERTO (crucciato internamente come da un rimorso).
Oh, Adele!...
ADELE È così!...
fanciullo che siete! Un cattivo scherzo di nervi di donnicciuola vi rende melanconico!...
E sì che dovreste rimproverarmi perché non sono ragionevole!...
Via, ecco, vi prometto di esser buona.
Che mi porterete voi in premio? Non vi chiedo molto, sapete...
Un fiore, un filo d'erba che avrete portato all'occhiello del vostro vestito tutta la giornata per mia memoria...
ALBERTO Così poco!...
ADELE Oh, mio Dio! E vi par poco!...
(con dolore).
Come siete diventato, Alberto!...
ALBERTO Perché mi dite questo, Adele?
ADELE Perché il cuore non vi ha detto che io indovinerò dove andrete a raccogliere quel fiore per me.
ALBERTO Ma dapertutto dove ne troverò dei più belli!
ADELE (con tristezza).
Speravo che aveste pensato semplicemente a quella siepe fiorita, laggiù, presso il mulino, che ci riparò colla sua ombra tante volte e dalla quale voi coglievate quei gentili fiorellini che mettevate colle vostre mani fra i miei capelli.
ALBERTO Ebbene, se ciò vi fa piacere io ci anderò.
ADELE (con amarezza).
È inutile giacché il cuore non ve l'ha suggerito!
ALBERTO Ma che!...
Voi piangete, Adele!...
Per un capriccio!
ADELE Un capriccio!...
Oh, perdonatemi! Come son cattiva oggi!
SCENA II
Giulietta e detti.
GIULIETTA La signora Avellini domanda se madama può riceverla.
ALBERTO (con moto involontario di sorpresa).
Come!...
ADELE La signora Avellini!...
Una visita a me.!...
Che ne dite, Alberto?
ALBERTO (imbarazzato).
Ma...
veramente...
non saprei...
ADELE (a Giulietta).
Ha chiesto proprio di me?
GIULIETTA Sì, madama.
ADELE Sa che sono in casa?
GIULIETTA Gliel'ha detto il giardiniere,
ADELE (consultando Alberto).
Come si fa a non?...
ALBERTO (c.s.
e guardando l'orologio)...
Ma...
io...
ADELE (dissimulando una tinta di amarezza).
Forse si fa tardi per voi...
Riceverò io quella signora.
Non vi fate aspettare.
ALBERTO Grazie...
Anzi...
per far più presto, anderò via da quella parte (accennando la terrazza).
Addio.
ADELE (con tristezza).
Addio.
(a Giulietta).
Fate entrare.
(Giulietta via).
Ah! Dio mio!
SCENA III
Lucrezia e Adele.
LUCREZIA Madama, io vengo a farle le mie lagnanze! Come! Siamo vicini di campagna da tanto tempo e non ci siamo viste una sola volta!...
e senza una fortunata combinazione non avrei saputo che a due passi della nostra brigata d'amici ce n'era un'altra delle amiche che non si curava di cercare di noi, e di farci sapere che esisteva!...
Sarebbe in collera con noi? Perché? Non saprei; ma se abbiamo dei torti vengo a scusarmene, e se no vengo a perdonare il suo e ad esigerne riparazioni!...
Mentre tutti gli altri corrono alla caccia, io che non mi ci diverto gran che son passata dal suo villino, il suo giardiniere mi ha detto di averla vista su quella terrazza fin dall'alba, quindi non corro rischio di essere importuna che a metà...
e tant'è l'occasione di vederla non ho voluto lasciarmela scappare.
ADELE (tentando dissimulare la sua aria melanconica).
Madama, ella è stata troppo buona a rammentarsi di me, e questo solo mi dà torto...
Ma vivo così ritirata!...
LUCREZIA Io ho però la pretensione di rompere il suo ritiro.
Che vuole? Ho l'ambizione di essere sua amica un po' più delle altre (offrendole la mano).
Non vuole?
ADELE Grazie! e di tutto cuore!
LUCREZIA Veramente nella mia amicizia c'è un po' d'egoismo.
Vede bene che non mi faccio migliore di quel che sono.
