DEL ROMANZO STORICO, di Alessandro Manzoni - pagina 1
Alessandro Manzoni
Del romanzo
de' componimenti
misti di storia e d'invenzione
Intelligo te, frater, alias in historia
leges observandas putare, alias in poemate.
Cic., De legibus I, 1.
[Capisco, fratello, che tu pensi
che altre siano le leggi da osservare nella storia,
altre nel componimento poetico.]
dei coi quei vai nei
AVVERTIMENTO
Può dir solamente che, se ha mutato opinione, non fu per tornare indietro.
'Allude alla Lettera a Monsieur Chauvet, che, nell'edizione delle Opere varie (Milano, Redaelli, 1845) cui il Manzoni qui fa riferimento, era collocata immediatamente prima di questo Discorso.
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DEL ROMANZO STORICO
E, IN GENERE,
MISTI DI STORIA E D'INVENZIONE
PARTE PRIMA
Alcuni dunque si lamentano che, in questo o in quel romanzo storico, in questa o in quella parte d'un romanzo storico, il vero positivo non sia ben distinto dalle cose inventate, e che venga, per conseguenza, a mancare uno degli effetti principalissimi d'un tal componimento, come è quello di dare una rappresentazione vera della storia.
Per mettere in chiaro quanta ragione possano avere, bisognerà dire qualcosa di più di quello che dicono; senza però dir nulla che non sia implicito e sottinteso in quello che dicono.
E noi crediamo di non far altro che svolgere i motivi logici di quel loro lamento, facendoli parlar così al paziente, voglio dire all'autore:
La storia che aspettiamo da voi non è un racconto cronologico di soli fatti politici e militari e, per eccezione, di qualche avvenimento straordinario d'altro genere; ma una rappresentazione più generale dello stato dell'umanità in un tempo, in un luogo, naturalmente più circoscritto di quello in cui si distendono ordinariamente i lavori di storia, nel senso più usuale del vocabolo.
Corre tra questi e il vostro la stessa differenza, in certo modo, che tra una carta geografica, dove sono segnate le catene de' monti i fiumi, le città, i borghi, le strade maestre d'una vasta regione, e una carta topografica, nella quale, e tutto questo è più particolarizzato (dico quel tanto che ne può entrare in uno spazio molto più ristretto di paese), e ci sono di più segnate anche le alture minori, e le disuguaglianze ancor meno sensibili del terreno, e i borri, le gore, i villaggi, le case isolate, le viottole.
Costumi, opinioni, sia generali, sia particolari a questa o a quella classe d'uomini; effetti privati degli avvenimenti pubblici che si chiamano più propriamente storici, e delle leggi, o delle volontà de' potenti, in qualunque maniera siano manifestate; insomma tutto ciò che ha avuto di più caratteristico, in tutte le condizioni della vita, e nelle relazioni dell'une con l'altre, una data società, in un dato tempo, ecco ciò che vi siete proposto di far conoscere, per quanto siete arrivato, con diligenti ricerche, a conoscerlo voi medesimo.
E il diletto che vi siete proposto di produrre, è quello che nasce naturalmente dall'acquistare una tal cognizione, e dall'acquistarla per mezzo d'una rappresentazione, dirò così, animata, e in atto.
«Posto ciò, quando mai il confondere è stato un mezzo di far conoscere? Conoscere è credere; e per poter credere, quando ciò che mi viene rappresentato so che non è tutto ugualmente vero, bisogna appunto ch'io possa distinguere.
E che? volete farmi conoscere delle realtà, e non mi date il mezzo di riconoscerle per realtà? Perché mai avete voluto che queste realtà avessero una parte estesa e principale nel vostro componimento? perché quel titolo di storico, attaccatoci per distintivo, e insieme per allettamento? Perché sapevate benissimo che, nel conoscere ciò che è stato davvero, e come è stato davvero, c'è un interesse tanto vivo e potente, come speciale.
