[Pagina precedente]...ciocco cervello ch'è fatto altrimenti di quello che dovrebbe, io avrei potuto fare la mia vita più lieta e più comoda per sempre. Non Anna mi rese infelice, ma questo mio stupido cuore."
E il Bacis continuò dicendo che in quel torno di tempo gli capitò la notizia che suo fratello, cassiere in una banca, aveva commesso una cattiva azione che avrebbe potuto costare la vita alla loro madre. La madre supplice si rivolse a lui pregandolo di procurare lui le diecimila lire che occorrevano per salvare l'onore della famiglia. Egli senz'altro comunicò la cosa al padre di Berta che già considerava suo padre. Costui diede subito le diecimila lire, ma volle che Berta ne fosse informata e sapesse che tale importo andava in deduzione della dote. Così egli si trovò d'essere ufficialmente fidanzato di Berta. "Non ci furono molte parole né con Anna per divenirne l'amante, né con Berta per divenirne il fidanzato. L'anticipazione sulla dote era proprio da Berta la stessa cosa che Anna m'aveva concesso permettendomi di godere del suo corpo. Così io passai tutti i miei giorni con Berta e tutte le mie notti con Anna. Il grande casamento vastissimo e disadorno in cui vivevamo era proprio fatto per organizzarvi la mia doppia vita. Ad un'ala c'era l'ufficio e l'abitazione della famiglia di Berta. Al di fuori dell'ufficio dormivo io in una stanza a pianoterra. All'altra ala, circondata da stanze in cui dormivano famigli e serve stanchi del lavoro della giornata, c'era la stanza di Anna. Avevamo tre cani di guardia, che m'accompagnavano festosamente ma muti nella mia corsa da una parte della casa all'altra. E di giorno io ad Anna non pensavo. Quando l'intravedevo umile, intenta alle sue faccende, pensavo: "Aspetta! Godrò di questa tua umiltà questa notte. Adesso non c'è tempo di pensarci". E con Berta poco o nulla si parlava d'amore. Ma ci trovavamo uniti nello stesso pensiero di allargare il nostro possesso. Già ! Quello che nelle vostre città è l'avidità di denaro, da noi in campagna è l'avidità di terra. E quando si parlava delle nostre conquiste future (volevamo far salire sui colli il nostro possesso tutto in pianura) Berta diceva: "Quando Ugo (mio fratello) ci restituirà le quindicimila lire...". Essa non dimenticava le quindicimila lire! "
Al signor Aghios parve che dapprima si fosse parlato di sole diecimila lire. Volle rettificare, ma poi gli parve cosa inconferente.
In tutte le loro speculazioni di terra e di prodotti erano guidati da un vecchio contadino, Giovanni, assurto per la sua astuzia e fedeltà al rango di consigliere. Riceveva la stessa paga come quando irrorava del suo sudore i campi (e non più), ma era l'anima dell'azienda. Il signor Aghios tese l'orecchio, perché il Bacis dedicava tante parole a quell'umile uomo che si capiva doveva finire per giocare una parte importante nell'avventura che gli veniva raccontata. Era avido come i padroni, ma solo per loro. Un vero cane fedele. Il padrone era il padrone e quando s'abituò a considerare anche il Bacis quale padrone, più padrone di tutti perché più giovine, doveva rimanere suo padrone per l'eternità della sua vita, s'investì dei suoi interessi anche quando potevano collidere con quelli del suo legittimo padrone, il padre di Berta, e Berta stessa che quale donna non poteva essere la prima nel comando.
Presto Anna si sentì madre. Lo disse al Bacis senza domandare nulla ed anzi giocondamente, nella certezza che ciò fosse un nuovo anello della catena che li univa. Non le era stata detta una parola in contrario e innocentemente essa pensava che tutto dovesse svolgersi nel modo più naturale. Il Bacis non ne fu molto turbato. Il suo primo pensiero fu anzi che ormai si dovessero accelerare le pratiche per il suo matrimonio con Berta. Dopo, quale padrone, avrebbe potuto facilmente far crescere quel bastardo all'ombra del casone senza riconoscerlo e senza curarsene. Un bambino che non si ama costa in campagna pochissimo. Poi cresce e produce. L'unica seccatura fu che la giovine madre fu meno amorosa. Si sottometteva per vero, grande amore. Ma se poteva si sottraeva e, se lasciata libera, domandava di essere risparmiata.