Tutti quelli che mi stanno d'attorno sono talmente occupati di sé stessi o degli altri che quando non sono con mio marito mi sento più sola che mai...
e la mia felicità si annoia a star sola! (con grazia).
ADELE (con triste sorriso).
Oh, ella le procura una ben triste compagnia!
LUCREZIA Come? Non è felice anche lei? Che le manca? (prendendole la mano).
Così bella!...
Tutto deve sorriderle!...
ADELE (dissimulando la sua tristezza con un sorriso).
Mi manca un poco della sua felicità, madama!
LUCREZIA (con grazia).
Oh! Io non gliene do davvero! Ne sono avara!...
Mi dicono ch'è così capricciosa la felicità!...
È vero?
ADELE (con un sospiro).
È vero!
LUCREZIA (c.s.).
Ma io la tengo pei capelli...
Paolo mi aiuta del suo meglio...
e un angioletto di sei mesi stende dalla culla le sue manine per aiutarmi anche lui.
ADELE Ella ha ragione di esserne gelosa della sua felicità...
Perché è assai rara.
LUCREZIA Non è vero che la mia è migliore di quella che tentano di darsi gli altri?...
Perché certi legami quando non sono di rose son catene da galera.
ADELE (come colpita dolorosamente).
Ah!
LUCREZIA Eh! La contessa e il cavalier Falconi lo sanno! Poverini! Si son messi la catena al collo senza avere la menoma stima l'uno per l'altro...
prendendosi dal lato peggiore, quello del capriccio e della vanità...
e ora si ingegnano di svincolarsene senza darvi uno strappo, senza fare una graffiatura all'epidermide del loro amor proprio, ch'è assai suscettibile...
ciò ch'è difficile...
è un vero inferno! Un inferno però mascherato di sorrisi e di parole gentili.
ADELE Una tortura!
LUCREZIA Non è vero? Inferno per inferno preferisco quello che regna tutti i giorni in casa di mia madre dacché ha sposato il commendator Gaudenti.
Quelli lì almeno si sfogano in gridori ma non ci sono ipocrisie!
ADELE Ah! il commendatore che sembrava così buono!...
LUCREZIA Non lo è che a tavola.
Del resto dacché è diventato il padrone dispotizza in casa, ma, poverino, la paga anche cara: giacché la mamma s'è fitta in capo di esser gelosa di lui!...
Sì, sì proprio gelosa!...
gelosa come potrei esserla io...
come potrebbe esserla lei.
ADELE (con dignità).
Madama, io non ho il diritto di essere gelosa...
poiché non ne ho l'occasione...
LUCREZIA Oh!...
Mi perdoni!...
Non ho inteso...
ADELE (reprimendo un sospiro).
Ne son persuasa.
LUCREZIA (sorridendo e porgendole la guancia).
La prova.
ADELE (baciandola).
Ecco!
LUCREZIA Alla buon'ora!...
Ma che ha? Mio Dio!...
Avrei avuto la disgrazia di rattristarla coi miei discorsi?...
ADELE (sorridendo tristamente).
Ohimè, signora! Si dice che nella vita non ci sia di vero e di duraturo che il dolore...
ma, ad ogni modo la felicità dev'essere ben rara e ben fugace se tutti lo dicono!...
Ella non ha raccontato che la storia di tutti i giorni, e di tutti...
eccetto le rare eccezioni che, come lei, provano non essere un nome vano codesta felicità...
ma bisogna saperla cercare...
LUCREZIA Veramente io non ci ho avuto un gran merito.
Me la son trovata fra i piedi...
Ma adesso che l'ho trovata non me la faccio sfuggire.
ADELE (con interesse).
Come farà?
LUCREZIA Amerò sempre mio marito.
ADELE Non basta.
LUCREZIA Egli mi amerà sempre.
ADELE Sempre?
LUCREZIA Sì, sempre! In un altro modo, ma sempre.
Non sono la madre di suo figlia, la donna che porta il suo nome, l'altra metà della sua famiglia, la sua confidente, la sua amica?
ADELE (tristamente e sopra pensiero).
È vero!
LUCREZIA Non saremo due amanti ma saremo la stessa persona.
In confidenza, poi, io credo che amarli troppo si guastino codesti signori uomini.
