[Pagina precedente]...sse egli in Terni ad un'epoca determinata onde abboccarvisi con persone da me colà chiamate per lettera dai varii lor domicilii, Vi cagionasse il dispiacere di vederlo intraprendere il viaggio con pessimo tempo, ed esponesse ai medesimi rischi il S.r Triccoli, il cocchiere convalescente e la cavalla gravida. Egli però mi dice che poco dopo la partenza il cielo si rasserenò, e si mantenne poi sempre così; di modo che io spero non sia nulla accaduto di sinistro per tutto ciò di che ragionevolmente mi Vi mostraste in pena.
Il permesso di questa amministrazione postale per servirsi dello speditivo mezzo del velocifero glielo mandai io da Roma, e tantopiù mi lasciai indurre a simil partito in quanto che calcolai che risparmiando egli così un paio di giorni di viaggio in vettura, poteva consumarli meglio presso di Voi, siccome è accaduto.
Posso accertarvi che in Roma, ad eccezione di qualche ora di passeggio che di assai buon grado io gli accordo, Ciro passa il suo tempo sempre al tavolino. Lo faccia di buona o di mala voglia non so; ma di questo son certo che mai non mi è occorso di scorger dal suo esteriore alcuna ombra di disgusto per simile tenore di vita. Nelle sere antecedenti ai giorni di vacanza della Università soglio talvolta procurargli il piacere del teatro, ricreazione però che non mi ha egli mai dimandata, aspettandola dal mio buon piacere. In simili circostanze, propenso ed anche spesso obbligato qual sono al ritiro, soglio affidarlo alla compagnia di persone meritevoli di tutta la mia fiducia.
Che nulladimeno la mia vita sia per qualche anno ancora a lui vantaggiosa e forse pur necessaria a fronte della sua non cattiva condotta, lo riconosco vero come Voi lo pensate. È un giovanetto ancora immaturo, e poco avanti nella retta cognizione del mondo, non che nella pratica de' più fini doveri sociali, e presso i racconti da Voi con lodevole sincerità fattimi su qualche svista in cui costì è andato cadendo, mi accorgo della necessità di mettergli un po' più d'accordo fra il cervello e il cuore, benché né l'uno né l'altro manchino in lui delle qualità fondamentali di rettitudine e sentimento. Lo sconcerto consiste finora nelle dosi de' diversi morali e intellettuali ingredienti da combinarsi per farne un uomo degno di stima e di affetto. A poco a poco si osserverà la ricetta, se io vivo. Se muoio ci penserà la provvidenza che mi avrà voluto toglier dal mondo. Intanto il nostro favorito progetto si è dissipato: farò eco alla vostra conclusione: pazienza! Mille saluti a Pirro, Matilduccia, Mamà ecc. ecc.
Sono il V[ostr]o aff[ezionatissi]mo a[mi]co
G.G. Belli
* * *
Alla Nobile e gentil Donna
Sig.a Vincenza Perozzi,
N.a M.sa Roberti
Macerata
per Morrovalle
Di Roma, 25 Novembre 1843
A.[mica] C.[arissima]
Trattenuta dai soliti ritardi mi giunse il 22 la vostra lettera del 12, dimodoché questo mio riscontro, sebbene io ve lo invii pel particolar mezzo del nostro comune amico Meconi, vi perverrà forse con maggiore speditezza che non sarebbe accaduto per la via della posta, divenuta oggimai troppo tortuosa, sassosa, macchiosa, montuosa, tenebrosa, per credere che il pagamento della tassa ci dia più dritto o speranza ad una sollecitudine alquanto più viva di quella che si potrebbe ottenere se per corrieri si scegliessero le tartarughe, e per postali ministri i mutilati alle battaglie d'Austerlitz, o di Marengo o di Lodi.
Poco prima di me ricevé Ciro altro vostro foglio gentilissimo ed obbligante e riconobbe che il suo concetto sul viaggio de' corpi santi non era stato del sapore che potesse convenire al vostro gusto, né al palato di chi trovisi avvezzo a più squisite sensazioni e a più graziosamente piccante solletico. Vi dette egli dunque completa ragione quale vi si doveva, tanto più che le frasi della vostra giudiziosa rimostranza implicavano un senso di cortese premura per la di lui dignità .
