ORESTE, di Vittorio Alfieri - pagina 2
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- Oh gioja!
Pilade amato, abbracciami: pur sorge,
pur sorge il dí, ch'io ristorar ti possa
de' lunghi tuoi per me sofferti affanni.
PILADE
Amami, Oreste; i miei consigli ascolta;
questo è il ristoro, ch'io per me ti chieggo.
ORESTE
Al fin, siam giunti.
- Agamennón qui cadde
svenato; e regna Egisto qui! - Mi stanno
in mente ancor, bench'io fanciul partissi,
queste mie soglie.
Il giusto cielo in tempo
mi vi rimena.
- Oggi ha due lustri appunto,
era la orribil notte sanguinosa,
in cui mio padre a tradimento ucciso
fea rintronar di dolorose grida
tutta intorno la reggia.
Oh! ben sovviemmi:
Elettra a fretta, per quest'atrio stesso
lá mi portava, ove pietoso in braccio
prendeami Strofio, assai men tuo, che mio
padre in appresso.
Ed ei mi trafugava
per quella porta piú segreta, tutto
tremante: e dietro mi correa sull'aure
lungo un rimbombo di voci di pianto,
che mi fean pianger, tremare, ululare,
e il perché non sapea: Strofio piangente
con la sua man vietando iva i miei stridi;
e mi abbracciava, e mi rigava il volto
d'amaro pianto; e alla romita spiaggia,
dove or ora approdammo, ei col suo incarco
giungea frattanto, e disciogliea felice
le vele al vento.
- Adulto io torno, adulto
al fin; di speme, di coraggio, d'ira
torno ripieno, e di vendetta, donde
fanciullo inerme lagrimando io mossi.
PILADE
Qui regna Egisto, e ad alta voce parli
qui di vendetta? Incauto, a cotant'opra
tal principio dai tu? Vedi; giá albeggia;
e s'anco eterne qui durasser l'ombre,
mura di reggia son; sommesso parla:
ogni parete un delator nel seno
nasconder può.
Deh! non perdiamo or frutto
dei voti tanti, e dell'errar sí lungo,
che a questi lidi al fin ci tragge a stento.
ORESTE
O sacri liti, è ver, parea che ignota
forza da voi ci respingesse: avversi,
da che l'ancore sciolto abbiam di Crissa,
i venti sempre, la natal mia terra
parean vietarmi.
A mille a mille insorti
nuovi ostacoli ognor, perigli nuovi,
mi fean tremar, che il dí mai non giungesse
di porre in Argo il piè.
Ma giunto è il giorno;
in Argo sto.
- S'ogni periglio ho vinto,
Pilade egregio, all'amistá tua forte,
a te lo ascrivo.
Anzi ch'io qui venissi
vendicator di sí feroce oltraggio,
forse a prova non dubbia il ciel volea
porre in me l'ardimento, in te la fede.
PILADE
Ardir? ne hai troppo.
Oh! quante volte e quante
tremai per te! Presto a divider teco
ogni vicenda io sono, il sai; ma pensa,
che nulla è fatto, a quanto imprender resta.
Finor giungemmo, e nulla piú.
Dei molti
mezzi a tant'opra, ora conviensi ad uno,
al migliore, attenerci; e fermar quale
scerrem pretesto, e di qual nome velo
faremo al venir nostro: a tanta mole
convien dar base.
ORESTE
La giustizia eterna
fia l'alta base.
A me dovuto è il sangue,
ond'io vengo assetato.
- Il miglior mezzo?
Eccolo; il brando.
PILADE
Oh giovenil bollore!
Sete di sangue? altri pur l'ha del tuo;
ma brandi ha mille.
ORESTE
Ad avvilir costui,
per sé giá vile, il sol mio nome or basta;
troppo è il mio nome.
E di qual ferro usbergo,
qual scudo avrá, ch'io nol trapassi, Egisto?
PILADE
Scudo egli ha forte, impenetrabil, fero,
la innata sua viltade.
A sé dintorno
in copia avrá satelliti: tremante,
ma salvo, ei stassi in mezzo a lor...
