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Paragonando perciò con quelle i popoli nostri, e in tutti i diversi aspetti, sia d'interna felicità , sicurezza e virtù, sia di esterna dignità , grandezza e potenza, si verrà tacitamente a paragonare il diverso valore, la influenza, importanza, ed utilità delle scienze e delle lettere. A me pare, che da questo paralello ben meditato si verrà apertamente a conchiudere; Che il vizio dei governi assoluti non osta alle scienze nè in chi scrive, ne in chi legge, nè in chi le protegge: e che, anzi, al promuoverle e perfezionarle, è assolutamente necessaria una protezione qualunque, ancorchè all'inventarle e crearle mortifera ella sia, come ad ogni altra util cosa. Ma, da questo paralello ben meditato, si verrà , spero, altresì a conchiudere; Che al ravviare le lettere, al far rivivere l'antica loro perfezione, e spingerla di qualche cosa più oltre, (il che impossibile non credo) assolutamente vuol essere libertà , e bollente amor di virtù, almeno almeno in chi scrive; ancorchè, all'inventarle e crearle, la distruggitrice tirannide, e la insultante protezione, d'impedimento intero riuscire non possano. Ma, un così forte impedimento son queste alla vera perfezion delle lettere, che la parola perfezione esclude assolutamente per esse ogni protezione di principe, la quale può sola macchiarle.
CAPITOLO QUINTO.
DEI CAPI-SETTA RELIGIOSI; E DEI SANTI E MARTIRI.
Havvi un'altra specie di uomini sommi, che virtù e verità insegnando, al pubblico talvolta giovarono, e a se stessi acquistarono quasi sempre gran fama. Son questi i fondatori delle sette diverse, i santi ed i martiri, così cristiani che giudei, o di altre religioni. Costoro, o scritto abbiano, od operato, come dottissimi nella scienza dell'uomo, io li ripongo pur sempre a ogni modo nella classe dei sublimi scrittori. I nostri massimamente, come a noi più noti, non pochi nè deboli argomenti mi prestano per sostenere questo mio già tante volte ripetuto assunto; Che alla verità e virtù, sotto qualunque aspetto elle s'insegnino, moltissimo pur sempre nuoce il principato. Nè di costoro parlerò io più a lungo che non si aspetti a questo mio tema; perchè troppe cose mi si appresenterebbero da dirsi su ciò, se deviar mi volessi.
Osserverò dunque, che a Mosè (il più antico tra questi, a noi noto) convenne pure scuotere il giogo del tiranno d'Egitto prima di poter egli dar leggi sì religiose che civili al suo popolo. Ed anzi, chi non vede, che egli, per dar corpo, libertà , ed esistenza a quel popolo errante e avvilito dal lungo servaggio, del sublime velo di una inspirata religione felicemente si valea? E all'operare e scrivere tai cose, non lo avrebbe certamente mai protetto quel Faraone.
Così Gesù Cristo, politicamente considerato come uomo, volle pur anco, insegnando la verità e la virtù con l'esempio, restituire al suo popolo ed a molti altri ad un tempo, per via di una miglior religione, una esistenza politica indipendente dai Romani, che servi e avvilitili teneano.
Così Maometto, coll'abbattere la idolatria, volle, sotto il velo di una più semplice e pura religione, dar consistenza di nazione a popoli barbari che non l'aveano; al che, oltre ogni credere, riusciva Maometto.
Come legislatori, si debbono dunque costoro annoverare infra i sublimi scrittori, poichè eran mossi dallo stesso impulso, di giovare altrui acquistando gloria a se stessi. E tali erano certamente, nella Cina Confucio, e nell'Indie Zoroastro; e fra altre nazioni molti altri, di cui non sappiamo.
