[Pagina precedente]...perdizione da uno zerbinotto. La comprensione per il fanciullo lo portò fino a rimproverarsi di non aver fatto per lui altro che spalancare la finestra e gridare.
Si liberò da tale pensiero pensando: - Io ho da pensare ad una disgrazia e basta per me!
La notte fu sino al mattino insonne. Non soffriva e giaceva meditando. Capiva benissimo che la sua coscienza non era tranquilla ma non ne vedeva la ragione. Decise di dare una somma anche maggiore alla giovinetta. Gli parve che sarebbe bastato di indurla a dirsi grata per riavere la coscienza tranquilla.
Verso mattina s'addormentò ed ebbe un sogno: camminava al sole tenendo per mano la bella fanciulla, proprio come l'ubriaco teneva per mano il ragazzo. Anch'essa lo precedeva di poco, ciò che a lui serviva per vederla meglio. Era bellissima, vestita di cenci colorati come il primo giorno in cui egli l'aveva vista. Camminava picchiando il piccolo piede al suolo e ad ogni suo passo risonava il campanello d'allarme come quel giorno sul viale di Sant'Andrea. Il vecchio che fino allora era proceduto col suo passo lento, si sforzò di raggiungere la giovinetta. Essa era divenuta per lui la donna del suo desiderio, tutta, coi suoi cenci, col suo passo e persino quel suono argentino del campanello che doveva essere attaccato al suo piedino. Poi fu subito stanco e volle sciogliere la sua mano da quella della giovinetta. Non vi riuscà che quando esausto cadde a terra. La giovinetta come un automa si allontanò da lui senza neppur guardarlo, con lo stesso passo sempre sonoro per il campanello d'allarme. Portava il sesso ad altri? A lui nel sogno di ciò non importò. Si destò. Era coperto di sudore come quella notte della grande angina.
- Sozzo! Oh! Sozzo! - gridò addirittura spaventato del proprio sogno. Volle chetarsi ricordando che il sogno non appartiene a chi lo fa ma che gli è mandato da potenze occulte. Ma la sozzura era evidentemente sua. Ebbe certo maggior rimorso per il sogno fatto di quanto ne avesse avuto per quella recente realtà cui aveva consciamente collaborato. In mezzo alle cure che riempivano la sua mattina egli che non poteva liberarsi dal ricordo dell'avventura notturna ebbe un'ispirazione: fra il ragazzo atterrato e battuto e la fanciulla del sogno che come un automa offriva la propria bellezza esisteva un'analogia. - E fra me e l'ubriaco? - indagò il vecchio. Volle sorridere al paragone impossibile. Poi pensò: - Posso tuttavia riparare beneficandola e istruendola meglio.
Nel corso della giornata ebbe anche altri dubbii. E se nella realtà egli avesse da comportarsi come s'era comportato nel sogno? Sta bene che i sogni sono mandati da altri e che la propria responsabilità non c'entra, ma egli era vecchio abbastanza per sapere che anche nella realtà , talvolta, in certe azioni, non si riconosce se stessi. Per esempio lui era entrato in quell'avventura dopo quella storica passeggiata al molo nella quale era stato accompagnato da tutt'altri propositi. Ora se i suoi propositi attuali non avessero avuto maggior efficacia di quelli di allora, addio pace eppoi addio salute e certo anche addio vita.
Ma qui spuntò nel vecchio una decisione di vera nobiltà . Risolse di abbandonare la vita piuttosto che ritornare a vivere solitario come prima in mezzo alla sua farmacia. Oggi, specie dopo di quel sogno, si sentiva ancora piú desideroso di vivere e di agire. Oggi, se avesse assistito di nuovo al maltrattamento del fanciullo non si sarebbe saputo abbandonare al riposo come il giorno prima. Ed egli pensò che anche quando avesse chiarito la sua posizione con la fanciulla, egli avrebbe potuto ritrovare e beneficare anche il giovinetto. Solo che ora la cosa era troppo complicata e bisognava aspettare la visita di qualche amico influente che avrebbe incaricato delle ricerche necessarie. Ai tanti altri bambini che si trovavano in circostanze simili e a portata di mano, il vecchio non pensò e quello che egli amava per averlo visto battere fu presto da lui dimenticato.
