TUTTE LE NOVELLE, di Giovanni Verga - pagina 1
Tutte le novelle
Giovanni Verga
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X
Certi argomenti
Per le vie (1883)
15
Semplice storia
L'osteria dei "Buoni Amici"
Camerati
Drammi intimi (1884)
I drammi ignoti
La Barberina di Marcantonio
L'ultima visita
Vagabondaggio
Artisti da strapazzo
...E chi vive si dà pace
Il bell'Armando
Quelli del colèra
Lacrymae Rerum
I ricordi del capitano d'Arce (1891)
I ricordi del Capitano d'Arce
Giuramenti di marinaio
Commedia da salotto
Né mai, né sempre!
Prima e poi
Dramma intimo
Bollettino sanitario
(1894)
Don Candeloro e C.
Le marionette parlanti
Paggio Fernando
La serata della diva
Il tramonto di Venere
Papa Sisto
Epopea spicciola
L'opera del Divino Amore
Il peccato di donna Santa
La vocazione di suor Agnese
Fra le scene della vita
Racconti e bozzetti (1880-1922)
Un'altra inondazione
Casamicciola
I dintorni di Milano
Il Carnevale fallo con chi vuoi;
Pasqua e Natale falli con i tuoi
Carne venduta (frammento I)
Olocausto
La caccia al lupo
Frammento II
"Nel carrozzone dei profughi" (frammento III)
Frammento IV
Una capanna e il tuo cuore
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PRIMAVERA
Così s'erano incontrati con Paolo, mentre egli girandolava, masticando pensieri musicali, e sogni di giovinezza e di gloria - una di quelle sere beate in cui si sentiva tanto più leggiero per salire verso le nuvole e le stelle, quanto meno gli pesavano lo stomaco e il borsellino -.
Gli piacque di seguire le larve gioconde che aveva in mente in quella graziosa personcina, la quale andava svelta dinanzi a lui, tirando in su il vestitino grigio quand'era costretta a scendere dal marciapiedi sulla punta dei suoi stivalini un po' infangati.
In quel modo istesso la rivide due o tre volte, e finirono per trovarsi accanto.
Ella scoppiò a ridere alle prime parole di lui; rideva sempre tutte le volte che lo incontrava, e tirava di lungo.
Se gli avesse dato retta alla prima, ei non l'avrebbe cercata mai più.
Gli disse che si chiamava la Principessa, poiché, come spesso avviene, il suo pudore rannicchiavasi ancora nel suo vero nome, ed ei l'accompagnò sino a casa, cinquanta passi lontano dalla porta.
Ella non voleva che nessuno, e lui meno d'ogni altro, potesse vedere in qual castello da trenta lire al mese vivessero i genitori della Principessa.
Trascorsero in tal modo due o tre settimane.
Paolo l'aspettava in Galleria, dalla parte di via Silvio Pellico, rannicchiato nel suo gramo soprabito estivo che il vento di gennaio gli incollava sulle gambe; ella arrivava lesta lesta, col manicotto sul viso rosso dal freddo; infilava il braccio sotto quello di lui, e si divertivano a contare i sassi, camminando adagio, con due o tre gradi di freddo.
Paolo chiacchierava spesso di fughe e di cannoni, e la ragazza lo pregava di spiegarle la cossa in milanese.
- La prima volta che salì nella cameretta di lui, al quarto piano, e l'udì suonare sul pianoforte una di quelle sue romanze di cui le avevano tanto parlato, cominciò a capire, ancora in nube, mentre guardava attorno fra curiosa e sbigottita, si sentì venir gli occhi umidi, e gli fece un bel bacio - ma questo avvenne molto tempo dopo.
Dalla modista si ciarlava sottovoce, dietro le scatole di cartone e i mucchi di fiori e di nastri sparsi sulla gran tavola da lavoro, del nuovo moroso della Principessa, e si rideva molto di quest'altro, il quale aveva un soprabitino che sembrava quello della misericordia di Dio, e non regalava mai uno straccio di vestito alla sua bella.
La Principessa fingeva non intendere, faceva una spallata, e agucchiava, zitta e fiera.
Il povero grande artista in erba le avea tanto parlato della gloria futura, e di tutte le altre belle cose che dovevano far corteo a madonna gloria, che ella non poteva accusarlo di essersi spacciato per un principe russo o per un barone siciliano.
- Una volta ei volle regalarle un anellino, un semplice cerchietto d'oro che incastonava una mezza perla falsa - erano i primi del mese allora.
- Ella si fece rossa e lo ringraziò tutta commossa - per la prima volta - gli strinse le mani forte forte, ma non volle accettare il regalo: avea forse indovinato quante privazioni dovesse costare il povero gingillo al Verdi dell'avvenire, e sì che aveva accettato assai più da quell'altro, senza tanti scrupoli, ed anche senza tanta gratitudine.
