[Pagina precedente]...la libertà contro il limite. Ciascuna forza sociale nell'espansione della sua gioventù si oltrepassa e si esagera. La religione che non è di questo mondo, vuol essere questo mondo; lo stato usurpa a sua volta, e usurpa la famiglia, e usurpa il comune e usurpa la nazione. Anche la scienza è usurpatrice, e invade le altre sfere della vita sociale, e vuole realizzare in quelle sè stessa, alterando la loro natura, vuole formare una società intellettuale e scientifica, e come si diceva un tempo, il regno della filosofia. Ultima forma dello spirito, non è maraviglia che cerchi sè stessa in tutte le altre, e dove non vi si trovi, vi si cacci per forza. Nel suo orgoglio e nella sua inesperienza presunse troppo della sua forza, credette che quello che allo spirito apparisce ragionevole, dovesse e potesse per ciò solo tradursi in atto, e il suo motto fu: periscano le colonie, piuttosto che i principii. Le colonie perirono, ma non si salvarono i principii. E cosa avvenne? La scienza perdette il suo credito, quasi fosse ella stata cagione di tutte quelle calamità , e gli uomini nel loro disinganno rincularono insino al medio evo, cercando salvezza nel catechismo, quasi che fosse così facile restituirlo nella coscienza, com'era facile restituirlo nella memoria. Certo, da quel moto indimenticabile molti beneficii sono venuti all'umanità . La libertà si è fatta via ne' popoli civili; molti limiti artificiali sono caduti; molti limiti sociali sono trasformati; l'autonomia e l'eguaglianza dell'individuo ha generato l'autonomia e l'eguaglianza della nazione, il sentimento di nazionalità ; la scienza ammaestrata in quella terribile prova, calando dalla sommità de' suoi ideali, ed entrando ne' misteri della vita e nelle vie della storia, assisa sopra tante rovine si è fatta pensosa, positiva e organizzatrice L'esperienza ha fruttato. Siamone grati a quel nobile popolo, che fece l'esperienza a sue spese, sul suo corpo e sulla sua anima; a questo martire della umanità , che vi logorò le forze, vi abbreviò la vita; a questo popolo che ha avuto più difetti che colpe, e la storia punisce sempre i difetti e risparmia spesso le colpe, perchè il difetto è debolezza, e la storia, come la natura, nutre i forti anche colpevoli a spese de' deboli.
La scienza che nella società latina ingoiò più di quello che poteva assorbire e digerire, restò al contrario nella vita anglo-alemanna modesta ausiliaria, perchè ivi incontrò organismi formidabili, pieni di prestigio e di forza e di fiducia, e non si mise già di contro ad essi come nemica, per disfarli, ma penetrò ivi dentro con moto lento, ma continuo. E con poca resistenza; perchè gli organismi viventi, nel rigoglio del loro sviluppo, non hanno in sospetto la scienza, anzi se ne valgono come istromento ad allargarsi e consolidarsi, purgandosi e riformandosi, cioè cacciando da sè le parti morte e stantie, e rinnovando la materia; dove gli organismi vecchi e aridi stanno chiusi in sè e temono la scienza, odiano l'aria e la luce, come cadaveri che al contatto dell'aria si dissolvono. Ivi la scienza operava non fuori del limite ma entro di quello, e illuminava dall'alto la vita senza mescolarvisi, senza sforzarla, contenta alla sua parte modesta. Cosi ci vive e ci vivrà lungo tempo la chiesa, il comune, la classe, la famiglia, lo stato e la legge, limiti rispettati, la cui voce è ancora potente nel cuore degli uomini, e vi stimola e vi sviluppa le forze produttive. E ci vive insieme la scienza e la libertà , la più ampia libertà di coscienza, di discussione e di associazione, che pur non è un pericolo, ma una forza, perchè il volo dell' intelletto ha ivi il suo limite nelle forze sociali ancora integre, il sentimento religioso, la disciplina, la tenacità , il coraggio morale, il sentimento del dovere e del sacrifizio, l'amore della natura e della famiglia, il rispetto dell'autorità l'osservanza della legge, tutta quelle forze morali che nel loro insieme noi chiamiamo l'uomo. Sento dire che la scienza ha fatto grande la Germania. Ah! signori, sono queste qualità che fanno grandi i popoli, e la scienza non le crea, ve le trova. Ben può ella analizzarle, cercarne l'origine, seguirne la formazione, determinarne li effetti; ben può anche moderarle, correggerla, volgerla a questo o a quel fine: una sola cosa non può, non può produrle, e dove son fiacche e logore, non può lei surrogarle. No, ella non può, dove il sentimento religioso languisce, dire: la religione son io, e non può, dove l'arte è isterilita, dire: arte son io; può darti una filosofia della storia, del linguaggio, dell'uomo, dello stato; ma non ti dà la storia, il linguaggio, l'uomo, lo stato. Ti dà la coscienza della vita, non ti dà la vita, ti dà la forma, non ti dà la materia, ti dà il gusto, non ti dà l'ispirazione, ti dà l'intelligenza, non ti dà il genio.