"Già !" interruppe il signor Aghios. "Madre natura creò il Piacere per garantire la riproduzione. Una volta garantita questa, se il piacere tuttavia persiste è per dimenticanza come dagli insetti certi colori che persistono talvolta anche quando la stagione dell'amore è passata. Non si può mica essere tanto precisi in un'azienda tanto vasta."
"Può essere sia così" disse seccamente il Bacis. "Ma anche qui ci fu una dimenticanza. Perché madre natura dimenticò di spegnere l'incendio anche da me?"
"Oh! bella!" disse l'Aghios e furono parole dettate dal vino. "A madre natura non sarebbe mica spiaciuto che voi aveste, procurato un bimbo anche alla Berta. Essa ha sempre a fare. Siamo in tanti! Non elimina che chi non serve più."
"Mai! Mai!" gridò il giovine con veemenza. "Berta, la nemica, la sprezzatrice di Anna!"
Il signor Aghios rimase scosso. Egli ora sapeva come la storia sarebbe finita. Il Bacis stava dinanzi a lui, acceso, innamorato, disperato, il vero ultimo capitolo del romanzo. Non avrebbe più bisogno di sentire altro.
Il Bacis continuò il suo racconto con una certa fretta di finire. Anna dopo averlo respinto quale amante, in un certo modo, lo privò anche del suo amore, del suo grande amore che s'era manifestato prima di tutto nella sua assoluta discrezione e nella sua rassegnazione alla parte ch'egli le aveva attribuita. Poi lo tradì confidandosi a Giovanni. Giovanni, da cane fedele, parlò col Bacis e gli propose di far sposare la fanciulla da un giovanotto loro contadino, ma zotico, nato apposta per quella parte.
"Ciò avvenne" disse il Bacis "nove giorni or sono." Contò sulle dita: "Sì! proprio, lunedì facevano gli otto giorni. Pare impossibile! Io allora ero ben altro uomo, perché ringraziai Giovanni e consentii al suo piano. La mia metamorfosi cominciò la sera stessa quando bussai alla porta della giovinetta e non mi fu aperto. La chiamai ed essa venne fino alla porta per dirmi a bassa voce due volte: "No! No!". Dovetti retrocedere ed i cani ringhiarono perché, non aspettando di vedermi tanto presto, credettero non fossi io. Mi coricai, ma non seppi dormire e alla mattina mi domandai: "Perché non la truffai ancora? Perché non le promisi di sposarla purché mi aprisse quella porta?". Così m'avviai alla decisione nuova senza saperlo.
Alla mattina Giovanni mi raccontò di essere già d'accordo con Anna. Adesso bisognava affrettarsi di togliere Anna dal lavori di casa e di porla al lavoro sui campi, alla destra del fiume, per metterla a lavorare accanto a Luigi. Fra contadini si fa presto. L'erba è soffice e si arriva ancora in tempo per dare un nuovo padre al nascituro. Al sole io non ricordavo più le angoscie della notte e fui anche d'accordo. Era facile di ottenere un ordine simile dalla Berta, anche perché durante la vendemmia c'era bisogno del lavoro femminile ai campi. Ma per fortuna, non ricordo per quale ragione, la Berta domandò di poter tenere la cugina in casa per soli due giorni ancora. Io invece non ebbi bisogno che di una notte sola per sapere quale fosse il mio dovere. Mi coricai zufolando e pensando: "M'attenderai invano questa notte e quando sarai dell'altro io non ci penserò più e andrò la mia via alla ricchezza e all'indipendenza"".
