[Pagina precedente]...del calorico radiante spiega per eccellenza le cause e le condizioni della formaz[ion]e della rugiada. Fra tante cose non vi è restata carta per Matildina. Ah! quanto era meglio che le riserbassi l'intero spazio concesso a mio controgenio al frate Cipolla! Immaginatevi però voi le più care espressioni, e queste sian per Matilde in mio nome. Abbraccio Pirro, saluto tutti e bacio le mani a Voi.
Il V[ostr]o aff[ezionatissi]mo a[mi]co
G.G. Belli
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Alla Nobile e gentil Donna
Sig.a Vincenza Perozzi, N.a M.sa Roberti
Macerata
per Morrovalle
Di Roma, 27 luglio 1841
Amica gentilissima
Risposi alla lettera in cui la cara Matildina mi annunziò l'infaustissimo avvenimento, che io già udii in casa Cini, della morte dell'ottimo ed onest'uomo S.r Giuseppe Perozzi. Di quella perdita io mi afflissi moltissimo, e meco ne provaron dolore quanti lo conoscevano. Io non dubiterei punto di attribuire un più sollecito fine della sua vita ai travagli di corpo e di spirito, frutti della velenosa causa contro que' ribaldi succhiatori del sangue de' parenti. Il di lui temperamento era robusto, e avrebbe al certo retto più anni alla dissoluzione, senza la cagion distruttiva che amareggiò tanta parte de' suoi giorni burrascosi. Iddio conceda a' suoi figli quella pace e quel trionfo che a lui furon negati dalla pravità degli uomini e dalla incertezza delle civili instituzioni.
Dopo le condoglianze passiamo a ricrearci il cuore co' rallegramenti. Ed io ve ne porgo di sincerissimi pel ritorno in famiglia e al vostro fianco della figliuola vostra, che deve farvi trascorrere felicissime ore. Anche io ho in questi giorni avuto motivi di consolazione. Dietro un felicissimo esame generale in filosofia morale, in fisica e in matematica, il mio Ciro ha nella Università di Perugia ottenuto il grado e il diploma del baccalaureato. Alla sua lettera di partecipazione io risposi dando a Ciro per la prima volta il titolo di onorevole, laddove sino a quel punto non gli diressi mai lettere che coll'indirizzo al S.r Ciro Belli. Egli n'è rimasto profondam[ent]e scosso, conoscendo il fondo del mio concetto. Fino ad ora non era egli stato nulla al mondo fuorché un buono e studioso ragazzo. Oggi principia ad ottenere considerazione con un grado riconosciuto onorevole nelle istituzioni civili.
Probabilmente io vado ad ottenere un impiego assai decoroso.
Nulla però v'è ancora di certo. Ma se accadrà , dovrei lavorare senza stipendio sino a gennaio. Allora il posto diverrebbe anche non poco lucroso; né è impossibile pure il caso che dopo aver lavorato gratis sino a quel punto, me ne dovessi tornare a casa colle pive nel sacco. Il tutto dipende da due successivi avvenimenti, sino ad ora probabili ma soggetti a vicenda. Verificandosi intanto il primo, io entrerei in esercizio entro il mese di agosto, né potrei più avere che pochissimi giorni per correre a riprendermi Ciro in settembre. Allora, per quest'anno almeno, addio il viaggio delle Marche! Ma come potrei fare? Avrei appena il tempo di fermarmi i soliti pochi giorni a Terni per gli affari del patrimonio di Ciro. Questo sarebbe un evento superiore alle forze della mia volontà . Dare un calcio ad una bella sorte, benché non certissima sin quì, mi guadagnerebbe il nome d'uomo stolto e di pessimo padre. Ci sentiremo poi meglio. Intanto travaglio assai per dirigere le cose a buon successo. Nella vostra del 27 giugno mi diceste guardatevi dal caldo. Saprete forse che il 17 corrente il termometrografo segnò in Roma gradi 35 e una linea: orribile temperatura che disseccò le uve e le olive! A mezzodì andai quel giorno a S. Pietro in Vincoli dal mio amico Procurator Generale de' Canonici Lateranesi [sic] . Mi ardevano e dolevano le carni. Ma nulla mi fece, e la mia salute non ne soffrì. Ora sto bene, o, almeno, sinora sto bene.
Salutatemi Pirro, Mamà , Matilde, Checco ecc., e credetemi il sincero e frettolosissimo
Vostro a[mi]co e s[ervito]re
G.G. Belli.
