[Pagina precedente]...va il broncio proprio da bimba.
Anche Alberto aveva le sue curiosità - curiosità malsane curiosità avide, interessate, vitali, adesso che Adele era tutta per lui: sentiva il bisogno di apprendere come si sviluppassero le passioni in mezzo a tanto candore, qual forma assumessero, e quanta importanza ci avessero.
«E tu» le aveva domandato sorridendo a fior di labbra «non hai amato altri?»
Ella, che gli teneva ancora il broncio, rispose col dispettuccio dei sedici anni.
«SÃ, ho amato Gemmati.»
«Proprio?» domandò Alberto ridendo.
Erano appoggiati a quella tale balaustrata, un dolce e tiepido giorno di novembre. Le foglie ingiallite si correvano dietro pei viali, il torrente rigonfio s'era fatto brontolone, e le nuvolette facevano capolino sulle cime degli Appennini, proprio come allora. Ella gli cinse il collo col braccio, e rispose:
«No, gli ho voluto bene soltanto.»
«Cosa vuol dire voler bene soltanto?»
«Vuol dire stare a discorrere volentieri con quel tale di ciò che piú ci preme o ci addolora, e trovare un gran sollievo nel sentirsi stringere la mano quando si ha il cuor grosso.»
«La sa, signora mia, che cotesto io lo chiamo amore bell'e buono?»
«Davvero?... o come va dunque che pensassi in quel momento ad un altro... ch'era anche un gran cattivaccio?...». Ei se la strinse al seno, forte forte. - Adele si era fatta dolcemente melanconica.
«Quante volte siamo stati qui, come adesso! Che brutti giorni!... Cos'hai?»
«Nulla.»
«Se sapessi che nobile cuore! e com'è degno della tua amicizia Gemmati! Quando gli dissi che t'amavo sempre... e che a sposarci bisognava non pensarci piú, non esitò, non fece un'osservazione, non disse una parola; chinò il capo, e allorché partà avea le lagrime agli occhi senza che se ne avvedesse. Io pure che avevo tanto sofferto, e che sentivo come egli dovesse soffrire, avevo gli occhi umidi... Ma che hai, ti dico?... Hai torto, vedi!»
«Lo so. Ma non me ne parlare mai piú, Adele!»
Ella chinò il capo, si fece rossa, e poi sorridendogli fra maliziosa e giuliva:
«Preferiresti che facessi come te?»
«Come faccio io?»
«Ma... Io non ho nulla a nasconderti... Invece se tu mi narrassi la metà di quello che non mi vuoi dire!...»
«Non è la stessa cosa, Adele mia» disse Alberto secco secco.
XLIV
Alberti sarebbe volentieri rimasto a Belmonte tutto l'inverno, ed anche tutto l'anno, Quella vita calma e serena, circoscritta in un orizzonte limitato, confacevasi alla stanchezza dell'animo suo, e al bisogno che provava di rinascere in quell'amore cosà nuovo, senza che altre immagini del passato potessero venire a turbare il suo pensiero ed a mettere in pericolo quell'intimità che gli faceva tanto bene. Ma Adele temeva di stancare l'ombrosa e mobilissima fantasia del marito mostrandosi a lui sempre dentro la stessa cornice, e sotto il medesimo aspetto. - Nel piú puro amor di donna, e forse anche in quello dell'uomo, c'è sempre un po' di civetteria. - La moglie voleva legare a sé piú strettamente, indissolubilmente il marito, giovandosi di tutti i vantaggi che il mondo dà ad una bella donna, facendoglisi vedere piú ricercata, se non piú bella. Alla donna sorrideva forse il pensiero di mettere ai piedi dell'uomo amato la sua eleganza di gran signora, ed anche, perché no? i suoi trionfi di mondana. Alberti, temendo di mostrarsi egoista non fece alcuna osservazione, e ad inverno già inoltrato tornarono a Firenze.