I nostri santi poi, o scrittori fossero, come Paolo, Agostino, Grisostomo, Girolamo, ed altri; o, colla parola, e più coll'esempio, predicassero essi virtù, come Francesco, Domenico, Bernardo &cc; o, col loro eroico morire, nei cuori degli uomini in note di fiamma e di sangue lasciassero essi scolpita la memoria del loro sublime imperturbabile animo, e l'ardentissimo desiderio d'imitare la loro virtù, come Lorenzo, Stefano, Bartolommeo, e tante altre centinaja di martiri; costoro tutti, avendo avuto al loro operare lo stessissimo sovrano irresistibile impulso, che debbono avere i veri letterati, alle stesse vicende di essi, per vie e cagioni diverse, soggiacquero. E mi spiego. Costoro, finchè furono lasciati fare da se, puri, incalzanti, e severi mostraronsi; perseguitati, divennero più luminosi, più forti, e maggiori direi di se stessi; protetti finalmente, accolti, vezzeggiati, arricchiti, e saliti in potere, si intiepidirono nel ben fare, divennero meno amatori del vero, e per anche sotto il sacrosanto velo di una religione omai da essi scambiata e tradita, asseritori vili si fecero di politiche e morali falsità .
Una moderna non curanza di ogni qualunque religione, frutto anch'essa (come ogni altra rea cosa) del principato, fa sì che i nostri santi non vengono considerati e venerati da noi come uomini sommi e sublimi, mentre pure eran tali. Ciò nasce, per quanto a me pare, da una certa semi-filosofia universalmente seminata in questo secolo da alcuni scrittori leggiadri, o anche eccellenti, quanto allo stile; ma superficiali, o non veri, quanto alle cose. I libri di costoro, andando per le mani di tutti, stante la loro seducente facilità , imprestano una certa forza d'ingegno a chi non ne avea per se stesso nessuna; a chi poca ne avea, un'altra poca ne accrescono; ma a chi moltissima ne avea da natura, se altri libri non avesse letti che quelli, riuscirebbero forse a deviargliela affatto dalla vera strada. Da questa semi-filosofia proviene, che non si sfondano le cose, e non si studia, nè si conosce appieno mai l'uomo. Da essa proviene quella corta veduta, per cui non si ravvisa nei santi il grand'uomo e nei grandi uomini il santo. Per essa non si scorgono manifestamente negli Scevoli e nei Regoli i martiri della gloria e della libertà ; come nei bollenti e sublimi Franceschi, Stefani, Ignazj, e simili, non si ravvisano le anime stesse di quei Fabrizj, Scevoli, e Regoli, modificate soltanto dai tempi diversi. E tutto ciò, perchè si rimirano i nostri con occhi offuscati da un pregiudizio contrario ai passati; e perchè si giudicano dagli effetti che hanno prodotto, non dall'impulso che li movea, e dalla inaudita sublime tempera d'animo, di cui doveano essere dotati, abbenchè con minor utile politico per l'universale degli uomini l'adoprassero.
Ma in questi tempi, dai presenti scrittori (i quali mai non lodano, nè destano alcun entusiasmo, perchè non ne hanno nessuno) vengono freddamente accennati con lodi poco sentite quei veri antichi santi di libertà ; e interamente vengono derisi questi santi di religione. I moderni scrittori, in vece d'innalzare e insegnare la sublimità pigliandola per tutto dove la trovano, col loro debole sentirla, e col più debolmente lodarla, affatto la deprimono ed obbliar ce la fanno, Ma, poichè i più leggiadri fra essi (fattisi interamente padroni di un'arme tanto possente quanto è la ingegnosa derisione) hanno pure scelto di migliorare e illuminar l'uomo col farlo ridere; minoramento grandissimo, a parer mio, hanno recato alla loro propria fama, per non aver essi rivolto quell'acuta leggiadria del loro stile massimamente contro ai principi, i quali assai più male ci han fatto e ci fanno tuttavia, che non i santi ed i preti. Il credere in Dio, in somma, non nocque a nessun popolo mai; giovò anzi a molti; agli individui di robusto animo non toglie nulla; ai deboli è, sollievo ed appoggio. Ma il credere nel principe, ha sempre tolto, e torrà , ai popoli ogni vera virtù, la felicità , la fama, le ricchezze, ed i lumi; agli individui ha tolto sempre, e torrà , il vero amore di gloria, la sublimità , la virtù, e l'ardire.
