[Pagina precedente]...izzante; sollevò questa fra le sue braccia, perché le braccia di lei potessero ancora circondare il collo di Pietro che non volevano abbandonare; e disse a Brusio che sembrava istupidito:
«Non c'è più che un miracolo che possa prevenire il coma, che possa salvarla: bisogna prolungare questo delirio per dare il tempo di operare all'infuso di caffè... Suonale quello che vuole... Ci son dei casi in cui la scienza bisogna che ricorra all'arte o al caso».
Pietro cominciò a suonare quel valtzer allegro e brillante, di cui le note acquistavano la più triste inflessione sotto le sue dita increspate e tremanti, e che strillavano sinistramente in mezzo al funereo silenzio di quella stanza.
Due o tre volte le labbra di Narcisa sorrisero; i suoi lineamenti perdettero la loro rigida alterazione per esprimere il piacere più intenso che quel suono certamente le procurava o che determinava i sogni deliziosi del suo delirio... Ella stringeva più fortemente, sebbene con moto convulso, quella testa che abbracciava; e qualche volta le sue labbra si agitarono come per baciare; e il suo capo si avanzava tentoni come se avesse voluto incontrare quello di lui;... e la sua pupilla appannata, vitrea, fissa, ebbe un lampo, un raggio di uno sguardo in cui balenava tutto l'ineffabile amore che l'agonia non poteva assopire in quel cuore.
«Oh! Pietro! Pietro!... ti vedo!...», gridò esultante; con un accento indescrivibile che avea più dell'urlo dello spasimo che del trasporto della gioia; «m'ami?!... m'ami tu?!!!...»
E si rovesciò assieme a lui sul canapè vincendo, con uno sforzo disperato, miracoloso, la difficoltà di proferire, il torpore della mente, l'inerzia delle forze, l'agonia insomma.
«Pietro, m'ami ancora?!»
«Sì! sì! t'adoro!...», singhiozzò egli tentando inumidire l'aridità di quella pelle coll'umido delle sue labbra, di scacciare il torpore di quelle membra, la pesantezza di quelle palpebre coll'impeto dei suoi baci; cercando trasfondere la vita che sentiva rigogliosa, giovane, potente in lui, nel soffio che alitava fra le labbra di lei violacee, semiaperte e convulse.
«E non me lo dici perché hai pietà di me?... e non me lo dici perché io muoio?!...», seguitò ella aggrappandosi al suo collo, nelle convulsioni dell'agonia, con quel moto incerto e straziante del volto e delle labbra che cercavano il volto di lui per baciarlo.
«Oh, no!... non ti ho mai amato come t'amo!... Narcisa!... Narcisa!... non mi abbandonare!...»
«Grazie!... grazie!...», mormorò la moribonda con un anelito interrotto che la stentata respirazione soffocava nella sua gola; «grazie!... oh! la vita!... dottore, fatemi vivere... egli mi ama!!... io non voglio morire!!!», finì con accento straziante.
E non poté più proferire, quantunque agitasse ancora penosamente le labbra, e alcuni suoni rochi e interrotti scappassero dalla sua gola arida.
Ella rimase come profondamente assopita; riscossa di tratto in tratto da sussulti convulsivi: rivelando mille impressioni, ora deliziose ora tristi, nella mutabile espressione dei suoi lineamenti, in cui l'occhio soltanto, colla sua larga e lucida fissità faceva prevedere la morte.
Era orribile a vedersi la rapida decomposizione di quella fisonomia. Finalmente sopraggiunse il sonno.
Pietro rimaneva, com'ella l'aveva attirato rovesciandolo nella sua caduta, ancora avvinghiato a quel corpo per tre quarti cadavere, e che aveva tuttavia i suoi ultimi moti convulsivi, gli estremi sforzi dei suoi rantoli, la disperata tensione della pupilla per lui; egli era come affascinato da quell'orribile spettacolo che impietrava le lagrime nel suo occhio ardente e dilatato quasi al pari di quello di lei.
«Ma parti, disgraziato!», gli gridò Raimondo tentando di strapparlo a quell'amplesso di morte; «non vedi che ciò ti uccide...!»
Pietro non rispose, e abbracciò più strettamente quel corpo inerte, in cui gli parve sentire un ultimo sussulto al suo abbraccio, mentre le mani gli parve lo stringessero più tenacemente, come per ringraziarlo e non lasciarlo.
Quell'agonia fu lunga, penosa, orrenda. A pena il medico, colla mano sul petto di lei a numerare i battiti del cuore, poté discernere il punto in cui il sonno del veleno si mischiò al sonno della morte.
Pietro rimase istupidito, come un pazzo; per un mese intiero.
Il secondo rivide sua madre; poi gli amici. Un anno dopo ricomparve in società ...
Chi sa quante volte al giorno pensa a quest'ora a Narcisa, la donna ch'è morta d'amore per lui?!...
Le splendide promesse del suo ingegno, che l'amore di un giorno aveva elevato sino al genio nella sua anima fervente, erano cadute con quest'amore istesso. Pietro Brusio è meno di una mediocrità , che trascina la vita nel suo paese natale rimando qualche sterile verso per gli onomastici dei suoi parenti, e dissipando il più allegramente possibile lo scarso suo patrimonio.
Misteri del cuore!