LA LENA, di Ludovico Ariosto - pagina 6
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ILARIO
Oh, tu piangi?
CORBOLO
E voi piú piangere
Dovreste, che vostro figliuol...
ILARIO
Dio, aiutami!
CORBOLO
È in pericol.
ILARIO
Pericolo?
CORBOLO
Sí, d'essere
Morto, se non ci si ripara subito.
ILARIO
Come, come? di', di'; dov'è?
CORBOLO
Pacifico
L'ha colto con la moglie in adulterio.
Vedetelo colà, che vorria ucciderlo
Con quel spiedo, e chiamato ha quei duo gioveni
Suoi parenti; et aspetta anco che venghino
Tre suoi cognati.
ILARIO
Egli dov'è?
CORBOLO
Chi? Flavio?
Là dentro questi ribaldi lo assediano.
ILARIO
Dove là dentro?
CORBOLO
In casa là di Fazio.
ILARIO
Evvi Fazio?
CORBOLO
Se vi fusse, il pericolo
Non mi parrebbe tanto.
Ecci una giovane
Sua figlia, senza piú: consideratela
Or voi, che aiuto può aver da una femina!
ILARIO
Se con la moglie in casa sua Pacifico
L'ha colto, come è in casa ora di Fazio?
CORBOLO
Io vi dirò la cosa da principio.
ILARIO
Dilla, ma non ne scemar, né ci aggiungere.
CORBOLO
La dirò a punto come sta; ma vogliovi
Prima certificar che quella favola,
La qual dianzi contai, che stato Flavio
Era assalito, e che tolto gli aveano
Li panni, non la finsi già per nuocervi,
Ma perché voi con minor displicenzia
Mi dessi li danar, che potean subito
Liberar vostro figliuol dal pericolo
In che ora egli si trova; ove mancatami
Quella via essendo, è in molto peggior termine
La vita sua, che non fu dianzi.
ILARIO
Narrami
Come sta il fatto.
CORBOLO
Flavio oggi credendosi
Che fusse fuor Pacifico, e credendolo
Anco la donna, in casa ne la camera
S'era con lei ridotto; e mentre stavano
In piacer, quel beccaccio, che nascososi
Non so dov'era, saltò per ucciderlo
Fuor con lo spiedo.
ILARIO
Il cor mi trema.
CORBOLO
Flavio
Pregando fe' pur tanto e supplicandolo,
E di donar danari promettendoli,
Che gli lasciò la vita.
ILARIO
Or me risusciti,
Se con danar la cosa si pacifica.
CORBOLO
Non ho detto anco il tutto.
ILARIO
Che ci è? seguita.
CORBOLO
In venticinque fiorini si convennono,
Che prima che d'insieme si partissono,
Sborsati fosson.
Mandò per me Flavio,
E la berretta e la roba traendosi,
Mi commise ch'io andassi a pregar Giulio
Che gli facessi pagar questo numero
Di denar sopra; et egli per istatico
Quivi si rimarrebbe: poi quel giovine
Ci turbò, come voi sapete; e Flavio
Per lui, se non ci riparate, è a termine,
Che Dio l'aiuti!
ILARIO
Perché debbe nuocerli,
Se son d'accordo?
CORBOLO
Udite pur.
Pacifico,
Tenendosi uccellato, con piú furia
Che pria corse allo spiedo, e senza intendere
Alcuna scusa, volea pur ucciderlo.
ILARIO
Facesti error, che non venisti súbito
Ad avisarmi.
Al fin ch'avenne? Séguita.
CORBOLO
Non so perché non l'uccise; e credetemi
Che ben Dio e santi Flavio ebbe propizii.
ILARIO
Un manigoldo poltrone ha avuto animo
Di minacciar un mio figliuol d'ucciderlo?
CORBOLO
Se non che vostro figliuol, riparandosi
Con un scanno che prese, e ritraendosi
Pur sempre all'uscio, saltò fuora, avrebbelo
Morto.
ILARIO
Si salvò in somma?
CORBOLO
Nol vo' mettere
Per salvo ancor.
ILARIO
Tu m'occidi.
CORBOLO
Incalzandolo
Tuttavia quel ribaldo, e non lasciandolo
Slungar molto da sé, fu forza a Flavio
Che si fuggisse in casa là di Fazio;
E cosí v'è assediato.
ILARIO
Vedi audacia
D'un mendico, furfante, temerario!
CORBOLO
E piú, c'ha fatto e cerca far d'altri uomini
Ragunanza, e d'intrar là dentro ha in animo.