E dopo aver diretta e eccitata la mia curiosità verso un tale oggetto, credereste di poterla soddisfare col presentarmene uno che potrà esser quello, ma potrà anche essere un parto della vostra inventiva?
«E notate che, col farvi questa critica, intendo di farvi anche un complimento: intendo di parlar con uno scrittore che sa e sceglier bene i suoi argomenti, e maneggiarli bene.
Se si trattasse d'un romanzo noioso, pieno di fatti ordinari, possibili in qualunque tempo, e perciò non notabili in veruno, avrei chiuso il libro senza curarmi d'altro.
Ma appunto perché il fatto, il personaggio, la circostanza, il modo, le conseguenze che mi rappresentate, attirano e trattengono fortemente la mia attenzione, nasce in me tanto più vivo, più inquieto e, aggiungo, più ragionevole il desiderio di sapere se devo vederci una manifestazione reale dell'umanità, della natura, della Provvidenza, o solamente un possibile felicemente trovato da voi.
Quando uno che abbia la riputazione di piantar carote, vi racconti una novità interessante, dite di saperla? rimanete appagato? Ora voi (quando scrivete un romanzo, s'intende) siete simile a lui, cioè uno che racconta ugualmente il vero e il falso; e se non mi fate distinguere l'uno dall'altro, mi lasciate come mi lascia lui.
«Istruzione e diletto erano i vostri due intenti; ma sono appunto così legati, che, quando non arrivate l'uno, vi sfugge anche l'altro; e il vostro lettore non si sente dilettato, appunto perché non si trova istruito.»
Potrebbero sicuramente dir la cosa meglio; ma, anche dicendola così, bisogna confessare che hanno ragione.
Ci sono però, come abbiamo detto da principio, degli altri, che vorrebbero tutt'il contrario.
Si lamentano in vece che, in questo o in quel romanzo storico, in questa o in quella parte d'un romanzo storico, l'autore distingua espressamente il vero positivo dall'invenzione: la qual cosa, dicono, distrugge quell'unità che è la condizione Vitale di questo, come d'ogni altro lavoro dell'arte.
Cerchiamo di vedere un po' più in particolare su cosa si fondi anche quest'altro lamento.
«Qual è, mi par che vogliano dire, la forma essenziale del romanzo storico? li racconto; e cosa si può immaginare di più contrario all'unità, alla continuità dell'impressione d'un racconto, al nesso, alla cooperazione, al coniurat amice di ciascheduna parte nel produrre un effetto totale, che l'essere alcune di queste parti presentate come vere, e altre come un prodotto dell'invenzione? Queste, se avete saputo inventare a modo, saranno affatto simili a quelle, meno appunto l'esser vere, meno la qualità speciale, incomunicabile, di cose reali.
Ora, col manifestare una tal qualità in quelle che l'hanno, voi levate al vostro racconto la sua unica ragion d'essere, sostituendo a ciò che i diversi suoi materiali hanno d'omogeneo, di comune, ciò che hanno di repugnante, d'inconciliabile.
Dicendomi espressamente, o facendomi intendere in qualunque maniera, che la tal cosa è di fatto, mi forzate a riflettere (e cos'importa che non sia questa la vostra intenzione?) che l'antecedenti non lo erano, che le susseguenti non lo saranno; che a quella conviene l'assentimento che si dà al vero positivo, e che a queste non può convenire se non quell'altro assentimento, di tutt'altro genere, che si dà al verosimile, e quindi, che la forma narrativa, applicata ugualmente all'una e all'altre, è per quella la forma propria e naturale, per l'altre una forma convenzionale e fattizia: che vuoi dire una forma contradittoria per l'insieme.
«E vedete se la contradizione potrebbe esser più strana.
Quest'unità, quest'omogeneità dell'insieme, la riguardate anche voi come una cosa importantissima, giacché, dall'altra parte, fate di tutto per ottenerla.
