LA LENA, di Ludovico Ariosto - pagina 4
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SCENA QUINTA
Pacifico, Corbolo.
PACIFICO
Come faremo, Corbolo, di ascondere
Il tuo padron, che costor non lo vegghino?
Che senza dubbio, se lo vede Fazio,
S'avisarà la cosa, e sarà il scandolo
Troppo grande.
CORBOLO
Ecci luogo ove nasconderlo?
PACIFICO
Che luogo in simil casa (misurandola
Tutta) esser può sicur, che non lo trovino?
CORBOLO
Or non c'è alcuna cassa, alcun armario?
PACIFICO
Non ci son altre che due casse piccole,
Che Santino in giubbon non capirebbono.
CORBOLO
Dunque facciànlo uscir prima che venghino.
PACIFICO
Cosí spogliato?
CORBOLO
Io vo a casa, et arrecogli
Un'altra veste.
PACIFICO
Or va' e ritorna súbito,
Che qui t'aspetto.
CORBOLO
Io veggo uscire Ilario.
SCENA SESTA
Ilario, Corbolo, Cremonino.
ILARIO
Non sarà se non buono, oltre che Corbolo
V'abbia mandato, s'anch'io vo; che credere
Io non debbo ch'alcun piú diligenzia
Usi ne le mie cose, di me proprio.
Ma eccol qui.
C'hai fatto?
CORBOLO
Isaac e Beniami
Da i Sabbioni ho avisato: ora vo' volgermi
A i Carri; quei da Riva saran gli ultimi.
ILARIO
Che dimanda colui che va per battere
La nostra porta?
CORBOLO
È Il Cremonino.
(Oh diavolo,
Siamo scoperti!)
ILARIO
Che domandi, giovane?
CREMONINO
Domando Flavio.
ILARIO
Oh, quella mi par essere
La sua veste.
CORBOLO
A me ancor: vedete similemente
La sua berretta.
(Or aiutatemi,
Bugie; se non, siamo spacciati.)
ILARIO
Corbolo,
Come va questa cosa?
CORBOLO
Li suoi proprii
Compagni avran fatto la beffa, e toltosi,
Credo, piacer d'averlo fatto correre.
ILARIO
Bel scherzo in verità!
CREMONINO
Mio padron Giulio
Gli rimanda i suoi pegni, e gli fa intendere
Che quel suo amico...
CORBOLO
Che amico? Odi favola!
CREMONINO
...Quel che prestar su questi pegni...
CORBOLO
Chiacchiare!
CREMONINO
...Gli dovea li danari, che tu Corbolo...
CORBOLO
O che finzion!
CREMONINO
...venisti oggi a richiedergli.
CORBOLO
Io?
CREMONINO
Tu, sí.
CORBOLO
Guata viso! come fingere
Sa bene una bugia!
ILARIO
Corbolo, pigliali
E riponli: va', va' tu, va' e di' a Giulio
Che questi scherzi usar non si dovrebbono
Con gli amici...
CREMONINO
Che scherzi?
ILARIO
...e convenevoli
Non sono alli par suoi.
CREMONINO
Non credo ch'abbia
Mio padron fatto...
Che m'accenni, bestia?
Vo' dir la verità...
CORBOLO
Accenno io?
CREMONINO
...
e difendere
El mio padron, ch'a torto tu calunnii.
S'avesse avuto egli i danar, prestatogli
Li avrebbe, e volentier.
CORBOLO
Danari? Pigliati
Piacer! Ti sogni forse? O noi pur scorgere
Credi per ubriachi o per farnetichi?
CREMONINO
Or non portasti questa veste a Giulio,
Tu, questa mane?
CORBOLO
A piè o a cavallo? Abbiamoti
Inteso.
CREMONINO
Pur anco m'accenni?
CORBOLO
Accennoti?
ILARIO
Oh, che ti venga il mal di santo Antonio!
Non t'ho veduto io che gli accenni?
CORBOLO
Accennoli
Per certo, a dimostrar che le malizie
Sue conosciamo, e che a noi non può venderle.
CREMONINO
Malizie son le tue.
ILARIO
La voglio intendere.
Onde hai tu avute queste robe?
CORBOLO
Giulio
Ieri stette alla posta.
ILARIO
Da lui vogliolo,
E non da te saper.
CORBOLO
Ti darà a intendere
Qualche baia, che sa troppo ben fingere.
CREMONINO
Fingi pur tu.
CORBOLO
Or guatami, e non ridere.
CREMONINO
Che rider, che guatar?
CORBOLO
Va', va', di' a Giulio
Che Flavio sarà un dí buono per renderli
Merto di questo.
ILARIO
Non andar, no: lievati
Pur tu di qui, ch'io vo' da lui informarmene,
E non da te.
CORBOLO
Non fia vero ch'io toleri
Mai che costui vi dileggi.
ILARIO
Che temi tu
Che le parole sue però m'incantino?
Ma dimmi: queste robe...
Va' via, levati
Tu di qui.
CORBOLO
Pur volete dargli udienzia?
Quanti torcoli son per la vendemia
Non gli potrebbon fare un vero esprimere.
CREMONINO
Dirò la verità.
CORBOLO
Cosí è possibile,
Come che dica il Paternostro un asino.
ILARIO
Lascialo dire.
CREMONINO
Io vi dirò il Vangelio.
CORBOLO
Scoprianci il capo, perché non è lecito
Udire a capo coperto il Vangelio.
ILARIO
Per ogni via tu cerchi d'interrompere;
Ma se tu parli piú...
Deh vien, lasciamolo
Di fuora: entra là in casa.
Mi delibero
Di saper questa giunteria, ch'altro essere
Non può; ma serriàn fuor questa seccaggine.
SCENA SETTIMA
Corbolo, Pacifico
CORBOLO
Noi siàn forniti: a quattro a quattro correno
Li venticinque fiorini, ma e' correno
Tanto, che piú non c'è speme di giungerli.
Come n'ha fatto un bel servigio Giulio!
Per Dio! sempre gli abbiamo d'aver obligo.
Mi dice: - Tornerai fra un'ora a intendere
Quanto sia fatto -; e poi m'ha, contra all'ordine,
Mandato questo pecorone a rompere
Le fila ordite, e ch'io stavo per tessere.
PACIFICO
Che sei stato costí tanto a contendere?
Dove è la veste che tu arrechi a Flavio?
Non indugiàn, cancar ti venga, a metterlo
Fuor di casa.
Ch'aspetti? ch'entri Fazio,
E che lo vegga?
CORBOLO
S'io non posso in camera
Entrar! se m'ha di fuor serrato Ilario!
PACIFICO
Come faremo?
CORBOLO
Vedi di nasconderlo
In casa.
PACIFICO
Non c'è luogo.
CORBOLO
Dunque mettilo
Fuor in giubbon.