ORESTE
Nomarmi,
ed ogni vil disperdere, fia un punto.
PILADE
Nomarti, ed esser trucidato, è un punto:
e di qual morte! Anco i satelliti hanno
lor fede, e ardire: han dal tiranno l'esca;
né spento il vonno, ove nol spengan essi.
ORESTE
Il popol dunque a favor mio...
PILADE
Che speri?
che in cor di serva plebe odio od amore
possa eternarsi mai? Dai lunghi ceppi
guasta avvilita, or l'un tiranno vede
cadere, or sorger l'altro; e nullo n'ama,
e a tutti serve; ed un Atride obblia,
e d'un Egisto trema.
ORESTE
Ah! vero parli...
Ma non ti sta, come a me sta, su gli occhi
un padre ucciso, sanguinoso, inulto,
che anela, e chiede, e attende, e vuol vendetta.
PILADE
Quindi a disporla io piú son atto.
- M'odi.
Qui siam del tutto ignoti; è in noi sembianza
di stranieri: d'ogni uomo e l'opre e i passi,
sia vaghezza o timor, spiar son usi
gl'inquieti tiranni.
Il sol giá spunta;
visti appena, trarranci a Egisto innanzi:
dirgli...
ORESTE
Ferir; centuplicare i colpi
dobbiam nell'empio; e nulla dirgli.
PILADE
A morte
certa venisti, od a vendetta certa?
ORESTE
Purché sian certe entrambe; uccider prima,
e morir poscia.
PILADE
Oreste, or sí ten prego,
per l'amistá, pel trucidato padre,
taci: poche ore al senno mio tu dona;
al tuo furor l'altre darò: con l'arte,
pria che col ferro, la viltá si assale.
Messi del padre mio ne creda Egisto,
e di tua morte apportatori in Argo.
ORESTE
Mentir mio nome? ad un Egisto? io?
PILADE
Dei
tacerti tu, nulla mentire; io parlo:
è tutto mio l'inganno: a tal novella
udrem che dica Egisto: intanto chiaro
ne fia il destin d'Elettra.
ORESTE
Elettra! Ah! temo
che in vita piú non sia.
Di lei non ebbi
mai piú novella io, mai.
Sangue d'Atride,
certo, costui nol risparmiò.
PILADE
La madre
forse salvolla: e se ciò fosse, pensa
che del tiranno ella sta in man; che puote
esser sua morte il sol nomarla noi.
Sai, che in tutt'altro aspetto in Argo trarti
Strofio ei stesso potea con gente ed arme;
ma guerra aperta, anco felice, il regno,
e nulla piú, ti dava: intanto il vile
traditor ti sfuggiva; e alla sua rabbia,
(se giá svenata ei non l'avea) restava
Elettra; la sua amata unica suora;
quella, cui dei l'aure che spiri.
Or vedi,
se vuolsi ir cauti: alto disegno è il tuo;
piú che di regno assai: deh! tu primiero
nol rompere.
Chi sa? pentita forse
la madre tua...
ORESTE
Di lei, deh, non parlarmi.
PILADE
Di lei, né d'altri.
- Or non ti chieggo io nulla,
che d'ascoltar mio senno.
Il ciel, che vuolmi
a te compagno, avverso avrai, se il nieghi.
ORESTE
Fuorché il ferir, tutto a te cedo; io 'l giuro.
Vedrò del padre l'uccisore in volto,
vedrollo, e il brando io tratterrò: sia questo
di mia virtude il primo sforzo, o padre,
che a te consacro.
PILADE
Taci; udir mi parve
lieve rumore...
Oh! vedi? in bruno ammanto
esce una donna della reggia.
Or vieni
meco in disparte.
ORESTE
Ella ver noi si avanza.
SCENA SECONDA
ELETTRA, ORESTE, PILADE.
ELETTRA
Lungi una volta è per brev'ora Egisto;
libera andar posso ad offrir...
Che veggio?
Due, che all'abito, al volto io non ravviso...
