[Pagina precedente]...io della mia inquilina a chiamarmi a mezzanotte e un quarto, perché quel disgraziato s'era chiuso in camera, dice, con un braciere acceso. Dalle sette di sera, capisce?
A questo punto il signore si china un poco a guardare nel fondo della vettura il dottore che, durante il racconto, non ha piú dato segno di vita. Temendo che si sia riaddormentato, ripete piú forte:
- Dalle sette di sera!
- Come trotta bene questo cavallino, - gli dice allora il dottore Mangoni, sdrajato voluttuosamente nella vettura.
Quel signore resta, come se al bujo abbia ricevuto un pugno sul naso.
- Ma scusi, dottore, ha sentito?
- Sissignore.
- Dalle sette di sera. Dalle sette a mezzanotte, cinque ore.
- Precise.
- Respira però, sa! Appena appena. È tutto rattrappito, e...
- Che bellezza! Saranno... sÃ, aspetti, tre... no, che dico tre? cinque anni saranno almeno, che non vado in carrozza. Come ci si va bene!
- Ma scusi, io le sto parlando...
- Sissignore. Ma abbia pazienza, che vuole che m'importi la storia di questo disgraziato?
- Per dirle che sono cinque ore...
- E va bene! Adesso vedremo. Crede lei che gli stia rendendo un bel servizio?
- Come?
- Ma sÃ, scusi! Un ferimento in rissa, una tegola sul capo, una disgrazia qualsiasi... prestare ajuto, chiamare il medico, lo capisco. Ma un pover'uomo, scusi, che zitto zitto si accuccia per morire?
- Come! - ripete, vieppiú trasecolato, quel signore.
E il dottor Mangoni, placidissimo:
- Abbia pazienza. Il piú l'aveva fatto, quel poverino. Invece del pane, s'era comperato il carbone. Mi figuro che avrà sprangato l'uscio, no? otturato tutti i buchi; si sarà magari alloppiato prima; erano passate cinque ore; e lei va a disturbarlo sul piú bello!
- Lei scherza! - grida il signore.
- No no; dico sul serio.
- Oh perdio! - scatta quello. - Ma sono stato disturbato io, mi sembra! Sono venuti a chiamarmi...
- Capisco, già , a teatro.
- Dovevo lasciarlo morire? E allora, altri impicci, è vero? come se fossero pochi quelli che m'ha dati. Queste cose non si fanno in casa d'altri, scusi!
- Ah, sÃ, sÃ; per questa parte, sÃ, ha ragione, - riconosce con un sospiro il dottor Mangoni. - Se ne poteva andare a morire fuori dai piedi, lei dice. Ha ragione. Ma il letto tenta, sa! Tenta, tenta. Morire per terra come un cane... Lo lasci dire a uno che non ne ha!
- Che cosa?
- Letto.
- Lei?
Il dottor Mangoni tarda a rispondere. Poi, lentamente, col tono di chi ripete una cosa già tant'altre volte detta:
- Dormo dove posso. Mangio quando posso. Vesto come posso.
E subito aggiunge:
- Ma non creda oh, che ne sia afflitto. Tutt'altro. Sono un grand'uomo, io, sa? Ma dimissionario.
Il signore s'incuriosisce di quel bel tipo di medico in cui gli è avvenuto cosà per caso d'imbattersi; e ride, domandando:
- Dimissionario? Come sarebbe a dire dimissionario?
- Che capii a tempo, caro signore, che non metteva conto di nulla. E che anzi, quanto piú ci s'affanna a divenir grandi, e piú si diventa piccoli. Per forza. Ha moglie lei, scusi?
- Io? Sissignore.
- Mi pare che abbia sospirato dicendo sissignore.
- Ma no, non ho sospirato affatto.
- E allora, basta. Se non ha sospirato, non ne parliamo piú.
E il dottor Mangoni torna a rannicchiarsi nel fondo della vettura, dando a vedere cosà che non gli pare piú il caso di seguitare la conversazione. Il signore ci resta male.
- Ma come c'entra mia moglie, scusi?
Il vetturino a questo punto, si volta da cassetta e domanda:
- Insomma, dov'è? A momenti siamo a Campoverano!
- Uh, già ! - esclama il signore. - Volta! volta! La casa è passata da un pezzo.
- Peccato tornare indietro, - dice il dottor Mangoni, - quando s'è quasi arrivati alla mèta.
Il vetturino volta, bestemmiando.
Una scaletta buja, che pare un antro dirupato: tetra umida fetida.
- Ahi! Maledizione. Diòòòdiodio!