La marchesa Alberti era leggiadra, la sua felicità irradiava come un'aureola seduttrice su di lei. Ella prese con perfetta disinvoltura il primo posto nei saloni fiorentini. Alberti era stato un uomo elegante, adesso era un marito perfetto. Accompagnava qualche volta la moglie nelle prime visite, tanto da non dar nell'occhio, e dal canto suo ricominciò a fare press'a poco la vita che facevano tutti i suoi amici. Si faceva vedere un momento nei saloni che frequentava la moglie, o andava a trovarla nel suo palco per presentarle qualche amico. Sua moglie era sempre assediata da una folla di cortigiani - egli avrebbe trovato assai strano che fosse stato altrimenti, poiché cosà facevano tutti, cosà aveva fatto egli stesso - ma intanto ne soffriva segretamente, e doveva fare sforzi penosi per dissimulare le unghie d'acciaio che gli laceravano il cuore e gli facevano balenare in viso la collera, o sulle labbra il sarcasmo. Piuttosto che tradirsi si sarebbe ucciso; ma senza essere precisamente geloso, senza aver perduto una briciola della illimitata fiducia che riponeva nella moglie, provava un gran dispetto vedendola corteggiata. Sapeva che corteggiare vuol dire insidiare, eppure sarebbe stato quasi ridicolo che sua moglie non lo fosse, ed egli era costretto a stringer la mano a quei suoi buoni amici che cercavano di rubargli il suo tesoro, e soffriva tutte le punizioni di quella logica mondana in nome della quale aveva fatto soffrire egli pure. Ne soffriva piú degli altri perché era piú orgoglioso e piú corrotto, piú diffidente e piú innamorato.
Marito e moglie non erano piú sempre insieme come a Belmonte. Avevano adesso cento occupazioni diverse che li allontanavano inesorabilmente per delle ore parecchie, e subivano senza avvedersene la tirannia della società in cui vivevano. Adele, che amava sempre a cuore aperto, era felicissima di deporre ai piedi di quel sarcastico ed altero signor marito le corone che riportava la sua vanità di donna, e vedendolo sorridere non sospettava nemmeno quanto egli soffrisse senza che un sol muscolo della sua fisonomia si contraesse; lo vedeva sempre gentile ed amoroso; lo vedeva disinvolto e di buon umore fra i suoi amici; lo vedeva elegante, corteggiato ed invidiato; non scorgeva una nube sulla sua fronte, e lo credeva felice.
Essi s'incontravano sovente all'ora della colazione, e quasi sempre a pranzo. Dinanzi ai domestici si trattavano col calma ed affettuosa dimestichezza; l'etichetta coniugale non costava loro il menomo sacrificio, perché entrambi erano perfettamente ben educati. A volte stavano a discorrere prendendo il caffè sino all'ora che la moglie andava ad abbigliarsi per la sera ed il marito andava a fumare il suo sigaro al Circolo. Egli l'accompagnava sino alla soglia delle sue stanze, e si lasciavano con una stretta di mano. Spesso la sera accadeva ad Alberto di aspettare. Adele seduto accanto al fuoco col capo fra le mani. Lo specchio del camino non diceva a lei quali nubi fossero passate su quella fronte. Udendo il fruscio della sua veste e vedendola entrare bella e radiosa, facevasi trovare sorridente egli pure, si alzava e andava a toccare le mani e le labbra che ella gli porgeva. Allora sedevano accanto al fuoco narrandosi i casi insignificanti del dÃ, e le storielle piccanti o ridicole della sera. Alcune volte il marito gettava uno sguardo distratto o imbarazzato sulle sue belle spalle nude che arrossivano, ed ella chinava gli occhi senza vedere che anche lui li teneva fitti sul tappeto - e non sereni come i suoi.
«Come sei bella!» le diceva talvolta Alberto con una certa risolutezza.
Ella sorrideva.
«Quanti te l'avranno detto stasera!»
Ella faceva una graziosa spallata.
«Vorrei essere giovane e bello come te!...» soggiungeva Alberto con un sorriso dl cui stentava a dissimulare la tristezza.
«Perché?» domandava Adele un po' inquieta.
Egli tardava a rispondere.
«Vuoi che ritorniamo a Belmonte?»
«Sei felice almeno, Adele mia?»
«Tanto!» e lo abbracciava per dirgli che lo era per lui. «E tu?»
«Io... sÃ! sÃ!»
Alcune volte Alberti era piú triste del solito, però senza motivo. Saettava alla sfuggita sulla moglie, quasi inavvedutamente, uno sguardo scrutatore; impallidiva o arrossiva senza vederlo se per caso Adele sembrava piú melanconica, o piú allegra, o piú pensosa del consueto. Non osava rivolgerle la piú lontana domanda; indispettivasi contro sé stesso, e le chiedeva tacitamente perdono di non so quali sospetti baciandola con effusione. Pensava spesso a Belmonte con melanconica dolcezza, e si rimproverava il suo egoismo. Il suo triste passato gli si rizzava dinanzi come il fantasma della pena del taglione.