Osservan me; paion stranieri.
ORESTE
Udisti?
Nomato ha Egisto.
PILADE
Ah! taci.
ELETTRA
O voi, stranieri
(tali v'estimo) dite; a queste mura
che vi guida?
PILADE
Parlar me lascia; statti.
-
Stranieri, è ver, siam noi; d'alta novella
qui ne veniamo apportatori.
ELETTRA
A Egisto
voi la recate?
PILADE
Sí.
ELETTRA
Qual mai novella?...
Dunque i passi inoltrate.
Egisto è lungi:
infin ch'ei torni, entro la reggia starvi
potrete ad aspettarlo.
PILADE
E il tornar suo?...
ELETTRA
Sará dentr'oggi, infra poch'ore.
A voi
grazie, onori, mercé, qual vi si debbe,
dará, se grata è la novella.
PILADE
Grata
Egisto avralla, benché assai pur sia
per se stessa funesta.
ELETTRA
Il cor mi balza.
-
Funesta?...
È tale, ch'io saper la possa?
PILADE
Deh! perdona.
Tu in ver donna mi sembri
d'alto affare: ma pur, debito parmi,
che il re n'oda primiero...
Al parlar mio
turbar ti veggio?...
e che? potria spettarti
nuova recata di lontana terra?
ELETTRA
Spettarmi?...
no...
Ma, di qual terra sete?
PILADE
Greci pur noi: di Creta ora sciogliemmo.
-
Ma in te, piú che alle vesti, agli atti, al volto,
ai detti io l'orme d'alto duol ravviso.
Chieder poss'io?...
ELETTRA
Che parli?...
in me? - Tu sai,
che lievemente la pietá si desta
in cor di donna.
Ogni non fausta nuova,
benché non mia, mi affligge: ora saperla
vorrei; ma udita, mi dorrebbe poscia.
Umano core!
PILADE
Ardito troppo io forse
sarei, se a te il tuo nome?...
ELETTRA
A voi l'udirlo
giovar non puote; e al mio dolor sollievo
(poiché dolor tu vedi in me) per certo
non fora il dirlo.
- È ver, che d'Argo fuori...
spettarmi forse...
alcuna cura,...
alcuno
pensiero ancor potria.
- Ma no: ben veggio
che a me non spetta il venir vostro in nulla.
Involontario un moto è in me, qualora
straniero approda a questi liti, il core
sentirmi incerto infra timore e brama
agitato ondeggiare.
- Anch'io conosco
che a me svelar l'alta ragion non dessi
del venir vostro.
Entrate: i passi miei
proseguirò ver quella tomba.
ORESTE
Tomba!
quale? dove? di chi?
ELETTRA
Non vedi? a destra?
d'Agamennón la tomba.
ORESTE
Oh vista!
ELETTRA
E fremi
a cotal vista tu? Fama pur anco
dunque a voi giunse della orribil morte,
che in Argo egli ebbe?
PILADE
Ove non giunse?
ORESTE
O sacra
tomba del re dei re, vittima aspetti?
L'avrai.
ELETTRA
Che dice?
PILADE
Io non l'intesi.
ELETTRA
Ei parla
di vittima? perché? Sacra d'Atride
gli è la memoria?
PILADE
...
Orbato egli è del padre,
da non gran tempo: ogni lugúbre aspetto
quindi nel cor gli rinnovella il duolo;
spesso ei vaneggia.
- In te rientra.
- Ahi folle!
in te fidar doveva io mai?
ELETTRA
Gli sguardi
fissi ei tien sulla tomba, immoti, ardenti;
e terribile in atto...
- O tu, chi sei,
che generoso ardisci?...
ORESTE
A me la cura
lasciane, a me.
PILADE
Giá piú non t'ode.
O donna,
scusa i trasporti insani: ai detti suoi
non badar punto: è fuor di sé.
- Scoprirti
vuoi dunque a forza?
ORESTE
Immergerò il mio brando
nel traditor tante fiate e tante,
quante versasti dalla orribil piaga
stille di sangue.
