[Pagina precedente]...e ne avrebbe avuto bisogno piú tardi. Cominciò a svestirsi in fretta, tenendo gli occhi fissi a terra, innanzi a sé. Quando la veste le cadde attorno ai piedi, pensò che il ritratto era là e con viva stizza si sentà guardata e commiserata da quegli occhi dolenti, che tanta impressione le avevano fatto. Si chinò risolutamente a raccogliere dal tappeto la veste e la posò senza ripiegarla, su la poltrona a piè del letto, come se la tasca che nascondeva il ritratto e il viluppo della stoffa dovessero e potessero impedirle di ricostruirsi l'immagine di quella morta.
Appena coricata, chiuse gli occhi e s'impose di seguire col pensiero il marito per la via che conduceva alla stazione ferroviaria. Se l'impose per astiosa ribellione al sentimento che tutto quel giorno l'aveva tenuta vigile a osservare, a studiare il marito. Sapeva donde quel sentimento le era venuto e voleva scacciarlo da sé.
Nello sforzo della volontà , che le produceva una viva sovreccitazione nervosa, si rappresentò con straordinaria evidenza la via lunga, deserta nella notte, rischiarata dai fanali verberanti il lume tremulo sul lastrico che pareva ne palpitasse: a piè d'ogni fanale, un cerchio d'ombra; le botteghe, tutte chiuse; ed ecco la vettura che conduceva Vittore. Come se l'avesse aspettata al varco, si mise a seguirla fino alla stazione: vide il treno lugubre, sotto la tettoja a vetri; una gran confusione di gente in quell'interno vasto, fumido, mal rischiarato, cupamente sonoro: ecco, il treno partiva; e, come se veramente lo vedesse allontanare e sparire nelle tenebre, rientrò d'un subito in sé, aprà gli occhi nella camera silenziosa e provò un senso angoscioso di vuoto, come se qualcosa le mancasse dentro.
Sentà allora confusamente, smarrendosi, che da tre anni forse, dal momento in cui era partita dalla casa paterna, ella era in quel vuoto, di cui ora soltanto cominciava ad assumer coscienza. Non se n'era accorta prima, perché lo aveva riempito solo di sé, del suo amore, quel vuoto; se ne accorgeva ora, perché in tutto quel giorno aveva tenuto quasi sospeso il suo amore, per vedere, per osservare, per giudicare.
"Non mi ha neppure salutata!" pensò; e si mise a piangere di nuovo, quasi che questo pensiero fosse determinatamente la cagione del pianto.
Sorse a sedere sul letto: ma subito arrestò la mano tesa, nel levarsi, per prendere dalla veste il fazzoletto. Via, era ormai inutile vietarsi di rivedere, di riosservare quel ritratto! Lo prese. Riaccese il lume.
Come se la era raffigurata diversamente quella donna! Contemplandone ora la vera effigie, provava rimorso dei sentimenti che la immaginaria le aveva suggeriti. Si era raffigurata una donna, piuttosto grassa e rubiconda, con gli occhi lampeggianti e ridenti, inclinata al riso, agli spassi volgari. E invece, ora, eccola: una giovinetta che dalle pure fattezze spirava un'anima profonda e addolorata; diversa sÃ, da lei, ma non nel senso sguajato di prima: al contrario, anzi quella bocca pareva non avesse dovuto mai sorridere, mentre la sua tante volte e lietamente aveva riso; e certo, se bruno quel volto (come dal ritratto appariva), di un'aria men ridente del suo, biondo e roseo.
Perché, perché cosà triste?
Un pensiero odioso le balenò in mente, e subito staccò gli occhi dall'immagine di quella donna, scorgendovi d'improvviso un'insidia non solo alla sua pace, al suo amore che pure in quel giorno aveva ricevuto piú d'una ferita, ma anche alla sua orgogliosa dignità di donna onesta che non s'era mai permesso neppure il piú lontano pensiero contro il marito. Colei aveva avuto un amante! E per lui forse era cosà triste, per quell'amore adultero, e non per il marito!
Buttò il ritratto sul comodino e spense di nuovo il lume, sperando di addormentarsi, questa volta, senza pensare piú a quella donna, con la quale non poteva aver nulla di comune. Ma, chiudendo le pà lpebre, rivide subito, suo malgrado, gli occhi della morta, e invano cercò di scacciare quella vista.
- Non per lui, non per lui! - mormorò allora con smaniosa ostinazione, come se, ingiuriandola, sperasse di liberarsene.