ILARIO
Entrar là dentro? Io non son cosí povero
Di facultà e d'amici, che difendere
Io non lo possa, e far parer Pacifico
Un sciagurato.
CORBOLO
Non vogliate mettervi
A cotal prova, avendo altro rimedio:
Che far le ragunanze è contra gli ordini
Del signor, e ci son pene arbitrarie:
Et accader potrebbonvi omicidii.
E quando ancor provediate (il che facile
Credo vi fia) che non noccia Pacifico a
Flavio ne la persona (anzi vo' credere
Che voi e Flavio piú siate atti a nuocere
A lui), pur non farete, riducendosi
Al podestà costui, come è da credere
Che sia per far, che 'l podestà procedere
Non abbia contra a Flavio; e quali siano
Nei statuti le pene de gli adulteri,
Et oltra li statuti, quanto arbitrio
Il podestate abbia potere accrescere,
Secondo che de l'inquisiti vagliono
Le facultà, non secondo che mertano
Le pene i falli, pur vi dovrebbe essere
Noto.
Padron, guardate che con lacrime
E dolor vostro non facciate ridere
Questi di corte, che tuttavia tengono
Aperti gli occhi a tai casi, per correre
A dimandar le multe in dono al principe.
Venticinque fiorini è meglio spendere
Senza guerra, e d'accordo, che in pericolo
Porvi di cinquecento o mille perderne.
ILARIO
Meglio è ch'io stesso parli con Pacifico,
E vegga un poco il suo pensier.
CORBOLO
Non, diavolo!
Non andate, che tratto da la colera
Non trascorresse a dirvi alcuna ingiuria
Da dovervene poi sempre rincrescere.
Lasciate pur ir me, che spero volgerlo
In due parole, e farlo cheto et umile.
E fia piú vostro onor, se qui condurvelo
Potrò.
ILARIO
Va' dunque.
CORBOLO
Aspettatemi qui.
ILARIO
Odimi
Fagli proferte, ma non ti risolvere
In quantitade alcuna, che 'l conchiudere
Del pregio voglio che stia a me: prometteli
Generalmente: tu m'intendi.
CORBOLO
Intendovi.
Tuttavia non guardate di piú spendere
Un paio o due di fiorini.
ILARIO
A me lasciane
Cura, ch'in questo son di te piú pratico.
SCENA QUARTA
Ilario solo.
ILARIO
Penso che sarà cosa salutifera
Che prima ch'io m'abbocchi con Pacifico
Ritrovi Fazio.
Io voglio pure intendere
Da lui, se dee patir che costor facciano
A mio figliuolo in casa sua violenzia;
Et anco sarà buono a por concordia
Tra noi, ch'io so che molto è suo Pacifico.
Io l'avrò alla barberia, ove è solito
Di giocar, quanto è lungo il giorno, a tavole.
SCENA QUINTA
Corbolo, Staffieri, Pacifico.
CORBOLO
Fratelli, andate pur: non state a perdere
Tempo, che 'l padron mio, dal quale comprano
Il formaggio i Giudei, mi dice ch'eglino
Han mutato proposito, e che tolgono
Pur la bolletta, et han pagato il dazio.
STAFFIERI
Era però un miracolo che fossimo
Sí aventurosi.
CORBOLO
Accettate il buon animo:
Non è per me restato di farvi utile.
STAFFIERI
Lo conosciamo, e te ne avren sempre obligo.
CORBOLO
Son vostro sempre, fratelli.
STAFFIERI
A Dio, Corbolo.
PACIFICO
Come hai fatto?
CORBOLO
Benissimo: ti fieno
Venticinque fiorin dati da Ilario,
Pregandoti, e di grazia domandandoti
Che tu li accetti; se però procedere
Vorrai com'io dirotti, e servi i termini
Nel parlar tuo, che poi ti farò intendere,
Riposto ch'abbi lo spiedo.
Or va' non perdere
Tempo, riponlo, et a me torna súbito.
Odi.
PACIFICO
Che vuoi?
CORBOLO
Poi che non hai piú dubbio
Che li denar promessi non ne vengano,
Fa' che tua moglie eschi di là, e dia commodo
Che questi amanti insieme si solazzino
Prima che torni la fante che Fazio.
PACIFICO
Ci sarà tempo: ancora che la Menica
Tornasse, avrò ben luogo dove spingerla
Di nuovo.
Da temer non hai di Fazio,
Che mai tornare a casa non è solito
Fin che le ventiquattro ore non suonino.
CORBOLO
Or sú, ripon lo spiedo, e vien, che Ilario
Li venticinque fiorini ti annoveri.
SCENA SESTA
Corbolo solo.