Domenica lo condussi dalla Sig.a Chichi che non avealo più veduto dall'epoca anteriore alla di lui partenza pel Collegio; e simile visita la facemmo onde prendere e poi darvi le notizie che intorno alla d[ett]a signora desideravate. La S.a Nanna sta ora sufficientemente benino, di quella specie però di benino che può intendersi rispetto a una donna soggetta frequentemente a lunghe e tediose malattie umorali, l'ultima delle quali l'ha essa sofferta recentemente. La morte del Colonnello Porti, ed alcuni squilibri economici avvenuti in seguito di quell'avvenimento nella borsa della povera Signora, il tutto accompagnato da non poche inquietudini, contribuirono assai ad aggravare il di lei abituale stato di languore e di flaccidezza. La nipote sta bene, ma noi non la vedemmo. Aggradì la S.a Nanna la vostra memoria di lei, e c'incaricò di salutar voi e la vostra famiglia, siccome oggi io faccio e per mio discarico e per quello di Ciro.
Questi dice mille cose rispettosam[ent]e amichevoli a Voi, alla Marchesa, a Matilde, a Checco, e ringrazia i SS.i Lazzarini e Laurenti de' loro onorevoli saluti, rendendone sincero contracambio.
Voi poi vi compiacerete fare in vostra casa i miei speciali uficii con tutti, e mi ricorderete spesso alla buona Matildina.
Sono cordialmente
Il V[ostr]o aff[ezionatissi]mo a[mi]co e serv[itor]e
G.G. Belli
* * *
Alla nobile e gentil Donna
Signora Vincenza Perozzi
Nata Marchesa Roberti
Macerata
per Morrovalle
Di Roma, 28 Xcembre 1843
Gentilissima Amica
Poiché dunque non sempre il ritardo delle vostre lettere avviene, come Voi dite, per difetto postale, ma accade talvolta per invecchiamento di data sul vostro scrittoio, ne conchiuderemo che molto meglio della vostra dichiarazione mi farà veder chiaro nella faccenda il costume che io vado a suggerirvi, quello cioè di scriver la data nel giorno in cui sarà compiuta la lettera. Resterà così a Voi tutto l'agio di stendere il vostro foglio per intervalli, secondoché le occupazioni di famiglia vi permetteranno di attendere a questo esercizio, e ne verrà a me il vantaggio di non accrescere con falsi giudizi il mal concetto in cui per molte altre esperienze mi è forza tenere i ministri incaricati del movimento della macchina epistolare. A fronte, per esempio, della Vostra spiegazione, indovinala grillo se l'ultima lettera, scritta il 17 e arrivata il 25, abbia riposato piuttosto innanzi alla sua partenza che in viaggio! Ma passando dai corrieri al vocabolario, che non è un piccolo salto, la parola ripienare entra fra quelle capaci
"Di far movere i vermini ai ragazzi
E inacidire il latte alle nutrici."
Per riporre a numero i militari reggimenti è pur troppo invalsa quella ladra parolaccia del ripienare, quandoché col rintegrare si renderebbe il medesimo senso, e si risparmierebbe una grinza alla fronte di que' poveri accademici del buratto.
Circa poi all'effettuo e all'effettuare, spieghiamoci bene, sorella mia. Voi mi chiedete precisamente se possa dirsi effettuo per effettuare; e in questo caso Voi intendete meglio di me che la non può stare, perché effettuo è di persona prima singolare dell'indicativo presente, ed effettuare è voce dell'infinito. Ciascuna delle due voci però, usata al suo luogo non deve incontrare il minimo biasimo. Effettuare, è buon verbo italiano quindi sta in tutta regola l'effettuo che da quello procede. Io EFFETTUO ciò che si può EFFETTUARE. Chi parlasse così parlerebbe benissimo.
Il mistificare, finalmente, è volgarizzamento del mistifier, verbo francese di recente invenzione, e venuto oggi assaissimo in moda, il quale significa burlare, beffare, accalappiare gli ignoranti, i timorosi e creduli, od i vanagloriosi. A questo proposito lasciate che io indovini che il vostro Pigault-Lebrun è una traduzione italiana. Se fosse l'originale francese non mi avreste scritto mistiphier, ma sì mistifier come in francese si scrive. Il ph rappresenta la f soltanto ne' vocaboli derivati dal greco e passati attraverso al latino con quella ortografia.