ELETTRA
Ei non vaneggia.
Un padre...
ORESTE
Sí, mi fu tolto un padre.
Oh rabbia! E inulto
rimane ancora?
ELETTRA
E chi sarai tu dunque,
se Oreste non sei tu?
PILADE
Che ascolto?
ORESTE
Oreste!
Chi, chi mi appella?
PILADE
Or sei perduto.
ELETTRA
Elettra
ti appella; Elettra io son, che al sen ti stringo
fra le mie braccia...
ORESTE
Ove son io? Che dissi?...
Pilade oimè!...
ELETTRA
Pilade, Oreste, entrambi
sgombrate ogni timor; non mento il nome.
Al tuo furor, te riconobbi, Oreste;
al duolo, al pianto, all'amor mio, conosci
Elettra tu.
ORESTE
Sorella; oh ciel!...
tu vivi?
tu vivi? ed io t'abbraccio?
ELETTRA
Oh giorno!...
ORESTE
Al petto
te dunque io stringo? Oh inesplicabil gioja! -
Oh fera vista! la paterna tomba?...
ELETTRA
Deh! ti acqueta per ora.
PILADE
Elettra, oh quanto
sospirai di conoscerti! tu salvo
Oreste m'hai, che di me stesso è parte;
pensa s'io t'amo.
ELETTRA
E tu cresciuto l'hai;
fratel secondo a me tu sei.
PILADE
Deh! meco
dunque i tuoi preghi unisci; ah! meco imprendi
a rattener di questo ardente spirto
i ciechi moti.
Oreste, a duro passo
vuoi tu ridurci a forza? ad ogni istante
vuoi, ch'io tremi per te? Finora in salvo
qui ci han scorti pietate, amor, vendetta;
ma, se cosí prosiegui...
ORESTE
È ver; perdona,
Pilade amato;...
io fuor di me...
Che vuoi?...
Qual senno mai regger potea?...
Quai moti,
a una tal vista inaspettata!...
- Io 'l vidi,
sí, con questi occhi io 'l vidi.
Ergea la testa
dal negro avello: il rabbuffato crine
dal viso si togliea con mani scarne;
e sulle guance livide di morte
il pianto, e il sangue ancor rappreso stava.
Né il vidi sol; che per gli orecchi al core
flebil mi giunse, e spaventevol voce,
che in mente ancor mi suona.
"O figlio imbelle,
che piú indugi a ferire? adulto sei,
il ferro hai cinto, e l'uccisor mio vive?"
Oh rampogna!...
Ei cadrá per me svenato
sulla tua tomba; dell'iniquo sangue
non serberá dentro a sue vene stilla:
tu il berai tutto, ombra assetata; e tosto.
ELETTRA
Deh! l'ire affrena.
Anch'io spesso rimiro
l'ombra del padre squallida affacciarsi
a quei gelidi marmi; eppur mi taccio.
Vedrai le impronte del sangue paterno
ad ogni passo in questa reggia; e forza
ti fia mirarle con asciutto ciglio,
finché con nuovo sangue non l'hai tolte.
ORESTE
Elettra, oh quanto, piú che il dir, mi fora
grato l'oprar! Ma, fin che il dí ne giunga,
starommi io dunque.
Intanto, a pianger nati,
insieme almen piangerem noi.
Fia vero
ciò ch'io piú non sperava? entro al tuo seno,
d'amor, d'ira, e di duol, lagrime io verso?
Non seppi io mai di te piú nulla: spenta
ti credea dal tiranno: a vendicarti,
piú che a stringerti al sen, presto veniva.
ELETTRA
Vivo, e ti abbraccio; e il primo giorno è questo,
che il viver non mi duole.
Il rio furore
del crudo Egisto, che fremea piú sempre
di non poter farti svenar, mi fea
certa del viver tuo: ma, quando udissi,
che tu di Strofio l'ospitale albergo
lasciato avevi, oh qual tremore!...
PILADE
Ad arte
sparse il padre tal grido, affin che in salvo
dalle insidie d'Egisto, ei rimanesse
cosí vieppiú sicuro.