Al medico egli disse qualche cosa della sua avventura notturna. Il vecchio amico, che ogni giorno trovava il modo di scoprire un indizio della prossima guarigione, sorrise: - Vedi che ritorna la salute, anzi la gioventú.
- Che cominci cosà la salute e la gioventú? - domandò il vecchio perplesso. Ebbene! Egli di quella gioventú non voleva saperne. Voleva la calma, la serenità , la vera salute. Prima di tutto voleva liberarsi da ogni rimprovero per il contegno da lui avuto con la giovinetta. Il dottore non poteva indovinare che allora il suo paziente era deciso di curarsi a modo suo tanto piú che il vecchio stesso non avrebbe saputo dirglielo. Egli stesso non sapeva che correva dietro una nuova cura.
Nel pomeriggio il vecchio dormà a lungo di un sonno ristoratore e privo di sogni. Si destò sorridente come un bambino da quel sonno finalmente innocente perché privo di immagini.
Poi preparò la cena per la fanciulla proprio come la prima volta in cui l'aveva attesa. Prima di accingersi a tale lavoro ebbe un istante di esitazione. Ma poi si disse che prima o poi la giovinetta avrebbe dovuto sentire da lui parole dure e prediche meno divertenti e che perciò era bene di offrirle il compenso cui essa apparentemente teneva tanto. Aperse perciò con accuratezza le scatole che per tanto tempo aveva tenute in serbo. Sorrideva vuotandole nei piatti preparati sul solito tavolino: si trattava di indorare una pillola che alla giovinetta sarebbe potuta sembrare amara.
Assistendo a tanti preparativi, la sua infermiera s'allarmò. Non avrebbe essa avuto il dovere di avvisare il dottore? Il vecchio la rassicurò con aria di superiorità . L'ultimo suo sonno era stato tranquillo, ed il precedente dimenticato. Perciò il sospetto dell'infermiera non poteva neppure offenderlo. Le disse che essa avrebbe potuto assistere all'abboccamento dalla stanza vicina. Per la prima volta parlò chiaramente del passato confessando quello ch'essa sapeva o di cui almeno dubitava. - I trascorsi di gioventú devono essere dimenticati. Ad ogni modo non possono piú essere ripetuti. - Ma l'infermiera non si quietò. Per quanto non le mancasse nulla in quella casa, pure le spiaceva di veder preparati per altri quei buoni cibi. Velenosamente rispose: - Cinque mesi or sono Lei era dunque giovine!
- Solo cinque mesi sono trascorsi da allora? - domandò il vecchio stupito. A lui pareva fosse trascorso un secolo dall'ultima visita della giovinetta. Rifece il conto e trovò che quel periodo di tempo non raggiungeva neppure i cinque mesi. Non rispose all'infermiera, ma dubitò di essere vecchio essendo stato tanto giovine cinque mesi prima. Non dubitò però del proprio sincero desiderio di morale e di bontà .
VIII.
La giovinetta, come sempre, fu puntuale all'appuntamento. Nel vecchio non c'era stata quell'ansietà nell'attesa come in passato. Da ciò egli ebbe conforto: se il sogno aveva simulato eccitazioni sessuali, la realtà - ora ne aveva la certezza - era fatta tutt'altrimenti. Ma una grande sorpresa gli diede l'enorme emozione da cui fu preso al rivedere il caro viso della giovinetta. Ora s'avvedeva ch'era escluso ch'egli assumesse con lei, come s'era proposto, le arie di un capo ufficio. Quasi sveniva. Come era incantevole quella faccina dai grandi occhi, di cui sapeva ogni linea per averla baciata, e come era armoniosa quella voce udita da lui quando commentava atti di cui provava rimorso. Non trovava parole per salutarla e lungamente tenne la piccola manina inguantata nelle proprie. Era tanto bello di voler bene. Sorgeva per lui una nuova, un'ultima gioventú? Una nuova cura piú efficace di tutte?
Poi la guardò. Il volto gli parve meno fresco. Attorno alla bocca che cinque mesi prima gli era sembrata un fiore appena sbocciato, qualche linea s'era spostata. Orizzontalmente la bocca s'era un poco allungata e le labbra sembravano meno alte. Qualche cosa d'amaro? Un rancore per lui, forse? Perché - ora soltanto lo ricordava - egli aveva promesso amore e protezione, e improvvisamente s'era sottratto a qualunque impegno che avesse avuto con lei. Perciò le sue prime parole furono dette per domandare perdono. Le raccontò che quella volta quando le aveva scritto di dover lasciare la città , s'era invece ammalato. Descrisse la grande angina, che pur giaceva tanto lontano da lui, come se ne avesse sofferto fino alla vigilia. In certo modo, perciò, mentÃ, ma solo per essere sicuro di ottenere subito il perdono.