- Che cos'è? s'è fatto male?
- Il piede. Ahiahi. Ma non ci avrebbe un fiammifero, scusi?
- Mannaggia! Cerco la scatola. Non la trovo!
Alla fine, un barlume che viene da una porta aperta sul pianerottolo della terza branca.
La sventura, quando entra in una casa, ha questo di particolare: che lascia la porta aperta, cosà che ogni estraneo possa introdursi a curiosare.
Il dottor Mangoni segue zoppicando il signore che attraversa una squallida saletta con un lumino bianco a petrolio per terra presso l'entrata; poi, senza chieder permesso a nessuno, un corridojo bujo, con tre usci: due chiusi, l'altro, in fondo, aperto e debolmente illuminato. Nello spasimo di quella storta al piede, trovandosi col sacco dell'ossigeno in mano, gli viene la tentazione di scaraventarlo alle spalle di quel signore; ma lo posa per terra, si ferma, si appoggia con una mano al muro, e con l'altra, tirato sú il piede, se lo stringe forte alla noce, provandosi a muoverlo in qua e in là , col volto tutto strizzato.
Intanto, nella stanza in fondo al corridojo, è scoppiata, chi sa perché, una lite tra quel signore e gl'inquilini. Il dottor Mangoni lascia il piede e fa per muoversi, volendo sapere che cosa è accaduto, quando si vede venire addosso come una bufera quel signore che grida:
- SÃ, sÃ, da stupidi! da stupidi! da stupidi!
Fa appena a tempo a scansà rlo; si volta, lo vede inciampare nel sacco d'ossigeno:
- Piano! piano, per carità !
Ma che piano! Quello allunga un calcio al sacco; se lo ritrova tra i piedi; è di nuovo per cadere e, bestemmiando, scappa via, mentre sulla soglia della stanza in fondo al corridojo appare un tozzo e goffo vecchio in pantofole e papalina, con una grossa sciarpa di lana verde al collo, da cui emerge un faccione tutto enfiato e paonazzo, illuminato dalla candela stearica, sorretta in una mano.
- Ma scusi... dico, o che era meglio allora, che lo lasciavamo morire qua, aspettando il medico?
Il dottor Mangoni crede che si rivolga a lui e gli risponde:
- Eccomi qua, sono io.
Ma quello alza e protende la mano con la stearica; lo osserva, e come imbalordito gli domanda:
- Lei? chi?
- Non diceva il medico?
- Ma che medico! ma che medico! - insorge, strillando, nella camera di là , una voce di donna.
E si precipita nel corridojo la moglie di quel degno vecchio in pantofole e papalina, tutta sussultante, con una nuvola di capelli grigi e ricci per aria, gli occhi affumicati ammaccati e piangenti, la bocca tagliata di traverso, oscenamente dipinta, che le freme convulsa. Sollevando il capo da un lato, per guardare, soggiunge imperiosa:
- Se ne può andare! se ne può andare! Non c'è piú bisogno di lei! L'abbiamo fatto trasportare al Policlinico, perché moriva!
E cozzando in un braccio il marito violentemente:
- Fallo andar via!
Ma il marito dà uno strillo e un balzo perché, cosà cozzato nel braccio, ha avuto sulle dita la sgocciolatura calda della candela.
- Eh, piano, santo Dio!
Il dottor Mangoni protesta, ma senza troppo sdegno, che non è un ladro, né un assassino da esser mandato via a quel modo; che se è venuto, è perché sono andati a chiamarlo in farmacia; che per ora ci ha guadagnato soltanto una storta al piede, per cui chiede che lo lascino sedere almeno per un momento.
- Ma si figuri, qua, venga, s'accomodi, s'accomodi, signor dottore, - s'affretta a dirgli il vecchio, conducendolo nella stanza in fondo al corridojo; mentre la moglie, sempre col capo sollevato da un lato per guardare come una gallina stizzita, lo spia impressionata da tutta quella feroce barba fin sotto gli occhi.
- Bada, oh, se per aver fatto il bene, - dice ora, ammansata, a mo' di scusa, - ci si deve anche prendere i rimproveri!
- Già , i rimproveri, - soggiunge il vecchio cacciando la candela accesa nel bocciuolo della bugia sul tavolino da notte accanto al lettino vuoto, disfatto, i cui guanciali serbano ancora l'impronta della testa del giovinetto suicida. Quietamente si toglie poi dalle dita le gocce rapprese, e seguita:
- Perché dice che nossignori, non si doveva portare all'ospedale, non si doveva.