Una forma non intende l'altra. Il sentimento non comprende l'immaginazione, e l'immaginazione non comprende l'intelligenza. Ciascuna forma pone sè stessa nelle altre, e non ci vede che sè, e si ride di ciò che non è lei. Il sentimento guarda con occhio di compassione l'uomo d'immaginazione, che ha bisogno d'idoli per alzarsi fino ad esso; e l'intelletto non comprende il sentimento nella sua ignoranza semplice e commovente. Una forma progredisce davvero, quando riconosce il suo limite nelle altre forme, e le studia e le comprende e le rispetta e fa di quelle il suo vestito. La religione cattolica fu potente davvero, quando uscì dal suo ascetismo, e riconobbe il suo limite nella vita, e se ne appropriò le passioni, gl'interessi e le forme, e il papa fu Re, e il Cardinale fu principe, e il Vescovo fu barone. Sotto a quel vestito temporale ci era lei nel suo spirito e nella sua verità ; e se scadde, gli è che quel vestito divenne il suo corpo e la sua sostanza, e se perdette la vita temporale, gli è che da lei s'era ritirata la vita spirituale. Un gran progresso ha fatto la scienza, quando è giunta a riconoscere il suo limite nella vita, e si è fatta potente, perchè si è fatta modesta. Quel giorno che potè contemplare sè nella vita, e trovare ivi dentro la sua sfera accanto alle altre e studiarle, comprenderle, rispettarle nella loro autonomia, nella loro libertà , nel loro diritto alla vita, appropriarsele, fare dì quelle il suo vestito, rimanendo ivi dietro causa attiva e trasformatrice, quel giorno fu il principio della sua potenza. Questa è la grande scoperta del nostro secolo, che vale bene quella del vapore. L'ideale antico era Beatrice, la scienza che può tutto, la dottorona e la teologa; il nuovo ideale è Margherita, la vita ignorante, inconsciente, ma ricca di fede, di affetto, d'immaginazione e d'illusione. E, la scienza diviene Faust, il sapiente che ha disprezzato la vita e si è chiuso ne' libri, e attende dalla scienza miracoli, attende l'homunculus, e che nel suo disinganno lascia i libri e cerca la vita, e tuffandosi nelle fresche onde della natura e della storia ritrova la sua gioventù, ritrova l'amore e la fede. Allora si capì perchè i filosofi furono meno potenti degl'ignoranti apostoli; perchè i romani con tante scuole e con tanta dottrina soggiacquero alli analfabeti, che chiamavano barbari; perchè Machiavelli che sapeva di stato, fu meno possente di quei barbari, che fondavano gli stati, e perchè i civili italiani poterono disprezzare, comprendere, schernire, ma non vincere l'ignorante barbarie, maestri incatenati da' loro discepoli. Allora si capì che la scienza non è il pensiero di questo o di quello, non questo o quel principio, ma è produzione attiva, continua di quel cervello collettivo, che dicesi popolo, produzione impregnata di tutti gli elementi e le forze e gl'interessi della vita, e si capì che là , in quel cervello, ella dee cercare la sua legittimità , la sua base di operazione. Più si addentra nella vita, più imita la storia ne' suoi procedimenti, più dissimula sè stessa in quelle forze e in quegl'interessi, e più efficace e più espansiva sarà la sua azione.