Io mai pertanto,
mai nol lasciai, né il lascierò.
ORESTE
Sol morte
partir ci può.
PILADE
Né lo potria pur morte.
ELETTRA
Oh, senza esempio al mondo, unico amico! -
Ma, dite intanto: al sospettoso, al crudo
tiranno, or come appresentarvi innanzi?
Celarvi qui, giá nol potreste.
PILADE
A lui
mostrar vogliamci apportator mentiti
della morte d'Oreste.
ORESTE
È vile il mezzo.
ELETTRA
Men vil, ch'Egisto.
Altro miglior, piú certo,
non havvi, no: ben pensi.
Ove introdotti
siate a costui, pensier fia mio, del tutto,
il darvi e loco, e modo, e tempo, ed armi
per trucidarlo.
Io serbo, Oreste, ancora,
quel ferro io serbo, che al marito in petto
vibrò colei, cui non osiam piú madre
nomar dappoi.
ORESTE
Che fa quell'empia? in quale
stato viv'ella? ed il non tuo delitto
come a te fa scontar, d'esserle figlia?
ELETTRA
Ah! tu non sai, qual vita ella pur tragge.
Fuor che d'Atride i figli, ognun pietade
ne avria...
L'avremmo anche pur troppo noi.
-
Di terror piena, e di sospetto sempre;
a vil tenuta dal suo Egisto istesso;
d'Egisto amante, ancor che iniquo il sappia;
pentita, eppur di rinnovare il fallo
capace forse, ove la indegna fiamma,
di cui si adira ed arrossisce, il voglia:
or madre, or moglie; e non mai moglie, o madre:
aspri rimorsi a mille a mille il core
squarcianle il dí; notturne orride larve
tolgonle i sonni.
- Ecco qual vive.
ORESTE
Il cielo
fa di lei lunga, terribil vendetta;
quella che a noi natura non concede.
Ma pure ella debb'oggi, o madre, o moglie
essere, il de'; quando al suo fianco, a terra
cader vedrá da me trafitto il reo
vile adultero suo.
ELETTRA
Misera madre!
vista non l'hai;...
chi sa?...
in vederla...
ORESTE
Udito
ho il padre; e basta.
ELETTRA
Eppure un cotal misto
ribrezzo in cor tu proverai, che a forza
pianger faratti, e rimembrar che è madre.
Ella è mite per me; ma Egisto vile,
che a' preghi suoi sol mi serbò la vita,
quanto piú può mi opprime.
Il don suo crudo
io pur soffrii, per aspettare il giorno,
che il ferro lordo del paterno sangue
rendessi a te.
Questa mia destra armarne
piú volte io volli, abbenché donna: al fine
tu giungi, Oreste; e assai tu giungi in tempo;
ch'oggi Egisto, per torre a sé il mio aspetto,
mi vuol d'un de' suoi schiavi a forza sposa.
ORESTE
Non invitato, all'empie nozze io vengo:
vittima avran non aspettata i Numi.
ELETTRA
Si oppon, ma invano, Clitennestra.
ORESTE
In lei,
dimmi, fidar nulla potremmo?
ELETTRA
Ah! nulla.
Benché fra 'l vizio e la virtude ondeggi,
si attiene al vizio ognora.
Egisto al fianco
piú non le stando,...
allor,...
forse....
Fa d'uopo
vederla poi.
Meco ella piange, è vero;
ma, col tiranno sta.
Sua vista sfuggi,
finché non torni Egisto.
PILADE
E dove i passi
portò quel vile?
ELETTRA
Empio, ei festeggia il giorno
della morte d'Atride.
ORESTE
Oh rabbia!
ELETTRA
I Numi
ora oltraggiando ei sta.
Di qui non lunge,
sulla via di Micene al re dell'ombre
vittime impure, e infami voti ei porge:
né a lungo andar può molto il rieder suo.
-
Ma noi qui assai parlammo: io nella reggia
rientrerò non vista: ad aspettarlo
statevi lá dell'atrio fuor del tutto.