CORBOLO
Ben succede l'impresa: avrà l'esercito
De le bugie, dopo tanti pericoli,
Dopo tanti travagli, al fin vittoria,
Malgrado di Fortuna, che a difendere
Contra me tolto avea il borsel d'Ilario.
Ma dove entra colui? Vien, vien, Pacifico,
Vieni, esci fuor, corri presto, soccorreci.
SCENA SETTIMA
Pacifico, Corbolo.
PACIFICO
Eccomi, eccomi qui.
CORBOLO
Corri, Pacifico;
Provedi che colui non vegga Flavio.
PACIFICO
Chi colui?
CORBOLO
Come ha nome questo giovine che
Vostro? Che tardi? Va' dentro, e conoscilo:
Menghino, il dirò pur.
PACIFICO
Menghino? diavolo!
CORBOLO
Menghino sí, Menghin.
Ve' diligenzia
Di bestia! ma piú bestia io, che rimettermi
Voglio a costui, che è lento piú che un trespolo.
Et ecco che ritorna anco la Menica.
Da tante parti sí le forze crescere
Veggo ai nemici, che mi casca l'animo
Di potere a tanto impeto resistere.
SCENA OTTAVA
Menica sola.
MENICA
Alla croce di Dio! mai piú servizio
Non fo alla Lena.
M'ha di là da gli Angeli
Mandata piú di mezzo miglio, e andatane
Son sempre quasi correndo, per essere
Tornata tosto; et or sí stanca e debole
Mi sento, che mi posso a pena muovere.
L'andata non m'avria avuto a rincrescere,
Quando avessi trovata quella femina
Ch'io cercavo.
Son ita come il povero
Che va accattando per Dio la elemosina,
D'uscio in uscio per tutto dimandandone;
Né mai saputo ho ritrovare indizio
D'alcuna Dorotea che insegni a leggere:
Né in tutto Mirasol, né lí presso abita,
Per quant'ho inteso, chi Pasquin si nomini.
Peggio mi sa, che mio padron trovata mi
Ha, che qui vien con Ilario, et è in colera,
Non so perché; e poi che dimandatane,
Gli ho detto donde io vengo, e che mandatami
Avea la Lena, m'ha fatto un grandissimo
Rumor, e minacciata d'un buon carico
Di busse, se mai piú le fo servizio.
Io l'ubidirò ben; se posso mettermi
A seder, già non credo che mi faccino,
S'io non sento altro che parole, muovere.
SCENA NONA
Ilario, Fazio.
ILARIO
(Io son ito a trovar Fazio, pensandomi
Che sia buon mezzo a por d'accordo Flavio
Et a pacificarlo con Pacifico;
Non sapendo io, che tanto in questa femina
Sia inamorato, che n'è guasto fracido.
Or tosto ch'io gli ho detto che Pacifico
L'ha trovata in secreto col mio Flavio,
È salito in tanta ira, in tanta rabbia
Per gelosia, che assai m'è piú difficile
A placar lui, che 'l marito.
Ma eccolo.)
Studiate un poco il passo, sí che giungere
Possiamo prima che segua altro scandolo.
Fatel, se mai da voi spero aver grazia.
FAZIO
Non posso, né possendo mai vo', Ilario,
Patir, che dopo tanti benefizii
C'ha ricevuti, et era per ricevere
Da me questa gaglioffa, cosí m'abbia
Tradito.
Son disposto vendicarmene.
ILARIO
S'ella v'ha fatto ingiuria, vendicatevi:
Non vi prego per lei; ma sol che Flavio
Mio non lasciate offender da Pacifico
In casa vostra.
FAZIO
D'un fanciul volubile
Ha fatto elezïon, che potrebbe essere
Suo figliuolo, e sperar non ne può merito,
Se non che se ne vanti e le dia infamia.
ILARIO
Non credea mio figliuolo già d'offendervi;
Che se creduto egli avesse esser pratica
Vostra costei, so che v'avria grandissimo
Rispetto avuto, come ha riverenzia.
FAZIO
Questa è la causa che m'era da quindici
Giorni in qua ritornata sí salvatica.
ILARIO
Rispondetemi un poco senza colera.
SCENA DECIMA
Menghino, Ilario, Pacifico, Fazio, Lena.
MENGHINO
Io l'ho veduto, non varrà nasconderlo.
ILARIO
Ah che noi siàn troppo tardati! gridano
Là in casa vostra.
Deh! Fazio, aiutatemi.
MENGHINO
Lo voglio ire a trovare, e fargli intendere
Le belle opere vostre.
PACIFICO
Menghino, odimi.