E si sforzò di richiamare alla memoria quanto sapeva intorno a quell'altro, all'amante, costringendo quasi lo sguardo e la tristezza di quegli occhi a rivolgersi non piú a lei, ma all'antico amante, di cui ella conosceva soltanto il nome: Arturo Valli. Sapeva che costui aveva sposato qualche anno dopo, quasi a provare ch'era innocente della colpa che gli voleva addebitare il Brivio di cui aveva respinto energicamente la sfida, protestando che non si sarebbe mai battuto con un pazzo assassino. Dopo questo rifiuto, Vittore aveva minacciato di ucciderlo ovunque lo avesse incontrato, foss'anche in chiesa; e allora egli era andato via con la moglie dal paese, nel quale era poi ritornato, appena Vittore, riammogliatosi, se n'era partito.
Ma dalla tristezza di questi avvenimenti da lei rievocati, dalla viltà del Valli e, dopo tanti anni, dalla dimenticanza del marito, il quale, come se nulla fosse stato, s'era potuto rimettere nella vita e riammogliare, dalla gioja che ella stessa aveva provato nel divenir moglie di lui, da quei tre anni trascorsi da lei senza mai un pensiero per quell'altra, inaspettatamente un motivo di compassione per costei s'impose ad Anna spontaneo; ne rivide viva l'immagine, ma come da lontano lontano e le parve che con quegli occhi, intensi di tanta pena, colei le dicesse, tentennando lievemente il capo:
- Io sola però ne son morta! Voi tutti vivete!
Si vide, si sentà sola nella casa: ebbe paura. Viveva, sÃ, lei; ma da tre anni, dal giorno delle nozze, non aveva piú riveduto, neanche una volta, i suoi genitori, la sorella. Lei che li adorava, e ch'era stata sempre con loro docile e confidente, aveva potuto ribellarsi alla loro volontà , ai loro consigli per amore di quell'uomo; per amore di quell'uomo s'era mortalmente ammalata e sarebbe morta, se i medici non avessero indotto il padre a condiscendere alle nozze. Il padre aveva ceduto, non consentendo, però, anzi giurando che ella per lui, per la casa, dopo quelle nozze, non sarebbe piú esistita. Oltre alla differenza di età , ai diciotto anni che il marito aveva piú di lei, ostacolo piú grave per il padre era stata la posizione finanziaria di lui soggetta a rapidi cambiamenti per le imprese rischiose a cui soleva gettarsi con temeraria fiducia in sé stesso e nella fortuna.
In tre anni di matrimonio Anna, circondata da agi, aveva potuto ritenere ingiuste o dettate da prevenzione contraria le considerazioni della prudenza paterna, quanto alle sostanze del marito, nel quale del resto ella, ignara, riponeva la medesima fiducia che egli in se stesso; quanto poi alla differenza d'età , finora nessun argomento manifesto di delusione per lei o di meraviglia per gli altri, poiché dagli anni il Brivio non risentiva il minimo danno né nel corpo vivacissimo e nervoso, né tanto meno poi nell'animo dotato d'infaticabile energia, d'irrequieta alacrità .
Di ben altro Anna, ora per la prima volta, guardando (senza neppur sospettarlo) nella sua vita con gli occhi di quella morta, trovava da lagnarsi del marito. SÃ, era vero: della noncuranza quasi sdegnosa di lui ella si era altre volte sentita ferire; ma non mai come quel giorno; e ora per la prima volta si sentiva cosà angosciosamente sola, divisa dai suoi parenti, i quali le pareva in quel momento la avessero abbandonata lÃ, quasi che, sposando il Brivio, avesse già qualcosa di comune con quella morta e non fosse piú degna d'altra compagnia. E il marito che avrebbe dovuto consolarla, il marito stesso pareva non volesse darle alcun merito del sacrifizio ch'ella gli aveva fatto del suo amore filiale e fraterno, come se a lei non fosse costato nulla, come se a quel sacrifizio egli avesse avuto diritto, e per ciò nessun dovere avesse ora di compensarnela. Diritto, sÃ, ma perché lei se ne era cosà perdutamente innamorata allora; dunque il dovere per lui adesso di compensarla. E invece...
- Sempre cosÃ! - parve ad Anna di sentirsi sospirare dalle labbra dolenti della morta.
