[Pagina precedente]...erreno, buttò là come alla sbadata alcune parole, che quella raccolse e registrò nel più profondo della memoria.
- Don Celzani è un ingenuo; per lui una ragazza di trent'anni e una di quindici son tutt'uno. Non conoscendo lui il mondo, crede che non lo conosca nessuno. Scommetto che non sa neppure che prima di venire a Torino, Maria è stata maestra in mezza dozzina di comuni. - E si mise a ridere. - Si sa le avventure delle maestre nei villaggi; di lei, poi, n'han parlato anche i giornali. C'è perfino la storia di una compagnia di bersaglieri, nientemeno. Ah! ci son dei belli originali a questo mondo!
E trascinata dalla rabbia stava per dire di peggio, quando s'udà una forte scampanellata, i ragazzi ammutolirono a un tratto, la signora corse ad aprire, e il maestro Fassi entrò, molto eccitato, con la «Gazzetta di Torino» nella mano. Tornava allora da Chieri, dove andava due volte la settimana a dar lezione di ginnastica al liceo e alla scuola tecnica.
Salutata appena la Zibelli, si voltò verso sua moglie, mostrando il giornale stretto nel pugno:
- Ne vuoi sapere una nuova, un asino d'un maestro di ballo che salta su con un articolo nella «Gazzetta di Torino», offeso con me perché nell'«Agone» della settimana passata ho detto che il ballo è una diramazione della ginnastica? Ma sai che ci vuol tutta! Ma le ho fatto un onore che non merita all'arte delle pirulette. Te lo concerò io in un altro articolo, hai da vedere in che maniera, quello sgambettino presuntuoso -. E seguitò a declamare, abbozzando l'articolo, mentre faceva dei nastri per la stanza. - È tempo una volta di cantarla chiara a questi ignoranti. Loro non fanno una differenza al mondo tra un maestro di ginnastica e un acrobata di circo. Ma il maestro di ginnastica è un uomo di scienza, o signori! Egli deve conoscere la ginnastica teorica, l'anatomia applicata, la pedagogia, l'igiene, la storia della ginnastica, la costruzione di attrezzi e palestre, e la tecnologia; e dev'essere artista! Pezzi d'asini, non sanno che ci vuol la vita d'un uomo soltanto per imparare e tenere a mente tutti gli esercizi? Che si potrebbero scrivere cento volumi solamente sull'installazione degli attrezzi? E poi, vedete a che cosa deve ricorrere un maestro di ginnastica!
E cavò di tasca un foglio, sul quale da un professore di matematica di Chieri s'era fatto cercare per mezzo di formole algebriche il numero dei cambiamenti di posizione nell'esercizio delle bacchette.
Questa era la sua grande smania, di render la ginnastica quanto più possibile complessa e difficile, non solo nel concetto altrui, ma nel proprio. Non aveva, come la Pedani, alcun ideale del bene dell'umanità : adorava la sua scienza per le soddisfazioni che vi trovava e vi sperava il suo orgoglio. Oltre che a Chieri, insegnava al liceo e alla scuola tecnica di Carmagnola, a un ginnasio e a un liceo di Torino, agli Artigianelli e alla Società di ginnastica, e da per tutto s'adoperava a inculcare la sua idea, La prima nazione del mondo, aveva detto un grande uomo, sarà quella che avrà più salute, ossia, quella che farà più ginnastica. A questa scienza, dunque, soggiungeva lui, dovevano convergere tutti gli sforzi dei grandi ingegni, dei governi, della società intera; questa doveva esser messa in cima a tutte le scienze, e la classe dei maestri di ginnastica diventar l'aristocrazia della nazione, E intanto cercava la celebrità per tutte le vie, covando molte e diverse ambizioni; delle quali era principalissima quella d'inventare un attrezzo e di dargli il proprio nome.
E ricascò addosso al ballerino, rimproverandosi di aver profanato, a proposito del ballo, il nome di ginnastica, come lo profanavano le compagnie acrobatiche che s'appropriavano l'aggettivo; e si scagliò contro il governo che, non ostante le istanze del secondo congresso della federazione, s'ostinava a non voler proibire ai saltimbanchi di vituperare la scienza, Già , a tutto si sarebbe riparato adottando, com'egli aveva proposto, la denominazione più nobile e più logica di «istruzione fisica». Poi domandò bruscamente, alla Baumann: - Che novità ?