XLV
La contessa Armandi era ritornata a Firenze sin dal principio dell'inverno, e per consiglio dei medici, per obbligo di condizione, per svago, per far piacere alla figliuola, avea dovuto ricominciar a veder gente, e a farsi vedere. Cosà non tardò molto ad incontrare Alberti. La contessa era sempre una donna di spirito, e non avea pensato a rimettere al pari dei denti, gli artigli che le erano cascati. Ella abbracciò Adele come la sua migliore amica, vide Alberti come se si fossero lasciati il giorno innanzi - e gli disse anche:
«Ci vuole un bel coraggio per dirle che son proprio l'Armandi di vent'anni fa, non è vero? Gli amici che invecchiano lontano non dovrebbero rivedersi giammai. Anche lei è cambiato, sa?»
«E tu hai amato quella donna.» gli disse Adele fra motteggevole ed imbronciata, allorché furono a casa, ritti dinanzi allo specchio del camino - ei ci si era guardato a lungo per la prima volta. Ci aveva pensato anche lui, ed era un po' lunatico quella sera; Adele aveva tentato dissipar la tenne nube. Egli sorrise dolcemente, ancora pensoso e le disse:
«Chissà se fra qualche anno non penserai la stessa cosa di me?»
«Cattivo! oh, cattivo!» esclamò con impeto la moglie buttandoglisi al collo. Quelle due parole dell'Armandi avevano però gettato un gran turbamento nel cuore di Alberto. Tutte le follÃe del passato gli sfilavano dinanzi, ironiche, motteggiatrici, assurde, ridicole; prendevano la fisonomia di quella amante, già appassita, e coi capelli grigi; ei fu costretto a domandarsi quali sarebbero stati adesso i suoi sentimenti se l'Armandi, invece di lasciarlo come un guanto rotto in un viale del Valentino, avesse sempre continuato ad amarlo; se la gratitudine, il dovere, l'onore, lo legassero ancora a quella donna! Tutto quello che aveva sentito per lei se ne sarebbe dunque andato con gli anni e colla bellezza, poiché non sarebbe rimasto altro legame che il dovere, o peggio l'abitudine. Allora avea gettato gli occhi sullo specchio, e il suo pensiero era corso di lancio ad Adele. Anch'egli era cambiato, molto cambiato! Quel dubbio, quella timidità quell'inquietudine che agitavasi confusamente in lui da un pezzo, l'Armandi l'avea formulato nettamente colle sue parole e coi suoi capelli grigi; si sentiva piú cambiato dentro di sé che all'esteriore; la stanchezza fisica influiva sulla prostrazione morale; tutti i suoi sentimenti avevano alcun che di fiacco, d'incerto, di sfiduciato, all'infuori di quel solo che qualche volta era un tormento - e Adele era ancora piena di giovinezza e di beltà ! - Il suo fatale spirito d'analisti lo spingeva a tristi deduzioni; sembravagli che il nuovo sentimento il quale riempiva tutto il suo cuore fosse un effetto di quella medesima stanchezza fisica e morale, fosse quel bisogno di ritemprarsi che c'è nell'umana natura. Il suo amore era dunque l'egoismo del cuore, che invecchiando s'attacca a qualche cosa! Ma Adele che era giovane e ricca d'affetto?... tutto quello che aveva attratto o suscitato gli ardori della giovinezza di lui non doveva attrarre o suscitare adesso quelli di lei, sedurla, farle comprendere a qual uomo avesse ella legato la sua giovinezza? Avrebbe rinunziato a lei piuttosto che sapersela legata da un sentimento qualsiasi che non fosse stato puro amore. Il suo affetto per la moglie diveniva piú intenso, meno espansivo, assai piú timido e ombroso.
Adele si avvedeva qualche volta di ciò che passava pel capo del marito come una nube tempestosa. Indovinava il turbamento che sconvolgeva di tratto in tratto quell'anima, e non sapeva a che attribuirlo. Anch'essa divenne inquieta, timorosa e alquanto schiva alle volte. Temeva che gli spiriti irrequieti del marito si risvegliassero, e che egli stesso, combattendosi per debito d'onest'uomo, non potesse fare a meno di rimpiangere segretamente la libertà perduta, e la vita avventurosa di una volta. Anch'ella perciò era divenuta un po' melanconica, e qualche volta anche dispettosa. Avrebbe voluto mettere la sordina ...
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