Fu invece una notte terribile. Egli rivide nell'oscurità Anna come l'aveva vista durante la giornata, più dimessa che mai, priva anche di quegli straccetti ch'egli su di lei tanto ammirava. E nell'oscurità egli intese quella povera animuccia tutta come mai prima. Con lui l'intese e forse più profondamente l'Aghios, che stava a sentire e temeva di aver gli occhi offuscati da lacrime. Essa non era altro che madre, madre del suo bambino e non aveva altro pensiero a questo mondo. Stava per abbandonarsi a Luigi sperando di preparare un posto qualunque a quel bambino a questo mondo. Non era lei che a quell'abbraccio s'abbandonava, era lui che a quell'abbraccio la spingeva. Poi essa avrebbe partorito, sarebbe ridivenuta bella e amante. E il Bacis subito comprese che, nella sua posizione di padrone, gli sarebbe stato facile di riaverla. Ma non gli importava, non era quello che gl'importava. Digrignava i denti all'idea che quel bifolco di Luigi avrebbe potuto prendergliela. E non per gelosia (egli assicurava al signor Aghios), ma perché non ammetteva che un bifolco tale potesse divenire l'arbitro della vita di Anna. Che cosa sarebbe divenuta la dolce Anna nelle mani di un simile individuo? E egli, ora, voleva lui prenderla fra le braccia e portarla dolcemente traverso la vita. Egli non più la desiderava. Egli oramai l'amava.
"Quando il desiderio s'accumula perde il suo aspetto e diventa amore. Tante cose a questo mondo accumulandosi mutano d'aspetto" disse sentenziosamente il signor Aghios. Non trovò subito il paragone e non fu contento di quello che trovò. "Guardi, la lietezza che produce il vino diventa ubbriacatura". Poi, riflessivo: "È vero che pare che il desiderio sia più furioso dell'amore che viene dalla sua accumulazione."
"Io non so" disse il Bacis stringendosi nelle spalle. "Per il momento e finché non potei parlare con Anna, io fui più furioso in amore che nel desiderio. Adesso non so nemmeno io come io mi sia. Saltai dal letto perché in quello stato di abbiezione non potevo vivere per un solo istante. Dovevo nettarmi verso Anna. Mi vestii e saltai dalla finestra. I cani ringhiarono perché non erano usi a vedermi uscire tanto tardi. Ma a me non importava d'essere scoperto e camminai per la campagna col mio solito passo pesante. Arrivato dinanzi alla porta di Anna bussai. Essa dall'altra parte sussurrò: "Perché vieni? Sai bene che non posso". Cercai di spiegarle il motivo della mia visita. Volevo solo parlarle. Ma essa non mi credette e sussurrò che parlare si poteva anche di giorno. Aperse quando ad alta voce dichiarai che se tuttavia avesse rifiutato di aprire, io avrei abbattuta la porta con un colpo di spalla. Allora aperse, ma per lungo tempo il nostro colloquio rimase violento, più simile ad una lotta che ad un abbraccio. Io profondevo su lei tutte le parole più dolci che mi si erano accumulate nell'anima, ma essa non mi credeva, perché pare che - senza neppur accorgermene - io ne avessi usate di simili anche nel desiderio, usando di tutti i mezzi per sottometterla più presto. Poi seppi anche di un'altra causa che le impediva di credermi. Giovanni aveva parlato con lei e l'aveva convinta che non era pensabile che un padrone come me rinunziasse ad ogni sua fortuna per una servetta come era lei. Mi credette solo quando vide che m'accingevo ad andarmene senza domandarle niente. Ero dunque venuto solo per convincerla dell'amore mio. Credette perciò nel mio amore quando s'accorse che da me non c'era desiderio. Strano, nevvero?" E il Bacis bevette e tacque. L'Aghios, ostinato nel vino, avrebbe voluto sostenere il suo punto e asserire che l'Anna s'era accorta d'essere amata solo quando aveva sentito che il desiderio da lui s'era tanto accumulato ch'egli non poteva più sperare di saziarlo in un abbraccio. Ma non trovò le parole. Il Bacis aveva anche lui bevuto molto. Le sue guance erano accese e i suoi bei capelli biondi, lisci, avevano invaso la fronte a furia d'essere scossi dalla testa che accompagnava coi movimenti la parola come se avesse voluto costringerla in un ritmo. Gli fece compassione e non aperse bocca finché il Bacis non gli disse con voce che si sforzava di rendere pacata: "Mi pare che ora potremmo uscire e metterci sul nostro treno".
"Non c'è furia" disse l'Aghios dopo di aver guardato l'orologio. Attese ancora per un istante, ma poi ansioso domandò: "Ma poi? Come finì?".
"Ancora non finì" disse il Bacis. "Se nella notte io avessi incontrato la Berta o suo padre, per aumentare la tranquillità che già avevo conquistata con le mie dichiarazioni ad Anna, avrei subito dichiarato loro la mia risoluzione di sposare questa e non altri. Non mi bastava mai la tranquilli...
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