[Pagina precedente]...l tutto"? Mi par che questo sia propriamente il "Wille", giacente sotto tutta quella serie di vane apparenze che dicesi mondo.
D. Con questa differenza, che "il poter" del Leopardi è la materia eterna dotata di una o piú forze misteriose; laddove il potere di Schopenhauer è una forza unica, il "Wille", e la materia è il velo di Maia, una sua apparenza. L'uno è materialista, e l'altro è spiritualista.
A. Come dunque hanno potuto riuscire nelle stesse conseguenze? Che dalla materia nasca un mondo cattivo, si concepisce; il materialismo è una di quelle parole che mi fa tanto paura quanto il panteismo; ma lo spiritualismo è una parola che suona così bene all'orecchio, l'arca santa della religione, il palladio della civiltà cattolica, una specie di passaporto che ti fa entrare senza sospetto in Napoli ed in Torino, in Austria ed in Francia, e fino in Pietroburgo, il vero "Verbum", la parola delle parole, a cui battono le mani con ugual compiacenza la santa fede e la vera libertá, gli assolutisti e i liberali...
D. I liberali di Napoli...
A. I liberali ben pensanti, i liberali onesti di tutt'i paesi. - Cosa sei tu?- Sono spiritualista.- E con questo talismano l'onestá ti spunta sulla fronte, e ti si fa lieta accoglienza in tutta l'Europa civile. Sono spiritualista, e Ferdinando II mi fará una lettera di raccomandazione al Papa, Luigi Napoleone mi fará girar Parigi senza accompagnamento, e Cavour mi fará cavaliere di San Maurizio. Non ridere, ché parlo da senno.
D. Vedi dunque ch'io ti ho raccomandato una buona filosofia, perché Schopenhauer è spiritualista.
A. E s'accorda con Leopardi che è materialista! non credevo piú alla filosofia, ma credevo alla logica: ora non credo piú nemmeno alla logica.
D. Leopardi, sotto nome di un filosofo greco, dice:- La materia è "ab æterno" -; e dal seno della materia vede germinare l'appetito irrazionale, e quindi l'ignoranza, l'errore, le passioni, in una parola il male. Schopenhauer ha detto:- La materia non esiste, è un concetto, un'astrazione; ciò solo che esiste è l'appetito, il "Wille".- Tutti e due dunque ammettono lo stesso principio, ma l'uno lo profonda nella materia, e l'altro gli fa della materia un semplice velo. Il "Wille" di Schopenhauer è quasi l'anima dei cristiani, che scende nel corpo come in un carcere, costretta a convivere con lui, ma tenendosene distinta e lontana per tema di contagio, e sospirando al momento della separazione, che dicesi morte ed è la vera vita. Salvo che nella dottrina religiosa l'anima è il bene, ed il male è nel corpo; laddove per Schopenhauer il male è nello spirito, nel "Wille", e la materia è lo stesso "Wille" quando si degna di comparire, il suo fantasma. Ecco perché Leopardi e Schopenhauer si accordano nelle conseguenze, ponendo a principio del mondo lo stesso Potere cieco e maligno; e poco rileva che nell'uno sia una forza della materia, e nell'altro una forza che si manifesta sotto aspetto di materia: ne nasce lo stesso "ergo".
A. Capisco. Lo spiritualismo comincia ad entrarmi in sospetto. E Schopenhauer m'ha guastata questa bella parola. È il destino di tutte le parole che al primo entrare nel mondo sono belle e festeggiate, e poi, tira tu e tira io, si sconciano, s'invecchiano, s'imbruttiscono, fanno paura. E so molte parole che molti anni fa ti riempivano le scarselle ed ora te le vuotano. Lo spiritualismo era una delle poche parole rimase a galla in tanti naufragi; ed eccoti ora costui che me lo sconcia. E come oggi non basta piú dire:- Son liberale -; ma hai da spiegare se la tua libertá è la vera o la falsa, quella degli onesti o quella de' bricconi; cosà ora ci sará il vero e il falso spiritualismo. Il vero e l'onesto spiritualismo presuppone l'opposizione, la guerra accanita tra lo spirito e il corpo; dove nel falso spiritualismo spirito e materia sono fratelli cugini.
D. Anzi germani; anzi la stessa cosa sotto due diversi aspetti. Perché secondo Schopenhauer l'opposizione tra materia e anima è un antico pregiudizio filosofico, introdotto da Cartesio, e accreditato da' ciarlatani sotto l'altro nome di natura e spirito. La sola, la vera distinzione è tra fenomeno e noumeno, o cosa in sé. Il "Wille" è il "Wille", ed il mondo è il suo fenomeno, la sua ombra, i suoi occhi. Tutto è vanitá; il "Wille", lo spirito solo, è.