MENGHINO
Pur troppo ho udito e veduto.
PACIFICO
Non essere...
FAZIO
Che cosa è questa?
PACIFICO
...tu cagion d'accendere
Tanto fuoco.
MENGHINO
Vo' dirlo, se ben perdere
Ne dovessi la testa.
FAZIO
Deh, fermatevi:
Stiamo un poco qui a udir di che contendono.
PACIFICO
Férmati qui, Menghin: férmati, ascoltami.
MENGHINO
Lasciami andar, Pacifico: non credere
Che per te resti di nol dir.
LENA
Che diavolo
Puoi tu dire in cento anni? Che la fistola
Ti venga! e c'hai veduto tu, brutto asino?
MENGHINO
Ho veduta Licinia e questo giovane
Figliuol d'Ilario...
ILARIO
Lena, e non Licinia,
Vols'egli dire.
MENGHINO
...che abbracciati stavano.
LENA
Tu menti per la gola.
MENGHINO
Or ecco Fazio.
Padron, vi dirò il ver; non vi voglio essere
Traditor: vostra figliuola...
FAZIO
Oh, la, bestia!
T'ho ben udito.
Che vòi farlo intendere
A tutto questo vicinato? Ilario,
Non sarà mai, per Dio, vero ch'io toleri,
Che 'l figliuol vostro un scorno sí notabile
Mi faccia, e a mio poter non me ne vendichi.
Che favole, che ciancie fatto credere
M'avete de la Lena e di Pacifico?
ILARIO
Cosí l'avevo udito anch'io da Corbolo.
FAZIO
Ma questa non è ingiuria da passarsene
Sí leggermente: è di troppa importanzia.
ILARIO
Per vostra fede, Fazio...
FAZIO
Deh, Ilario,
Mi meraviglio ben di voi: l'ingiuria
Vi par di sorte, ch'io debba sí facile-
mente patir? Se voi sète piú nobile
E piú ricco di me, non però d'animo
Vi sono inferïor; prima che Flavio
M'esca di casa, per lui darò esempio
Che non si denno li miei pari offendere.
ILARIO
Pel filiale amor, del qual notizia
Avete voi com'io, vi prego e supplico
Che di me abbiate pietade e di Flavio.
FAZIO
E l'amor filiale a punto m'eccita
A vendicar.
ILARIO
Per l'antiqua amicizia
Nostra!
FAZIO
Sarebbe ancora a voi difficile
Il perdonar, essendo ne' miei termini.
Fo del mio onor piú conto (perdonatemi,
Il vo' dir) che de la vostra amicizia;
E quanto ho al mondo vo' piú tosto perdere
Che quello, e senza quello non vo' vivere.
ILARIO
Se modo ci sarà di non lo perdere?
FAZIO
Con voi a un tratto mi voglio risolvere.
Quando vostro figliuol la mia Licinia
Sposi, e l'onor perduto le recuperi,
Saremo amici; altrimenti...
ILARIO
Fermatevi.
Credo che cinquant'anni oggimai passino
Che voi mi conoscete, e che del vivere
Mio abbiate quanto alcun altro notizia;
E se sempre le cose oneste e lecite
Mi sian piaciute, sapete benissimo;
E se stato vi son sempre benivolo,
E sempre pronto a farvi onore et utile,
Sapete ancor, che qualche esperienzia
Ve n'ha chiarito: or non pensate ch'essere
Possa o voglia diverso dal mio solito.
Lasciatemi parlar con Flavio, e intendere
La cosa a punto; e state di buon animo,
Ch'io farò tutto quel che convenevole
Mi sia per emendarvi questa ingiuria.
FAZIO
Entriamo in casa.
ILARIO
Entrate, ch'io vi séguito.
SCENA UNDICESIMA
Pcifico, Lena.
PACIFICO
Or vedi, Lena, a quel che le tristizie
E le puttanerie tue ti conducono!
LENA
Chi m'ha fatto puttana?
PACIFICO
Cosí chiedere
Potresti a quei che tuttodí s'impiccano,
Chi li fa ladri.
Imputane la propria
Tua volontade.
LENA
Anzi la tua insaziabile
Golaccia, che ridotti ci ha in miseria;
Che, se non fossi stata io che, per pascerti,
Mi son di cento gaglioffi fatta asina,
Saresti morto di fame.
Or pel merito
Del bene ch'io t'ho fatto, mi rimproveri,
Poltron, ch'io sia puttana?
PACIFICO
Ti rimprovero
Che lo dovresti far con piú modestia.
LENA
Ah, beccaccio, tu parli di modestia?