Ed in prova di quanto io dico, la stessa religione cristiana, ancorchè acerba nemica della gloria mondana, si vede pure essere ella stata, se non incitatrice di libertà , compatibile almeno con essa, e con la felicità , ed anche con una certa grandezza dei popoli, in tutte quelle regioni ove ella veniva modificata alquanto, o per dir meglio ritratta verso i semplici suoi antichi principj. Il che vediamo tuttavia fra gli Svizzeri, gli Olandesi, e gl'Inglesi. Ma mi si mostri da qual corte di principe mai, (e siano pur anche i Titi, i Marc'Aurelj, i Trajani,) o da qual principato mai, veramente costituito tale, ne ridondassero (non dico popoli magnanimi e liberi, che impossibil cosa è) ma molti, o alcuni individui liberi, sublimi, virtuosi ed arditi, i quali con opere o scritti insegnando virtù e verità , procacciassero utile vero a tutti gli uomini, e fama eterna a se stessi. E siccome le religioni per lo più soggiacciono ai governi, non i governi alle religioni; e siccome quanto male queste possono aver fatto, all'ombra sempre e per mezzo del principato lo faceano; si viene di necessità a conchiudere, che agli uomini in ogni tempo è stato arrecato assaissimo più danno dai principi, che non mai da' sacerdoti: e chiara cosa è, che, migliorato o cangiato il governo, si può facilmente venire a migliorare e cangiare la religione, ad estirparne gli abusi, e adattarla alla libertà felicità e virtù.
Ora, perchè dunque questi nostri moderni leggiadri acuti scrittori, con vie maggior utile per gli uomini e assai più gloria e fama per se stessi, non combattevano colle armi possenti del ben adoprato ridicolo piuttosto il principato che la religione? perchè il principe armato era e temevasi; non lo erano più i preti, e schernivansi. Viltà è questa; viltà inescusabile, che lo scrittore, il libro, e per anco i lettori degrada. Se la penna può pur per se stessa combattere contra il cannone, e a lungo andare trionfarne, non otterrà ella mai per certo tal palma col far ridere gli uomini; ma ottenerla potrebbe bensì col farli pensare, piangere, fremere, e bollire di vendetta e di gloria. Si potranno per tal via cangiare le loro opinioni: che le felici rivoluzioni, per cui alcuni popoli dalla oppressione risorgeano a libertà , nascevano per lo più (pur troppo!) dalle parole tinte nel sangue, non mai dalle tinte nel riso.
Ma ecco, che io, nol volendo, mi sono pure alquanto allontanato dal mio tema. Non credo però di essermene sì fattamente deviato, che da queste ultime mie parole, senza sforzata transizione, io non possa venire a conchiudere coerentemente il presente capitolo. Dico adunque, che i capi-setta, i profeti (che sommi poeti erano) i santi, ed i martiri, nati per lo più, come ogni altro insegnatore di sublimità e virtù, acerrimi nemici d'ogni assoluta potestà , sotto essa allignare non poteano senza molto scapitare della loro forza e purità . Aggiungo, che i loro fatti, parole, e focosi insegnamenti, svelavano indubitabilmente un animo innalzato, e insofferente di ogni oppressione, ove pure non volessero farsi oppressori essi stessi. Onde costoro, come uomini senza dubbio ad ogni modo sublimi, meritano, anche dai meno religiosi uomini, ammirazione culto, e venerazione.
CAPITOLO SESTO.
DELL'IMPULSO NATURALE.
Annoverate ho finora tutte le diverse classi di uomini sommi, che siano da noi conosciute: letterati, scienziati, politici, legislatori, artisti, capitani, capi-setta, santi; e per anche v'ho incluso i principi stessi; per quanto mai possa esser grande questa specie, che tanti grandi uomini d'ogni sopraccennato genere impedisce e distrugge. Ma, di quanti ne ho annoverati, di tutti dico, che sommi veramente non furono mai, nè sono, nè saranno, nè potranno mai essere in nessuna delle nomate classi coloro, che a divenir sommi non avranno avuto per prima base l'impulso naturale.
È questo impulso, un bollore di cuore e di mente, per cui non si trova mai pace, nè loco; una sete insaziabile di ben fare e di gloria; un reputar sempre nulla il già fatto, e tutto il da farsi, senza però mai dal proposto rimuoversi; una infiammata e risoluta voglia e necessità , o di esser primo fra gli ottimi, o di non essere nulla.
Più laudevole e maggiore debb'essere questo impulso, in proporzione della grandezza del fine che egli si propone, e della grandezza dei mezzi che adopera per conseguirlo. Ma da questo immoderato amore...
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