Di due partiti prendene
L'uno: o l'ascondi in casa o in giubbon mandalo
Di fuor.
PACIFICO
Né l'un né l'altro voglio prendere.
CORBOLO
Che farai dunque?
PACIFICO
Or mi torna in memoria
C'ho in casa una gran botte, che prestatami
Quest'anno al tempo fu de la vendemia
Da un mio parente, acciò che adoperandola
Per tino, le facessi l'odor perdere
Che avea di secco: egli di poi lasciatami
L'ha fin adesso.
Io ve lo vo' nascondere
Tanto che questi, che verran con Fazio,
Cercato a lor bell'agio ogni cosa abbiano.
CORBOLO
Vi capirà egli dentro?
PACIFICO
Sí, a suo commodo;
E già piú giorni io la nettai benissimo,
E posso a mio piacer levarne e mettere
Un fondo.
CORBOLO
Andiamo dunque: consigliamoci
Con essolui.
PACIFICO
Credo che questi siano
A punto quei ch'entrar qua dentro vogliono:
Son dessi certo, ch'io conosco il Torbido.
Forniàn noi quel ch'abbiamo a far.
CORBOLO
Forniamolo.
PACIFICO
Dunque vien dentro.
CORBOLO
Va' là, ch'io ti séguito.
SCENA OTTAVA
Torbido, Gemignano, Fazio
TORBIDO
Poi ch'io l'avrò misurata, la pertica
Mi dirà quanto ella val, fino a un picciolo.
GEMIGNANO
Dunque tal volta le pertiche parlano?
TORBIDO
Sí ben, e spesso fan parlare, fanno, stendendole
Tin su le spalle altrui.
Ma ecco Fazio.
Ch'abbiamo a far?
FAZIO
Quel ch'è detto: mettetevi
A misurar quando vi par: cominciano
Qui le confine, e quel segno non passano.
TORBIDO
Cominciaren qui dunque.
FAZIO
Cominciateci.
TORBIDO
Una, méttevi in capo il coltello.
GEMIGNANO
Eccolo.
TORBIDO
E dua, e questo appresso: a punto mancano
Dui sesti, che tre piedi non ponno essere.
Andiamo or dentro.
FAZIO
La matita prendere
Potete, e notar questo.
TORBIDO
Io lo noto, eccolo.
SCENA NONA
Giuliano solo.
GIULIANO
Or ora su in palazzo ritrovandomi,
Ho veduto segnare una licenzia
Dal Sindico, di tôr pegni a Pacifico
Per quarantatre lire, ch'egli è a Bartolo
Bindello debitore; e son certissimo
Che non si trovi tanto ch'abbia ascendere
Alla metà né al terzo di tal debito.
Per questo sto in timor che non gli toglino
Una mia botte, di che alla vendemia
Per bollire il suo vin gli feci commodo.
Meglio è, prima che i sbirri gli la lievino,
E ch'io abbi a litar poi e contendere,
E provar che sia mia, s'io vo a pigliarmela.
E poi che l'uscio è aperto, alla dimestica
Entrarò.
Vien, facchin, vien dentro, seguime.
ATTO QUARTO
SCENA PRIMA
Cremonino solo.
CREMONINO
Or vedo ben ch'io son stato mal pratico;
E me n'ha gravemente da riprendere
Il mio padron, come lo sa, ch'a Ilario
Abbia scoperti gli aguati, che Corbolo
Posti gli avea, perché avesse Flavio
Da lui danari; e per inavertenzia
Solo ho fallito, e non già per malizia.
Ma che poteva io saper, non essendomi
Stato detto altro? Da doler s'avrebbeno
Di mio patron, che dovea avertirmene.
Pur è stata la mia grande ignoranzia,
Che de l'error non mi sapesse accorgere,
Se non poi quando non c'era rimedio.
Ma dove van questi sbirri? Ir debbono
A dar mala ventura a qualche povero
Cittadin.
Mala razza! feccia d'uomini!
SCENA SECONDA
Bartolo solo,
BARTOLO
Io gli ho mandato dieci volte o dodici
Li messi, acciò che li pegni gli tolgano;
Ma questi manigoldi, pur che siano
Pagati del viaggio, poco curano
Di fare essecuzione alcuna.
Il credito
Mio primo era quaranta lire e quindici
Soldi; e di questo tenuto in litigio
M'ha quattro anni, e ci son ben due sentenzie
Date conformi; et ho speso in salarii
D'avvocati, procuratori e giudici,
Duo tanti; e poco men le citatorie,
Le copie de scritture e de capitoli
Mi costan.
Metti appresso intolerabile
Fatica, e gravi spese de gli essamini,
Del levar de' processi e de sentenzie;
Le berrette, che a questo e a quel traendomi,
Le scarpe, c'ho su pel palazzo logore
Dietro ai procurator, che sempre corrono:
Piú di quaranta lire credo vagliano.
Poi dopo le fatiche e spese, i giudici
Solo in quaranta lire lo condannano;
E chi ha speso si può grattar le natiche.
Ve' le ragion che in Ferrara si rendono!
Quelle quaranta lire almen s'avessino!
Ma quando sopra a certe masserizie
Poi rivaler mi penso, che non vagliono
Quaranta lire quante son tutte, eccoti
La moglie comparir con l'inventario
De la sua dote, che tutte me l'occupa.
Non voglio, né per certo posso credere
Che sia in la povertà che referiscono
SCENA TERZA
Bartolo, Magagnino.
BARTOLO
Magagnin, vien inanzi e fa' il tuo officio;
Batti quell'uscio.
MAGAGNINO
Perché debbo batterlo,
Se non m'ha offeso?
BARTOLO
Offende me, vietandomi
Per li statuti che costui, che ci abita
Non posso far pigliar.
MAGAGNINO
Tu te ne vendica;
E poi ch'averne altro non puoi, disfogati
Sopra di lui: con mani e con piè battilo.
BARTOLO
Spero pur d'averne altro ancora: entriamoci.
Ma sento ch'egli s'apre.
MAGAGNINO
Ha fatto savia-
mente a ubidirti, e non lasciarsi battere.
BARTOLO
Molta gente mi par: qua su tiriamoci
Da parte un poco: credo che fuor portino
Le massarizie, et ogni cosa sgombrino.
SCENA QUARTA
Giuliano, Pacifico, Bartolo.
GIULIANO
E se la botte è mia, perché vietarmela
Vuoi tu ch'io non la pigli?
PACIFICO
Perché, avendola
Lasciata qui sei mesi, ora di tormela
Ti nasce questa voglia cosí súbita?
GIULIANO
Perché, lasciandola oggi, sto a pericolo,
Per la cagion che t'ho detto, di perderla.
BARTOLO
(Esser doveano avisati, né giungere
Ci potevàn piú a tempo.)
GIULIANO
Né comprendere
Posso, se non mel narri, il danno o l'utile
Che far ti possa, tortela o lasciartela.