S'io avessi a tutti quelli, che propostomi
Ogn'ora hai tu, voluto dar recapito,
Io non so meretrice in mezzo al Gambaro
Che fusse a questo dí di me piú publica.
Né questo uscio dinanzi per riceverli
Tutti bastar pareati, e consigliavimi
Che quel di dietro anco ponessi in opera.
PACIFICO
Per viver teco in pace, proponevati
Quel ch'io sapeva che t'era grandissima-
Mente in piacere, e che vietar volendoti
Saria stato il durar teco impossibile.
LENA
Doh, che ti venga il morbo!
PACIFICO
Io l'ho continua-
mente teco.
Bastar, Lena, dovrebbeti,
Che de la tua persona a beneplacito
Tuo faccia sempre, e ch'io lo vegga e toleri;
Senza volerci ancor porre in infamia
Di ruffianar le figliuole de gli uomini
Da ben.
LENA
S'io avessi a star tuttavia giovane,
Il mantenere amendue col medesimo
Modo usato fin qui mi saria agevole;
Ma come le formiche si proveggono
Pel verno, cosí è giusto che le povere
Par mie per la vecchiezza si proveggano;
E che mentre v'hanno agio, un'arte imparino
Che, quando sia il bisogno, poi non abbiano
Ad imparar, ma vi sien dotte e pratiche.
E che arte poss'io far, che piú proficua
Ci sia di questa, e che mi sia piú facile
Ad imparar? Che vuoi ch'io indugi all'ultimo,
Quand'io sarò nel bisogno, ad apprenderla?
PACIFICO
Se contra ogni altro avessi questi termini
Usati, mi saria piú tolerabile
Che contra Fazio, al quale abbiàn troppo obligo.
LENA
Deh, manigoldo, ti venga la fistola!
Come tu non sia stato consapevole
Del tutto! Or che 'l disegno ha cattivo esito,
Me sola del commun peccato biasimi;
Ma se i contanti compariti fussono,
La parte, e piú che la parte, volutone
Avresti ben.
PACIFICO
Non piú, ch'esce la Menica.
SCENA DODICESIMA
Menica, Lena.
MENICA
Lena, si fa cosí? Ti par che meriti
Fazio da te che gli facci una ingiuria
Di questa sorte?
LENA
E che ingiuria? che diavolo
Gli ho fatt'io?
MENICA
Nulla!
LENA
Nulla a punto.
A i strazii
Che fa di me, non è cosí notabile
Ingiuria al mondo che da me non meriti.
MENICA
Tu gli hai scoperto, Lena, il tuo mal animo,
Né però fatto nocumento, anzi utile;
Che sei stata cagion che maritata la
Figliuola ha in cosí ricco e nobil giovane,
Quanto egli stesso avria saputo eleggersi.
LENA
Gliela darà pur per moglier?
MENICA
Già datagli
L'ha: si sono accordati egli et Ilario
In due parole.
LENA
Anco che questo misero
Vecchio mi sia piú che le serpi in odio,
Pur ho piacer d'ogni ben di Licinia.
MENICA
Se tu perseverassi in questa còlera,
Saresti, Lena, la piú ingrata femina
Del mondo.
Egli, con tutto che giustissima
Cagione avria di far tutto il contrario,
Pur non può star che non t'ami, e nascondere
Non può la passion che dentro il cruccia,
Né non pentirsi de le dispiacevoli
Parole ch'oggi ebbe teco, che giudica
Che t'abbian spinta a fargli questa ingiuria.
E m'ha detto che quando udí da Ilario
Che tuo marito t'avea con quel giovene
Trovata, fu per affanno a pericolo
Di cader morto; e che poi ritrovandosi,
Come era a punto il ver, che caricatala
Avea costui non a te, ma a Licinia,
Tutto restò riconsolato, e parvegli
Risuscitar.
Or vedi se ci è dubbio
Che teco presto non si riconcilii,
Massimamente che gli torna in utile
Questo error tuo.
LENA
Faccia egli pur, e piglila
Come gli pare.
Se sarà il medesimo
Verso me ch'egli suol, me la medesima
Verso sé trovarà che suole.
MENICA
Or voglioti
Dir, Lena, il vero.
A te mi manda Fazio,
Il quale è tuo, come fu sempre, e pregati
Che tu ancor sua similmente vogli essere;
E questa sera invita te e Pacifico
A nozze; e intende che non sol Licinia
E Flavio questa notte i sposi siano.
LENA
Io son per far quanto gli piace.
Or diteci,
Voi spettatori, se grata e piacevole
O se noiosa è stata questa fabula.
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