Pilade, affido a te il fratello.
Oreste,
se m'ami, oggi il vedrò: per l'amor nostro,
per la memoria dell'ucciso padre,
l'amico ascolta, e il tuo bollor raffrena:
che la vendetta sospirata tanto
cader può a vuoto, per volerla troppo.
ATTO TERZO
SCENA PRIMA
CLITENNESTRA, ELETTRA.
CLITENNESTRA
Lasciami, Elettra; alle tue stanze riedi:
ir voglio, sí, d'Egisto in traccia...
ELETTRA
Oh madre!
giá ti martíra il non tornar d'Egisto?
Or temi tu, che all'are innanzi l'abbia
incenerito il fulmine del cielo?
Nol temer, no; che il ciel finora arride
agli empi qui.
CLITENNESTRA
Taci d'Egisto...
ELETTRA
È vero;
il sol nomarlo ad ogni lingua è macchia.
Oh! sei tu quella, che volea pur dianzi
porger meco di furto al sacro avello
lagrime, e voti?
CLITENNESTRA
Cessa; andarne io voglio...
ELETTRA
Ad incontrar colui, che dal tuo stesso
labro piú volte udia nomar stromento
d'ogni tuo danno?
CLITENNESTRA
È ver: con lui felice
non sono io mai: ma né senz'esso il sono.
Lasciami.
ELETTRA
Almen,...
soffri...
CLITENNESTRA
Che piú?
ELETTRA
Me lassa!...
che fia, se incontra or pria d'Egisto il figlio?
SCENA SECONDA
CLITENNESTRA.
CLITENNESTRA
Me stessa invan cerco ingannar...
SCENA TERZA
CLITENNESTRA, ORESTE E PILADE in disparte.
ORESTE
Non giunge,
mai non giunge costui?
PILADE
Dove t'inoltri?
CLITENNESTRA
Amo Egisto, pur troppo!...
ORESTE
Egisto? Oh voce!
chi veggio? è dessa: io la rimembro ancora.
PILADE
Vieni; che fai? t'arrètra.
CLITENNESTRA
Agli occhi miei
chi si appresenta? Oh! chi se' tu?
PILADE
Deh! scusa
il nostro ardir; stranieri noi, tropp'oltre
veniamo or forse: al non saper lo ascrivi,
ad altro no.
CLITENNESTRA
Chi siete?
ORESTE
In Argo...
PILADE
Nati
non siamo...
ORESTE
E non d'Egisto...
PILADE
Al re ci manda
di Focida il signor...
ORESTE
Se qui re...
PILADE
Quindi,
se tu il concedi, entro la reggia il piede,
di lui cercando, inoltreremo.
CLITENNESTRA
In Argo
qual vi guida cagione?
ORESTE
Alta.
PILADE
Narrarla
dobbiamo al re.
CLITENNESTRA
Del pari a me narrarla
potrete; or sta fuor della reggia Egisto.
PILADE
Ma torneravvi...
ORESTE
Spero.
CLITENNESTRA
Intanto, il tutto
a me si esponga.
ORESTE
Io tel vo' dir...
PILADE
Se pure
tu ce l'imponi; ma...
CLITENNESTRA
Sul trono io seggo
d'Egisto al fianco.
ORESTE
E il sa ciascun, che degna
tu sei di lui.
PILADE
Sarebbe a te men grata,
che ad Egisto, la nuova.
CLITENNESTRA
E qual?...
ORESTE
Che parli?
Qual può il consorte udir grata novella,
che alla moglie nol sia?
PILADE
Tu sai, che il nostro
assoluto signore a Egisto solo
c'impon di darla.
ORESTE
Egisto ed essa, un'alma
sono in duo corpi.
CLITENNESTRA
A che cosí tenermi
sospesa? Or via, parlate.
PILADE
Acerbo troppo
ti fia l'annunzio; e tolga il ciel, che noi...
ORESTE
Assai t'inganni: a lei rechiamo intera
e sicurezza, e pace.
CLITENNESTRA
Omai dovreste
por fin...