PACIFICO
Tollendola ora, tu mi fai grandissimo
Danno.
GIULIANO
Tu pure a me.
PACIFICO
Mezz'ora piacciati
Di lasciarmela ancora.
GIULIANO
E s'ora vengono
Per vuotarti la casa i birri? Et eccoli,
Eccoli certo.
Non senza contendere
Ora l'avrò: ve' s'io dovea lasciartela!
SCENA QUINTA
Bartolo, Magagnino, Spagnolo, Giuliano.
BARTOLO
Cotesta vo' per parte del mio credito.
Falcione, e tu Magagnino, pigliatela
In spalla, e tu Spagnuolo.
MAGAGNINO
Io non soglio essere
Facchino.
SPAG.
Et io tampoco.
BARTOLO
Un bel servizio
C'ho da voi!
GIULIANO
Non sia alcun che di toccarmela
Ardisca, se non vuol...
BARTOLO
Dunque vietarmi tu
Vuoi, che non si esequisca la licenzia
C'ho di levargli i pegni?
GIULIANO
Li suoi togliere
Non vi divieto; ma 'sta botte dicovi
Che gli è mia.
BARTOLO
Come tua?
GIULIANO
Gli è mia verissima-
mente, che uguanno fu da me prestatali.
BARTOLO
Deh, che ciancie son queste? Ritrovandola
Uscir di casa sua, come sua tolgola.
GIULIANO
La tolli? Sí, s'io tel comporto: lasciala,
Se non ch'io te...
BARTOLO
Siatemi testimonii
Che costui vieta...
GIULIANO
Che vieta? Lasciatela.
SCENA SESTA
Fazio, Giuliano, Pacifico, Bartolo, Colombo.
FAZIO
Oh che rumor fate voi qui? Che strepito
È questo?
GIULIANO
È mia la botte, e riportarmela
Voglio a casa; e costui crede vietarmelo
PACIFICO
Dice il ver: sua è per certo.
BARTOLO
Anzi non dicono
Il vero.
GIULIANO
Tu pur menti.
FAZIO
Senza ingiuria
Dirvi, parlate.
BARTOLO
Tu mi menti.
GIULIANO
Menti tu,
Che tu di' ch'io non dico il vero.
BARTOLO
Fazio,
Vi par, se di casa esce di Pacifico,
Ch'io mi debba lasciar dare ad intendere
Che la sia se non sua?
GIULIANO
Se di Pacifico
Fusse, fuor ne la strada non trarrebbesi.
BARTOLO
Anzi la traevate per nasconderla.
PACIFICO
Non già, per Dio! La traevo per rendere
A lui, che uguanno me ne fe' servizio.
FAZIO
Ch'io dica il mio parer.
BARTOLO
Sí ben, rimettere
Mi voglio in voi.
GIULIANO
Io ancora.
FAZIO
Lascia, Bartolo,
Che questa botte io mi chiami in deposito,
E se Giulian fra due dí mi certifica
Che sia sua, l'averà; ma non facendomi
Buona prova, vorrò ch'abbi pazienzia.
GIULIANO
Son ben contento.
BARTOLO
Et io contento.
GIULIANO
Possovi
Che gli è mia facilmente far conoscere.
BARTOLO
Se prova gliene fii vera e legitima,
Sia tua: tu, dove e quando vuoi, via portala.
PACIFICO
Tu mi par poco savio a compromettere
E lasciar turbidar la chiara e liquida
Ragion che v'hai.
CORBOLO
Dice il vero: lasciatela
Piú tosto ov'era, in casa di Pacifico.
BARTOLO
Questo consiglio non mi sarebbe utile.
FAZIO
Che tocca a te? Che v'hai tu da intrometterti,
O tu, se non è tua?
CORBOLO
Per me rispondere
Voglio, che forse ci ho parte.
GIULIANO
Concederti
Non voglio già cotesto.
CORBOLO
Et appertiemmisi
Vie piú che non ti pare.
FAZIO
Et appertengasi.
GIULIANO
Come appertien? non è vero.
FAZIO
Appertengagli.
E non ti par che in casa mia debbia essere
Sicura dunque? come sol con Bartolo,
E non con Giulian anco, abbi amicizia!
GIULIANO
Ci siamo un tratto compromessi in Fazio:
Sia il depositario egli, egli sia il giudice.
BARTOLO
E cosí dico anch'io.
FAZIO
Dunque spingetela
Qua dentro in casa; e non abbiate dubbio
Che, in fin ch'io non son ben chiaro e certissimo
Di chi sia di ragion, la lasci muovere.
PACIFICO
(Flavio c'è dentro: or ve' s'ogni disgrazia,
Or ve' s'ogni sciagura mi perseguita!)
FAZIO
Pacifico, faresti meglio attendere
A casa, che gli sbirri non ti tolghino
Altro, e ti faccin peggio.
PACIFICO
E che mi possono
Tôrre? Il poco che ci è, sanno tutto essere
Di mógliema; ben altre volte stati ci
Sono.
Pur vo'...; ma ecco che fuor escono.
SCENA SETTIMA
Sbirri, Torbido, Gemignano, Giuliano, Fazio.
MAGAGNINO
Altro in somma non ci è, che quel che soliti
Siamo trovare, e ch'è su l'inventario.
TORBIDO
Ah ladri, ribaldoni, che involatomi
Avete il mio mantello!
MAGAGNINO
Fai grandissimo
Male accusarci a torto e dirci ingiuria.
TORBIDO
Brutto impiccato, che ti venga il cancaro!
Che è questo che tu hai sotto?
MAGAGNINO
Tolto avevolo
Per le mie spese, e non per involartelo.
TORBIDO
Io ti darò ben spese, se la pertica
Non mi vien meno.
GEMIGNANO
Io vo' prestarti un'opera.
GIULIANO
Non mi vo' anch'io tener le mani a cintola.
TORBIDO
Ve' lí quel sasso, Gemignano? piglialo,
Spezzali il capo: tu sei pur da Modena.
SBIRRI
Gli ufficial del signor cosí si trattano?
TORBIDO
Il signor non tien ladri al suo servizio.
Via, ladri; via, poltroni; via col diavolo.
Poco piú ch'io indugiava ad avedermene,
Era fornito: bisognava andarmene
In bel farsetto; e mi venia a proposito
L'aver meco portato questa pertica,
Che in spalla, ad uso d'una picca, avendola,
Sarei paruto un Lanzchenech o Svizaro.
FAZIO
Resta a misurar altro?
TORBIDO
Fin all'ultimo
Mattone ho misurato, e fin all'ultimo
Legno che ci è, l'ho scritto, e meco portolo;
Poi ne leverò il conto, e farò intendere
Ad ambi, a quanto prezzo possa ascendere.
GEMIGNANO
Quando?