La moglie gli sciorinò la novità : don Celzani che voleva sposare la maestra Pedani. Ma, dicendo questo, non vide punto sul viso del marito l'espressione di gelosia che s'aspettava. Infatti egli non sentiva per la Pedani che l'ammirazione d'un meccanico per una bella macchina, e non aveva mai avuto altro pensiero su di lei che quello di servirsene pe'suoi fini ambiziosi.
Gli spiacque nondimeno quella notizia, prevedendo che, maritata, essa gli sarebbe sfuggita di mano, ed egli sarebbe rimasto senza stile. Ma non espresse questo pensiero.
- Pazzie! - disse invece, - Una vera maestra di ginnastica non deve prender marito, deve conservarsi come un soldato, libera dell'anima e del corpo. La maestra Pedani deve consacrarsi tutta alla sua missione. E la sua missione non è di far dei figliuoli, è di raddrizzare quelli degli altri. Non farà questa asineria. Io la persuaderò.
Poi domandò di scatto: - Ma come mai quel santificetur ha avuto la faccia d'innamorarsi d'una cosà bella ragazza?
La signora Fassi arrischiò qualche osservazione sulla bellezza; trovava, per esempio, che don Celzani aveva l'aria più distinta di lei. E poi la Pedani era una ragazza senza sentimento, si vedeva. Anche la Zibelli fece i suoi appunti. Aveva una bella vita, ecco tutto. Del resto, nessuna finezza di fattezze: era troppo grossa; mancava di grazia; in casa, urtava tutto; aveva il passo d'un'elefantessa.
Il maestro scrollò le spalle, - Tutto questo non conta un'acca, - disse. - La Pedani non è pane per i suoi denti; lasciando stare che lui è un ciuchino, e lei una ragazza di talento.
- Talento! - esclamò la moglie, voltandosi verso la Zibelli. - Mio marito le corregge gli articoli.
La Zibelli sapeva la verità su questa faccenda; ma mostrò di credere, sorridendo. E disse con gravità :
- Non ha sintassi. Scrive a salti.
- Questo è vero, - osservò il maestro. - Anzi, per quel che riguarda il giornalismo, sarebbe meglio che si contentasse d'una parte più modesta, che la mettesse meno in vista. C'è delle questioni, nel campo della ginnastica, che una donna non può e non deve affrontare. Ma, insomma... don Celzani non la sposerà , voi vedrete. Gli metterò io una pulce in un orecchio. So io come si fa abbassare la coda a questi chiericotti...
Lo interruppe una scampanellata. Era la Pedani che, tornata dal Club alpino, dove non c'era stata conferenza, veniva a prender l'amica. Entrò nella stanza e non si volle sedere. Era colorita di rosa dall'aria frizzante della sera, ansava un poco, dilatando le narici e sollevando il largo petto, e tutta la sua persona spiccava in nero sulla parete bianca con tale arditezza e vigoria di contorni, che la signora Fassi dovette volger la parola ai ragazzi per rompere il silenzio ammirativo cagionato da quella vista.
- Ti vengo a prendere, - diss'ella alla Zibelli, mettendo quattro erre nell'ultima parola; e chi l'avesse sentita senza vederla, l'avrebbe creduta piuttosto un marito, che un'amica.
La Zibelli si mosse, e scambiate altre poche parole coi padroni di casa, uscirono tutte e due, la Pedani per l'ultima, riempiendo per un momento con le sue belle spalle tutto il vano dell'uscio mezzo aperto.
- Tutto sommato, - disse il maestro, fissando ancora l'uscio dopo che era uscita, - non si può dire che don Celzani abbia gli occhi nel sedere.
E sua moglie soggiunse con un sorriso astuto: - Non l'ha ancora sposata.
Il segretario stette penosamente incerto tutto quel giorno e la mattina dopo, se dovesse aspettare una risposta per iscritto, oppure farsi coraggio e chiederla a voce. Finà col farsi coraggio, e al tocco e tre quarti, ora in cui sapeva che di domenica la maestra usciva sola per andare alla Palestra, si piantò dietro all'uscio di casa sua, spiando pel buco della chiave quando ella fosse comparsa sul pianerottolo. A vederlo in quell'atteggiamento si sarebbe preso per un uomo appostato per commettere un assassinio, tanto tutta la sua persona era agitata e la respirazione affannosa. Un rumore lo scosse, egli cacciò fuori il capo, ma lo ritrasse subito; non era che il vecchio professor Padalocchi, chiuso nel suo gran cappotto impellicciato, e tutto curvo, che usciva, tossendo, per la sua solita passeggiata igienica.