Bisogna tenerli a stecchetto, poiché sotto il pretesto di aver più testa di noi donne hanno meno cuore...
non ne hanno che un briciolino così...
e per giunta hanno il coraggio di fare i prodighi! i generosi...
Diventano cattivi, egoisti, ingiusti, stupidi...
ADELE (c.s.).
Oh!, mio Dio! come tutto ciò è triste!
LUCREZIA Ma è vero.
ADELE (c.s.).
Forse...
LUCREZIA Sì, egoisti, ingiusti e cattivi!...
Arriverebbero ad odiarci perché noi li amiamo ancora quando essi non ci amano più!
ADELE (vivamente e quasi con le lagrime agli occhi).
Oh! no!...
non può essere!...
È orribile! Sarebbe un'infamia!
LUCREZIA Non abbiamo il diritto di chiamarla anche così perché essi hanno il privilegio dei grandi paroloni...
Però quando si sa prenderli...
codesti animali feroci che ci spezzerebbero il cuore senza un rimorso...
non romperebbero un riccio di capelli con cui si saprebbe legarli mani e piedi...
(con un sorriso maligno) Tutto sta a saperli legare!
ADELE (amaramente e come rispondendo ad un intimo pensiero).
A che legarli...
legare un cadavere!...
LUCREZIA (c.s.).
Non un cadavere, ma un ladro!
ADELE (vivamente e come colpita da quella parola).
Non è vero che è un furto, un'infamia, toglierci la pace del cuore, la riputazione, il sorriso, la fede, tutto quello che abbiamo di buono, tutto quello che abbiamo di santo?...
Non è furto quando si sa che quell'amore in cambio di che ci lasciamo togliere tutto, non durerà sempre, non potrà darcelo che un giorno...
dei mesi, degli anni...
ma che non sarà per sempre?...
Ma si sa questo?...
Quando si dà il cuore si è così felice che si crede quella felicità debba essere eterna! (con scoppio di amarezza) Ah! gli amori eterni! Ci si crede ancora quando l'anima è sazia, stanca...
Si ha bisogno di crederci per debito di lealtà e di coscienza!...
Ahimè! quando l'amore è morto!...
E allora accade qualche cosa di più straziante ancora...
le ipocrisie dell'affetto, la menzogna del sorriso, i tentativi, le invocazioni di quell'amore che si cerca con baci disperati da labbra di ghiaccio!...
Oh! Dio! Ma morire mille volte!...
Ma fuggire, strapparsi dal petto il cuore, l'angoscia, anziché assistere a questo spettacolo!...
LUCREZIA Oh! mio Dio! com'è commossa!...
ma che razza di discorsi andiamo facendo!...
ADELE È vero, sarà questo tempo orribile che mi dà sui nervi...
(suona), che cattiva giornata...
per i cacciatori!
SCENA IV
Giulietta e detti.
GIULIETTA Signora?
ADELE Fate entrare un po' d'aria.
Si soffoca qui!...
(a Lucrezia sorridendo).
E questi benedetti nervi ci fanno dei brutti scherzi!...
Come siamo matti e come siamo deboli!...
che c'importa di tutti questi discorsi a lei ch'è così felice...
e a me...
che non ho di che lagnarmi?...
(a Giulietta) Piove?
GIULIETTA (dopo aver aperta l'invetriata della terrazza).
A momenti sarà un diluvio! Ecco una carrozza con delle signore che scappa a tutta corsa per i primi goccioloni.
Viene qui, ha passato il cancello.
ADELE Delle signore!...
GIULIETTA Mi sembra anche di averle riconosciute.
LUCREZIA Saranno le nostre cacciatrici che son cacciate a lor volta dalla pioggia.
Mia madre e la Contessa Baglini.
ADELE (imbarazzata).
Ah!...
da me!...
Veramente...
sono lietissima...
(a Giulietta).
Andate a ricevere quelle signore.
(Giulietta via).
LUCREZIA (affacciandosi inquieta alla terrazza).
Ma i signori cacciatori dove saranno con questo bel tempo?...
È un vero finimondo! Glielo avevo pur detto a Paolo di rimandare codesta maledetta caccia ad un altro giorno...
Ma nossignore! s'ha a fare il gradasso...
anche a rischio di buscarsi una infreddatura e peggio!...