TORBIDO
Oggi ancora.
Commandi altro, Fazio?
FAZIO
Non, ora.
TORBIDO
A Dio.
FAZIO
Son vostro.
- Olà, Licinia,
S'alcun mi viene a dimandar, rimettilo
Alla bottega qui di mastro Onofrio;
Fino ad ora di cena potrà avermici.
SCENA OTTAVA
Lena sola.
LENA
Nel male è grande aventura che Fazio
Uscito sia di casa; che difficilemente,
Se non si partiva, potevasi
Oggi piú trar di quella botte Flavio.
Com'io lo vidi in quella casa spingere,
M'assalse al cuore una paura, un tremito,
Che non so come io non mi morii súbito.
Potuto non s'avria sí poco muovere,
Che di sé non avesse fatto accorgere:
Un sospirar, un starnutire, un tossere
Ne rovinava.
Or, poi che senza nuocerne
Questa sciagura è passata, proveggasi
Ch'altra non venga; ora non s'ha da attendere
Ad altra cosa, che di tosto metterlo
Di fuor, ch'alcun nol vegga.
Vada Corbolo
A proveder di veste; ma fuor mandisi
Però prima la fante: che pericolo
Saria, stand'ella qui, che fosse il giovine
Da lei veduto o sentito.
- Odi, Menica:
A chi dich'io? Licinia, di' alla Menica
Che tolga il velo, et a me venga.
Or eccola.
SCENA NONA
Menica, Lena, Corbolo, Pacifico.
MENICA
Lena, che vuoi?
LENA
Piacciati, cara Menica,
Di farmi un gran servigio, da dovertene
Esser sempre tenuta.
MENICA
Che vuoi?
LENA
Vuo' mi tu
Farlo?
MENICA
Io 'l farò, pur che far sia possibile.
LENA
Va', madre mia, se m'ami, fin a gli Angeli.
MENICA
Ora?
LENA
Ora sí.
MENICA
Lasciami prima mettere
La cena al fuoco.
LENA
No, va' pur, che mettere
Io saprò senza te al fuoco una pentola.
Va': come sei dritto la chiesa, piegati
Tra l'orto de li Mosti e 'l monasterio;
E va' su al dritto, fin che giungi al volgerti
A man sinistra, alla contrada dicono
Mirasol, credo.
Or va'.
MENICA
Che vi vuoi, domine,
Ch'io vada a far?
LENA
Vedi cervello! Informati
Quivi (credo sia il terzo uscio) dove abita
La moglie di Pasquin, che insegna a leggere
Alle fanciulle: Dorotea si nomina.
Va' quivi, e dille: - A te, Dorotea, mandami
La Lena a tôr li ferri suoi da volgere
La seta sopra li rocchetti -; e pregala
Che me li mandi, perché mi bisognano.
Or va', Menica cara: donar voglioti
Poi tanta tela, che facci una cuffia.
MENICA
La carne è nel catin lavata, e in ordine;
Non resta se non porla ne la pentola.
LENA
Troppo cred'io ch'ella sia ben in ordine;
Ma non è già per porla ne la pentola
Se venticinque fiorini non s'abbino.
Conosco io ben l'amor di questi giovani,
Che dura solamente fin che bramano
Aver la cosa amata, e spenderebbono,
Mentre che stanno in questo desiderio,
Non che l'aver, ma il cuor.
Fa' che possegghino:
Va l'amor come il fuoco, che spargendovi
De l'acqua sopra, suol subito spegnersi:
E mancato l'ardor, non ti darebbono
Di mille l'un, che già ti promesseno.
Per questo voglio ir dentro, et interrompere
S'alcuna cosa senza me disegnano.
Corbolo, or su, spacciati tosto, arrecali
Alcuna veste; che lo possiàn mettere
Fuor, mentre l'agio ci abbiamo.
CORBOLO
Anzi, pregoti,
Mentre abbiamo agio, fa' che possa mettere
Dentro, e dategli luogo tu e Pacifico.
LENA
In fé di Dio, non farà: né ti credere
Ch'io gli lassi aver cosa che desideri,
Se prima li danari non mi annovera;
Et esser guardiana io stessa voglione.
CORBOLO
Guardala sí che gli occhi vi rimanghino.
(Debb'io patir che Flavio da Licinia
Cosí si debba partir, senza prenderne
Piacere; et abbia avuto questo incommodo
Di levarsi, che dieci ore non erano;
Di star qui dentro chiuso come in carcere;
D'esser portato con tanto pericolo
Serrato in una botte, come proprio
Fansi l'anguille di Comacchio e i mugini?
Ma che farò, vedendomi contraria
Col becco suo questa puttana femina,
Con li quali li preghi nulla vagliono,
Né luogo han le minaccie; né potrebbesi
Usar forza, che pur troppo è il pericolo,
Stando cosí, senza levar piú strepito?
Venticinque fiorini, in fin, bisognano,
Ne li qual siamo condennati; e grazia
Non se n'ha a aver, né voglion darci credito.
Dove trovar li potrò? Far prestarmeli
Su la fede è provato, et è stato opera
Vana: su i pegni non si può, che Ilario
Ne gli ha intercetti.
A lui di nuovo tendere
Un'altra rete saria temeraria
Impresa: non si lasciaria piú cogliere.
E pur talor de gli augelli si colgono,
Che caduti alla rete altre volte erano,
E n'erano altre volte usciti liberi.
Forse sarà lo ingannarlo piú facile
Or che gli par, che mal successe essendomi
Le prime, rinfrancar sí tosto l'animo
Non debba a porgli le seconde insidie.
Ma che farò? Che farò infin? Delibera
Tosto, che di pensar ci è poco termine.
Io farò...
che? Io dirò...
sí bene; e credere
Mi potrà? Crederammi.
Ma Pacifico
Vien fuora).
PACIFICO
Ov'è la veste?
CORBOLO
Che veste? hammi tu
Scorto per sarto? Oh, par che 'l mio esercizio
Non sappi: io tengo la zecca, e vo' battere
Venticinque fiorini ora per darteli.
PACIFICO
Foss'egli il vero!
CORBOLO
A mio senno governati.
Hai tu alcun'arma in casa?
PACIFICO
Su in la camera
Dipinta ho nel camin l'arme di Fazio.
CORBOLO
Dico da offesa.
PACIFICO
Assai n'ho che m'offendono:
La povertà, li pensieri, la rabbia di
Mia moglier, e 'l suo sempre dirmi ingiuria.
CORBOLO
Dico s'hai spiedo o ronca o spada o simile
Cosa.
PACIFICO
Ci è un spiedo antico e tutto ruggine.
Ve' se gli è tristo, se gli è male in ordine,
Che i birri mai non curan di levarmelo.
CORBOLO
Basta, viemmelo mostra.
Or bella alchimia
Non ti parrà, s'io fo di questa ruggine
Venticinque fiorini d'oro fonderti?