A. Un'empietá sotto linguaggio cristiano. Perché qui lo spirito non è la ragione, ma il cieco appetito, origine del peccato; è lo spirito del male.
D. Precisamente. Il "Wille" non solo è peccatore, ma è il solo peccatore. Tutt'i nostri peccati è lui che li fa.
A. E noi siamo impeccabili?
D. Impeccabili.
A. Schopenhauer comincia di nuovo a piacermi, non ostante il suo falso spiritualismo. Mi sento giá correr pel sangue l'innocenza di un bambino. Se arriva a dimostrare che l'uomo non pecca, faremo per innanzi tutto quello che vogliamo.
D. Come se finora avessimo fatto quello che non vogliamo!
A. Ti so ben dire che finora ho fatto molte cose che non avrei voluto fare.
D. È una illusione. Tu sei un fenomeno del "Wille", e quello che hai fatto gli è che il tuo "Wille" lo ha voluto.
A. Spesso mi è venuto il ticchio di gridare in piazza:- Viva la libertá! -.
D. E perché non lo hai fatto?
A. Per paura di Campagna.
D. Vale a dire che, se non avessi avuto paura, l'avresti fatto. Tutti facciamo secondo la nostra natura. Il "Wille" prendendo forma d'individuo non è più libero, ma è questo o quello, cioè condizionato cosà o cosÃ, col tale e tale carattere. E, datosi un carattere, opera secondo quello. Ora, operare secondo il carattere, è fare quello che si vuole.
A. Un abuso di linguaggio. Perché fare quello che si vuole è in sostanza fare quello che si può. Ma in certi casi di due cose io posso farle tutte e due; e se fo l'una, so che poteva fare anche l'altra, e non l'ho voluta. Sono dunque perfettamente libero.
D. Un abuso di linguaggio, una illusione del cervello. Perché hai fatto cosà e non cos�
A. Per la tale e tale ragione.
D. E questa tale ragione ti ci ha indotto con la stessa fatale necessitá con cui la legge di gravitá opera nella pietra. La pietra cadendo non fa peccato, perché ubbidisce alla sua natura; il ladro rubando non fa peccato, perché ubbidisce al suo carattere.
A. Ma la pietra non può non cadere, dove il ladro può non rubare.
D. Non capisci ancora. Supponi che il ladro prima di rubare esiti, e gli si affacci l'inferno, i comandamenti di Dio, il disonore, la carcere, ecc.; cosa farà ? Se non ruba, non è virtú, ma effetto necessario del suo carattere; ha un carattere tale che quelle immagini gli facciano effetto. E se ruba, non è peccato, perché, posto il suo carattere, potea cosà poco tenersi dal furto, come la pietra dal cadere. Uomo libero è "contradictio in adiecto"; perché uomo è un essere condizionato e determinato; in modo che basta conoscer bene il carattere di uno per indovinare quello ch'egli fará. Capisci ora perché l'uomo è impeccabile?
A. E la morale? E il dovere?
D. Il dovere, dice Schopenhauer, è un'altra astrazione; nessuno ha il dritto di dire:- Tu devi -; ed uno dei difetti di Kant è l'esser venuto fuori col suo categorico imperativo. Dovere e non dovere suppone una libertá di scelta che contraddice al concetto dell'uomo. Dimmi pure:- Non devi ammazzare -; io ammazzerò, se il mio carattere porta cosÃ, e non farò peccato.
A. E se t'impiccano?
D. M'impiccano giustamente.
A. Come? Comincio a dubitare che il tuo cervello se ne vada passeggiando. E perché m'hanno da impiccare? Dove non ci è colpa, non ci è pena. Di che dovrò rispondere io?
D. Non della tua azione, ma del tuo carattere. Perché sei fatto cos�
A. Oh bella! e che c'entro io? È il "Wille", quel birbone del "Wille" che m'ha fatto cosÃ.
D. E se t'impiccano, non è te che impiccano, ma il "Wille".
A. Anche questa! il dolore lo sento io.
D. Vale a dire lo sente il "Wille"; perché quello che ci è in te di vero reale è il "Wille"; tutto l'altro è fenomeno.
A. Ma il "Wille" che è in me è lo stesso "Wille" che è in colui che m'impicca.
D. Sicuro.
A. Allora il "Wille" che impicca è lo stesso che il "Wille" ch'è impiccato.
D. Sicuro.
A. Comincia a venirmi il capogiro.
D. Anzi è questa la base della morale Quando saremo persuasi che in tutti è un solo e medesimo "Wille", ci sentiremo fratelli, attirati l'uno verso l'altro da reciproca simpatia. E poiché lo stesso "Wille" è pure negli animali, anzi nelle universe cose, ci si accenderá nel cuore una simpatia universale...(15).
