[Pagina precedente]...torto anche agli esageratori della parte opposta, che li volevano addirittura abolire. Dove si sarebbe andati per quella via? A una ginnastica bambinesca, con cui non sarebbe stata punto educata nei fanciulli quella facoltà speciale, che è il coraggio fisico, a tutti necessaria; senza la quale non si riesce più tardi in nessun esercizio civile e arrischiato, se non a prezzo di sforzi penosi e di figure ridicole.
Don Celzani approvò con ripetuti cenni del capo. - Sono persuaso anch'io - disse, cercando le parole, - che l'intero sviluppo di tutte le membra non si può ottenere se non con l'aiuto degli attrezzi. Si posson lasciare da parte quelli di cui si può contestare l'utilità ; ma quelli che hanno un'utilità ... antropologica dimostrata, secondo me, sono indispensabili.
- Alla buon'ora! - esclamò la maestra, guardandolo con curiosità . - E non è di parere che riguardo al numero e al modo degli attrezzi sarebbe bene di lasciar libero ogni insegnante di seguire il proprio genio e la propria persuasione?
- Non ci può esser dubbio, - rispose don Celzani, con gravità . - Se non si fa questo, si toglie all'insegnante ogni incoraggiamento a studiare per farsi delle combinazioni da sé in ordine alle varie classificazioni; - e le contò sulla punta delle dita, -... anatomica, pedagogica, collettiva, individuale, e via dicendo; e allora chi farebbe più esperienze e ricerche?....
La maestra tornò a guardarlo con maraviglia e con piacere ad un tempo. E punta da maggior curiosità , soffermandosi per la scala: - Quali sarebbero, - gli domandò, - gli attrezzi che lei giudicherebbe indispensabili?
- Gli attrezzi che io giudicherei indispensabili, - rispose don Celzani col tono d'un ragazzo catechizzato, rimettendosi a contar sulle dita, - sarebbero... le pertiche d'ascensione... la trave d'equilibrio, non troppo elevata da terra, che è inutile... la sbarra fissa... s'intende le parallele e il piano inclinato... Tutt'al più, lascerei da parte qualche esercizio... l'altalena di salvataggio, per esempio.
- Come? - domandò con vivacità la maestra, - anche lei è di quelli che trovan pericolosa l'altalena di salvataggio?
- No, ho sbagliato, - rispose il segretario, - l'altalena di salvataggio, veramente, si dovrebbe lasciare. Infatti, che pericolo c'è?... Qualche piccolo storcimento, alla peggio. Siamo d'accordo anche su questo.
- Siamo dunque d'accordo su tutto! - esclamò la maestra, soddisfatta. - Dico bene, che non si può aver buon senso e pensarla altrimenti -. Poi, ripresa dalla curiosità , mentre eran già sotto il portone, gli domandò con un sorriso singolare: - È un pezzo che s'è dedicato a questi studi?
Il segretario arrossà e fece un gesto indeterminato, senza dir nulla. Ma dopo quel giorno ritornò sull'argomento ad ogni incontro, Il commendatore possedeva dei libri di ginnastica, avuti in dono dagli autori, durante il suo vice-assessorato dell'istruzione pubblica, dei pacchi di numeri del «Ginnasta aretino», che gli aveva mandato anni addietro un amico toscano: don Celzani leggeva ogni cosa, per prepararsi certe domande e certe risposte, e cosà poteva sostener la conversazione. Aveva finalmente trovato il gancio e ammirava la perspicacia dell'ingegnere. Ora, quand'eran su quei discorsi, la maestra si soffermava ogni quattro scalini, ed egli aveva cosà un agio delizioso di ammirarla, come non l'aveva mai avuto, e imparava a memoria tutte le pieghe, tutti i bottoni, tutte le fettucce di quel terribile vestito color marrone; scopriva dei piccoli movimenti abituali di lei, che non aveva mai osservati, studiava i suoi denti bianchi uno per uno, faceva con l'occhio dei veri viaggi d'esplorazione intorno alle sue forme, cosà profondamente assorto alle volte in quelle indagini amorose, che dimenticava di rispondere, o rispondeva a casaccio. Senonchè, in questo gioco, egli perdette ben presto quella padronanza di sè, che era necessaria ai suoi fini. A poco a poco, cominciò a pensare che fosse rivolta a lui la simpatia che essa mostrava per l'argomento delle loro conversazioni; gli pareva d'esser salutato, guardato, ascoltato in tutt'altro modo da quello di prima; risentiva dei fremiti sotto lo sguardo ch'ella gli fissava negli occhi, nell'esporgli le sue ragioni; fu due o tre volte sul punto di tradirsi, di afferrare il suo bel braccio per aria, quando accennava un movimento alla trave di sospensione. Si contenne, però. Ma prese tanto coraggio da decidersi a una nuova prova, più accortamente preparata dell'altra, da tentare il primo giorno di maggio, quando ella fosse tornata in casa sua a portar la pigione. Credeva che questa volta non gli avrebbe più potuto dare una ripulsa assoluta. Un legame c'era fra loro. L'idea che, sposando lui, ella avrebbe avuto un conlocutore intelligente per le sue conversazioni predilette, uno specchio riflettore perpetuo della sua passione dominante, una specie di segretario intellettuale, gli pareva che dovesse avere un gran peso sulla sua determinazione. Ed egli aveva in serbo, per darle l'ultima spinta, la rivelazione d'un piccolo secreto, che, per certa vergogna, teneva gelosamente nascosto, da un po' di tempo, a tutta la casa.