ATTO QUINTO
SCENA PRIMA
Corbolo, Pacifico, Staffieri.
CORBOLO
Vien fuora, vien piú in qua, piú ancora: pàrtiti
Di casa un poco.
Tu mi par piú timido
Con l'arme in mano, che non dovresti essere
Se l'avessi nel petto: di chi dubiti?
PACIFICO
Del capitan de la piazza, che cogliere
Mi potria qui con questo spiedo, e mettermi
In prigion.
CORBOLO
No, ch'io gli daria ad intendere
Che fussi un sbirro o il boia; e crederebbelo,
Che de l'uno e de l'altro hai certo l'aria.
Rizza la testa.
E' par che vogli piangere!
Sta ritto, sta gagliardo, fa' il terribile,
Fa' il bravo.
PACIFICO
E come fassi il bravo?
CORBOLO
Attaccala
Spesso a Dio e santi: tienlo cosí: volgeti
In qua: fa' un viso scuro e minaccevole.
Ben son pazzo, che far voglio una pecora
Simigliare un leon.
Ma veggo giungere
A tempo dui staffieri di don Ercole,
Che, dove costui manca, puon soccorrermi;
Voglio ire a lor.
Buon dí, fratelli.
STAFFIERI
O Corbolo,
Buon dí e buon anno.
Come la fai? Vuonne tu
Dar bere?
CORBOLO
Sí, volentieri, ma pensovi
Di dar meglio che bere.
STAFFIERI
Che?
CORBOLO
Fermandovi
Qui meco una mezz'ora, voglio mettervi
Un contrabando in man, da guadagnarvene
Al manco un paio di scudi per uno.
STAFFIERI
Eccoci,
Del ben, che ne farai, per averti obligo.
CORBOLO
Io vi dirò.
Questi Giudei, che prestano
A Riva, ieri compraro una grandissima
Quantità di formaggio, e caricatolo
Han su dua carra, et in modo copertolo
Sotto la paglia, che non potria accorgersi
Alcun che cosa fosse, non sapendolo
Come io, che 'l so da quel da chi lo comprano:
E senza aver tolta bolletta, o dazio
Pagato alcun, per queste vie il conducono.
Or non volendo io discoprirmi, avevone
Parlato a questo mio vicino, e postogli
Quel spiedo in mano, acciò che, come passino
Le carra, frughi ne la paglia, e trovivi
Il contrabando.
Io saria qui a intromettermi
D'accordo, perché li Giudei non fossero
Accusati da lui; ma pusillanimo
È costui sí, che non voglio impacciarmene
Per suo mezzo.
Or se a parte volete esserci
Voi, volontier v'accetto.
STAFFIERI
Anzi pregartene
Vogliamo, et il guadagno promettemoti
Partir da buon compagni.
CORBOLO
Ora fermatevi.
Tu qui, e tien l'occhio, che se là passasseno
Le carra, in un momento possi corrervi;
E tu a quest'altra via farai la guardia.
(Post'ho l'artegliaria già ai canti.
Facciano
Qui testa ormai le bugie, che fuggivano
Cacciate e rotte, e tornando con impeto,
Ilario, che le avea cacciate, caccino.
Ma eccolo uscir fuor; purch'elle possano
A questo duro principio resistere,
Non temo non averne poi vittoria.)
SCENA SECONDA
Ilario solo.
ILARIO
Oh come netta me la facea nascere
Quel ladroncel, se non m'avesse Domenedio
Cosí a tempo mandato quel giovene,
Il quale a caso, non già volontaria-
mente, m'ha fatto por gli occhi alla trappola
Ne la qual per cader ero sí prossimo.
Volea, credo, egli Flavio indurre a vendere
Le robe di nascosto, et in lascivie
Fargli il prezzo malmettere, e sottrargliene
Per sé la maggior parte; et io, credendogli,
Avea di fare un'altra veste in animo,
Et un'altra berretta, per rivolgergli
L'affanno in gaudio, ch'io credea che mettersi
Dovesse pur, come di vera perdita.
Ma non mi so pensar perché tai termini
Usi meco il mio Flavio, che 'l piú facile
Padre gli sono, e quel che piú mi studio
Di compiacere in ogni desiderio
Onesto, ch'altri che sia al mondo.
Voglione
Solo incolpar questo giotton di Corbolo
Ch'io non intendo che mi stia piú un atimo
In casa.
Io vo' cacciarlo, come merita.
SCENA TERZA
Ilario, Corbolo.
ILARIO
Ancora hai, brutto manigoldo, audacia
Di venire ov'io sia?
CORBOLO
Deh! questa colera
Ponete giú; e per Dio, non vi contamini
La pietade.
ILARIO
Oh, tu piangi?
CORBOLO
E voi piú piangere
Dovreste, che vostro figliuol...
ILARIO
Dio, aiutami!
CORBOLO
È in pericol.
ILARIO
Pericolo?
CORBOLO
Sí, d'essere
Morto, se non ci si ripara subito.
ILARIO
Come, come? di', di'; dov'è?
CORBOLO
Pacifico
L'ha colto con la moglie in adulterio.
Vedetelo colà, che vorria ucciderlo
Con quel spiedo, e chiamato ha quei duo gioveni
Suoi parenti; et aspetta anco che venghino
Tre suoi cognati.
ILARIO
Egli dov'è?
CORBOLO
Chi? Flavio?
Là dentro questi ribaldi lo assediano.
ILARIO
Dove là dentro?
CORBOLO
In casa là di Fazio.
ILARIO
Evvi Fazio?
CORBOLO
Se vi fusse, il pericolo
Non mi parrebbe tanto.
Ecci una giovane
Sua figlia, senza piú: consideratela
Or voi, che aiuto può aver da una femina!
ILARIO
Se con la moglie in casa sua Pacifico
L'ha colto, come è in casa ora di Fazio?
CORBOLO
Io vi dirò la cosa da principio.
ILARIO
Dilla, ma non ne scemar, né ci aggiungere.
CORBOLO
La dirò a punto come sta; ma vogliovi
Prima certificar che quella favola,
La qual dianzi contai, che stato Flavio
Era assalito, e che tolto gli aveano
Li panni, non la finsi già per nuocervi,
Ma perché voi con minor displicenzia
Mi dessi li danar, che potean subito
Liberar vostro figliuol dal pericolo
In che ora egli si trova; ove mancatami
Quella via essendo, è in molto peggior termine
La vita sua, che non fu dianzi.
ILARIO
Narrami
Come sta il fatto.
CORBOLO
Flavio oggi credendosi
Che fusse fuor Pacifico, e credendolo
Anco la donna, in casa ne la camera
S'era con lei ridotto; e mentre stavano
In piacer, quel beccaccio, che nascososi
Non so dov'era, saltò per ucciderlo
Fuor con lo spiedo.