E cosa è uscito da questa scienza, che ha saputo misurare sè stessa e ritrovare nella vita il suo limite? Là dove le forze morali sono ancora sane, ivi ella è principio attivo e assimilatore, produce nuovi organismi sociali. Ma dove il sentimento del limite è raffreddato e le forze organiche indebolite, là non è buona quasi ad altro che a darti una coscienza della tua decadenza, la quale ti toglie le ultime forze e affretta la tua dissoluzione. Così per qualche tempo la colta Europa dubitò del suo avvenire, e si proclamò da sè vecchia, e si domandò se forse non era destinata a diventare cosacca. Così noi latini parliamo oggi della decadenza della razza latina; e non so davvero qual forza rimanga più ad un popolo che si rassegni ad un preteso fato storico, e perda fede nel suo avvenire e predichi la sua decadenza. Quanto a me, preferisco a questa scienza l'ignoranza del popolano, che stimi sè ancora erede dell'antica grandezza romana, e sogni l'impero del mondo.
Una volta la scienza era tutto, e s'imponeva con la forza. Oggi corriamo al segno opposto; la vita è inviolabile, e bisogna lasciarla fare. Una volta frutto della scienza era la violenza; oggi frutto della scienza è una libertà poltrona e inorganica, che lascia la vita al suo processo storico, fosso anche di dissoluzione; che abbandona a sè stesse le forze cozzanti; che fa dello stato un essere neutro e ipocrita, un testimonio più che un attore; che si lascia fuggir di mano il freno, e che rivela l'indifferenza entrata negli animi, e quel difetto d'iniziativa e di coraggio morale, che noi sogliamo mascherare sotto la formola del lasciar fare e del lasciar passare: sicché frutto della scienza è una libertà che ripudia la scienza come potere legittimo e direttivo, e abbandona la società al flutto delle opinioni e a' rottami del passato. Diciamo la verità . Al paese si dee la verità , e si dee a noi stessi. La scienza è un pezzo che si è ritirata da noi, e non opera più ne' nostri cervelli, non produce più. Noi ripetiamo una canzone divenuta malinconica per vecchiaia, che non fa più effetto, neppure sopra di noi. E perché dentro di noi non ci è una idea che ci tormenta, non un sentimento che ci stimola, gridiamo pomposamente: lasciamo fare e lasciamo passare; la scienza fa da sè, e la scienza fa miracoli, quasi che i miracoli li facesse la scienza e non l'uomo. La scienza, quando si move dentro di noi, è attiva, e penetra in tutti gli organismi, e gl'illumina e li trasforma sotto la sua azione lenta, ma perseverante. Non è scienza codesta, che produce idee sciolte, senza virtù di coesione, ed ha per sua arma di guerra non organismi opposti ad organismi, ma ironia e caricatura: sicchè talora avviene che organismi vecchi e screditati rimasi intatti li colgono in mezzo a quel risolino e si chiudono sopra di loro e li ricoprono. Perchè quello resta che è organizzato, e organismi battezzati per morti hanno sempre maggior forza che idee vaganti e ironiche, piovute di qua e di là , miscuglio inconsistente di vecchio e di nuovo, mutabili ne' cervelli secondo il successo e la moda.
La scienza ha prodotto presso di noi due grandi cose, l'unità della patria e la libertà . Dico la scienza, perchè è lei, che ha scosse le alte cime della società , e le ha messe in movimento, tirandosi appresso e galvanizzando la restante materia. L'unità della patria è la concentrazione di tutte le forze, e la libertà è lo sviluppo di quelle secondo il processo della natura e della storia, è la loro autonomia e la loro indipendenza. Grandi cose son queste, idee semplici, accessibili, che non hanno bisogno di libri e di scuole, sono istrumenti del lavoro, ma non sono il lavoro; sono forme che si putrefanno presto, ove ivi dentro non è una materia che si mova. Che cosa è l'Italia senza italiani? Che cosa è la libertà senza uomini liberi? Sono forme senza contenuto, nomi senza soggetto; sono il prete senza fede, sono il soldato senza patria.
Anche nella vita ci è il pensiero, un pensiero latente, lenta formazione de' secoli, che riproduce e trasmette sè n...
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