Lui! un avvocato!...
Mi vuol sentire il signor avvocato!
SCENA V
Giulietta, quindi la contessa Baglini e la signora Merelli.
GIULIETTA La signora Merelli e la contessa Baglini.
CONTESSA Cattiva! cattiva! signora cattiva! (ad Adele) È proprio il caso di dire: Ci volle un temporale!
SIG.RA MERELLI (con ironia e doppio senso ipocrita).
Madama, le domandiamo perdono se costretti dalla pioggia...
E la prego di credere che senza questa ragione non avremmo osato...
essere indiscreti...
ADELE (con dignità).
Nessuna indiscrezione, madama!
SIG.RA MERELLI (c.s.) Chiamiamola importunità!...
Sappiamo che non riceve nessuno...
e...
ADELE (c.s.).
Gli amici sì! E son lieta di riceverla in casa mia.
SIG.RA MERELLI (a Lucrezia con significazione).
Ah! tu qui?
LUCREZIA Fra il vostro antipatico divertimento e il piacere di rivedere un'amica...
che non si degnava di farsi viva, non ho esitato.
CONTESSA Come va? Sempre bella! Sempre adorabile!...
Non la si vede più...
è un vero ritiro...
Ma però non si ha il diritto di essere egoisti a questo segno! Non è vero, signora Merelli?
SIG.RA MERELLI (con ipocrita reticenza).
Ma...
secondo le circostanze!...
ADELE Il mio egoismo è così innocuo...
CONTESSA I suoi amici non la pensano così! Egoismo di felicità presente o egoismo di dolci memorie; qualche cosa ci deve essere per vivere così ritirata...
Noi ce ne intendiamo!...
noi che abbiamo avuto la nostra luna di miele...
Ch'è passata.
SIG.RA MERELLI Pur troppo!
ADELE (sforzandosi a sembrare gaia).
Ma non si direbbe nemmeno...
alla sua aria...
O c'è un crepuscolo di luna tramontata che somigli molto ad un'aurora.
CONTESSA Crepuscoli! crepuscoli!...
Eh! bisogna contentarsi di questi, tanto per non dare il gusto di vederci afflitte a quei nostri che hanno messo lo spegnitoio su quello straccio di luna.
Oh! gli uomini!
SIG.RA MERELLI Birboni! birboni e poi birboni! Non c'è da fidarsi nemmeno di...
A momenti la dicevo proprio grossa!
LUCREZIA Via! Via non li maltrattiamo tanto!...
o almeno facciamo delle eccezioni.
SIG.RA MERELLI A tuo beneficio?
LUCREZIA Ebbene! sì! a mio beneficio!...
Io so di chi fidarmi.
SIG.RA MERELLI Se non è, te l'auguro...
Ma sarà un miracolo.
CONTESSA Non è un miracolo ma è una rarità: specie marito-filosofo, e per giunta avvocato; la legalità a braccetto dell'amore e della flemma, stavo per dire indifferenza, filosofica.
Ma, mia cara, le rarità hanno il difetto di essere rare...
e noi non siamo state fortunate.
ADELE La fortuna è cieca: ecco perché s'è sbagliata (con grazia alla contessa).
CONTESSA Ahimè! non ho neanche questa scusa...
Non avrei avuto lo spirito di ravvisarla; mi fosse anche passata sotto gli occhi...
(con doppio senso ironico) e non mi sono curata di lei! Colpa della società in cui viviamo.
Siamo così capricciose, così leggere, così vane noi donne del nostro mondo! Non ci seduce che ciò che brilla...
senza pensare che può anche essere orpello; e allorché ci diamo vinte bisogna che la reputazione d'irresistibile del vittorioso don Giovanni ci salvi dall'onta della sconfitta.
Noi giochiamo ad un giuoco pericoloso; ecco perché ci tagliamo le mani con le stesse nostre armi.
Don Giovanni si renderebbe ridicolo se divenisse un marito modello, e la prima ballerina ha il diritto di distrarlo.
SIG.RA MERELLI (vivamente).
Come! Come! Ah! vorrei vedere! Il diritto!...
il diritto di distrarlo!...