ILARIO
Il cor mi trema.
CORBOLO
Flavio
Pregando fe' pur tanto e supplicandolo,
E di donar danari promettendoli,
Che gli lasciò la vita.
ILARIO
Or me risusciti,
Se con danar la cosa si pacifica.
CORBOLO
Non ho detto anco il tutto.
ILARIO
Che ci è? seguita.
CORBOLO
In venticinque fiorini si convennono,
Che prima che d'insieme si partissono,
Sborsati fosson.
Mandò per me Flavio,
E la berretta e la roba traendosi,
Mi commise ch'io andassi a pregar Giulio
Che gli facessi pagar questo numero
Di denar sopra; et egli per istatico
Quivi si rimarrebbe: poi quel giovine
Ci turbò, come voi sapete; e Flavio
Per lui, se non ci riparate, è a termine,
Che Dio l'aiuti!
ILARIO
Perché debbe nuocerli,
Se son d'accordo?
CORBOLO
Udite pur.
Pacifico,
Tenendosi uccellato, con piú furia
Che pria corse allo spiedo, e senza intendere
Alcuna scusa, volea pur ucciderlo.
ILARIO
Facesti error, che non venisti súbito
Ad avisarmi.
Al fin ch'avenne? Séguita.
CORBOLO
Non so perché non l'uccise; e credetemi
Che ben Dio e santi Flavio ebbe propizii.
ILARIO
Un manigoldo poltrone ha avuto animo
Di minacciar un mio figliuol d'ucciderlo?
CORBOLO
Se non che vostro figliuol, riparandosi
Con un scanno che prese, e ritraendosi
Pur sempre all'uscio, saltò fuora, avrebbelo
Morto.
ILARIO
Si salvò in somma?
CORBOLO
Nol vo' mettere
Per salvo ancor.
ILARIO
Tu m'occidi.
CORBOLO
Incalzandolo
Tuttavia quel ribaldo, e non lasciandolo
Slungar molto da sé, fu forza a Flavio
Che si fuggisse in casa là di Fazio;
E cosí v'è assediato.
ILARIO
Vedi audacia
D'un mendico, furfante, temerario!
CORBOLO
E piú, c'ha fatto e cerca far d'altri uomini
Ragunanza, e d'intrar là dentro ha in animo.
ILARIO
Entrar là dentro? Io non son cosí povero
Di facultà e d'amici, che difendere
Io non lo possa, e far parer Pacifico
Un sciagurato.
CORBOLO
Non vogliate mettervi
A cotal prova, avendo altro rimedio:
Che far le ragunanze è contra gli ordini
Del signor, e ci son pene arbitrarie:
Et accader potrebbonvi omicidii.
E quando ancor provediate (il che facile
Credo vi fia) che non noccia Pacifico a
Flavio ne la persona (anzi vo' credere
Che voi e Flavio piú siate atti a nuocere
A lui), pur non farete, riducendosi
Al podestà costui, come è da credere
Che sia per far, che 'l podestà procedere
Non abbia contra a Flavio; e quali siano
Nei statuti le pene de gli adulteri,
Et oltra li statuti, quanto arbitrio
Il podestate abbia potere accrescere,
Secondo che de l'inquisiti vagliono
Le facultà, non secondo che mertano
Le pene i falli, pur vi dovrebbe essere
Noto.
Padron, guardate che con lacrime
E dolor vostro non facciate ridere
Questi di corte, che tuttavia tengono
Aperti gli occhi a tai casi, per correre
A dimandar le multe in dono al principe.
Venticinque fiorini è meglio spendere
Senza guerra, e d'accordo, che in pericolo
Porvi di cinquecento o mille perderne.
ILARIO
Meglio è ch'io stesso parli con Pacifico,
E vegga un poco il suo pensier.
CORBOLO
Non, diavolo!
Non andate, che tratto da la colera
Non trascorresse a dirvi alcuna ingiuria
Da dovervene poi sempre rincrescere.
Lasciate pur ir me, che spero volgerlo
In due parole, e farlo cheto et umile.
E fia piú vostro onor, se qui condurvelo
Potrò.
ILARIO
Va' dunque.
CORBOLO
Aspettatemi qui.
ILARIO
Odimi
Fagli proferte, ma non ti risolvere
In quantitade alcuna, che 'l conchiudere
Del pregio voglio che stia a me: prometteli
Generalmente: tu m'intendi.
CORBOLO
Intendovi.
Tuttavia non guardate di piú spendere
Un paio o due di fiorini.
ILARIO
A me lasciane
Cura, ch'in questo son di te piú pratico.
SCENA QUARTA
Ilario solo.
ILARIO
Penso che sarà cosa salutifera
Che prima ch'io m'abbocchi con Pacifico
Ritrovi Fazio.
Io voglio pure intendere
Da lui, se dee patir che costor facciano
A mio figliuolo in casa sua violenzia;
Et anco sarà buono a por concordia
Tra noi, ch'io so che molto è suo Pacifico.
Io l'avrò alla barberia, ove è solito
Di giocar, quanto è lungo il giorno, a tavole.
SCENA QUINTA
Corbolo, Staffieri, Pacifico.
CORBOLO
Fratelli, andate pur: non state a perdere
Tempo, che 'l padron mio, dal quale comprano
Il formaggio i Giudei, mi dice ch'eglino
Han mutato proposito, e che tolgono
Pur la bolletta, et han pagato il dazio.
STAFFIERI
Era però un miracolo che fossimo
Sí aventurosi.
CORBOLO
Accettate il buon animo:
Non è per me restato di farvi utile.
STAFFIERI
Lo conosciamo, e te ne avren sempre obligo.
CORBOLO
Son vostro sempre, fratelli.
STAFFIERI
A Dio, Corbolo.
PACIFICO
Come hai fatto?
CORBOLO
Benissimo: ti fieno
Venticinque fiorin dati da Ilario,
Pregandoti, e di grazia domandandoti
Che tu li accetti; se però procedere
Vorrai com'io dirotti, e servi i termini
Nel parlar tuo, che poi ti farò intendere,
Riposto ch'abbi lo spiedo.
Or va' non perdere
Tempo, riponlo, et a me torna súbito.
Odi.
PACIFICO
Che vuoi?
CORBOLO
Poi che non hai piú dubbio
Che li denar promessi non ne vengano,
Fa' che tua moglie eschi di là, e dia commodo
Che questi amanti insieme si solazzino
Prima che torni la fante che Fazio.
PACIFICO
Ci sarà tempo: ancora che la Menica
Tornasse, avrò ben luogo dove spingerla
Di nuovo.
Da temer non hai di Fazio,
Che mai tornare a casa non è solito
Fin che le ventiquattro ore non suonino.
CORBOLO
Or sú, ripon lo spiedo, e vien, che Ilario
Li venticinque fiorini ti annoveri.
