[Pagina precedente]...mi più noia e di non corrermi dietro?
- Te lo prometto! Te lo prometto! Spicciati per carità , perché se indugi un altro mezzo minuto, son bell'e morto.
Pinocchio esitò un poco: ma poi ricordandosi che il suo babbo gli aveva detto tante volte che a fare una buona azione non ci si scapita mai, andò nuotando a raggiungere Alidoro, e, presolo per la coda con tutte e due le mani, lo portò sano e salvo sulla rena asciutta del lido.
Il povero cane non si reggeva più in piedi. Aveva bevuto, senza volerlo, tant'acqua salata, che era gonfiato come un pallone. Per altro il burattino, non volendo fare a fidarsi troppo, stimò cosa prudente di gettarsi novamente in mare; e, allontanandosi dalla spiaggia, gridò all'amico salvato:
- Addio, Alidoro, fai buon viaggio e tanti saluti a casa.
- Addio, Pinocchio, - rispose il cane; - mille grazie di avermi liberato dalla morte. Tu mi hai fatto un gran servizio: e in questo mondo quel che è fatto è reso. Se capita l'occasione, ci riparleremo.
Pinocchio seguitò a nuotare, tenendosi sempre vicino alla terra. Finalmente gli parve di esser giunto in un luogo sicuro; e dando un' occhiata alla spiaggia, vide sugli scogli una specie di grotta, dalla quale usciva un lunghissimo pennacchio di fumo.
- In quella grotta, - disse allora fra sé, - ci deve essere del fuoco. Tanto meglio! Anderò a rasciugarmi e a riscaldarmi, e poi?... E poi sarà quel che sarà .
Presa questa risoluzione, si avvicinò alla scogliera; ma quando fu lì per arrampicarsi, sentì qualche cosa sotto l'acqua che saliva, saliva, saliva e lo portava per aria. Tentò subito di fuggire, ma oramai era tardi, perché con sua grandissima maraviglia si trovò rinchiuso dentro a una grossa rete in mezzo a un brulichio di pesci d'ogni forma e grandezza, che scodinzolando si dibattevano come tant'anime disperate.
E nel tempo stesso vide uscire dalla grotta un pescatore così brutto, ma tanto brutto, che pareva un mostro marino. Invece di capelli aveva sulla testa un cespuglio foltissimo di erba verde; verde era la pelle del suo corpo, verdi gli occhi, verde la barba lunghissima, che gli scendeva fin quaggiù. Pareva un grosso ramarro ritto su i piedi di dietro.
Quando il pescatore ebbe tirata fuori la rete dal mare, gridò tutto contento:
- Provvidenza benedetta! Anch'oggi potrò fare una bella scorpacciata di pesce!
- Manco male, che io non sono un pesce! - disse Pinocchio dentro di sé, ripigliando un po' di coraggio.
La rete piena di pesci fu portata dentro la grotta, una grotta buia e affumicata, in mezzo alla quale friggeva una gran padella d'olio, che mandava un odorino di moccolaia da mozzare il respiro.
- Ora vediamo un po' che pesci abbiamo presi!
- disse il pescatore verde; e ficcando nella rete una manona così spropositata, che pareva una pala da fornai, tirò fuori una manciata di triglie.
- Buone queste triglie! - disse, guardandole e annusandole con compiacenza. E dopo averle annusate, le scaraventò in una conca senz'acqua.
Poi ripetè più volte la solita operazione; e via via che cavava fuori gli altri pesci, sentiva venirsi l'acquolina in bocca e gongolando diceva:
- Buoni questi naselli!...
- Squisiti questi muggini!...
- Deliziose queste sogliole!...
- Prelibati questi ragnotti!...
- Carine queste acciughe col capo!...
Come potete immaginarvelo, i naselli, i muggini, le sogliole, i ragnotti e le acciughe, andarono tutti alla rinfusa nella conca, a tener compagnia alle triglie.
L'ultimo che restò nella rete fu Pinocchio.
Appena il pescatore l'ebbe cavato fuori, sgranò dalla maraviglia i suoi occhioni verdi, gridando quasi impaurito:
- Che razza di pesce è questo? Dei pesci fatti a questo modo non mi ricordo di averne mai mangiati!
E tornò a guardarlo attentamente, e dopo averlo guardato ben bene per ogni verso, finì col dire:
- Ho già capito: dev'essere un granchio di mare.
Allora Pinocchio mortificato di sentirsi scambiare per un granchio, disse con accento risentito:
- Ma che granchio e non granchio? Guardi come lei mi tratta! Io per sua regola sono un burattino.