- Tutto annerito era! - grida, scattando, la moglie. - Ah, quel visino. Pareva succhiato. E che occhi! E quelle labbra, nere, che scoprivan qua, qua, i denti, appena appena. Senza piú fiato...
E si copre il volto con le mani.
- Si doveva lasciarlo morire senza ajuto? - ridomanda placido il vecchio. - Ma sa perché s'è arrabbiato? Perché sospetta, dice, che quel povero ragazzo sia un figlio bastardo di suo fratello.
- E ce l'aveva buttato qua, - riprende la moglie balzando in piedi di nuovo, non si sa se per rabbia o per commozione. - Qua, per far nascere in casa mia questa tragedia, che non finirà per ora, perché la mia figliuola, la maggiore, se n'è innamorata, capisce? Come una pazza, vedendolo morire - ah, che spettacolo! - se l'è caricato in collo, io non so com'ha fatto! se l'è portato via, con l'ajuto del fratello, giú per le scale, sperando di trovare una carrozza per istrada. Forse l'hanno trovata. E mi guardi, mi guardi là quell'altra figliuola, come piange.
Il dottor Mangoni, entrando, ha già intraveduto nell'attigua saletta da pranzo una figliolona bionda scarmigliata intenta a leggere, coi gomiti sulla tavola e la testa tra le mani. Legge e piange, sÃ; ma col corpetto sbottonato e le rosee esuberanti rotondità del seno quasi tutte scoperte sotto il lume giallo della lampada a sospensione.
Il vecchio padre, a cui il dottor Mangoni ora si volta come intronato, fa con le mani gesti di grande ammirazione. Sul seno della figliuola? No. Su ciò che la figliuola sta leggendo di là fra tante lagrime. Le poesie del giovinetto.
- Un poeta! - esclama. - Un poeta, che se lei sentisse... cose! Me ne intendo, perché professore di belle lettere a riposo. Cose grandi, cose grandi.
E si reca di là per prendere alcune di quelle poesie; ma la figliuola con rabbia se le difende, per paura che la sorella maggiore, ritornando col fratello dall'ospedale, non gliele lascerà piú leggere, perché vorrà tenersele per sé gelosamente, come un tesoro di cui lei sola dev'esser l'erede.
- Almeno qualcuna di queste che hai già lette, - insiste timidamente il padre.
Ma quella, curva con tutto il seno su le carte, pesta un piede e grida: - No! - Poi le raccoglie dalla tavola, se le ripreme con le mani sul seno scoperto e se le porta via in un'altra stanza di là .
Il dottor Mangoni si volta allora a guardar di nuovo quella tristezza di lettino vuoto, che rende vana la sua visita; poi guarda la finestra che, non ostante il gelo della notte, è rimasta aperta in quella lugubre stanza per farne svaporare il puzzo del carbone.
La luna rischiara il vano di quella finestra. Nella notte alta, la luna. Il dottor Mangoni se la immagina, come tante volte, errando per vie remote, l'ha veduta, quando gli uomini dormono e non la vedono piú, inabissata e come smarrita nella sommità dei cieli.
Lo squallore di quella stanza, di tutta quella casa, che è una delle tante case degli uomini, dove ballonchiano tentatrici, a perpetuare l'inconcludente miseria della vita, due mammelle di donna come quelle ch'egli ha or ora intravedute sotto il lume della lampada a sospensione nella stanza di là , gl'infonde un cosà frigido scoraggiamento e insieme una cosà acre irritazione, che non gli è piú possibile rimanere seduto.
Si alza, sbuffando, per andarsene. Infine, via, è uno dei tanti casi che gli sogliono capitare, stando di guardia nelle farmacie notturne. Forse un po' piú triste degli altri, a pensare che probabilmente, chi sa! era un poeta davvero quel povero ragazzo. Ma, in questo caso, meglio cosÃ: che sia morto.
- Senta, - dice al vecchio che s'è alzato anche lui per riprendere in mano la candela. - Quel signore che li ha rimproverati e che è venuto a scomodarmi in farmacia, dev'essere veramente un imbecille. Aspetti: mi lasci dire. Non già perché li ha rimproverati, ma perché gli ho domandato se aveva moglie, e mi ha risposto di sÃ; ma senza sospirare. Ha capito?
Il vecchio lo guarda a bocca aperta. Evidentemente non capisce. Capisce la moglie, che salta sú a domandargli:
- Perché chi dice d'aver moglie, secondo lei, dovrebbe sospirare?
E il dottor Mangoni, pronto:
- Come m'immagino che sospira lei, cara signora, se qualcuno le domanda se ha marito.
E glielo addita...
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