Ma io vorrei che il mio signor marito si provasse a metterlo avanti cotesto diritto!
CONTESSA Oh, madonna...
io non ho parlato del commendatore...
quello lì è un uomo serio...
un futuro senatore...
e barone.
SIG.RA MERELLI Eh! so io!...
so io di che è capace il signor senatore in erba...
adesso che ne ha molti da spendere...
e certe sguaiate corrono dietro i portafogli vigenti...
E dovrei con i miei denari!...
Ma io...
sarei capace di fare un eccesso!...
CONTESSA Ma, cara mia, sarebbe fare troppo onore a certa classe di donne!...
Noi non abbiamo il diritto di essere gelose che delle baronesse in un...
(come riprendendosi ad Adele) Ah! perdono...
madama!
ADELE (con dignità, sorridendo).
Fortunatamente, signora, se non ho l'onore di essere una baronessa non ho neanche l'occasione di essere gelosa.
CONTESSA Oh! Fortunata lei!...
Ma se le somigliassi non lo sarei nemmeno io!
SIG.RA MERELLI Grazioso quel diritto! Io non sono di manica così larga, io! Il meglio mi sembra né baronesse né ballerine.
CONTESSA Chi dice di no? Ma il meglio è nemico del bene.
Che farci?
SIG.RA MERELLI Eh! so ben io! Sono un agnellino, sono una colomba, ma su questo particolare divento una tigre!
CONTESSA Peggio! Una donna in collera è così brutta!...
E noi abbiamo bisogno di piacere!
LUCREZIA Il meglio si è di lasciare stare i Don Giovanni nei romanzi.
CONTESSA Ma come? Dacché i signori hanno messo i romanzi in pratica!...
e ci rappresentano anche la loro parte, la parte peggiore, in fede mia! Giacché, bisogna convenirne, signore mie, i nostri Don Giovanni della buona società saranno fatui, saranno volubili, ci faranno arrabbiare di gelosia, ma noi li paghiamo di rimando colla stessa moneta...
li castighiamo colle stesse debolezze...
li rendiamo innamorati, gelosi, disperati...
Essi ci adulano, ci corteggiano, strisciano ai nostri piedi, son capaci di un'infedeltà ma non di un abbandono.
Ma quei signori poeti! (marcatamente) cuori di bolle di sapone, immaginazioni epilettiche, noiosi e annoiati!...
che ci amano dall'alto, ci stimano meno dei loro versi, ci accarezzano per fare il solletico alla loro musa, ci parlano senza ascoltarci e ci chiudono la bocca con un bacio quando vogliamo mischiare qualche parola ai loro vaneggiamenti!...
Oh, io non vorrei saperne!...
Me li vedessi ai piedi esalarmi lo spirito in versi endecasillabi...
Poiché essi sono pericolosi, quei signori!...
Hanno le attrattive di ciò ch'è strano...
e noi siamo così leggiere! Il loro fascino sta appunto nell'esaltare la nostra immaginazione...
Noi arriviamo a crederli semidei...
e questi semidei cristophle ci voltano le spalle e si avvolgono maestosamente, nelle loro nuvole di fisime!...
Non è vero tutto ciò signora? (alla Landi).
ADELE (con dignità).
Contessa, mi permetterà di trovare la sua domanda alquanto strana.
CONTESSA (affettando ingenuità).
Mio Dio! Me ne appello a lei perché è artista, e deve conoscere i poeti e avere in petto un po' del loro cuore...
Ma sarà sempre cuore di donna e farà la nostra causa.
ADELE (con dignità e sorridendo con lieve ironia).
Ella ne ha parlato con tanta conoscenza che deve averli studiati assai meglio di me!
CONTESSA (ironica), Sì, un poco.
Ma da lontano e per curiosità.
ADELE (c.s.).
Sarà dunque quistione d'ottica.
I semidei stanno così in alto!
CONTESSA (piano alla Merelli).
Insolente!
LUCREZIA Avvocati vogliono essere, avvocati! e non don Giovanni, né poeti!
CONTESSA Oh, se i don Giovanni a lungo andare non divenissero uggiosi!
SIG.RA MERELLI Oppure se certi altri di mia conoscenza fossero meno scapestrati!