ORESTE
Regina, arrechiam noi la morte...
CLITENNESTRA
Di chi?
PILADE
Taci.
CLITENNESTRA
Di chi? Parla.
ORESTE
...
D'Oreste.
CLITENNESTRA
Oimè! che sento? del mio figlio?...
Oh cielo!...
ORESTE
Del figlio, sí, d'Agamennón trafitto...
CLITENNESTRA
Che dici?
PILADE
Ei dice, che trafitto Oreste
non fu.
ORESTE
Del figlio del trafitto...
PILADE
Insano,
spergiuro, a me serbi cosí tua fede?
CLITENNESTRA
Misera me! dell'unico mio figlio
orba...
ORESTE
Ma forse, il piú mortal nemico
non era Oreste del tuo Egisto?
CLITENNESTRA
Ahi crudo!
barbaro! in guisa tal la morte annunzi
d'unico figlio ad una madre?
PILADE
Ei troppo
giovine ancora, e delle corti ignaro,
(scusalo, deh!) per appagar tua brama,
incautamente con soverchio zelo,
la mia tradiva.
Udir tal nuova poscia,
d'Egisto a senno, e dal suo labro solo
dovuto avresti; e il mio pensier tal era.
Ma, s'egli...
ORESTE
Errai fors'io; ma, spento il figlio,
secura omai col tuo consorte...
CLITENNESTRA
Ah! taci.
D'Oreste pria fui madre.
ORESTE
Egisto forse
t'è men caro d'Oreste?
PILADE
Or, che favelli?
che fai? con vani, ed importuni detti
di madre il pianto esacerbare ardisci?
Lasciala; vieni; il lagrimare, e il tempo,
sollievo solo al suo dolore...
ORESTE
Egisto
alleviar gliel può.
PILADE
Vieni: togliamci
dal suo cospetto, che odiosi troppo
noi le siam fatti omai.
CLITENNESTRA
Poiché la piaga
mi festi in cor, tu d'ampliarla, crudo,
godrai: narrami or come, dove, quando
cadde il mio figlio.
- Oreste, amato Oreste,
tutto saper di te vogl'io; né cosa
niuna udir piú, fuor che di te.
ORESTE
Lo amavi
tu dunque molto ancora?
CLITENNESTRA
O giovinetto,
non hai tu madre?
ORESTE
...
Io?...
L'ebbi.
PILADE
Oh ciel! Regina,
soggiacque al fato il figliuol tuo: la vita...
ORESTE
Non gli fu tolta da nemici infami;
ai replicati tradimenti atroci,
no, non soggiacque...
PILADE
E ciò saper ti basti.
Chi ad una madre altro narrar potrebbe?
ORESTE
Ma, se una madre udir pur vuole...
PILADE
Ah! soffri,
che la storia dolente al re soltanto
si esponga appien da noi.
ORESTE
Godranne Egisto.
PILADE
Troppo dicemmo; andiam.
Pietá ne vieta
di obbedirti per or.
- Seguimi: è forza,
è forza al fin, che al mio voler t'arrendi.
SCENA QUARTA
CLITENNESTRA.
CLITENNESTRA
Figlio infelice mio!...
figlio innocente
di scellerata madre!...
Oreste, Oreste...
Ah! piú non sei! Fuor del paterno regno
da me sbandito, muori? Egro, deserto,
chi sa, qual morte!...
E al fianco tuo, nell'ore
di pianto estreme, un sol de' tuoi non v'era?
Né dato a te di tomba onor nessuno...
Oh destino! il figliuol del grande Atride,
errante, ignoto, privo d'ogni aiuto...
Né madre, né sorella, col lor pianto
lavato il morto corpo tuo!...
Me lassa!
Figlio amato, mie man non ti prestaro
L'ultimo ufficio, chiudendoti i lumi
moribondi.
- Che dico? eran mie mani
da tanto? ancor del sangue del tuo padre
lorde e fumanti, dal tuo volto, Oreste,
le avresti ognora, e con ragion, respinte.