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Alla Nobile e gentil Donna
Sig.a Vincenza Perozzi, N.a M.sa Roberti
Macerata
per Morrovalle
Di Roma, 7 Ottobre 1841
Carissima Amica
Voi mi scrivevate l'8 settembre, io partiva di Roma colla diligenza del 9, e la vostra lettera è rimasta sul mio scrittoio fino al mio ritorno.
Giunsi a Perugia nella notte tra il 10 e l'11. La mattina dell'11 vidi Ciro. Nella domenica 12 fu la general premiazione al Collegio, e Ciro ebbe sei premii. Nel giorno 19 lo tolsi da quell'instituto, e il 23 partimmo per Roma, senza neppure aspettare le feste pel Papa che giunse colà il 25. La sera del 25 giungemmo a Terni e vi restammo sino alla mattina del 2 corrente, trattenutivi dal mal-tempo, da' nostri affari in campagna e dalla scarsezza delle vetture non che dalla mala-fede de' vetturini. Verso la sera di domenica 3 si giunse a Roma.
Non prima d'oggi ho potuto prender la penna per rispondervi, perché le mie brighe arretrate e i gravi doveri dell'impiego (che mi occupa sette ore consecutive ogni giorno) me lo hanno vietato. Sono impiegato al Debito pubblico, ma prima del venturo gennaio non avrò alcuno stipendio. Deve però verificarsi un altro caso, cioè che in un certo concorso da farsi fra i circa 50 impiegati del Dicastero niuno riesca abile a coprire il posto che in tal caso darebbesi a me. Si crede che così dovrà riuscire, ma intanto è sempre uno scoglio. In questo frattempo io faccio pratica delle astruse e complicate materie del Dicastero stesso, ond'essere allora in grado di esser nominato capo della corrispondenza, la quale va sino a risguardare gli Stati esteri per le convenzioni diplomatiche di Vienna e Milano all'epoca della ristauraz[ion]e delle Corti europee. Queste cose ve le comunico in confidenza.
Duolmi oltremodo delle cause che tengono divisa d'animo e d'interessi la famiglia Perozzi. Ora io sto come in mezzo a due parti belligeranti, e vedo con vera amarezza le spiacevoli contese nate fra esse, contese che disgraziatamente non posso soffocare. Come mai questa benedetta pace e concordia che è sì dolce cosa, debba esser sagrificata all'interesse! Credetemi, cara amica, se potessi dare porzione del mio sangue per veder tornare fra voi la tranquillità e la alterata benevolenza, io non esiterei a chiamare il salassatore. Dunque il verme che cominciò a rodere i Perozzi nella passata generaz[ion]e seguiterà a divorarli nella presente? Ciò che mi dite della sposa Cini mi sorprende, avendola sempre trovata umanissima, dolcissima e amorosissima. E così dico di questa famiglia Cini, che ho sempre sperimentata piena di cuore, e tal giudizio ne f[accio] [macchia] tuttora. Quì sotto vi dev'essere qualche cosa, la quale dichiarata con pace e buono accordo diluciderebbe l'operato del S.r Cini, che io credo incapace di menzogna e viltà , avendo altre prove del personal suo carattere. Ah! se io fossi fra voi tutti, chi sa che a forza di preghiere e di buoni uficii non mi riuscisse di condurvi ad intendervi e ricomporvi in armonia? Un amico deve prender le due destre de' due contendenti e forzarle a congiungersi. Ma io sono lontano, e queste son faccende da colloquii. Ciro sta bene e vi saluta tutti. Anch'io pregovi dir mille cose a Pirro, a Mamà , alla cara Matildina, e con una fretta da cursore mi riconfermo
il V[ostr]o a[mi]co
Belli
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Alla Nobile e Gentil Donna
Sig.a Vincenza Perozzi, N.a M.sa Roberti
Macerata
per Morrovalle
Di Roma, 22 settembre 1842
Gentilissima amica
Nessuno vi ha mai detto che non dobbiate far alcun passo nel tristo affare di vostra sorella: nessuno pretese consigliarvi a sopportare in silenzio le dilapidazioni e gl'inganni del di lei seduttore. La opinione sulla inefficacia di un diretto ricorso al Papa è fondata sulla quotidiana esperienza de' di lui rifiuti d'accoglier riclami ed accuse di competenza di appositi magistrati; né di poco peso parvemi in ciò il voto dello stesso Uditor Ill[ustrissi]mo, per le cui mani passar sogliono simiglianti vertenze. La interpella[zion]e fatta a questo principale ed anzi unico organo delle sovrane decisioni in materia contenziosa e giuridica, e la successiva consultazione prudentemente diretta a un dottissimo e onestissimo Uditor di Rota onde averne consigli e norme sulla più utile e sicura iniziativa da darsi a simile affare, potean provarvi che parte fredda e inoperosa io non mi rimasi in uno sgraziato avvenimento che sì a ragione vi addolora ed infiamma. Circa al resto io v'indicava la parte che a voi intanto spettava di prendere per contribuire ad incamminar la faccenda co' suoi piedi: parte per cui a me mancavano gli elementi, nel senso che non trascurai di svilupparvi minutamente. A voi però, sorvolando su tutto, è piaciuto dimetterne il pensiero, ed io non posso replicare che amen.