- Un burattino? - replicò il pescatore. - Dico la verità , il pesce burattino è per me un pesce nuovo! Meglio così! Ti mangerò più volentieri.
- Mangiarmi? Ma la vuol capire che io non sono un pesce? O non sente che parlo, e ragiono come lei? - è verissimo, - soggiunse il pescatore, - e siccome vedo che sei un pesce, che hai la fortuna di parlare e di ragionare, come me, così voglio usarti anch'io i dovuti riguardi.
- E questi riguardi sarebbero?...
- In segno di amicizia e di stima particolare, lascerò a te la scelta del come vuoi essere cucinato. Desideri essere fritto in padella, oppure preferisci di essere cotto nel tegame colla salsa di pomidoro?
- A dir la verità , - rispose Pinocchio, - se io debbo scegliere, preferisco piuttosto di essere lasciato libero, per potermene tornare a casa mia.
- Tu scherzi? Ti pare che io voglia perdere l'occasione di assaggiare un pesce cosi raro? Non capita mica tutti i giorni un pesce burattino in questi mari. Lascia fare a me: ti friggerò in padella assieme a tutti gli altri pesci, e te ne troverai contento. L'esser fritto in compagnia è sempre una consolazione.
L'infelice Pinocchio, a quest'antifona, cominciò a piangere, a strillare, a raccomandarsi e piangendo diceva: - Quant'era meglio, che fossi andato a scuola!... Ho voluto dar retta ai compagni, e ora la pago! Ih!... Ih!... Ih!...
E perché si divincolava come un anguilla e faceva sforzi incredibili, per isgusciare dalle grinfie del pescatore verde, questi prese una bella buccia di giunco, e dopo averlo legato per le mani e per i piedi, come un salame, lo gettò in fondo alla conca cogli altri.
Poi, tirato fuori un vassoiaccio di legno, pieno di farina, si dette a infarinare tutti quei pesci; e man mano che li aveva infarinati, li buttava a friggere dentro la padella.
I primi a ballare nell'olio bollente furono i poveri naselli: poi toccò ai ragnotti, poi ai muggini, poi alle sogliole e alle acciughe, e poi venne la volta di Pinocchio. Il quale a vedersi così vicino alla morte (e che brutta morte!) fu preso da tanto tremito e da tanto spavento, che non aveva più né voce né fiato per raccomandarsi.
Il povero figliuolo si raccomandava cogli occhi!
Ma il pescatore verde, senza badarlo neppure, lo avvoltolò cinque o sei volte nella farina, infarinandolo così bene dal capo ai piedi, che pareva diventato un burattino di gesso.
Poi lo prese per il capo, e...
Ritorna a casa della Fata, la quale gli promette che il giorno dopo non sarà più un burattino, ma diventerà un ragazzo. Gran colazione di caffè-e-latte per festeggiare questo grande avvenimento.
Mentre il pescatore era proprio sul punto di buttar Pinocchio nella padella, entrò nella grotta un grosso cane condotto là dall'odore acutissimo e ghiotto della frittura.
- Passa via! - gli gridò il pescatore minacciandolo e tenendo sempre in mano il burattino infarinato.
Ma il povero cane aveva una fame per quattro, e mugolando e dimenando la coda, pareva che dicesse: "Dammi un boccon di frittura e ti lascio in pace".
- Passa via, ti dico! - gli ripetè il pescatore; e allungò la gamba per tirargli una pedata.
Allora il cane che, quando aveva fame davvero, non era avvezzo a lasciarsi posar mosche sul naso, si rivoltò ringhioso al pescatore, mostrandogli le sue terribili zanne.
In quel mentre si udì nella grotta una vocina fioca fioca, che disse:
- Salvami, Alidoro!... Se non mi salvi, son fritto!
Il cane riconobbe subito la voce di Pinocchio e si accorse con sua grandissima maraviglia che la vocina era uscita da quel fagotto infarinato che il pescatore teneva in mano.
Allora che cosa fa? Spicca un gran lancio da terra, abbocca quel fagotto infarinato e tenendolo leggermente coi denti, esce correndo dalla grotta, e via come un baleno!
Il pescatore, arrabbiatissimo di vedersi strappar di mano un pesce, che egli avrebbe mangiato tanto volentieri, si provò a rincorrere il cane; ma fatti pochi passi, gli venne un nodo di tosse e dovè tornarsene indietro.
Intanto Alidoro, ritrovata che ebbe la viottola che conduceva al paese, si fermò e posò delicatamente in terra l'amico Pinocchio.