Quella lode che 0razio dà all'autore dell'Odissea:
E mentisce così, col falso il vero
Sa in tal guisa intrecciar, che corrisponde
Sempre al principio il mezzo, al mezzo il fine.
fate anche voi di tutto per meritarla, scegliendo e dal reale e dal possibile le cose che possano accordarsi meglio tra di loro.
E con qual fine, se non perché la mente del lettore, soggiogata, portata via dall'arte, possa, diremo così, accettarle per una cosa sola come le sono presentate? E venite poi a disfare voi medesimo il vostro lavoro, separando materialmente ciò che avete formalmente riunito! Quell'illusione che è lo sforzo e il premio dell'arte, quell'illusione così difficile a prodursi e a mantenersi, la distruggete voi medesimo, nell'atto del produrla! Non vedete che c'è ripugnanza tra il concetto e l'esecuzione? che con de' pezzetti di rame e de' pezzetti di stagno, congegnati insieme, non si fa una statua di bronzo?»
E a questi cosa risponderemo? In verità, non trovo che si possa dir altro, se non che hanno ragione.
Un mio amico, di cara e onorata memoria, raccontava una scena curiosa, alla quale era stato presente in casa d'un giudice di pace in Milano, val a dire molt'anni fa.
L'aveva trovato tra due litiganti, uno de' quali perorava caldamente la sua causa, e quando costui ebbe finito, il giudice gli disse: avete ragione.
Ma, signor giudice, disse subito l'altro, lei mi deve sentire anche me, prima di decidere.
È troppo giusto, rispose il giudice: dite pur su, che v'ascolto attentamente.
Allora quello si mise con tanto più impegno a far valere la sua causa; e ci riuscì così bene, che il giudice gli disse: avete ragione anche voi.
C'era lì accanto un suo bambino di sette o ott'anni, il quale, giocando pian piano con non so qual balocco, non aveva lasciato di stare anche attento al contradittorio, e a quel punto, alzando un visino stupefatto, non senza un certo che d'autorevole, esclamò: ma babbo! non può essere che abbiano ragione tutt'e due.
Hai ragione anche tu, gli disse il giudice.
Come poi sia finita, o l'amico non lo raccontava, o m'è uscito di mente; ma è da credere che il giudice avrà conciliate tutte quelle sue risposte, facendo vedere tanto a Tizio, quanto a Sempronio, che, se aveva ragione per una parte, aveva torto per un'altra.
Così faremo anche noi.
E lo faremo in parte con gli argomenti stessi de' due avversari, ma per cavarne una conseguenza diversa e da quella degli uni, e da quella degli altri.
Quando voi, diremo ai primi, pretendete che l'autore d'un romanzo storico vi faccia distinguere in esso ciò che è stato realmente, da ciò che è di sua invenzione, non avete certamente pensato se ci sia la maniera di servirvi.
Gli prescrivete l'impossibile, niente meno.
E per esserne convinti, basta che badiate un momento come queste cose devono esserci mescolate, affinché possano far parte d'un racconto medesimo.
Per circostanziare, verbigrazia, gli avvenimenti storici, coi quali l'autore abbia legata la sua azione ideale (e voi approvate dicerto, che in un romanzo storico entrino avvenimenti storici), dovrà mettere insieme e circostanze reali, cavate dalla storia o da documenti di qualunque genere, perché qual cosa potrebbe servir meglio a rappresentare quegli avvenimenti nella loro forma vera, e dirò così, individuale? e circostanze verosimili, inventate da lui, perché volete che vi dia, non una mera e nuda storia, ma qualcosa di più ricco, di più compito; volete che rifaccia in certo modo le polpe a quel carcame, che è, in così gran parte, la storia.
Per le stesse ragioni, ai personaggi storici (e voi siete ben contento di trovare in un romanzo storico de' personaggi storici) farà dire e fare, e cose che hanno dette e fatte realmente, quand'erano in carne e ossa, e cose immaginate da lui, come convenienti al loro carattere, e insieme a quelle parti dell'azione ideale, nelle quali gli è tornato bene di farli intervenire.
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