CONTESSA Del resto, mie care, in confidenza possiamo dirlo: noi non abbiamo il diritto di sparlarne tanto di cotesti signori uomini...
dacché non ci curiamo più di loro.
LUCREZIA Oh! signora!...
CONTESSA Mia cara Lucrezia non parlo per le spose la cui luna di miele dura degli anni.
Quanto a me ne ho abbastanza della mia!...
e per farla risorgere non muoverei un dito.
SCENA VI
Giulietta e detti.
GIULIETTA I signori cacciatori!
CONTESSA Oh! bravi! È il maltempo che ce li manda.
Saranno bagnati fradici! Ci ho gusto!
LUCREZIA Io no, davvero!
SIG.RA MERELLI Che razza di gusti! Non ci mancherebbe altro che una buona malattia del mio signor marito adesso! Ne ho abbastanza di decotti, in fede mia!
LUCREZIA (al balcone).
Non piove più!
CONTESSA Temporale d'estate! Ah, se le tempeste del cuore durassero così poco!
SCENA VII
Alberto, Paolo, il commendatore Gaudenti, il cavalier Falconi e detti.
CONTESSA Oh! Oh! Signori!...
eccovi qui!...
come è andata? Che cera scontenta...
sant'Uberto non è stato propizio.
FALCONI Al contrario! Ci procura una sì bella fortuna!...
(inchinandosi ad Adele con galanteria), che saremmo assai ingrati se ci lamentassimo.
ADELE (alla contessa).
Il cavaliere è più galante che mai! Gliene faccio i miei complimenti...
CONTESSA Non li merito davvero...
e non vorrei assumerne la responsabilità.
FALCONI (alla contessa).
Ah! mia cara! Come il matrimonio vi ha reso caustica! (volgendosi ad Adele) Spero almeno che madama sia più indulgente di voi...
son davvero felice...
ringrazio la fortuna che mi ha procurato il piacere...
l'onore...
di presentarle i miei umili omaggi.
ADELE (ironica).
Signore!...
CONTESSA Oh! Signor Giliotti!....
che viso scuro!...
dev'essere assai contrariato della cattiva riuscita della caccia!...
(con malizia).
ALBERTO No, contessa...
Non sono più cacciatore degli altri.
PAOLO Eppure vai a caccia più spesso degli altri!
LUCREZIA Tutti i giorni! E il mio signor marito s'ingegna d'imitarlo!
CONTESSA (con ironia e doppio senso).
Eh! peggio! Ardore di novizio...
o uomo annoiato che ha bisogno di distrarsi (sogguardando Adele con malizia).
ADELE (reprimendo un sospiro).
Ah!
ALBERTO (sforzandosi di sembrare allegro, con galanteria, ma imbarazzato).
Ma, contessa, io avrei torto a cercare altre distrazioni, quando sono in così bella compagnia!
CONTESSA (c.s.).
Grazie!...
e per tutti! (prendendo Adele per la mano e Lucrezia per l'altra) Adesso siamo sicuri che quei gentili cavalieri non ci lasceranno più sole!...
e anche lei, signor poeta, ci farà il sacrificio di Sant'Uberto, tanto più che gli ha procurato l'occasione di rivedere la nostra eccellente amica che si nascondeva...
cattiva!
ALBERTO (imbarazzatissimo).
Oh!...
contessa.
CONTESSA (passando accanto alla Merelli, sottovoce).
L'ha visto com'è imbarazzato! Non sa che dire!
SIG.RA MERELLI (c.s.) Eh! via, fingiamo di non saper nulla! Come me la godo a metterli in imbarazzo tutt'e due!...
Quella superba che crede tutti gli uomini debbano andare pazzi per lei!
GAUDENTI Però Sant'Uberto non mi coglie più! Bel divertimento, in fede mia! Un diavolo d'acquazzone! Romperci il collo correndo di su e di giù inutilmente! una magnifica colazione perduta e doverci contentare in cambio di una frittata di uova, in una cattiva osteria ove ci affumicarono come salami sotto il pretesto di far asciugare i nostri vestiti!...
Ne ho abbastanza di Sant'Uberto, in parola d'onore!