- Quanto ti debbo ringraziare! - disse il burattino.
- Non c'è bisogno, - replicò il cane. - Tu salvasti me, e quel che è fatto, è reso. Si sa: in questo mondo bisogna tutti aiutarsi l'uno coll'altro.
- Ma come mai sei capitato in quella grotta?
- Ero sempre qui disteso sulla spiaggia più morto che vivo, quando il vento mi ha portato da lontano un odorino di frittura. Quell'odorino mi ha stuzzicato l'appetito, e io gli sono andato dietro.
Se arrivavo un minuto più tardi!...
- Non me lo dire! - urlò Pinocchio che tremava ancora dalla paura. - Non me lo dire! Se tu arrivavi un minuto più tardi, a quest'ora io ero bell'e fritto, mangiato e digerito. Brrr!... mi vengono i brividi soltanto a pensarvi!...
Alidoro, ridendo, stese la zampa destra verso il burattino, il quale gliela strinse forte forte in segno di grande amicizia: e dopo si lasciarono.
Il cane riprese la strada di casa: e Pinocchio, rimasto solo, andò a una capanna lì poco distante, e domandò a un vecchietto che stava sulla porta a scaldarsi al sole:
- Dite, galantuomo, sapete nulla di un povero ragazzo ferito nel capo e che si chiamava Eugenio?...
- Il ragazzo è stato portato da alcuni pescatori in questa capanna, e ora...
Ora sarà morto!... - interruppe Pinocchio con gran dolore.
- No: ora è vivo, ed è già ritornato a casa sua.
- Davvero, davvero? - gridò il burattino, saltando dall'allegrezza. - Dunque la ferita non era grave?
- Ma poteva riuscire gravissima e anche mortale, - rispose il vecchietto, - perché gli tirarono sul capo un grosso libro rilegato in cartone.
- E chi glielo tirò?
- Un suo compagno di scuola: un certo Pinocchio...
- E chi è questo Pinocchio? - domandò il burattino facendo lo gnorri.
- Dicono che sia un ragazzaccio, un vagabondo, un vero rompicollo...
- Calunnie! Tutte calunnie!
- Lo conosci tu questo Pinocchio?
- Di vista! - rispose il burattino.
- E tu che concetto ne hai? - gli chiese il vecchietto.
- A me mi pare un gran buon figliuolo, pieno di voglia di studiare, ubbidiente, affezionato al suo babbo e alla sua famiglia...
Mentre il burattino sfilava a faccia fresca tutte queste bugie, si toccò il naso e si accorse che il naso gli s'era allungato più d'un palmo. Allora tutto impaurito cominciò a gridare:
- Non date retta, galantuomo, a tutto il bene che ve ne ho detto: perché conosco benissimo Pinocchio e posso assicurarvi anch'io che è davvero un ragazzaccio, un disubbidiente e uno svogliato, che invece di andare a scuola, va coi compagni a fare lo sbarazzino!
Appena ebbe pronunziate queste parole, il suo naso raccorcì e tornò della grandezza naturale, come era prima.
- E perché sei tutto bianco a codesto modo? - gli domandò a un tratto il vecchietto.
- Vi dirò... senza avvedermene, mi sono strofinato a un muro, che era imbiancato di fresco, - rispose il burattino, vergognandosi a confessare che lo avevano infarinato come un pesce, per poi friggerlo in padella.
- O della tua giacchetta, dè tuoi calzoncini e del tuo berretto che cosa ne hai fatto?
- Ho incontrato i ladri e mi hanno spogliato.
Dite, buon vecchio, non avreste per caso da darmi un po' di vestituccio, tanto perché io possa ritornare a casa?
- Ragazzo mio, in fatto di vestiti, io non ho che un piccolo sacchetto, dove ci tengo i lupini. Se vuoi, piglialo: eccolo là .
E Pinocchio non se lo fece dire due volte: prese subito il sacchetto dei lupini che era vuoto, e dopo averci fatto colle forbici una piccola buca nel fondo e due buche dalle parti, se lo infilò a uso camicia. E vestito leggerino a quel modo, si avviò verso il paese.
Ma, lungo la strada, non si sentiva punto tranquillo; tant'è vero che faceva un passo avanti e uno indietro e, discorrendo da se solo, andava dicendo:
- Come farò a presentarmi alla mia buona Fatina? Che dirà quando mi vedrà ?... Vorrà perdonarmi questa seconda birichinata?... Scommetto che non me la perdona!... Oh! Non me la perdona di certo...
E mi sta...
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