Riaccese il lume e di nuovo, contemplando l'immagine, fu attratta dall'espressione di quegli occhi. Anche lei dunque, davvero, aveva sofferto per lui? anche lei, anche lei, accorgendosi di non essere amata, aveva sentito quel vuoto angoscioso?
- S� s� - domandò Anna, soffocata dal pianto, all'immagine.
E le parve allora che quegli occhi buoni, intensi di passione, la commiserassero a lor volta, la compiangessero di quell'abbandono, del sacrifizio non rimeritato, dell'amore che le restava chiuso in seno quasi tesoro in uno scrigno, di cui egli avesse le chiavi, ma per non servirsene mai, come l'avaro.
TRA DUE OMBRE
Stridore di catene e scambio di saluti e d'augurii, ultime raccomandazioni e grida di richiamo tra i passeggeri di terza classe e la gente che s'affollava su lo scalo dell'Immacolatella o sulle barchette ballanti attorno al piroscafo in parterza.
- De venà cu tte! de venà cu tte!
- No! no! t' 'o ddico!
- E nun avé paura!
- Core mio, core 'e mamma, stenne 'e mmane!
- Addò sta? addò sta?
- Mo sta cca!
- Allegramente!
E tra tanta confusione, per accrescere l'agitazione di chi partiva, il suono titillante dei mandolini d'una banda di musici girovaghi.
- Faustino! Dio mio, guarda NinÃ... guarda Bicetta... - gridava al Sangelli la moglie che non si moveva per timore del mal di mare, prima ancora che il piroscafo si mettesse in movimento.
Non c'era stato verso d'indurla ad andare a sedere sul piano di coperta destinato alla prima classe, a pruavÃa. S'era buttata come una balla sul sedile del lucernario della camera di poppa; e cosà grassa come s'era fatta pochi anni dopo il matrimonio, bionda e pallida, con gli occhi azzurri ovati, non si curava nemmeno dello spettacolo che dava con quel suo ridicolo sgomento, aggrappata con la mano tozza piena d'anelli al bracciuolo di legno del sedile, quasi che, tenendolo cosÃ, volesse impedire lo scotimento fitto fitto e continuo della macchina già sotto pressione.
Strillava lamentosamente per Bicetta, per NinÃ, per Carluccio, ma non osava neppure girare un po' la testa per vedere dove fossero. L'ampio velo turchino attorno al cappello di paglia, col vento, le sbatteva in faccia; lo lasciava sbattere, pur di non muoversi; e teneva fissi gli occhi spaventati a una manica a vento là presso, suo incubo forse, ma anche riparo e protezione.
- Carluccio, Dio mio, dov'è? Faustino! Faustino! E Bicetta?
Con l'aria che batteva viva, da terra là sopra coperta e che si portava via il fumo della ciminiera tra il cordame dell'alberatura, nel chiarore aperto e fresco, tutto lampeggiante dei riflessi del sole al tramonto sul mare un po' mosso a ogni sollevarsi dei parasoli, quei tre benedetti ragazzi, che non erano stati mai su un piroscafo, parevano impazziti; si ficcavano tra la gente, da per tutto, tra le scale sul passavanti, le lapazze, i ponti di sbarco, sotto le lance; volevano veder tutto, e correvano davvero il rischio anche di precipitar giú in mare.
Faustino Sangelli, andando loro dietro, si sentiva intanto finir lo stomaco a quelle raccomandazioni della moglie. Non gli era parso mai tanto ridicolo il suo nome in diminutivo sulle labbra di quella donna cosà grassa, né mai tanto sgradevole la voce di lei.
Avrebbe voluto gridarle:
- E sta' zitta! Non vedi che sto badando a loro?
Ma aveva sulle labbra, rassegato, un sorriso freddo e fatuo, come di chi si presti a far cosa che a lui veramente non appartenga o non prema molto.
Oh Dio, come? I figliuoli? Non gli premevano i figliuoli? SÃ, gli premevano. Ma in quel momento, Faustino Sangelli - il quale aveva già trentasei anni e qualche pelo bianco, piú d'uno, nella barba e alle tempie - si sentiva proprio costretto a sorridere in quel modo, di quel mezzo sorriso freddo e fatuo, tra di compiacenza e di rassegnazione. Non poteva farne a meno. Avrebbe seguitato a sorridere cosÃ, anche se Carluccio o Ninà o Bicetta fossero caduti - non in mare, no, Dio liberi! - ma là sopra coperta e si fossero messi a piangere. Perché non sorri...
[Pagina successiva]