Intorno alla moglie di vostro cognato, che avete creduto chiamare la mia protetta, mi limiterò a rispondervi che io non proteggo alcuno, dappoiché le mie protezioni farebbero ridere anche un condannato a morte. Tuttociò che mi è lecito di fare a simil proposito si restringe a lodare ed anche a difendere chi siami sembrato degno di elogî e difesa, quando abbia saputo colla propria condotta e colle sue gentilezze cattivarsi la mia amicizia e benevolenza. Niuno però mi supera in buona fede nel confessare il torto allorché una più inveterata esperienza mi dimostri che que' nobili sentimenti erano stati mal collocati; né allorá arrossisco di un inganno nato dall'obbligo che ha ogni onest'uomo di concepir buon concetto e ricevere nell'animo una stima di chicchesia, dove ogni contatto con esso somministri lunghe e ripetute occasioni di apprezzarne le doti. Il cuore poi non lo vede occhio umano; e se un giorno dan fuori viziose qualità che una fina scaltrezza seppe celare per anni, altro non v'è a fare che stringersi nelle spalle, alzar gli occhi al cielo, e dire: ecco un disinganno di più. Quando voi, secondo le vostre parole, riguardavate quel Maestro di musica come uno de' vostri migliori amici, quando lo introducevate presso i vostri parenti, quando lo mettevate al fianco di vostra sorella e di vostra figlia nella persuasione che fosse un galantuomo ed a voi affezionato, quando insomma lo proteggevate (ché questo è veramente un caso di protezione), che facevate voi allora? obbedivate a un sentimento involontario, scaturito da amabili e interessanti apparenze. Ed oggi? Siete ridotta a chiamarlo traditore ed infame, parole che piglian sorgente da ben altro che qualche compatibil leggerezza o difetto. Ma su questo articolo basti. La malattia di vostro cognato è stata creduta per quella che da lui si è asserita.
Vi augurate che le assidue mie fatiche avran tregua allorché siasi da me dato all'uficio un esatto e ordinato andamento. Ma non andrà a questo modo. I miei travagli procedono dalla stessa macchina che debbo condurre, e non da disordine de' suoi ordigni. L'ordine è già stabilito, e il lavoro dipende dalla quantità e qualità degli affari che tuttogiorno si riproducono. Mi son certamente caricato di un peso non più in proporz[ion]e delle mie forze. Ogni anno ne cresce uno. Ma!
A quest'ora dovete aver visto la soluz[ion]e di quanto Pirro desiderava dal S.r Ferrieri, benché per verità in parte. Mi rispose questo Signore che il Card[ina]le Pro-Tesoriere aveva già da molti giorni firmato gli ordini per le piantagioni vostre e per quelle dell'Ospedale: gli altri due non aveva voluto ancora firmarli. La Delegaz[ion]e pertanto avrà già pagato quel che risponde a' detti ordini già spediti. Ciro gode perfetta salute; buono, dolce, tollerantissimo, lieto e di severi costumi. - Saluto cordialm[ent]e Pirro, Matilduccia, la S.a M.sa ecc. ecc. e mi ripeto alla strozzata.
Il vostro aff[ezionatissi]mo a[mi]co
G.G. Belli
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Alla Nobile e gentil Donna
Sig.a Vincenza Perozzi, N.a M.sa Roberti
Macerata
per Morrovalle
Di Roma, 30 genn[ai]o 1843
Gentilissima amica
Giunta a Roma il 29 dicembre 1842 la cara vostra del 23 d[ett]o mese, mi trovò entrando nel letto per un reuma di petto e di testa, il quale, dopo avermi favorito con tutte quelle carezze che soglionsi praticare nella cura di simili infermità , mi perm...
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