FERMO E LUCIA, di Alessandro Manzoni - pagina 1
FERMO E LUCIA
INTRODUZIONE
( PRIMA INTRODUZIONE CONTEMPORANEA
ALLA STESURA DEI PRIMI CAPITOLI)
È qui il luogo d'antivenire un'accusa la quale per grave e pericolosa ch'ella sia, potrà leggermente esser data a questo scritto: cioè che non sia altrimenti fondato sopra una storia vera di quel tempo, ma una pura invenzione moderna.
Prego coloro i quali fossero disposti ad ammettere questo sospetto, a riflettere che essi verrebbero ad accusare l'editore niente meno che di aver fatto romanzo, genere proscritto nella letteratura italiana moderna, la quale ha gloria di non averne o pochissimi.
E benché questa non sia la sola gloria negativa di questa nostra letteratura pure bisogna conservarla gelosamente intatta, al che ben provvedono quelle migliaja di lettori e di non lettori i quali per opporsi a ogni sorta d'invasioni letterarie si occupano a dar se non altro molti disgusti a coloro che tentano d'introdurre qualche novità.
Oltre di che questo genere, quand'anche non sia altro che una esposizione di costumi veri e reali per mezzo di fatti inventati è altrettanto falso e frivolo, quanto vero e importante era ed è il poema epico e il romanzo cavalleresco in versi.
Per queste ragioni ognun vede quanta debba importare all'editore di allontanare da sé questo sospetto.
Certo, il migliore espediente sarebbe di mostrare il manoscritto, ma a questo egli non può indursi per altri e pur degni rispetti.
Si direbbe che veramente il reo gusto del secolo si fa sentire nello stile del vecchio scrittore ma che però vi è una certa fragranza (dico bene?) di lingua che ben fa vedere che di poco era spirato quell'aureo cinquecento, quel secolo nel quale tutto era puro, classico, lindo, semplice, nel quale la buona lingua si respirava per così dire coll'aria, si attaccava da sé agli scritti, dimodoché, cosa incredibile e vera! fino i conti delle cucine e gli editti pubblici erano dettati in buono stile.
Non volendo adunque mostrare il manoscritto originale, ha l'editore pensato un altro mezzo per convincere i lettori della realtà di questa storia.
I dubbj su di essa non possono nascere da altro che dal non trovare verità nel costume, nei fatti, e nei caratteri del tempo rappresentato: poiché se si venisse a concedere che questa verità si trova, allora il dire che la storia è inventata potrebbe quasi quasi parere più che un biasimo una lode, dal che bisogna guardarsi ben bene.
Ora per certificare i più increduli che i costumi sono veramente quelli del tempo, l'editore propone loro di fare ciò ch'egli stesso ha fatto per giungere a questo convincimento.
A dir vero molte gli parevano tanto strane, ch'egli non sapeva risolversi a crederle realmente avvenute, perloché si pose a frugare molto nei libri e nelle memorie d'ogni genere che possono dare una idea del costume e della storia pubblica e privata del Milanese nella prima metà del secolo decimosettimo.
Per comodo di chi volesse rifare queste ricerche egli pone qui una scelta delle letture opportune a mettere chicchessia in caso di giudicare da sé questo fatto.
Nota di libri, memorie etc.
......
Ma di questi libri, dirà taluno; alcuni sono difficili a ritrovarsi, e la più parte nojosi a leggersi, e scritti in uno stile tra il goffo e il lezioso, tra il barbaro e il pedantesco.
Alcuni poi sono in latino e come pretendere che si leggano libri latini per convincersi se una storia è vera o supposta? Chi non sa che le signore non imparano pur troppo il latino, e che le signore appunto sono quelle che più si dilettano di leggere storie private? dimodoché i mezzi di fare questa verificazione sarebbero appunto interdetti a chi più probabilmente avrà letta la storia.
Rispondo anche a questa obbiezione, pregando il lettore a non farmene più altre per non farmi perdere il tempo in ciarle, e ritardare così quello che importa cioè il racconto.
Rispondo dunque: che fra i pochi lettori di questa storia, vi saranno certamente molti, i quali benché virtualmente sappiano che nel passato vi sono stati gli anni 1628-29 e -30, non hanno però mai pensato a questi anni, e che molto meno sanno che cosa in quegli anni si facesse, come si vivesse, se vi sia stato un po' di fame, di guerra, e dl peste, e di quelle altre coserelle che si vedranno in questa storia.
Questi ch'io dico penseranno dunque a quest'epoca per la prima volta leggendo questa storia, e da essa ne ricaveranno tutte le notizie.
E appena avranno letta qualche pagina cominceranno a trovare che la tal cosa non è verisimile, che la tal altra non ha il colore del tempo e simili scoperte.
Ora fra questi lettori scommetterei che forse non vi sarà una sola signora.
In generale elle non conoscono la maniera dotta e ingegnosa di leggere per cavillare lo scrittore, ma si prestano più facilmente a ricevere le impressioni di verità, di bellezza, di benevolenza che uno scritto può fare; quando non vi trovino nulla di simile, chiudono il libro, lo ripongono senza gettarlo con rabbia, e non vi pensano più.
Sicché io confido che la veracità di questa storia esse la sentiranno senza discuterla, che non si divertiranno a sottilizzare per trovare il falso dove non è; e per conseguenza la nota riportata di sopra è affatto inutile per loro.
V'è poi un'altra obbiezione che non si può lasciare senza risposta, una obbiezione che l'editore farebbe a se stesso quando fosse certo che non verrà in capo a nessuno.
La pubblicazione di questa storia non è cosa affatto inutile, non è una occasione di far perdere qualche ora a pochi lettori? Lettori miei, se dopo aver letto questo libro voi non trovate di avere acquistata alcuna idea sulla storia dell'epoca che vi è descritta, e sui mali dell'umanità, e sui mezzi ai quali ognuno può facilmente arrivare per diminuirli e in sé e negli altri, se leggendo voi non avete in molte occasioni provato un sentimento di avversione al male di ogni genere, di simpatia e di rispetto per tutto ciò che è pio, nobile, umano, giusto, allora la pubblicazione di questo scritto sarà veramente inutile, l'obbiezione sarà ragionevole, e l'editore avrà un dispiacere reale del tempo, e che ha fatto gittare agli altri, e del molto più che egli stesso vi ha speso.
INTRODUZIONE RIFATTA DA ULTIMO
«L'Historia si può veramente chiamare una guerra meravigliosa contro la Morte; perché togliendoli di mano gl'anni già suoi prigionieri, anzi già fatti cadaveri, li chiama in vita, li passa in rassegna, e li schiera di nuovo in battaglia.
Ma li illustri Campioni che in tal arringo fanno messe di palme, rapiscono soltanto le spoglie più sfarzose e brillanti, imbalsamando coi loro inchiostri i fatti de Prencipi e Potentati e qualificati Personaggi, tessendo come in feral tela i conflitti di Marte, e trapontando coll'ago finissimo dell'ingegno i fili d'oro e di seta che formano un perpetuo ricamo di azzioni gloriose.
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