Quindi, per fare onore al suo amante, si sobbarcò a gravi spese; prese a credenza una vesticciuola al Cordusio; comperò una mantellina da venti lire sul Corso di Porta Ticinese, e dei gingilli di vetro che si vendevano in Galleria Vecchia.
L'altro le aveva ispirato il gusto e il bisogno di certe eleganze.
Paolo non lo sapeva, lui; non sapeva nemmeno che si fosse indebitata, e le diceva: - Come sei bella così! - Ella godeva di sentirselo dire, era felice per la prima volta di non dover nulla della sua bellezza al suo amante.
La domenica, quand'era bel tempo, andavano a spasso fuori la cinta daziaria, o lungo i bastioni, all'Isola Bella, o all'Isola Botta, in una di quelle isole di terraferma affogate nella polvere.
Erano i giorni delle pazze spese; sicché quand'era l'ora di pagare lo scotto, la Principessa si pentiva delle follie fatte nella giornata, si sentiva stringere il cuore, e andava ad appoggiare i gomiti alla finestra che dava sull'orto.
Egli veniva a raggiungerla, si metteva accanto a lei, spalla contro spalla, e lì, cogli occhi fissi in quel quadretto di verdura, mentre il sole tramontava dietro l'Arco del Sempione, sentivano una grande e melanconica dolcezza.
Quando pioveva avevano altri passatempi: andavano in omnibus da Porta Nuova a Porta Ticinese, e da Porta Ticinese a Porta Vittoria; spendevano trenta soldi e scarrozzavano per due ore come signori.
La Principessa arricciava blonde e attaccava fiori di velo su gambi di ottone durante sei giorni, pensando a quella festa della domenica; spesso il giovanotto non desinava il giorno prima o il giorno dopo.
Passarono l'inverno e l'estate in tal modo, giocando all'amore come dei bimbi giocano alla guerra o alla processione.
Ella non accordavagli nulla più di codesto, e l'innamorato si sentiva troppo povero per osare di chieder altro.
Eppure ella gli voleva proprio bene; ma aveva troppo pianto, per via di quell'altro, ed ora credeva aver messo giudizio.
Non sospettava che dopo quell'altro, ora che gli voleva proprio bene, non buttarglisi fra le braccia fosse l'unica prova d'amore che il suo istinto delicato le suggerisse: povera ragazza!
Venne l'ottobre; ei sentiva la grande melanconia dell'autunno, e le avea proposto di andare in campagna, sul lago.
Approfittarono di un giorno in cui il babbo di lei era assente per fare una scappata, una scappata grossa che costò cinquanta lire, e andarono a Como per tutto un giorno.
Ora il giovane guardava imbarazzato lei e l'oste, e non osava dir altro.
Ella chinò il capo e rispose che partivano il domani; quando furono soli si fece di bracia - così gli si lasciò andare.
Oh, i bei giorni in cui si passeggiava a braccetto sotto gli ippocastani fioriti senza nascondersi, senza vedere le belle vesti di seta che passavano nelle carrozze a quattro cavalli, e i bei cappelli nuovi dei giovanotti che caracollavano col sigaro in bocca! le domeniche in cui si andava a far baldoria con cinque lire! le belle sere in cui stavano un'ora sulla porta, prima di lasciarsi, scambiando venti parole in tutto, tenendosi per mano, mentre i viandanti passavano affrettati! Quando avevano cominciato non credevano che dovessero arrivare a volersi bene sul serio; - ora che ne avevano le prove sentivano altre inquietudini.
Paolo non le avea mai parlato di quell'altro di cui avea indovinato l'esistenza fin dalla prima volta che Principessa si era lasciata mettere sotto il suo ombrello; l'avea indovinato a cento nonnulla, a cento particolari insignificanti, a certo modo di fare, al suono di certe parole.
Ora ebbe un'insana curiosità.
- Ella possedeva in fondo una gran rettitudine di cuore, e gli confessò tutto.
Paolo non disse nulla; guardava le cortine di quel gran letto d'albergo su cui delle mani sconosciute avevano lasciato ignobili macchie.
Sapevano che quella festa un giorno o l'altro avrebbe avuto fine; lo sapevano entrambi e non se ne davano pensiero gran fatto, - forse perché avevano ancora dinanzi la gran festa della giovinezza.
- Lui anzi si sentì come alleggerito da quella confessione che la ragazza gli avea fatto, quasi lo sdebitasse di ogni scrupolo tutto in una volta, e gli rendesse più agevole il momento di dirle addio.
A quel momento ci pensavano spesso tutt'e due, tranquillamente, come cosa inevitabile, con certa rassegnazione anticipata e di cattivo augurio.
Ma adesso si amavano ancora e si tenevano abbracciati.
- Quando quel giorno arrivò davvero fu tutt'altra storia.
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