SCENA SESTA
Corbolo solo.
CORBOLO
Ben succede l'impresa: avrà l'esercito
De le bugie, dopo tanti pericoli,
Dopo tanti travagli, al fin vittoria,
Malgrado di Fortuna, che a difendere
Contra me tolto avea il borsel d'Ilario.
Ma dove entra colui? Vien, vien, Pacifico,
Vieni, esci fuor, corri presto, soccorreci.
SCENA SETTIMA
Pacifico, Corbolo.
PACIFICO
Eccomi, eccomi qui.
CORBOLO
Corri, Pacifico;
Provedi che colui non vegga Flavio.
PACIFICO
Chi colui?
CORBOLO
Come ha nome questo giovine che
Vostro? Che tardi? Va' dentro, e conoscilo:
Menghino, il dirò pur.
PACIFICO
Menghino? diavolo!
CORBOLO
Menghino sí, Menghin.
Ve' diligenzia
Di bestia! ma piú bestia io, che rimettermi
Voglio a costui, che è lento piú che un trespolo.
Et ecco che ritorna anco la Menica.
Da tante parti sí le forze crescere
Veggo ai nemici, che mi casca l'animo
Di potere a tanto impeto resistere.
SCENA OTTAVA
Menica sola.
MENICA
Alla croce di Dio! mai piú servizio
Non fo alla Lena.
M'ha di là da gli Angeli
Mandata piú di mezzo miglio, e andatane
Son sempre quasi correndo, per essere
Tornata tosto; et or sí stanca e debole
Mi sento, che mi posso a pena muovere.
L'andata non m'avria avuto a rincrescere,
Quando avessi trovata quella femina
Ch'io cercavo.
Son ita come il povero
Che va accattando per Dio la elemosina,
D'uscio in uscio per tutto dimandandone;
Né mai saputo ho ritrovare indizio
D'alcuna Dorotea che insegni a leggere:
Né in tutto Mirasol, né lí presso abita,
Per quant'ho inteso, chi Pasquin si nomini.
Peggio mi sa, che mio padron trovata mi
Ha, che qui vien con Ilario, et è in colera,
Non so perché; e poi che dimandatane,
Gli ho detto donde io vengo, e che mandatami
Avea la Lena, m'ha fatto un grandissimo
Rumor, e minacciata d'un buon carico
Di busse, se mai piú le fo servizio.
Io l'ubidirò ben; se posso mettermi
A seder, già non credo che mi faccino,
S'io non sento altro che parole, muovere.
SCENA NONA
Ilario, Fazio.
ILARIO
(Io son ito a trovar Fazio, pensandomi
Che sia buon mezzo a por d'accordo Flavio
Et a pacificarlo con Pacifico;
Non sapendo io, che tanto in questa femina
Sia inamorato, che n'è guasto fracido.
Or tosto ch'io gli ho detto che Pacifico
L'ha trovata in secreto col mio Flavio,
È salito in tanta ira, in tanta rabbia
Per gelosia, che assai m'è piú difficile
A placar lui, che 'l marito.
Ma eccolo.)
Studiate un poco il passo, sí che giungere
Possiamo prima che segua altro scandolo.
Fatel, se mai da voi spero aver grazia.
FAZIO
Non posso, né possendo mai vo', Ilario,
Patir, che dopo tanti benefizii
C'ha ricevuti, et era per ricevere
Da me questa gaglioffa, cosí m'abbia
Tradito.
Son disposto vendicarmene.
ILARIO
S'ella v'ha fatto ingiuria, vendicatevi:
Non vi prego per lei; ma sol che Flavio
Mio non lasciate offender da Pacifico
In casa vostra.
FAZIO
D'un fanciul volubile
Ha fatto elezïon, che potrebbe essere
Suo figliuolo, e sperar non ne può merito,
Se non che se ne vanti e le dia infamia.
ILARIO
Non credea mio figliuolo già d'offendervi;
Che se creduto egli avesse esser pratica
Vostra costei, so che v'avria grandissimo
Rispetto avuto, come ha riverenzia.
FAZIO
Questa è la causa che m'era da quindici
Giorni in qua ritornata sí salvatica.
ILARIO
Rispondetemi un poco senza colera.
SCENA DECIMA
Menghino, Ilario, Pacifico, Fazio, Lena.
MENGHINO
Io l'ho veduto, non varrà nasconderlo.
ILARIO
Ah che noi siàn troppo tardati! gridano
Là in casa vostra.
Deh! Fazio, aiutatemi.
MENGHINO
Lo voglio ire a trovare, e fargli intendere
Le belle opere vostre.
PACIFICO
Menghino, odimi.
MENGHINO
Pur troppo ho udito e veduto.
PACIFICO
Non essere...
FAZIO
Che cosa è questa?
PACIFICO
...tu cagion d'accendere
Tanto fuoco.
MENGHINO
Vo' dirlo, se ben perdere
Ne dovessi la testa.
FAZIO
Deh, fermatevi:
Stiamo un poco qui a udir di che contendono.
PACIFICO
Férmati qui, Menghin: férmati, ascoltami.
MENGHINO
Lasciami andar, Pacifico: non credere
Che per te resti di nol dir.
LENA
Che diavolo
Puoi tu dire in cento anni? Che la fistola
Ti venga! e c'hai veduto tu, brutto asino?
MENGHINO
Ho veduta Licinia e questo giovane
Figliuol d'Ilario...
ILARIO
Lena, e non Licinia,
Vols'egli dire.
MENGHINO
...che abbracciati stavano.
LENA
Tu menti per la gola.
MENGHINO
Or ecco Fazio.
Padron, vi dirò il ver; non vi voglio essere
Traditor: vostra figliuola...
FAZIO
Oh, la, bestia!
T'ho ben udito.
Che vòi farlo intendere
A tutto questo vicinato? Ilario,
Non sarà mai, per Dio, vero ch'io toleri,
Che 'l figliuol vostro un scorno sí notabile
Mi faccia, e a mio poter non me ne vendichi.
Che favole, che ciancie fatto credere
M'avete de la Lena e di Pacifico?
ILARIO
Cosí l'avevo udito anch'io da Corbolo.
FAZIO
Ma questa non è ingiuria da passarsene
Sí leggermente: è di troppa importanzia.
ILARIO
Per vostra fede, Fazio...
FAZIO
Deh, Ilario,
Mi meraviglio ben di voi: l'ingiuria
Vi par di sorte, ch'io debba sí facile-
mente patir? Se voi sète piú nobile
E piú ricco di me, non però d'animo
Vi sono inferïor; prima che Flavio
M'esca di casa, per lui darò esempio
Che non si denno li miei pari offendere.
ILARIO
Pel filiale amor, del qual notizia
Avete voi com'io, vi prego e supplico
Che di me abbiate pietade e di Flavio.
FAZIO
E l'amor filiale a punto m'eccita
A vendicar.