A. Anche per l'asino...
D. Nostro fratello, come tutto il resto. La qual simpatia diventerá una profonda compassione quando penseremo che tutti per colpa del "Wille", siamo infelici, tutti condannati irremissibilmente al dolore. Ed in luogo di farci guerra l'un l'altro, ci compatiremo a vicenda e ce la prenderemo con l'empia Natura che ci ha fatto così.
A. Come dice Leopardi.
D. Bene osservato. Per Leopardi il principio etico o morale è la compassione...
A. Anche verso i birbanti!
D. Sicuro, anzi un po' piú di compassione ancora, perché non sono loro i colpevoli, ma l'empia Natura; non possono fare altrimenti di quello che fanno; e sono da compiangere come i malati ed i pazzi. Se gli uomini si guardassero a questo modo, non ci sarebbe più né invidia, né sdegno, né gelosia, né ambizione, né odio; il vocabolario sarebbe ridotto ad una sola parola, la compassione.
A. Veggo un giovine ricco, pieno d'ingegno e di dottrina, amato dalle donne, onorato, festeggiato; e gli dovrei dire:- Ho compassione di te! -. Mi sfiderebbe a duello, credendo mi beffi di lui.
D. E sarebbe uno stupido. Ma se avesse un dito di cervello avrebbe compassione di sé e di te e di tutti gli altri. Il piacere è negativo, incapace di soddisfare il "Wille" infinito; ed attendi, e di sotto i piú desiderati piaceri vedrai scaturire la noia e il dolore. Il piacere è un'apparenza labile, sotto la quale sta inesorabile il solo e il vero reale, il dolore. E dimmi in fede tua, se la ricchezza, la bellezza, l'ingegno, la gloria sia altra cosa che larva ed illusione.
A. Mi sembri un s. Paolo.
D. Spesso a sentir parlare Leopardi e Schopenhauer ti par di udire un santo Padre.
A. Un santo Padre in maschera. Guardali bene in viso, e vedrai spuntare le corna del diavolo.
D. Infine una filosofia nemica dell'idea, nemica della libertá, nemica del progresso, credevo dovesse piacerti.
A. Sissignore. Vado a Napoli, prendo Campagna sotto il braccio, e gli dico:- Ho compassione di te! Sei sà contento: misero, di che godi? Sei cosà baldanzaso: misero, di che insuperbisci? Tu e l'ultimo "lazzarone" di Napoli siete la stessa cosa -. Campagna m'accarezza la barba, se me la lascia, e mi fa certi occhi, come volesse dirmi:- Eppure finirai con la forca -. Ed io allora:- Bello mio, e cosa ci guadagni? Non sai, Campagna mio dolce, che, secondo la nuova filosofia, impiccando me, impicchi te stesso. E se mi dái uno schiaffo, quello schiaffo ritorna sulla tua faccia, e se mi bastoni, io prendo un'aria di compassione, e dico: povero Campagna, non sai che bastoni te stesso -(16).
D. Questo pare una caricatura, ed è la veritá.
A. Il difficile è che ci si creda.
D. La veritá, dice Schopenhauer, citando un antico, è nel pozzo; e come vuol mettere il capo fuori, le si dá sulle dita. Ma finisce col farsi largo. E vedi un altro vantaggio. Con questa filosofia non solo l'idea e la libertá va via, ma la patria, la nazionalità , l'umanità , la filosofia della storia, la rivoluzione.
A. Sei un furbo. Quando sto per tirare un calcio a Schopenhauer, hai l'arte d'ingraziarmelo un'altra volta.
D. Finirai con un:- Viva Schopenhauer! -.
A. Eppure Kant, suo maestro, predisse la rivoluzione, e ti parla sempre di dritto, di patria, di libertá. La sua morale fa perdonare alla sua metafisica.
D. Il contrario, uomo contraddittorio.
A. Perché mi chiami contraddittorio?
D. Perché ora parli secondo il pensiero, ed ora secondo la paura.
A. Hai ragione. Qualche volta mi dimentico di Campagna.
D. In Kant avvenne l'opposto, come nota l'arguto discepolo. Perché, insino a che stette a costruir la metafisica, ragionò col cervello; ma ...
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