Ma un momento dopo egli sentà il passo della Pedani, Dio grande! L'occasione era perduta. La maestra, raggiunto sul pianerottolo il vecchio, che le fece un grande saluto, si soffermò e attaccò discorso con lui.
Ogni parola della loro conversazione cadde come un peso enorme sul cuore del povero innamorato. Il signor Padalocchi si lamentò d'un nuovo incomodo: aveva la respirazione incompleta.
- Perché, - gli domandò la Pedani, - non fa un po' di ginnastica polmonare?
Quegli sorrise, ella insiste. - Glielo dico sul serio. Non c'è di meglio per dilatare il petto. Provi a fare tutti i giorni, appena levato, delle inspirazioni ed espirazioni lunghe e ripetute... in questa maniera.
E le fece, e il segretario ebbe un'ondata di sangue alla testa.
- Ne faccia dieci o venti dapprima, - continuò la maestra, - e n'aggiunga tutti i giorni, se può, una decina. Le assicuro che a capo di due settimane si sentirà molto meglio. È un esercizio di effetto immancabile. Io ne faccio ogni mattina cento e trenta.
Il professore parve persuaso e la ringraziò.
- Faccia la prova, - ripete la Pedani, - e me ne riparlerà . E poi... le impresterò io un libro, che contiene tutti i precetti. A rivederla.
Ciò detto, affrettò il passo. Il segretario sperò d'indovinare un barlume dell'animo di lei dal modo come avrebbe guardato l'uscio di casa sua, passandovi davanti; ma essa passò senza guardar l'uscio. E questo lo sgomentò. Era nondimeno ancora in tempo a raggiungerla sotto il portone, non foss'altro che per interrogarla con gli occhi; ma nell'atto di slanciarsi fuori, si sentà gridare in viso: - Oh dolce segretario!...
- Dio grande! Era 1'Ingegner Ginoni, il quale veniva, come tutti gli anni, a pregare il padron di casa, suo vecchio amico, di scendere quella sera da lui per un piccolo trattamento di famiglia che soleva fare nel giorno natalizio dei suoi gemelli. Anche il secondo colpo era fallito. Non gli restava più che aspettar la sentenza dalla posta.
C'era poca gente, quella sera, in casa Ginoni. Il professor Padalocchi non aveva potuto venire, la Zibelli non aveva voluto, il padron di casa non compariva: nella sala da pranzo, intorno a una gran tavola ovale, coperta di fruttiere piene di dolci e di bottiglie di vini sardi e siciliani, non c'era che la famiglia, la maestra Pedani, e tre piccole amiche della figliuola, con la loro nonna, che stavan di casa sull'altra scala. Ma la gioventù, ch'era la maggioranza della riunione, le dava grazia e allegrezza, formandovi una bella corona di teste bionde sotto alla luce calda d'una ricca lampada a gas, che indorava ogni cosa. La bimba, di cui la Pedani era ancora maestra di ginnastica alla scuola Margherita, aveva tredici anni, e pareva il ritratto del figliuolo più piccolo, suo gemello, alunno di terza ginnasiale. Il figliuol maggiore - Alfredo - di ventun'anno, studente di matematica all'Università e velocipedista chiarissimo, era un biondino ardito, con due begli occhi maligni, già disinvolto come un uomo rotto al mondo; e s'era messo a sedere cosà vicino alla maestra, che questa aveva dovuto farsi un po'indietro per non strisciarlo con la spalla e col fianco. Egli era l'idolo di sua madre, che non aveva ancora quarant'anni: una acciuga elegante e indolente, con un gran naso aristocratico, benevola, quando non l'urtavano nell'amor cieco che aveva per quel figliuolo. Il più simpatico della famiglia era l'Ingegnere, bell'uomo sulla cinquantina, grigio, ridente, lavoratore, gran parlatore, gran celione, amante della vita larga, ma senza fumo. Marito e moglie avevano una simpatia cordiale per la Pedani, in parte per l'originalità rispettabile del suo carattere e più perché la loro bimba l'adorava; e non dissentivano da lei che per un'avversion...
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