Essa, però, non ci pensava di serbargli rancore. Tutt'altro! Aveva subito fatto atto di baciarlo addirittura sulla bocca. Egli porse la guancia e sfiorò la sua con le proprie labbra. - Che peccato! - essa disse - sarebbe stato pur meglio che tu fossi partito piuttosto che ammalare.
Egli, per vederla meglio, la fece sedere all'altro capo del tavolo. Dev'essere stato coordinato da madre natura il fatto che i vecchi vedono meno bene da vicino con quello che non c'è scopo per essi di avere gli oggetti a portata di mano.
Subito osservò stupito che i riccioli che il giorno prima egli aveva visto svolazzare liberi all'aria, erano ora coperti da un cappello elegante adorno di piume dai colori fini e sobrii. Perché quella metamorfosi come si poteva dirla a Trieste, ove il cappello delle donne designa addirittura la classe cui esse appartengono? Veniva da lui in cappello e non lo portava per camminare le vie? Strano! E com'era mutata nel modo di vestire! Quella non era piú una fanciulla del popolo, ma apparteneva alla borghesia per il cappellino, e per il vestito dal taglio elegante e dalle stoffe abbondanti come si usava allora quando le stoffe mancavano. Appartenevano pure alla borghesia, ma un po' degenere, quelle calze di seta trasparenti che proteggevano poco le gambe dal freddo, e gli scarpini laccati. Non solo per affetto il vecchio non seppe assumere l'aria burbera che aveva premeditata, ma anche per un po' di soggezione. Essa era indubbiamente la persona piú elegante con la quale egli da lungo tempo avesse conversato. Egli, invece, era vestito ben comodo e non portava neppure il colletto perché lo affannava. Con gesto istintivo portò le mai al collo per accertarsi di aver abbottonata la camicia.
Donde potevano essere venuti tutti i denari che occorrevano per acquistare tutte quelle belle cose? Anziché pensare a quello che aveva da dire il vecchio si perdette in calcoli. Quanti denari le aveva rimessi lui cinque mesi prima? Potevano bastare i denari dati da lui per spiegare tanto lusso?
Essa lo guardava sorridendo e pareva aspettasse. Egli aveva già deciso di non assumere per il momento l'aspetto di un mentore tanto piú che gli pareva di ammonire abbastanza dando un esempio di virtú. Fu proprio perché non sapeva che altro dire che le domandò: - Sei tuttavia al tramway?
Dapprima sembrò ch'essa non avesse bene sentito: - Al tramway? - Poi parve ricordasse. Non era un posto adatto per una giovine. Lo aveva lasciato da parecchio tempo.
Egli l'invitò a mangiare. Era un modo di guadagnare tempo perché in lui c'era il dubbio se non avesse dovuto farle un rimprovero per l'abbandono del lavoro. Mentre essa s'accingeva a mangiare levandosi lentamente i guanti, egli le domandò: - E che cosa fai ora?
- Ora? - domandò la giovinetta anch'essa esitante. Poi sorrise: - Ora sto cercando un impiego e dovresti procurarmene tu uno.
- Ben volentieri, - disse il vecchio. - Non appena sarò guarito ti prendo con me in ufficio. Hai studiato un po' di tedesco?
- Bravo! Il tedesco! - disse essa ridendo di cuore. - Noi due abbiamo cominciato a volerci bene col tedesco e si potrebbe continuare a studiarlo insieme. - Era una proposta che egli finse di non intendere.
Essa si mise a mangiare, ma molto compostamente. Il coltello e la forchetta lavoravano con grande sicurezza e alla boccuccia arrivavano i bocconi nella giusta misura mentre alle cene cui egli l'aveva convitata prima anche i ditini avevano dovuto collaborare al frazionamento del cibo e al suo trasporto. Al vecchio parve di dover compiacersi di trovarla tanto affinata.
Egli era titubante sempre. Se continuava a r...
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