Ma, ahimè! non era più un segreto per tutti. Il giorno prima di quello fissato da lui per far la sua terza dichiarazione, lo studente Ginoni, entrando in casa all'ora di desinare, diede una notizia che fece prorompere tutti in una risata.
- Papà , - disse, incrociando le braccia sul petto, - ne vuoi sapere una incredibile?.. Don Celzani va alla Palestra!
Ma alla risata succedettero esclamazioni d'incredulità . Eppure, egli l'aveva visto entrare alla Palestra, sul corso Umberto, all'ora dell'entrata degli altri soci. Non c'era ombra di dubbio.
Le speranze fondate da don Celzani sul primo di maggio furono mandate a monte da un avvenimento imprevisto. Il commendatore, che, per scansar le visite dei suoi pigionali, soleva ogni primo del mese passar la giornata di fuori, stette in casa quel giorno, ribadito come sempre sulla sua poltrona, come se li aspettasse. Don Celzani, che aveva fatto tutti gli apparecchi per l'assalto, n'ebbe una stizza da addentarsi le mani. Sperò fino alle undici ch'egli si decidesse ad andarsene; poi perdette ogni speranza, e prese a girar per le camere col diavolo in corpo. Ma un pensiero consolante gli balenò a un certo punto: che lo zio avesse curiosità di veder un po' da vicino la Pedani, e di discorrer con lei, poiché non eran corsi fra loro che dei saluti di scala; e che questo fosse un indizio di buone intenzioni, Dopo la visita al direttore, lo zio non gli aveva più parlato dell'affare; ma don Celzani capiva che egli non ignorava la persistenza risoluta della sua passione. Chi sa! Forse egli aveva davvero quel disegno. E allora il suo dispetto si cangiò in impazienza. Sarebbe venuta come l'altra volta al tocco e mezzo. Al tocco, il commendatore era seduto nello scrittoio, con la maestosa testa bianca abbandonata sulla spalliera della poltrona, e gli occhi azzurri al soffitto. Fosse politica o altro, quando la serva annunziò la Pedani, egli fece l'atto di andarsene e di cedere il posto al nipote: poi cambiò idea.
La maestra entrò, e parve che non le spiacesse di trovar là il padrone di casa, forse perché questi rendeva impossibile una nuova dichiarazione ch'essa temeva.
Il commendatore era coi suoi pigionali d'una rara compitezza, e usava col bel sesso delle forme straordinariamente rispettose e dignitose. S'alzò, s'inchinò con gli occhi chiusi davanti alla ragazza, e, rimettendosi a sedere, insistè perché sedesse lei pure. Il segretario prese i denari e scrisse la ricevuta con le mani malferme, lanciando continui sguardi di sotto in su a tutti e due. Era preso da una commozione di ragazzo, come se la Pedani avesse fatto la sua prima entrata nella famiglia, e si dovesse concludere il matrimonio in quella seduta.
- Ebbene, signorina, - domandò il commendatore con dignità , temperata da un sorriso cerimonioso, quando il segretario ebbe rimesso il foglio alla maestra, - come va la ginnastica?