Oh di madre men barbara tu degno!...
-
Ma, per averti io 'l genitor svenato,
ti son io madre meno? ah! mai non perde
natura i dritti suoi...
Pur, se il destino
te giovinetto non togliea, tu forse,
(come predetto era da oracol vano)
rivolto avresti nella madre il ferro?...
E tu il dovevi: inemendabil fallo,
qual mano altra punir meglio il potea?
Deh! vivi, Oreste; vieni; in Argo torna,
l'oracol compi; in me, non una madre,
ma iniqua donna che usurpò tal nome,
tu svenerai: deh! vieni...
Ah! piú non sei...
SCENA QUINTA
EGISTO, CLITENNESTRA.
EGISTO
Che fia? qual pianto? onde cagion novella?...
CLITENNESTRA
Di pianto sí, d'eterno pianto, or godi,
nuova ho cagion: di paventar, di starti
tremante or cessa.
Al fin, paghe una volta
tue brame sono; è spento al fin quel tuo
fero, crudel, terribile nemico,
che mai pertanto a te non nocque; è spento.
L'unico figlio mio piú non respira.
EGISTO
Che dici? Oreste spento? a te l'avviso
donde? chi l'arrecava?...
Io non tel credo.
CLITENNESTRA
Nol credi, no? forse, perch'ei sottratto
s'è tante volte dal tuo ferro iniquo?
Se al mio pianto nol credi, al furor mio
tu il crederai.
Giá nel materno core,
tutto, sí tutto, il non mai spento affetto
mi si ridesta.
EGISTO
Altra non hai tu prova,
ond'io?...
CLITENNESTRA
Ne avrai, quante il tuo core atroce
chieder ne può.
Narrare a parte a parte
ti udrai l'atroce caso; e brilleratti
l'alma, in udirlo, di Tiéstea gioja.
Gente in Argo vedrai, che l'inumano
tuo desir fará sazio.
EGISTO
In Argo è giunta
gente, senza ch'io 'l sappia? a me primiero
non si parlò?
CLITENNESTRA
Del non aver tu primo
entro al mio petto il crudo stile immerso,
forse ti duole? Opra pietosa tanto,
è ver, spettava a te: nuova sí grata,
a una consorte madre Egisto darla
dovea, non altri.
EGISTO
Donna, or qual novella
ira è la tua? Cotanto ami l'estinto
figlio, cui vivo rammentavi appena?
CLITENNESTRA
Che parli tu? mai non cessava io, mai,
di esser madre d'Oreste: e se talvolta
l'amor di madre io tacqui, amor materno
mi vi sforzava.
Io ti dicea, che il figlio
men caro era al mio cor, sol perch'ei meno
alle ascose tue insidie esposto fosse.
Or ch'egli è spento, or piú non fingo; e sappi,
che m'era e ognor caro sarammi Oreste
piú assai di te...
EGISTO
Poco tu di'.
Piú caro
io ti fui che tua fama: onde...
CLITENNESTRA
La fama
di chi al fianco ti sta nomar non dessi.
La mia fama, il mio sposo, la mia pace,
ed il mio figlio unico amato, (tranne
la sola vita sua) tutto a te diedi.
Tu da feroce ambizion di regno,
tu, da vendetta orribile guidato,
quant'io ti dava, un nulla reputavi,
finch'altro a tor ti rimanea.
Chi vide
sí doppio core, e sí crudele a un tempo?
A quell'amor tuo rio, che mal fingevi,
ch'io credeva in mal punto, ostacol forse,
ostacol, dimmi, era il fanciullo Oreste?
Eppur moriva Agamennone appena,
che tu del figlio ad alta voce il sangue
chiedevi giá.
Tu, smanioso, tutta
ricercavi la reggia: allor quel ferro,
che non avresti osato mai nel padre
vibrar tu stesso, tu il brandivi allora;
prode eri allor contro un fanciullo inerme.
Ei fu sottratto alla tua rabbia: appieno,
ti conobb'io quel dí; ma tardi troppo.
Misero figlio! E ch
...
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