ILARIO
Per l'antiqua amicizia
Nostra!
FAZIO
Sarebbe ancora a voi difficile
Il perdonar, essendo ne' miei termini.
Fo del mio onor piú conto (perdonatemi,
Il vo' dir) che de la vostra amicizia;
E quanto ho al mondo vo' piú tosto perdere
Che quello, e senza quello non vo' vivere.
ILARIO
Se modo ci sarà di non lo perdere?
FAZIO
Con voi a un tratto mi voglio risolvere.
Quando vostro figliuol la mia Licinia
Sposi, e l'onor perduto le recuperi,
Saremo amici; altrimenti...
ILARIO
Fermatevi.
Credo che cinquant'anni oggimai passino
Che voi mi conoscete, e che del vivere
Mio abbiate quanto alcun altro notizia;
E se sempre le cose oneste e lecite
Mi sian piaciute, sapete benissimo;
E se stato vi son sempre benivolo,
E sempre pronto a farvi onore et utile,
Sapete ancor, che qualche esperienzia
Ve n'ha chiarito: or non pensate ch'essere
Possa o voglia diverso dal mio solito.
Lasciatemi parlar con Flavio, e intendere
La cosa a punto; e state di buon animo,
Ch'io farò tutto quel che convenevole
Mi sia per emendarvi questa ingiuria.
FAZIO
Entriamo in casa.
ILARIO
Entrate, ch'io vi séguito.
SCENA UNDICESIMA
Pcifico, Lena.
PACIFICO
Or vedi, Lena, a quel che le tristizie
E le puttanerie tue ti conducono!
LENA
Chi m'ha fatto puttana?
PACIFICO
Cosí chiedere
Potresti a quei che tuttodí s'impiccano,
Chi li fa ladri.
Imputane la propria
Tua volontade.
LENA
Anzi la tua insaziabile
Golaccia, che ridotti ci ha in miseria;
Che, se non fossi stata io che, per pascerti,
Mi son di cento gaglioffi fatta asina,
Saresti morto di fame.
Or pel merito
Del bene ch'io t'ho fatto, mi rimproveri,
Poltron, ch'io sia puttana?
PACIFICO
Ti rimprovero
Che lo dovresti far con piú modestia.
LENA
Ah, beccaccio, tu parli di modestia?
S'io avessi a tutti quelli, che propostomi
Ogn'ora hai tu, voluto dar recapito,
Io non so meretrice in mezzo al Gambaro
Che fusse a questo dí di me piú publica.
Né questo uscio dinanzi per riceverli
Tutti bastar pareati, e consigliavimi
Che quel di dietro anco ponessi in opera.
PACIFICO
Per viver teco in pace, proponevati
Quel ch'io sapeva che t'era grandissima-
Mente in piacere, e che vietar volendoti
Saria stato il durar teco impossibile.
LENA
Doh, che ti venga il morbo!
PACIFICO
Io l'ho continua-
mente teco.
Bastar, Lena, dovrebbeti,
Che de la tua persona a beneplacito
Tuo faccia sempre, e ch'io lo vegga e toleri;
Senza volerci ancor porre in infamia
Di ruffianar le figliuole de gli uomini
Da ben.
LENA
S'io avessi a star tuttavia giovane,
Il mantenere amendue col medesimo
Modo usato fin qui mi saria agevole;
Ma come le formiche si proveggono
Pel verno, cosí è giusto che le povere
Par mie per la vecchiezza si proveggano;
E che mentre v'hanno agio, un'arte imparino
Che, quando sia il bisogno, poi non abbiano
Ad imparar, ma vi sien dotte e pratiche.
E che arte poss'io far, che piú proficua
Ci sia di questa, e che mi sia piú facile
Ad imparar? Che vuoi ch'io indugi all'ultimo,
Quand'io sarò nel bisogno, ad apprenderla?
PACIFICO
Se contra ogni altro avessi questi termini
Usati, mi saria piú tolerabile
Che contra Fazio, al quale abbiàn troppo obligo.
LENA
Deh, manigoldo, ti venga la fistola!
Come tu non sia stato consapevole
Del tutto! Or che 'l disegno ha cattivo esito,
Me sola del commun peccato biasimi;
Ma se i contanti compariti fussono,
La parte, e piú che la parte, volutone
Avresti ben.
PACIFICO
Non piú, ch'esce la Menica.
SCENA DODICESIMA
Menica, Lena.
MENICA
Lena, si fa cosí? Ti par che meriti
Fazio da te che gli facci una ingiuria
Di questa sorte?
LENA
E che ingiuria? che diavolo
Gli ho fatt'io?
MENICA
Nulla!
LENA
Nulla a punto.
A i strazii
Che fa di me, non è cosí notabile
Ingiuria al mondo che da me non meriti.
MENICA
Tu gli hai scoperto, Lena, il tuo mal animo,
Né però fatto nocumento, anzi utile;
Che sei stata cagion che maritata la
Figliuola ha in cosí ricco e nobil giovane,
Quanto egli stesso avria saputo eleggersi.
LENA
Gliela darà pur per moglier?
MENICA
Già datagli
L'ha: si sono accordati egli et Ilario
In due parole.
LENA
Anco che questo misero
Vecchio mi sia piú che le serpi in odio,
Pur ho piacer d'ogni ben di Licinia.
MENICA
Se tu perseverassi in questa còlera,
Saresti, Lena, la piú ingrata femina
Del mondo.
Egli, con tutto che giustissima
Cagione avria di far tutto il contrario,
Pur non può star che non t'ami, e nascondere
Non può la passion che dentro il cruccia,
Né non pentirsi de le dispiacevoli
Parole ch'oggi ebbe teco, che giudica
Che t'abbian spinta a fargli questa ingiuria.
E m'ha detto che quando udí da Ilario
Che tuo marito t'avea con quel giovene
Trovata, fu per affanno a pericolo
Di cader morto; e che poi ritrovandosi,
Come era a punto il ver, che caricatala
Avea costui non a te, ma a Licinia,
Tutto restò riconsolato, e parvegli
Risuscitar.
Or vedi se ci è dubbio
Che teco presto non si riconcilii,
Massimamente che gli torna in utile
Questo error tuo.
LENA
Faccia egli pur, e piglila
Come gli pare.
Se sarà il medesimo
Verso me ch'egli suol, me la medesima
Verso sé trovarà che suole.
MENICA
Or voglioti
Dir, Lena, il vero.
A te mi manda Fazio,
Il quale è tuo, come fu sempre, e pregati
Che tu ancor sua similmente vogli essere;
E questa sera invita te e Pacifico
A nozze; e intende che non sol Licinia
E Flavio questa notte i sposi siano.
LENA
Io son per far quanto gli piace.
Or diteci,
Voi spettatori, se grata e piacevole
O se noiosa è stata questa fabula.
...
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