SIG.RA MERELLI Ci ho gusto! Ci ho proprio gusto! Se mi aveste dato retta avreste avuto la vostra buona colazione, le vostre brave pantofole accanto al fuoco...
GAUDENTI Al diavolo le vostre pantofole! Se vi dessi retta dovrei passarci la vita in quelle maledette pantofole!
SIG.RA MERELLI Eh! sappiamo come vorreste passarla la vostra vita! (piano)...
a fare il rompicollo, a fare lo scapestrato, il donnaiuolo!...
E queste cacce non sono altro che un pretesto per correr dietro alle contadine...
Vergognatevi.
GAUDENTI (piano).
Ma cara, vi avverto che quando ho fatto una cattiva colazione di uova...
non sono molto paziente!...
SIG.RA MERELLI (c.s.).
Ah! Signore!...
e perché vi mostrate così paziente...
allora!...
Se avessi potuto prevedere!...
GAUDENTI (c.s.).Ah! Se avessi previsto anch'io!...
ADELE Commendatore, la sua sposa era così inquieta per lei che bisogna esserle grato della premura...
GAUDENTI Eh! Le conosco codeste premure!...
purtroppo!
SIG.RA MERELLI (piano a Lucrezia).
Se non fossimo qui vorrei fare una scena!
LUCREZIA (indicando Paolo).
Ecco invece un signore che di tali premure non ne ha per la sua signora moglie!...
Non mi ha neppure domandato dove mi cogliesse il temporale!
PAOLO Perdonami, mia cara.
Ti avevo lasciato in compagnia di madama e della contessa e vedi bene non avrei potuto essere inquieto.
LUCREZIA Ma io avevo cambiato idea e non ero andata con quelle signore.
PAOLO (sorridendo).
In tal caso non avrei potuto essere inquieto per quel che ignoravo.
LUCREZIA Già! Non si è avvocati per nulla! Trova risposta a tutto, lei!
CONTESSA La signora Lucrezia è stata assai meglio di noi, ed ha fatto miglior caccia...
(ad Adele con adulazione ironica).
La migliore e la più bella delle amiche! E pensare che siamo passate cento volte dinanzi a questo villino che ce la nascondeva senza sospettare altra cosa se non che fosse un nido d'amore!...
(con doppio senso).
Eppure se avessimo avuto un po' più di immaginativa avremmo dovuto sospettarlo...
ché il nido era degno di lei! (ad Adele con accento lusinghiero ma con malizia) La colpa è tutta sua, signor Giliotti!
ALBERTO Mia?
CONTESSA Sì; ella poeta avrebbe dovuto indovinarlo prima di noi!
ALBERTO (imbarazzatissimo).
Ma io, contessa...
ADELE (reprimendo un sospiro pel contegno di Alberto).
Ah!...
(alla contessa con un sorriso forzato) Il signor Giliotti avrà voluto rispettare il mistero dell'incognito.
CONTESSA (con malizia).
Ah! Signor Poeta!...
Non ci sono che le donne per togliere d'imbarazzo, così alla lesta, gli uomini di spirito!
ALBERTO (ad Adele imbarazzatissimo).
Grazie, madama...
CONTESSA (piano alla Merelli).
Come mi diverto!
SIG.RA MERELLI (c.s.).
È un'immoralità!
PAOLO Vuol dire che quel cervellino di mia moglie ha avuto il torto di non badarci a questo mistero! E tocca a me fargliene le scuse.
CONTESSA E ha fatto bene!
ADELE (con forzata allegria).
E ha fatto bene, perché il mistero non esisteva...
che come immagine poetica.
CONTESSA (ad Alberto, scherzando ma con malizia).
Questo è un modo di farle la corte; signor poeta!
LUCREZIA Ed ho fatto bene, perché così eccoci riuniti tutti amici e amiche!
FALCONI Si torna ai bei tempi di Livorno!
LUCREZIA Oh! i tempi felici! Quando il cavaliere scriveva dei proverbi!
CONTESSA E non ne faceva!
FALCONI Oh, quanto a farne domando perdono che ne facciamo un po' tutti...
almeno di quelli colle spine!
SIG.RA MERELLI Certi proverbi sembrano una predizione: "Le rose cascano e le spine rimangono"...
e che spine!
GAUDENTI
...
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