Ma quì intanto non c'è più carta. Dunque passiamo a riempire un cantoncello, e qui incastriamo la firma del
V[ostr]o aff[ezionatissi]mo a[mi]co G.G. Belli
Quando la vostra Matilde voglia schiaffetti, datele gusto e applicatelene una serqua per guancia a guisa di uovi e di poma. Solo mi duole che di questa merce Voi resterete con me sempre in credito, perché se ne spacciate per mio conto io non ho lecito il potervene restituire. Oh anche il sig.r Pirro l'è un bel bofonchino! Per una volta che non lo nomino là alla spacciata, mi guarda a sghimbescio e toglie sù la balestra. Ditegli mo dunque che l'ho nominato in tanta buon'ora quel Messer Peperone da condir fricassee. E buon capo d'anno a lui, a Voi, a Matilde, a Mamma vostra, a Checco e a tutti quelli che c'entrano. E ciò anche da parte di Ciro che vi saluta e vi ringrazia de' saluti di chi l'ha salutato per mezzo vostro.
* * *
Alla Nobile e gentil Donna
Sig.a Vincenza Perozzi, N.a March.a Roberti
Macerata
per Morrovalle
Di Roma, 15 febbraio 1845
Gentilissima amica
Ho veduto, e più volte, vostra sorella, che trovo molto bene in salute, molto amabile al tratto, molto disinvolta nelle maniere. Sembrami quella Ignazîna di un tempo, della quale io vi scriveva la buona Ignazîna. Nulla de' suoi modi mostra del monacale, nulla del troppo secolaresco, nulla di piccolezza ne' suoi discorsi, nulla di ambiguo nel suo contegno. Circa a' di lei progetti per l'avvenire, è questo un punto ben delicato su cui non par bene il trattenersi e insister di soverchio; la veggo però assai tranquilla sul passo che ha fatto e sulle sue conseguenze. La mia voce (e vi ripeto oggi più seriamente quanto vi dissi con un po' di celia nella mia precedente dell'8) non può avere che lieve efficacia per iscuotere risoluzioni prese con animo deliberato. Di molto però è capace il tempo: di molto son feraci le circostanze.
Principale scopo di questa mia lettera è il darvi avviso che Ignazîna partirà co' SS.i Bruni nella diligenza di sabato 22, cosicché presto si troverà in vostra compagnia. Fate i conti sul vostro lunario, perché i lunarii dan buone lezioni sul passato e sul futuro.
Mille cordiali saluti a Pirro, a Matilde, alla Marchesa, a Checco. Son quattro: è facile la divisione con un taglio in croce. Co' miei saluti sono stemprati anche quelli di Ciro; è tutta una frittata.
Sono con molta stima e sinceritÃ
Il Vostro aff[ezionatissi]mo a[mi]co e servitore
Trofonio
(Voltate)
P.S. - Nel punto di mandare alla posta il presente mio foglio ricevo l'altro vostro del 12, e ve ne accuso ricevimento.
Dopo il già dettovi nella pagina quì a tergo, poco mi resta ad aggiungere. Se vostra sorella è stata sorpresa e spogliata da genti avide del suo, parmi doversi dire più colpa di quelle che di lei. Il lasciarsi spogliare dimostra tutto-al-piú debolezza: lo spogliare è poi assoluta birberia. - Con Ignazîna ho io creduto assumer parole assai moderate, e consigli ben circospetti, che sogliono fruttificar meglio che non le vive censure, allorché non si scherza. La vostra voce, e quella della madre, compiran, forse, l'opera. Mi dite d'amar sempre vostra sorella: lo credo. L'amore adunque troverà i più persuasivi argomenti ché n'è ben capace.
Oh adesso va bene. Quando ci son tutti i lunarii sino ab initio, la faccenda cammina come un frate cercante. Si contano i libretti, e si aiuta così la memoria, appunto al modo che Voi mi dite andar talvolta facendo. Uno, due, tre, quattro etc., e il dato anno è trovato. Io poi conto gli anni con un altro metodo, cioè dalle ciabatte, perché per solito con un paio di calzature all'anno me la sfango sovranamente; e se in uno di questi anni m'accade qualche avvenimento di maggior rilievo, lo noto sotto la suola accanto al numero del millesimo che non manco mai di notarvi con un certo contrassegno di bollette. Così le mie ciabatte mi tengono luogo de' chiodi de' Consolati della buona memoria di Roma.
Vi ringrazio della premura che dimostrate per la mia salute. Ne avrò cura per quanto potrò. Fate anche voi così della vostra, e guardatevi soprattutto dall'aria notturna, perché nuoce alla testa ed al petto, le due parti le più delicate.
Mi...
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