Era evidente che voleva farla parlar lungamente. La maestra rispose che era sempre alle stesse: una quantità di pregiudizi da vincere nei parenti delle alunne, e anche nelle autorità ; per il che gl'insegnanti dovevan sostenere una lotta continua, a scapito, s'intende, dell'insegnamento,
- Nella ginnastica femminile sopra tutto, - disse il commendatore, gravemente,
- Nella femminile sopra tutto, - ripete la Pedani, animandosi, - per un mondo di riguardi... non fondati. Ella lo saprà . Io non dico che si possa subito, con le idee di adesso, attuare il concetto dei baumannisti avanzati, di non fare alcuna differenza fra la ginnastica maschile e la femminile. Ma al punto a cui si vuol ridurre questa... è veramente troppo.
Il commendatore fece un cenno d'assenso con le palpebre. Il male, secondo lui, era che s'insegnava la ginnastica per dar saggi negli spettacoli e nelle occasioni di visite ufficiali: per questo si andava all'eccesso nella compassatura e nella riservatezza dei movimenti.
- Non è vero? - domandò la maestra con vivacità . - È quello che io dico sempre. - E, infervorandosi nel discorso, dimentica affatto o incredula di quello che l'ingegnere le aveva detto, con l'ingenuità d'una monomane, premette il tasto prediletto dell'ex assessore. - Dicono: le ragazze non debbono fare i movimenti che fanno i maschi. Ma io rispondo: o quei movimenti sono igienici o non lo sono. Se lo sono, come si possono omettere per dei riguardi che non si appoggiano sopra alcuna ragione seria? Perché il punto è questo. Le ragazze non hanno da far ginnastica che davanti alle loro maestre o alle loro madri. Dunque, soppressi gli spettacoli che guastan tutto, è rimossa ogni difficoltà .
Il commendatore approvò. Veramente, secondo la sua idea, gli spettacoli andavan lasciati stare; ma non lo disse. Si restrinse a fare un'osservazione generale sul grande bisogno che v'era, specialmente per le ragazze, d'una ginnastica più energica, più conforme a quella ch'era in voga in Germania. La generazione nuova, a suo giudizio, lasciava molto a desiderare.
Aveva toccato la corda più viva della maestra.
- Se lascia a desiderare! - esclamò questa. - E ancora che lei, signor commendatore, non è al caso di farsene un'idea precisa. Ma noi che le vediamo bene le nostre ragazze, che abbiamo il dovere di esaminarle, di tastarle, noi tocchiamo con mano l'assoluta necessità che lei dice. Se lei potesse vedere...
Il commendatore socchiuse gli occhi e prestò una profonda attenzione.
- Se lei vedesse, - continuò la maestra, - che povero sangue! Non dico di quelle che hanno dei veri difetti d'organismo. Ma ce n'è un gran numero che hanno una costituzione abbastanza buona, senza alcun vizio organico, nè alcuna infermità spiegata; eppure metton pietà . Sono cresciute in fretta, ma s'è soltanto allungato lo scheletro: il sistema muscolare non si è svolto in proporzione. Non hanno spalle, nè braccia, nè petto. Non è il caso davvero di temer le pressioni... sul davanti, come temon le mamme. Per il più piccolo sforzo sono anelanti, sudano; ce n'è che svengono. Paion bambine uscite di malattia. Fa dispetto vedersi metter delle restrizioni monacali all'insegnamento per ragazze simili, che non dovrebbero far altro che ginnastica dalla mattina alla sera!
- Quali restrizioni le son poste, generalmente? - domandò il commendatore, guardandosi le unghie.
- Ma!... d'ogni specie, - rispose la Pedani. - Vogliono ristrettissimo l'esercizio d'abduzione e sollevazione delle gambe e... che so io. Poi, alle parallele e al volteggio, e anche alla sbarra fissa, nessuno degli esercizi in cui sia necessario sollevare gli arti inferiori... Per le grandicelle, non salita alla corda, nè alla pertica. Domando io! - E tirò avanti.
Il commendatore ascoltava, con gli occhi azzurri fissi alla vôlta, come immerso in una contemplazione celeste, movendo lentamente il capo in segno d'assenso.
- E con questo, - continuò la maestra, - ciò che ci appassiona sempre più per le nostre idee, è il vedere che progressi s...
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